Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 4412 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 4412 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: CONDELLO NOME COGNOME
Data pubblicazione: 19/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 5543/2021 R.G. proposto da: COGNOME NOME e COGNOME NOME, rappresentati e difesi, giusta procura in calce al ricorso, dall’AVV_NOTAIO, domiciliati per legge presso la Cancelleria della Corte Suprema di cassazione
-ricorrenti –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa, giusta procura a margine del controricorso, dagli AVV_NOTAIO.ti AVV_NOTAIO COGNOME e NOME COGNOME, elettivamente domiciliata presso l’AVV_NOTAIO della Funzione Affari Legali di RAGIONE_SOCIALE, in Roma, INDIRIZZO
-controricorrente –
avverso la sentenza del Tribunale di Gela n. 331/2020, pubblicata in data 15 luglio 2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 15 novembre 2023 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
NOME COGNOME, esponendo di avere utilizzato il servizio di corriere espresso di RAGIONE_SOCIALE per spedire tre pacchi, contenenti indumenti, che non erano stati recapitati nel termine di due giorni lavorativi successivi, come contrattualmente previsto, evocava in giudizio RAGIONE_SOCIALE chiedendone la condanna al pagamento della somma di euro 2.931,20, di cui euro 931,20 a titolo di rimborso delle spese sostenute per ripristinare il contenuto della spedizione non recapitata, ossia il vestiario del coniuge e prodotti farmaceutici, nonché il costo di spedizione, ed euro 2.000,00 a titolo di danno non patrimoniale.
La convenuta, al fine di contrastare la domanda, opponeva le clausole limitative di responsabilità; nel corso del giudizio interveniva NOME COGNOME, coniuge dell’attrice, il quale allegava l’inesatto adempimento e la responsabilità extracontrattuale della convenuta, insistendo per il risarcimento del danno non patrimoniale.
Il Giudice di pace, respinte le richieste istruttorie, rigettava le domande dell’attrice e de l terzo intervenuto.
Proposti autonomi gravami dai soccombenti, il Tribunale, previa riunione, ha confermato la sentenza impugnata, ritenendo provata l’approvazione per iscritto, da parte della COGNOME, delle condizioni generali di contratto, ed in particolare del richiamo espresso al punto 8.4 che, in ipotesi di ritardo oltre il sesto giorno lavorativo dalla
spedizione, prevedeva un indennizzo pari ad euro 50,00, e dando atto che l’appellata, in conseguenza dell’accertato ritardo nella consegna, aveva corrisposto detta somma. Ha, inoltre, confermato la decisione di rigetto delle istanze istruttorie avanzate dagli appellanti, per essere irrilevante la prova testimoniale richiesta, e quella di rigetto della domanda di risarcimento del danno non patrimoniale, in difetto di prova di lesione a beni costituzionalmente rilevanti.
NOME COGNOME e NOME COGNOME ricorrono per la cassazione della decisione d’appello, sulla base di quattro motivi.
RAGIONE_SOCIALE resiste mediante controricorso.
La trattazione è stata fissata in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 -bis .1. cod. proc civ.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo i ricorrenti denunziano ‹‹ Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1229, 1341, 1342, 1421 c.c., e 33, 34 e 36, comma 2, d.lgs. n. 206/2005, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., nella parte in cui la sentenza gravata ha statuito, dando atto della validità ed efficacia delle condizioni generali contrattuali della spedizione per cui è causa ›› .
Lamentano che le condizioni generali di contratto, sebbene specificamente approvate per iscritto in seno al contrassegno di spedizione del 15 dicembre 2014, non potessero ritenersi valide ed efficaci in quanto la doppia sottoscrizione era stata raccolta dalla società RAGIONE_SOCIALE su un modulo di spedizione che frontalmente recava gli estremi del destinatario e del mittente, la descrizione del contenuto del pacco e del servizio attivato e, nell’estremo lembo finale della medesima facciata, recava, in caratteri minuscoli, la dichiarazione di approvazione, ai sensi degli artt. 1341 e 1342 cod. civ., di quindici clausole, con una modalità redazionale che non richiamava l’attenzione del contraente; con la conseguenza che
dette clausole, ivi compresa quella limitativa della misura del risarcimento di cui al punto 8.4 delle RAGIONE_SOCIALE, erano prive di effetti tra le parti.
Deducono che il giudice di merito avrebbe potuto rilevare d’ufficio la nullità del contratto o di singole clausole, essendo stata peraltro l’abusività dedotta con la memoria ex art. 320 cod. proc. civ., e che in ogni caso il Codice del Consumo prevede la nullità delle clausole considerate vessatorie, tra cui quelle che escludono o limitano la responsabilità del professionista, anche se oggetto di trattativa; precisano pure di avere allegato già con l’atto introduttiv o del giudizio di primo grado l’inapplicabilità al caso di specie della disposizione limitativa della responsabilità di cui all’art. 6 d.P.R. n. 156/1973 (cd. Codice Postale), evidenziando che tale norma, dapprima dichiarata incostituzionale dal Giudice delle leggi, è stata successivamente abrogata dall’art. 218, comma 1, lettera a) , d.lgs. n. 259/2003.
5. Il motivo è fondato e va accolto nei termini di seguito indicati.
Emerge ex actis che la sottoscrizione è stata apposta in calce ad un richiamo indistinto a quindici clausole delle condizioni generali del servizio RAGIONE_SOCIALE, senza che esse fossero accompagnate da una quanto meno sommaria indicazione del contenuto.
In tal modo, l’esigenza di tutela codificata nell’art. 1341 cod. civ. non risulta rispettata, non potendo ritenersi che sia stata sollecitata l’attenzione della contraente, ai cui danni le clausole sono state predisposte, né che la sottoscrizione sia stata apposta dalla contraente nella consapevolezza del contenuto sfavorevole di alcune di esse.
Come più volte precisato da questa Corte (tra le tante, Cass., sez. 6 -3, 02/04/2015, n. 6747), si deve ammettere l’idoneità di un richiamo al numero della clausola vessatoria (tra le altre, Cass., sez.
6 -3, 05/06/2014, n. 12708; Cass., sez. 3, 03/09/2007, n. 18525) e si deve negare quella di un mero richiamo cumulativo, a clausole vessatorie e non, se si esaurisce nella mera indicazione del numero e non anche, benché sommariamente, del contenuto (tra le altre, Cass., sez. 2, 29/02/2008, n. 5733; Cass., sez. 6 -2, 11/06/2012, n. 9492), oppure se sia prevista per legge una forma scritta per il contratto (Cass., sez. 6 -3, 05/06/2014, n. 12708; Cass., sez. 6 -3, 18/05/2015, n. 10119; Cass., sez. 6 -3, 09/07/2018, n. NUMERO_DOCUMENTO).
La valutazione, da parte della Corte territoriale, di idoneità dell’approvazione delle clausole a richiamare adeguatamente l’attenzione della contraente, non risulta, dunque, rispettosa dei suddetti principi.
Con il secondo motivo i ricorrenti denunciano ‹‹Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2043, 2056, 2059 c.c., 2, 13, 29, 30 e 32 Cost. , in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., nella parte in cui la sentenza gravata ha statuito, ritenendo corretta la sentenza di primo grado nel punto in cui ha rigettato la domanda del COGNOME di risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale›› .
Censurano la sentenza gravata per avere lil giudice dell’appello erroneamente qualificato come ‘ refuso ‘ la somma di euro 2.931,20 indicata dal Giudice di pace come importo richiesto dal COGNOME a titolo di risarcimento.
Lamentano avere il NOME domandato il risarcimento esclusivamente del danno non patrimoniale, lamentando che il ritardo nella consegna del pacco, avendolo privato dell’abbigliamento, gli aveva cagionato stress fisico, nonché lesione di diritti inviolabili della famiglia e serenità familiare, ma che, a fronte di tale allegazione, il giudice d’appello non ha svolto alcuna valutazione.
6. Il motivo è infondato.
In primo luogo è da rilevare, a prescindere da ogni valutazione
circa l’erronea indicazione nella sentenza di primo grado dell’importo preteso, che dalla sentenza qui impugnata si evince con chiarezza che la Corte d’appello ha ben considerato che l’odierno ricorrente, intervenuto nel giudizio di primo grado, non essendo parte del contratto concluso dalla COGNOME con RAGIONE_SOCIALE, aveva agito in giudizio per ottenere il risarcimento del danno non patrimoniale, così facendo valere una responsabilità extracontrattuale di RAGIONE_SOCIALE
In ordine, poi, alla esclusione di una lesione risarcibile ai sensi dell’art. 2059 cod. civ., oggetto della presente censura, il ragionamento seguito dalla Corte territoriale risulta conforme alla elaborazione della giurisprudenza di legittimità a partire dalla pronuncia delle Sezioni Unite n. 26972 del 2008.
In base alla stessa prospettazione operata dal ricorrente, non è configurabile, nel caso di specie, un pregiudizio non patrimoniale risarcibile, che è ravvisabile, oltre che nei casi di danno derivante da reato, ogni qual volta il fatto illecito abbia leso in modo grave diritti inviolabili della persona non aventi natura economica, costituenti oggetto di tutela costituzionale.
Questa Corte di legittimità nella richiamata decisione ha chiarito che ai fini della risarcibilità del danno non patrimoniale è necessario: 1) che l’interesse leso, attinente a diritti inviolabili della persona, sia di rango costituzionale; 2) che sussista una lesione grave, con offesa che superi la soglia minima di tollerabilità; 3) che si tratti di danno non futile, cioè non consistente in meri disagi o fastidi; 4) che vi sia una specifica allegazione sulla natura e sulle caratteristiche del pregiudizio, non potendo mai ritenersi il danno in re ipsa.
Tali condizioni non ricorrono nella vicenda in esame, dal momento che il ricorrente anche in questa sede ha ribadito che il ritardo nella consegna del pacco, che conteneva il proprio abbigliamento, gli
avrebbe arrecato ‹‹un transeunte turbamento dello stato d’animo e profondo stress psico-fisico con gravi patemi ed ambasce, oltre che un pesante ed inevitabile dolore intimo, nonché la lesione dei diritti inviolabili della famiglia e della serenità e tranquillità familiare, del diritto a programmare la propria agenda di vita…e a godere della propria libertà personale (art. 13 Cost.), sia nell’accezione di libertà fisica e di movimento (cfr., anche Corte cost. n. 105/2001), sia quale libertà morale di autodeterminarsi…››.
La decisione resa dai giudici di appello si pone in linea con i principi espressi dalle Sezioni Unite, perché, seppure con motivazione sintetica, ha posto in evidenza la mancanza di allegazione e prova di ricadute del ritardo nella consegna del pacco sulla qualità della vita di gravità tale da assurgere a intollerabili lesioni della dignità umana, (non potendo considerarsi tali i paterni d’animo e i disagi correlati alla temporanea indisponibilità dell’abbigliamento che aveva costituito oggetto di spedizione), come tali meritevoli di ristoro ulteriore rispetto al danno contrattuale per il ritardo (Cass., sez. 3, 13/11/2009, n. 24030; Cass., sez. L, 12/11/2019, n. 29206).
Con il terzo motivo i ricorrenti denunziano ‹‹Violazione degli artt. 132, 156 c.p.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., per avere il Tribunale di Gela omesso totalmente di giustificare la mancata ammissione delle prove testimoniali invocate dai ricorrenti›› .
Lamentano che la statuizione di rigetto delle prove non è stata adeguatamente motivata dal Tribunale, che non ha specificato quali sarebbero i capitoli inammissibili, né quali prove sarebbero inconferenti.
Il motivo è inammissibile, poiché con tale doglianza i ricorrenti, nel censurare la statuizione di irrilevanza della prova testimoniale dedotta, si dolgono, in realtà, di una valutazione rimessa al giudice
del merito, quale è quella di non pertinenza della prova orale rispetto ai fondamenti della decisione, senza peraltro neppure allegare le ragioni che avrebbero dovuto indurre ad ammettere la prova testimoniale, né adempiere agli oneri di allegazione necessari a individuare la decisività del mezzo istruttorio richiesto (Cass., sez. 2, 23/04/2010, n. 9748) e, comunque, senza evidenziare l’esistenza di un nesso eziologico tra l’omesso accoglimento dell’istanza e l’errore addebitato al giudice, altresì mettendo in evidenza la decisività di quell’errore (Cass., sez. 1, 22/02/2007, n. 4178; Cass., sez. 6 -1, 04/10/2017, n. 23194).
La motivazione della decisione non è, peraltro, riconducibile alle gravi anomalie argomentative individuate da questa Corte integranti vizio di motivazione apparente (Cass., sez. U, 07/04/2014, n. 8053; Cass., sez. U, 03/11/2016, n. 22232; Cass., sez. 6-5, 23/05/2019, n. 13977), perché non si pone al di sotto del cd. ‹‹minimo costituzionale››.
Con il quarto motivo, denunciando ‹‹Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2233 c.c., 13, comma 6, l. n. 247/2012, 9 d.l. n. 1/2012 (conv. da l. n. 27/2012) e 4, comma 5, d.m. n. 55/2014, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c. nella parte in cui la sentenza gravata ha statuito, condannando gli appellanti al pagamento delle spese processuali, anche per la fase istruttoria/di trattazione››, i ricorrenti censurano la liquidazione delle spese di lite, sottolineando che il giudice d’appello ha riconosciuto i compensi anche per la fase istruttoria, benché tale fase fosse stata del tutto omessa.
L’accoglimento del primo motivo impone di dichiarare assorbito il quarto motivo.
Alla fondatezza nei suindicati termini del 1° motivo consegue rigettato il secondo, dichiarato inammissibile il terzo ed assorbito il
quarto, l’accoglimento del ricorso la cassazione in relazione della sentenza impugnata, con rinvio per nuovo esame, al Tribunale di Gela, in diversa composizione.
Il giudice del rinvio provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità,
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, rigetta il secondo, dichiara inammissibile il terzo, dichiara assorbito il quarto. Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, al Tribunale di Gela, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione