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Codatorialità: limiti alla prova in Cassazione

Un lavoratore, il cui licenziamento è stato dichiarato inefficace, ha agito in giudizio contro il suo ex datore di lavoro, una cooperativa subentrante e il consorzio appaltante, sostenendo una situazione di codatorialità o un trasferimento d’azienda. La Corte d’Appello ha respinto la richiesta contro le altre società per insufficienza di prove. La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso del lavoratore, affermando che la valutazione dei fatti e delle prove, inclusa l’esistenza di un unico centro di imputazione datoriale, è di competenza esclusiva dei giudici di merito e non può essere riesaminata in sede di legittimità, soprattutto in presenza di una “doppia conforme”.

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Pubblicato il 6 dicembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Codatorialità e Appalti: La Cassazione Fissa i Paletti sulla Prova

In un contesto lavorativo sempre più frammentato, caratterizzato da appalti e gruppi di imprese, la nozione di codatorialità assume un’importanza cruciale per la tutela dei lavoratori. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 20342/2024) torna su questo tema, delineando con fermezza i confini del giudizio di legittimità e riaffermando il ruolo sovrano dei giudici di merito nella valutazione delle prove. La decisione offre spunti fondamentali per comprendere quando più società possono essere considerate un unico datore di lavoro e quali sono i limiti per far valere tale tesi in Cassazione.

I Fatti del Caso: Il Licenziamento e la Richiesta di Responsabilità Solidale

La vicenda trae origine dal licenziamento di un lavoratore, dipendente di una società cooperativa (la “Cooperativa Originaria”), impiegato in un appalto di movimentazione merci gestito da un consorzio. A seguito della cessazione del rapporto, il lavoratore otteneva in primo grado la dichiarazione di inefficacia del licenziamento, con ordine di reintegra e risarcimento del danno.

Tuttavia, la sua domanda si estendeva anche nei confronti del consorzio appaltante e di un’altra cooperativa (la “Cooperativa Subentrante”), alla quale il consorzio aveva successivamente affidato l’appalto. Il lavoratore sosteneva l’esistenza di un unico centro di imputazione di interessi tra le tre entità, tale da configurare una codatorialità e, di conseguenza, una loro responsabilità solidale. In subordine, invocava la tutela prevista in caso di trasferimento d’azienda.

Sia il Tribunale che la Corte d’Appello, pur accogliendo la domanda contro la Cooperativa Originaria, rigettavano quella contro le altre due società, ritenendo non sufficientemente provata né la gestione promiscua del personale né gli elementi costitutivi di un trasferimento d’azienda.

La Decisione della Corte di Cassazione e il Principio della “Doppia Conforme”

Il lavoratore ha quindi proposto ricorso per Cassazione, lamentando un’errata valutazione delle prove da parte dei giudici di merito, che avrebbero omesso di considerare elementi decisivi per dimostrare l’unicità del fronte datoriale. La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, basando la propria decisione su principi procedurali consolidati.

Il punto centrale della pronuncia risiede nella riaffermazione dei limiti del giudizio di legittimità. La Cassazione non è un “terzo grado di merito”: il suo compito non è rivalutare i fatti o la credibilità delle prove, ma verificare la corretta applicazione delle norme di diritto e la coerenza logica della motivazione della sentenza impugnata. La selezione e la valutazione delle prove spettano esclusivamente al giudice di merito.

Inoltre, nel caso specifico, i giudici hanno richiamato il principio della cosiddetta “doppia conforme”. Poiché la Corte d’Appello aveva confermato la sentenza di primo grado sulla base dello stesso impianto logico-argomentativo e degli stessi fatti, la possibilità di contestare la valutazione dei fatti in Cassazione era preclusa ai sensi dell’art. 348-ter c.p.c.

Il Concetto di Prova della Codatorialità secondo la Corte

Anche sui motivi relativi alla violazione dell’art. 2112 c.c. (trasferimento d’azienda), la Corte ha ribadito che l’accertamento dei presupposti fattuali per l’applicazione di tale norma è una valutazione di merito. Se la motivazione del giudice di secondo grado è sufficiente e non contraddittoria – come nel caso di specie, in cui si era esclusa la sussistenza di un’ipotesi di trasferimento – essa sfugge al sindacato di legittimità.

L’ordinanza ha sottolineato che la richiesta di revisionare gli elementi di fatto è esterna al perimetro del giudizio di Cassazione, il quale non può sostituire la propria valutazione a quella, logicamente argomentata, dei giudici che hanno esaminato il caso nei primi due gradi di giudizio.

Le Motivazioni

La Corte di Cassazione ha ritenuto i motivi di ricorso inammissibili principalmente per ragioni procedurali. Ha evidenziato che la valutazione delle prove e l’accertamento dei fatti, come la sussistenza di una codatorialità o di un trasferimento d’azienda, sono prerogative esclusive del giudice di merito. Il ricorso del lavoratore mirava a una nuova valutazione delle prove, un’operazione non consentita in sede di legittimità. La Corte ha inoltre applicato il principio della “doppia conforme”, che impedisce il riesame dei fatti quando due sentenze di merito giungono alla stessa conclusione basandosi sulla medesima ricostruzione fattuale. Di conseguenza, non potendo entrare nel merito della questione probatoria, la Corte ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso, confermando di fatto la decisione della Corte d’Appello che aveva escluso la responsabilità solidale del consorzio e della cooperativa subentrante.

Le Conclusioni

L’ordinanza n. 20342/2024 costituisce un’importante conferma dei limiti processuali del giudizio di Cassazione in materia di diritto del lavoro. Per i lavoratori che intendono far valere la codatorialità tra più soggetti, emerge con chiarezza la necessità di costruire un quadro probatorio solido e inequivocabile sin dal primo grado di giudizio. Non è sufficiente allegare una successione di imprese in un appalto; è indispensabile dimostrare, con elementi concreti, una gestione unitaria e promiscua del rapporto di lavoro. In assenza di tale prova, e a fronte di decisioni conformi nei primi due gradi, le possibilità di ribaltare l’esito in Cassazione sono estremamente ridotte. La decisione ribadisce che la Suprema Corte è custode della legge, non un giudice dei fatti.

È possibile chiedere alla Corte di Cassazione di riesaminare le prove per dimostrare la codatorialità tra più aziende?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che la selezione e la valutazione delle prove sono di competenza esclusiva dei giudici di merito (primo e secondo grado). Il giudizio di Cassazione non può riesaminare gli esiti istruttori o sostituire la propria valutazione a quella dei giudici precedenti, ma solo verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione.

Cosa significa il principio della “doppia conforme” e come ha influito su questo caso?
Il principio della “doppia conforme” si applica quando la sentenza d’appello conferma la decisione di primo grado basandosi sulle stesse ragioni di fatto. In questo caso, il ricorso per Cassazione per omesso esame di un fatto decisivo è inammissibile. Nel caso specifico, avendo la Corte d’Appello confermato la decisione del Tribunale, è stata preclusa al ricorrente la possibilità di contestare in Cassazione la valutazione dei fatti.

La semplice successione di cooperative in un appalto configura automaticamente un trasferimento d’azienda secondo l’art. 2112 c.c.?
No. Secondo la Corte, la verifica dei presupposti fattuali per l’applicazione dell’art. 2112 c.c. (trasferimento d’azienda) è una valutazione di merito. La successione in un appalto non implica automaticamente un trasferimento d’azienda, ma è necessario che sia provato il passaggio di un’entità economica organizzata che conserva la propria identità. Nel caso esaminato, i giudici di merito hanno escluso tale ipotesi per insufficienza di prove e la Cassazione ha ritenuto questa valutazione insindacabile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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