Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 1194 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 1194 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 11/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso 12767-2019 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio degli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME, che la rappresentano e difendono;
– ricorrente –
contro
COGNOME NOME, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio
Oggetto
Cambio di gestione nell’appalto Clausola sociale
R.G.N. 12767/2019
COGNOME
Rep.
Ud. 11/10/2023
CC
dell’avvocato NOME COGNOME che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1398/2018 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 22/10/2018 R.G.N. 934/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 11/10/2023 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
1. Con la sentenza in epigrafe indicata, la Corte d’appello di Milano, in riforma della sentenza del Tribunale della medesima sede n. 1984/2017, e in accoglimento dell’appello proposto da RAGIONE_SOCIALE contro detta decisione, accertava il diritto della COGNOME al trasferimento del rapporto di lavoro presso l’appellata RAGIONE_SOCIALE con decorrenza dal 20.6.2016, con mansioni di agente di rampa, liv. 3°, presso lo scalo di Linate, e la retribuzione mensile globale di € 2.151,15 lordi; condanna va, inoltre, la società appellata alla riammissione in servizio dell’appellante ed al pagamento delle retribuzioni medio tempore maturate dalla data di trasferimento del rapporto di lavoro all’effettiva riammissione in servizio, oltre interessi e rivalutazione, detratto quanto percepito da altro datore di lavoro dalla messa in mora (3.2.2017) come da documentazione depositata.
Per quanto qui interessa, la Corte territoriale innanzitutto condivideva le censure dell’appellante in merito alla statuizione con cui il primo giudice aveva accolto l’eccezione di decadenza proposta dalla difesa della società. Osservava che il diritto azionato derivava dalla cosiddetta clausola sociale prevista dall’art. 25 parte generale e dall’art. H37 parte specifica CCNL di settore nell’ipotesi di trasferimento dei servizi tra operatori dell’attività di assistenza a terra e che pertanto, non solo non si verteva in un caso di trasferimento di azienda, rientrante nella lettera c) dello stesso art. 32 comma 4 della legge n. 183 del 2010, ma neppure nella previsione di cui alla lett. d) della stessa norma. Precisava che la lavoratrice non aveva rivendicato un rapporto alle dipendenze di un soggetto diverso, ma aveva invocato l’obbligo, derivante dalla contrattazione collettiva, a carico dell’impresa subentrante, di assumere ex novo , a certe specifiche condizioni, il personale in forza presso il precedente aggiudicatario dell’appalto.
Quanto al merito, la Corte osservava che non era contestato in giudizio che l’appellata fosse subentrata alla datrice di lavoro dell’appellante negli appalti di servizi di assistenza a terra, né che la lavoratrice vi fosse addetta con l’inquadramento e la retribuzione indicata nel ricorso, né infine che la convenuta fosse tenuta al rispetto della c.d. clausola sociale (richiamata comunque espressamente negli accordi sindacali del giugno 2016). Rilevava che la società appellata aveva assunto solo in minima parte i cinquanta lavoratori che avrebbe dovuto assumere secondo l’accordo sindacale, a fronte degli ottantaquattro addetti nei servizi di assistenza a terra, e non aveva mai indicato in che modo
avesse applicato i criteri oggettivi indicati all’art. H37 parte specifica C.C.N.L. di settore. Considerava che la società si era limitata ad affermare che il passaggio degli addetti era stato così ridotto, in quanto i dipendenti della precedente società appaltatrice, interpellati sul punto, avevano rinunziato all’assunzione presso la nuova aggiudicataria e che, con riguardo all’appellante, ‘tale decisiva circostanza’ non era stata provata in giudizio dalla società, sulla quale incombeva il relativo onere probatorio, trattandosi di fatto modificativo o estintivo del diritto azionato.
Avverso tale decisione, la RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione, affidato a sette motivi.
Resiste COGNOME NOME con controricorso.
Solo la ricorrente ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo la ricorrente denuncia Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 32, comma 4, della legge n. 183/2010 e dell’art. 12 delle Disposizioni sulla legge in generale in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., deducendo che la Corte d’appel lo di Milano aveva ritenuto non applicabile la disciplina sulla decadenza alla fattispecie sull’erroneo presupposto che la lavoratrice non avesse rivendicato un rapporto di lavoro in capo ad un soggetto diverso dal titolare del contratto.
Con un secondo motivo denuncia la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c. in relazione all’art. 360, n. 3), c.p.c., dolendosi che il giudice di seconde cure aveva
asserito che la Aviapartner non avesse provato il rifiuto della sig.ra COGNOME all’assunzione, nonostante tale circostanza fosse pacifica in giudizio.
Con un terzo motivo deduce l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5), c.p.c., vale a dire, il fatto che la RAGIONE_SOCIALE non era stata licenziata dalla WFS, con conseguente mancanza di uno dei presupposti richiesti per il perfezionamento della fattispecie de qua.
Con un quarto motivo denuncia la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 8 del d.l. 13.8.2011, n. 138, dell’art. 25 del CCNL del 2.8.2013 e dell’art. H37 dell’accordo dell’11.12.2015, in relazione all’art. 360, n. 3), c.p.c. Deduce che il giudice di seconde cure aveva violato tali previsioni nelle parti in cui la contrattazione collettiva attribuisce alle intese intercorse tra le aziende coinvolte nella procedura la facoltà di individuare il personale e le condizioni di assunzione.
Con un quinto motivo denuncia la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 414 c.p.c. e dell’art. 25 del CCNL del 2.8.2013, in relazione all’art. 360, n. 3), c.p.c. Deduce che la Corte d’appello di Milano ha omesso di rilevare che dalle minimali alleg azioni e deduzioni contenute nell’atto introduttivo del primo grado di giudizio non emerge in alcun modo che, in applicazione dei criteri di scelta individuati dalla contrattazione collettiva, la sig.ra COGNOME avrebbe dovuto essere coinvolta nella procedura della c.d. ‘clausola sociale’, essendo il ricorso palesemente carente di allegazioni sotto tale profilo.
Con un sesto motivo denuncia la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2056 e 1223 c.c., in relazione all’art. 360, n. 3), c.p.c. Lamenta che il giudice di seconde cure aveva erroneamente condannato la RAGIONE_SOCIALE al pagamento delle retribuzioni medio tempore maturate con riferimento al medesimo periodo in cui le stesse retribuzioni sono state corrisposte alla sig.ra COGNOME dalla WFS.
Con il settimo motivo denuncia la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1227 c.c., in relazione all’art. 360, n. 3), c.p.c. Assume che erroneamente il giudice di seconde cure aveva condannato la RAGIONE_SOCIALE al pagamento delle retribuzioni medio tempore maturate con riferimento al periodo decorrente dalla data dell’accordo conciliativo intervenuto tra la Corvo e la WFS in data 5.8.2016.
In via preliminare, dev’essere respinta l’eccezione di decadenza dall’impugnazione, sollevata dalla controricorrente sul rilievo che tra la data di deposito della sentenza (22.10.2018) e la notifica del ricorso in cassazione (23.4.2019) sono trascorsi oltre 6 mesi.
E’ sufficiente, infatti, considerare che il 22.4.2019, giorno di teorica scadenza del termine c.d. lungo di cui all’art. 327, comma primo, c.p.c. novellato, corrispondeva nell’anno 2019 al Lunedì dell’Angelo e quindi a giorno festivo, sicché, giusta l’art. 155, comma quarto, c.p.c., la scadenza era prorogata di diritto al primo giorno seguente non festivo, vale a dire, nella specie, al giorno 23.4.2019, in cui il ricorso è stato notificato.
Passando quindi all’esame dei motivi di ricorso, osserva il Collegio che questa Sezione si è già espressa sulla massima parte delle questioni di diritto poste con i su riassunti
motivi nella sent. 19.6.2020, n. 12030. Tale ultima decisione, infatti, è stata resa in relazione a fattispecie analoga, quasi sovrapponibile, a quella in esame, e vi sono stati respinti o dichiarati inammissibili i motivi del ricorso per cassazione di RAGIONE_SOCIALE avverso sentenza della medesima Corte di appello di Milano, a sua volta, motivata in modo quasi identico a quella attualmente impugnata, in ordine a caso in cui veniva in considerazione la stessa c.d. clausola sociale di cui alle previsioni collettive che anche in questa fattispecie rilevano.
9.1. Pertanto, alla motivazione di quella decisione si farà riferimento anche ai sensi dell’art. 118 disp. att. c.p.c.
9.2. La società ricorrente, nella propria memoria in vista dell’odierna adunanza camerale, ha fatto presente di essere consapevole dell’indirizzo espresso nella suddetta sentenza di questa Corte, muovendo ad essa dei rilievi critici che tuttavia non possono essere condivisi.
9.3. Cass. n. 12030/2020 cit., circa la questione di decadenza qui riproposta con il primo motivo del ricorso in esame, aveva ribadito il principio di diritto, già espresso da Cass. n. 13179/2017, secondo cui, nell’ipotesi di cambio di gestione dell’appalto con passaggio dei lavoratori all’impresa nuova aggiudicatrice, la conseguente azione per l’accertamento e la dichiarazione del diritto di assunzione del lavoratore presso l’azienda subentrante non è assoggettata al termine di decadenza di cui alla L. n. 183 del 2010, art. 32, non rientrando nella fattispecie di cui alla lett. c), riferita ai soli casi di trasferimento d’azienda, né in quella di cui alla lett. d) del medesimo articolo; l’art. 32 citato presuppone, infatti,
non il semplice avvicendamento nella gestione, ma l’opposizione del lavoratore ad atti posti in essere dal datore di lavoro dei quali si invochi l’illegittimità o l’invalidità con azioni dirette a richiedere il ripristino del rapporto nei termini precedenti, anche in capo al soggetto che si sostituisce al precedente datore di lavoro, o ancora, la domanda di accertamento del rapporto in capo al reale datore, fondata sulla natura fraudolenta del contratto formale.
Ebbene, il Collegio non intravede plausibili ragioni per discostarsi dal suddetto indirizzo di questa Corte, che, più di recente, è stato ribadito da Cass., sez. lav., 16.12.2022, n. 36944, in relazione ad altro caso riguardante un c.d. cambio di gestione dell’appalto.
E la pronuncia della Corte di merito è conforme a detto orientamento di legittimità, che ormai può definirsi costante.
Il secondo motivo è inammissibile, in quanto non può ritenersi coerente e pertinente al decisum , con particolare riguardo al fatto ritenuto decisivo dalla Corte territoriale.
10.1. Difatti, mentre la circostanza che parte ricorrente ritiene pacifica attiene ad un’offerta di assunzione, non meglio precisata, che sarebbe stata prospettata alla lavoratrice nel contesto di trattative individuali intercorse tra le parti, deve viceversa ritenersi che il fatto decisivo cui allude la sentenza impugnata (a pag. 7), ritenuto non dimostrato da parte convenuta, fosse riferito ad una proposta di assunzione conforme ai termini dell’accordo sindacale. Il nucleo fondamentale su cui la sentenza si fonda è appunto costituito dal riconoscimento della violazione delle disposizioni contrattuali che regolano l’attivazione della c.d. clausola
sociale nell’ipotesi di passaggio dei servizi di assistenza a terra da un operatore all’altro.
L’articolazione del passaggio motivazionale che ha interessato tale punto rende evidente che, non avendo l’appellata mai eccepito di non essere tenuta al rispetto della c.d. clausola sociale (cui comunque era tenuta, secondo l’accertamento di fatto compiut o nella sentenza impugnata), la mancata assunzione del numero complessivo dei lavoratori interessati dalla procedura presupponeva una proposta conforme ai termini dell’accordo e non una qualsivoglia proposta difforme, la quale non avrebbe avuto l’effetto l iberatorio per coloro che non l’avessero accettata, come l’attuale resistente.
10.2. Di conseguenza, la circostanza decisiva non può che essere costituita dal rifiuto di una proposta conforme all’accordo, della cui esistenza la società che vi era onerata -non aveva fornito la prova in giudizio, come riferito dalla Corte territoriale.
11. Il terzo motivo è infondato.
12. Nel caso in cui, in forza di un accordo collettivo, sia previsto un sistema di procedure idoneo a consentire l’assunzione dei lavoratori alle dipendenze dell’impresa subentrante in un appalto, la tutela nei confronti del datore di lavoro cessionario si aggiunge a quella apprestata a favore del lavoratore nei confronti del datore di lavoro (cfr. Cass. n. 29922 del 2018, v. pure Cass. n. 12613 del 2007, 4166 del 2006). In altri termini, la domanda svolta da un lavoratore nei confronti dell’impresa per far valere i diritti derivanti dalle disposizioni contrattuali che prevedano determinate garanzie
di assunzione resta del tutto autonoma da eventuali impugnative che lo stesso lavoratore possa proporre nei confronti della ex datrice di lavoro, precedente appaltatrice del servizio.
13. Parimenti infondato è il quarto motivo.
13.1. In esso è censurato lo specifico passo di motivazione, in cui la Corte ha osservato: ‘ In ogni caso va evidenziato che l’art. 25 parte generale e l’art. H37 parte speciale del CCNL applicato in alcun modo rimettono ad accordi con organizzazioni sindacali la modifica dell’orario di lavoro e dell’inquadramento ‘ (cfr. pag. 17 del ricorso).
13.2. Nota il Collegio che la ricorrente non ha, invece, affatto censurato il più rilevante passaggio motivazionale immediatamente precedente, in cui la Corte d’appello aveva osservato: ‘Né, contrariamente a quanto sostenuto dalla società, le diverse condi zioni di cui all’avviso in bacheca erano frutto di accordi con le organizzazioni sindacali.
Ed infatti si legge nell’avviso in esame ‘ Non essendo ad oggi stato possibile raggiungere un’intesa con le OO.SS. nonostante il serrato e specifico confronto svolto nell’ambito delle procedure previste ‘.
Che al momento dell’affissione in bacheca dell’avviso in esame non fosse ancora intervenuto alcun accordo con le organizzazioni sindacali è dimostrato anche dal fatto che le condizioni indicate nell’avviso parametrazione dei contratti part time fino ad un massimo del 75% e trasformazione dei contratti full time in contratti part time 75%, livello massimo impiegatizio pari al 4 e operaio pari al 5, retribuzione prevista
dal CCNL del Trasporto Aereo -Sezione RAGIONE_SOCIALE -non corrispondono a quelle dell’accordo stipulato in data 17.6.2016 dall’appellante con alcune OO.SS.’, accordo le cui diverse condizioni sono riportate in sentenza (cfr. tra la pag. 7 e la pag. 8 della stessa).
La Corte distrettuale, perciò, in tali rilievi di risposta a deduzioni dell’appellata a riguardo, aveva escluso che fossero intervenuti con le organizzazioni sindacali accordi ulteriori e diversi da quello del 17.6.2016, che la stessa ha senz’altro considerato (cfr. anche la precedente pag. 6 della sua motivazione).
Vane, perciò, sono le considerazioni della ricorrente secondo le quali dalla lettura dell’art. 25 del CCNL del 2.8.2013 e dell’art. H37 dell’accordo dell’11.12.2015 ‘si evince che sia il personale da coinvolgere nella procedura di clausola sociale che le condizioni lavorative dello stesso sono rimessi alle intese intercorse tra l’azienda ‘cedente’ e quella ‘cessionaria’ ed agli accordi sindacali’.
13.3. Parimenti non pertinente è l’argomento della ricorrente, secondo cui il giudice di secondo grado avrebbe ‘omesso di rilevare che il verbale di accordo del 17.06.2016 … – nel quale sono riportate le condizioni proposte alla lavoratrice -è stato sottoposto anche ai lavoratori ed approvato dagli stessi mediante referendum, come allegato in punto di fatto ed anche su tale circostanza è stata richiesta la prova testimoniale’. Sulla base di tale assunto, infatti, la ricorrente assume che ‘la Corte di appel lo, al più, avrebbe dovuto applicare al costituendo rapporto di lavoro le condizioni economiconormative’, previste in tale accordo.
Come già notato, infatti, la Corte di merito ha comunque senz’altro considerato l’accordo sindacale del 17.6.2016, come le condizioni ivi contenute, sicché non si vede quale rilevanza poteva assumere la circostanza che lo stesso accordo fosse stato approvato dai lavoratori mediante referendum.
14. Inammissibile è il quinto motivo.
14.1. In esso, richiamando in sintesi quanto sostenuto nel motivo precedente, si assume che nel ricorso introduttivo del giudizio la lavoratrice ‘si è limitata ad indicare i nominativi dei lavoratori che, a suo dire, sarebbero passati da WFS ad RAGIONE_SOCIALE pur avendo un’anzianità aziendale inferiore a quella della sig.ra COGNOME.
14.2. La censura difetta a riguardo dei requisiti di specificità/autosufficienza del ricorso per cassazione, non richiamando in modo testuale il punto del ricorso introduttivo del primo grado cui ci si riferisce, tanto più che la Corte territoriale aveva fornito un ampio resoconto del contenuto di quell’atto (cfr. pagg. 2 -3 della sua sentenza), che la ricorrente non pone in discussione. Peraltro, la stessa Corte aveva poi considerato pacifica ‘la mancata indicazione di come siano stati applicati i criteri o ggettivi indicati nell’art. H37 parte specifica c.c.n.l. di settore’ (cfr. pag. 6).
15. Parimenti inammissibile è il sesto motivo.
15.1. Come anticipato in narrativa, la Corte territoriale ha detratto l’ aliunde perceptum dal trattamento ritenuto spettante. Ebbene, il motivo in esame non chiarisce quale sia il differenziale tra detto trattamento e quello ricevuto, ma
soprattutto non illustra le ragioni per le quali esso sarebbe errato, una volta che nel giudizio è stato stabilito -con statuizione non validamente contestata, come già detto con riferimento ai precedenti motivi – che la sentenza impugnata ha attribuito il trattamento spettante alla stregua di quanto pattuito in sede sindacale.
Soggiunge il Collegio che la ricorrente non sembra tener conto che la Corte di merito sia nel dispositivo della sua sentenza che nella relativa motivazione aveva specificato che la detrazione si riferiva a ‘quanto percepito da altro datore di lavoro dalla messa in mora (3.2.2017) come da documentazione depositata’. La detrazione a titolo di aliunde perceptum , dunque, con tale data di decorrenza, non comprendeva tutto quanto appreso dalla lavoratrice dall’anteriore data del 20.6.2016 nell’ambito del rapporto alle dipendenze di WFS, peraltro, poi, cessato con decorrenza dal 4.8.2016, quindi sempre prima del 3.2.2017. Inoltre, la ricorrente non muove alcuno specifico rilievo in ordine al rimando in sentenza alla ‘documentazione depositata’.
16. Inammissibile è, infine, anche il settimo motivo.
16.1. Secondo un consolidato indirizzo di legittimità, in materia di ricorso per cassazione i motivi, a pena di inammissibilità, devono investire questioni comprese nel tema del decidere del giudizio d’appello, non essendo ammissibili in sede di legittimità questioni nuove o nuovi temi di contestazione non trattati nella fase di merito, fatta eccezione per le questioni rilevabili d’ufficio (così, ex plurimis , Cass. civ., sez. trib., 8.4.2022, n. 11468; id., sez. I, 2.9.2021, n. 23792). Inoltre, nel giudizio di cassazione è preclusa alle
parti la prospettazione di nuove questioni di diritto o nuovi temi di contestazione che postulino indagini ed accertamenti di fatto non compiuti dal giudice del merito, a meno che tali questioni o temi non abbiano formato oggetto di gravame o di tempestiva e rituale contestazione nel giudizio di appello (così, ad es., Cass. civ., sez. lav., 27.8.2003, n. 12571).
16.2. Ebbene, l’ultima censura, facendo riferimento sia al primo comma che al secondo comma dell’art. 1227 c.c., si fonda sull’assunto che, qualora la lavoratrice ‘non avesse risolto il suo rapporto di lavoro con la WFS, la stessa avrebbe continuato a percepire le retribuzioni dalla sua datrice di lavoro (retribuzioni che andrebbero detratte anche quale aliunde percipiendum )’.
Non risulta, tuttavia, che la relativa questione fosse stata trattata in secondo grado, né deduce la ricorrente di aver svolto tempestive deduzioni a riguardo nello stesso grado.
La ricorrente, in quanto soccombente, dev’essere condannata al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese di questo giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, ed è tenuta al versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 200,00 per esborsi e Euro 5.500,00 per compensi professionali, oltre rimborso
forfetario delle spese generali nella misura del 15% e I.V.A e C.P.A. come per legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.
Così dec iso in Roma nell’adunanza camerale