Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 14109 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 14109 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 21/05/2024
Oggetto:
pagamento
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 35780/2018 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO, con domicilio in
INDIRIZZO, INDIRIZZO.
– RICORRENTE –
contro
COGNOME NOME, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO, con domicilio in Roma, INDIRIZZO.
-CONTRORICORRENTE – avverso la sentenza del Tribunale di Roma n. 11172/2018, pubblicata in data 1.6.2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 16.1.2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Con sentenza n. 11172/2018, il Tribunale di Roma, in integrale riforma della sentenza di primo grado, ha accolto l’opposizione di COGNOME NOME, revocando l’ingiunzione di pagamento emessa in favore della RAGIONE_SOCIALE per l’importo di €. 3 .170,20, quale compenso per il rilascio di una certificazione ISO 14001:2004 per la produzione di oggetti in ferro.
La proposta commerciale del 10.5.2010, cui aveva aderito il resistente, conteneva condizioni predisposte dalla RAGIONE_SOCIALE, prevedendo la durata triennale del rapporto, lo svolgimento di una prima fase di durata annuale finalizzata al rilascio della certificazione, per la quale era previsto un corrispettivo di €. 2.025,00, oltre accessori, e due ulteriori fasi cd. di sorveglianza, di durata biennale, destinate alle attività di verifica sui requisiti per avvalersi della certificazione, per le quali era stato concordato un compenso di €. 1 .025,00, oltre accessori.
Il COGNOME aveva receduto in corso di rapporto con comunicazione del 3.8.2011, rinunciando alla certificazione, e si era rifiutato di versare l’ulteriore importo previsto per la fase di sorveglianza, deducendo la vessatorietà delle clausole che prevedevano la durata triennale del rapporto e che imponevano al cliente il pagamento del l’intero corrispettivo pattuito, anche in caso di recesso anticipato.
Il Tribunale ha ritenuto che il contenuto del contratto fosse stato unilateralmente predisposto dalla RAGIONE_SOCIALE per regolare uniformemente una serie indeterminata di rapporti, evidenziando che le condizioni che fissavano una durata inderogabile del contratto, che limitavano la facoltà di recesso e che consentivano alla società di ottenere l’intero compenso anche in caso di recesso anticipato del cliente avevano carattere vessatorio ed erano inefficaci, non essendo state validamente sottoscritte ai sensi del secondo comma dell’art. 1341 c.c. , sostenendo infine che la RAGIONE_SOCIALE non aveva svolto le attività di sorveglianza di cui alle fasi seconda e terza del contratto e non poteva pretendere alcun ulteriore corrispettivo.
Per la cassazione della sentenza la RAGIONE_SOCIALE propone ricorso in tre motivi, illustrati con memoria.
NOME COGNOME resistente con controricorso. RAGIONI DELLA DECISIONE
Il primo motivo di ricorso denuncia la violazione degli artt. 1321, 1325 e 1326 c.c., per aver il Tribunale ritenuto che il contratto fosse stato perfezionato mediante l’a desione ad un modulo/formulario predisposto dalla società, trattandosi di una semplice proposta contrattuale, sottratta alla disciplina degli artt. 1341 e 1342 c.c.
Il secondo motivo denuncia la violazione degli artt. 1341 e 1342 c.c., per aver la sentenza ritenuto inefficaci le clausole vessatorie in assenza di una doppia sottoscrizione del cliente, sebbene il contratto non fosse stato perfezionato mediante l’impiego di un modulo predisposto, e per aver ritenuto applicabili i criteri di interpretazione conservativa o contra stipulatorem dell’accordo, pur non contenendo il contratto alcuna previsione di dubbia interpretazione.
I due motivi sono infondati.
È circostanza di fatto, di cui dà motivatamente conto la sentenza impugnata, che le parti avevano perfezionato un vero e proprio accordo contrattuale mediante adesione del resistente ad un modulo predisposto unilateralmente dalla RAGIONE_SOCIALE, contenente condizioni destinate a regolare in maniera uniforme una pluralità di rapporti commerciali (Cass. 12053/2006; Cass. 17073/2013; Cass. 20461/2020).
La domanda di pagamento si basava, quindi, su un titolo contrattuale ormai perfetto e non su una semplice proposta non confluita in un vero e proprio accordo, trovando applicazione l’art. 1341, comma secondo, c.c., per le clausole unilateralmente predisposte ritenute vessatorie, pur se destinate ad operare nei rapporti tra imprenditori.
L ‘art. 1341 c.c. si riferisce , difatti, a qualunque contratto che sia stato unilateralmente predisposto a prescindere dalla qualità dei contraenti e da un’eventuale situazione di squilibrio contrattuale, avendo la norma lo scopo di garantire che le clausole onerose costituiscano l’oggetto di una vera e propria contrattazione tra le parti (Cass. 3407/1986; Cass. 4638/1991; Cass. 17935/2009).
La necessità dell’approvazione scritta viene meno solo se la conclusione del contratto sia stata preceduta da una trattativa che abbia avuto ad oggetto specificamente le clausole che necessiterebbero altrimenti di un’autonoma sottoscrizione, mentre la sottoscrizione resta indispensabile per le clausole a contenuto vessatorio alle quali la parte abbia aderito senza alcuna discussione (Cass. 9738/2020; Cass. 4531/2023; Cass. 673/2024).
Quanto all’impiego dei criteri di interpretazione conservativa, il Tribunale vi ha fatto ricorso al limitato scopo di escludere che il richiamo contenuto nel contratto agli artt. 1341 e 1342 c.c. costituisse una mera clausola di stile, circostanza che non inficia il rilievo assunto, ai fini di cui si discute, dalla unilaterale predisposizione delle clausole, del loro impiego per regolare una pluralità di rapporti e del loro contenuto vessatorio.
2. Il terzo motivo denuncia la violazione degli artt. 1671 e 1373 c.c., sostenendo che l’accordo integrava un contratto ad esecuzione istantanea i cui effetti si erano esauriti con il rilascio della certificazione, non potendo il cliente più esercitare il recesso. Il motivo è infondato.
Il contratto prevedeva una fase destinata ad esaurirsi con il rilascio della certificazione e una successiva fase cd. di sorveglianza, volta alla verifica del rispetto dei requisiti tecnici per conservare la certificazione, avendo carattere continuativo; inoltre, per esplicita
previsione del contratto, il cliente aveva comunque facoltà di recedere, rinunciando alla certificazione già ottenuta.
Il recesso era, pertanto, esercitabile, data la possibilità dell’aderente di sciogliersi dal contratto anche dopo il rilascio della certificazione e quindi ad esecuzione già iniziata, dovendo considerarsi che il divieto di recesso previsto dall’art. 1373 c.c. per i contratti ad esecuzione istantanea è derogabile dalle parti (Cass. 812/1992; Cass. 1513/1990).
Non essendo state eseguite le prestazioni relative alla seconda e alla terza fase, nessun ulteriore corrispettivo poteva pretendere la società, non potendo avvalersi della clausola vessatoria che imponeva in ogni caso il pagamento integrale, rimasta inefficace ai sensi dell’art. 1341, comma secondo, c.c.
Il ricorso è respinto, con aggravio delle spese processuali.
Si dà atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna la RAGIONE_SOCIALE al pagamento delle spese processuali, liquidate in € 200,00 per esborsi ed € 1 .500,00 per onorari, oltre ad iva, c.p.a. e rimborso forfettario delle spese generali in misura del 15%.
Dà atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda