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Clausole vessatorie: recesso e moduli standard

Una società di certificazione ha perso in Cassazione la causa contro un cliente che aveva esercitato il recesso anticipato. La Corte ha confermato che le clausole vessatorie nel contratto, predisposto unilateralmente dalla società, erano inefficaci perché non specificamente approvate per iscritto. Tali clausole imponevano una durata fissa e il pagamento totale anche in caso di recesso, limitando i diritti del cliente.

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Pubblicato il 16 novembre 2025 in Diritto Civile, Diritto Commerciale, Giurisprudenza Civile

Clausole Vessatorie: la Cassazione tutela il Recesso del Cliente

L’ordinanza in esame offre un importante chiarimento sulla disciplina delle clausole vessatorie nei contratti conclusi tramite moduli o formulari. La Corte di Cassazione ha stabilito che, anche nei rapporti tra imprese, le condizioni che limitano la facoltà di recesso o impongono pagamenti ingiustificati sono inefficaci se non specificamente approvate per iscritto. Questo caso riguarda una società di certificazione che pretendeva il pagamento dell’intero corrispettivo triennale da un cliente che aveva legittimamente esercitato il recesso dopo il primo anno.

I Fatti di Causa

Una società specializzata nel rilascio di certificazioni di qualità aveva stipulato un contratto con un’azienda produttrice di oggetti in ferro. Il contratto, basato su una proposta commerciale standard, prevedeva un rapporto triennale suddiviso in tre fasi: una prima fase annuale per il rilascio della certificazione e due fasi successive, biennali, di sorveglianza.

Ottenuta la certificazione al termine del primo anno, l’azienda cliente ha comunicato il proprio recesso dal contratto, rifiutandosi di pagare il compenso previsto per le fasi di sorveglianza non ancora eseguite. La società di certificazione ha quindi ottenuto un’ingiunzione di pagamento per l’intero importo, ma il cliente si è opposto con successo in tribunale, che ha revocato l’ingiunzione.

La Decisione del Tribunale e le Clausole Vessatorie

Il Tribunale ha accolto l’opposizione del cliente, ritenendo che il contratto fosse stato concluso mediante l’adesione a condizioni generali unilateralmente predisposte dalla società di certificazione. Le clausole che stabilivano una durata triennale inderogabile e imponevano il pagamento dell’intero corrispettivo anche in caso di recesso anticipato sono state qualificate come clausole vessatorie ai sensi dell’art. 1341 del Codice Civile.

Poiché tali clausole non erano state oggetto di una specifica approvazione scritta (la cosiddetta ‘doppia sottoscrizione’), il Tribunale le ha dichiarate inefficaci. Di conseguenza, non avendo la società di certificazione svolto alcuna attività di sorveglianza, non poteva pretendere il relativo pagamento.

L’Analisi della Corte di Cassazione

La società di certificazione ha impugnato la decisione davanti alla Corte di Cassazione, sostenendo principalmente due punti:
1. Il contratto non era un modulo standard, ma una semplice proposta contrattuale, quindi non soggetto alla disciplina delle clausole vessatorie.
2. Il contratto era ad esecuzione istantanea, esauritosi con il rilascio della certificazione, e quindi il cliente non poteva più recedere.

La Suprema Corte ha rigettato entrambi i motivi, confermando integralmente la sentenza del Tribunale.

Le Motivazioni della Corte sulle Clausole Vessatorie

La Cassazione ha chiarito che l’applicazione dell’art. 1341 c.c. non dipende dal nome dato al documento (‘proposta’ o ‘contratto’), ma dalla sua sostanza. Nel caso di specie, era evidente che le condizioni erano state predisposte unilateralmente dalla società per regolare in modo uniforme una pluralità di rapporti commerciali. Pertanto, la disciplina a tutela dell’aderente, inclusa la necessità della doppia firma per le clausole vessatorie, era pienamente applicabile.

La Corte ha ribadito che la finalità della norma è garantire che le clausole più onerose siano oggetto di una vera contrattazione tra le parti. L’assenza della doppia sottoscrizione rende tali clausole inefficaci, a prescindere da un’eventuale situazione di squilibrio contrattuale tra i contraenti (che in questo caso erano entrambi imprenditori).

Inoltre, la Corte ha respinto la tesi del contratto ad esecuzione istantanea. Il rapporto prevedeva una fase successiva di sorveglianza, di carattere continuativo, e il contratto stesso ammetteva la facoltà di recesso per il cliente. Le parti, infatti, possono derogare al divieto di recesso dopo l’inizio dell’esecuzione, come avvenuto in questo caso. Essendo la clausola sul pagamento integrale inefficace, e non essendo state eseguite le prestazioni di sorveglianza, nessuna somma ulteriore era dovuta.

Le Conclusioni

Questa ordinanza riafferma un principio fondamentale a tutela della parte che aderisce a un contratto standard: le clausole vessatorie sono valide solo se approvate con una firma specifica e separata. Le aziende che utilizzano moduli o formulari devono prestare massima attenzione, poiché la mancata osservanza di questo requisito formale può comportare l’inefficacia delle clausole a loro più favorevoli. Per il cliente, anche se imprenditore, viene garantita la possibilità di svincolarsi da obblighi onerosi e non proporzionati alle prestazioni effettivamente ricevute, specialmente quando esercita un diritto di recesso legittimamente previsto dal contratto stesso.

Quando un contratto si considera predisposto unilateralmente e soggetto all’art. 1341 c.c.?
Quando si basa su un modulo o un formulario preparato da una sola parte per regolare in modo uniforme una serie di rapporti commerciali, anche se viene presentato come una semplice ‘proposta’ accettata dall’altra parte.

Una clausola che impone il pagamento dell’intero compenso anche in caso di recesso anticipato è valida?
No, è considerata una clausola vessatoria. Per essere efficace in un contratto standard, deve essere specificamente approvata per iscritto (con una seconda firma) dalla parte che vi aderisce, ai sensi dell’art. 1341, secondo comma, c.c. In assenza, la clausola è inefficace.

È possibile recedere da un contratto di durata dopo che l’esecuzione è già iniziata?
Sì, se il contratto stesso lo prevede. Le parti possono validamente concordare di derogare al divieto generale di recesso previsto dall’art. 1373 c.c., consentendo al cliente di sciogliersi dal vincolo anche dopo l’inizio della prestazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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