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Clausole vessatorie: firma non basta per la validità

Una consumatrice ha citato in giudizio un servizio di spedizioni per il ritardo nella consegna di alcuni pacchi. L’azienda si è difesa invocando una clausola limitativa della responsabilità presente nelle condizioni generali di contratto. La Corte di Cassazione ha dichiarato inefficaci tali clausole vessatorie, poiché la loro approvazione scritta era avvenuta tramite un richiamo generico a quindici clausole, senza una specifica indicazione del loro contenuto. Questa modalità non è stata ritenuta idonea a richiamare l’attenzione della contraente sul contenuto sfavorevole. La Corte ha invece respinto la richiesta di risarcimento per danno non patrimoniale avanzata dal coniuge della donna, non ritenendo provata una lesione grave di diritti costituzionalmente protetti.

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Pubblicato il 2 novembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Clausole Vessatorie: La Firma Non Basta, Serve Chiarezza. Analisi della Cassazione

Quante volte abbiamo firmato un contratto per un servizio senza leggere attentamente tutte le clausole scritte in piccolo? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci ricorda l’importanza della trasparenza e chiarisce che una semplice firma non è sempre sufficiente a convalidare le clausole vessatorie, ovvero quelle condizioni particolarmente svantaggiose per chi aderisce al contratto. Analizziamo questo caso emblematico che riguarda un ritardo nella spedizione e la richiesta di risarcimento danni.

I Fatti del Caso: La Spedizione in Ritardo

Una consumatrice si rivolge a un noto servizio di spedizioni per inviare tre pacchi contenenti indumenti e prodotti farmaceutici. Il contratto prevedeva la consegna entro due giorni lavorativi. Tuttavia, i pacchi non arrivano a destinazione nei tempi stabiliti. La donna decide quindi di agire in giudizio contro la società, chiedendo il rimborso delle spese sostenute per sostituire il contenuto dei pacchi (vestiti e farmaci) e un risarcimento per il danno non patrimoniale subito.

Durante il processo, interviene anche il coniuge della donna, lamentando a sua volta un danno non patrimoniale per lo stress e il disagio causati dal ritardo, che lo ha privato del suo abbigliamento.

La Difesa della Società e le Clausole Vessatorie

La società di spedizioni si difende opponendo le proprie condizioni generali di contratto, in particolare una clausola che limitava la responsabilità e prevedeva un indennizzo forfettario di 50 euro in caso di ritardo superiore a sei giorni. Secondo l’azienda, la cliente aveva specificamente approvato per iscritto queste condizioni al momento della spedizione.

Sia il Giudice di Pace che il Tribunale in appello danno ragione alla società, ritenendo valida la clausola limitativa della responsabilità. Secondo i giudici di merito, la firma apposta dalla consumatrice sul documento di spedizione era sufficiente a provare la sua accettazione, compresa quella delle clausole vessatorie.

La Decisione della Corte di Cassazione

La questione arriva fino alla Corte di Cassazione, che ribalta la decisione dei giudici precedenti. La Suprema Corte si concentra sulle modalità con cui era stata ottenuta l’approvazione delle clausole. Il modulo di spedizione conteneva, in fondo alla facciata e in caratteri minuscoli, una dichiarazione di approvazione ai sensi degli artt. 1341 e 1342 c.c. per ben quindici clausole, richiamate solo con il loro numero.

I giudici hanno stabilito che questa modalità non rispetta l’esigenza di tutela del contraente debole. Un richiamo cumulativo e indistinto a numerose clausole, senza nemmeno una sommaria indicazione del loro contenuto, non è idoneo a sollecitare l’attenzione del consumatore. Di conseguenza, la sottoscrizione non poteva considerarsi espressione di una volontà consapevole, rendendo le clausole vessatorie prive di effetto.

Il Danno Non Patrimoniale: Una Richiesta Respinta

Se da un lato la Cassazione accoglie le ragioni della consumatrice sulla validità delle clausole, dall’altro respinge il motivo di ricorso del coniuge relativo al danno non patrimoniale. La Corte ribadisce i principi stabiliti dalle Sezioni Unite: per ottenere il risarcimento di un danno non patrimoniale è necessario che il fatto illecito abbia leso in modo grave un diritto inviolabile della persona di rango costituzionale.

Nel caso specifico, il ritardo nella consegna, pur avendo causato disagi e stress per la temporanea indisponibilità dell’abbigliamento, non è stato ritenuto un’offesa così grave da superare la “soglia minima di tollerabilità” e ledere la dignità umana in modo intollerabile.

Le Motivazioni

La motivazione della Corte si fonda su due pilastri. Sul primo motivo, relativo alle clausole vessatorie, si afferma il principio secondo cui la tutela prevista dal codice civile non è un mero formalismo. La specifica approvazione per iscritto deve essere effettiva, non apparente. Un elenco di numeri in caratteri minuscoli non garantisce che il consumatore abbia compreso e accettato consapevolmente le clausole a lui sfavorevoli. L’attenzione del contraente deve essere richiamata in modo adeguato sul contenuto di tali clausole.

Sul secondo motivo, la Corte ha motivato il rigetto della richiesta di danno non patrimoniale sulla base della mancanza di prova di un pregiudizio serio. Il ricorrente si era limitato a lamentare un “transeunte turbamento dello stato d’animo” e “stress psico-fisico”, elementi considerati meri disagi o fastidi, non sufficienti a integrare i requisiti per la risarcibilità del danno non patrimoniale, che non può mai essere considerato in re ipsa (cioè implicito nel fatto stesso).

Le Conclusioni

Questa ordinanza offre importanti spunti pratici. Per le aziende, sottolinea la necessità di redigere contratti chiari e trasparenti, assicurandosi che l’approvazione delle clausole vessatorie avvenga con modalità che garantiscano la piena consapevolezza del cliente. Per i consumatori, è un monito a non considerare la propria firma come una resa incondizionata: la legge prevede tutele specifiche contro le clausole abusive, e la giurisprudenza ne conferma la forza. Infine, chiarisce i rigorosi limiti per ottenere un risarcimento per danni non patrimoniali derivanti da inadempimenti contrattuali, richiedendo la prova di una lesione grave a un diritto fondamentale.

Una firma in calce a un elenco di clausole rende sempre valide le clausole vessatorie?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che non è sufficiente un richiamo cumulativo e indistinto a numerose clausole, anche se approvato con una firma. È necessario che la modalità di approvazione sia idonea a sollecitare specificamente l’attenzione del contraente sul contenuto sfavorevole delle singole clausole.

Il ritardo nella consegna di un pacco dà automaticamente diritto al risarcimento del danno non patrimoniale?
No. La Corte ha chiarito che per ottenere tale risarcimento è necessario dimostrare che il ritardo ha causato una lesione grave a un diritto inviolabile della persona, protetto dalla Costituzione. Un semplice disagio, stress o turbamento temporaneo non sono sufficienti, poiché il danno non può ritenersi esistente ‘in re ipsa’.

Cosa deve fare un’azienda per assicurarsi che le sue clausole limitative di responsabilità siano valide?
L’azienda deve predisporre moduli contrattuali chiari. L’approvazione scritta delle clausole vessatorie deve avvenire con modalità che non si limitino a un mero richiamo numerico, ma che siano capaci di richiamare l’effettiva attenzione del cliente sul loro specifico contenuto e sulle conseguenze svantaggiose che comportano.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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