Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 24915 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 24915 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 09/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso 9780-2022 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
COGNOMENOMECOGNOME NOMECOGNOME INNATURATO MONICA, COGNOME NOME, RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, RAGIONE_SOCIALE
– intimati – avverso la sentenza n. 49/2022 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA, depositata il 10/02/2022 R.G.N. 143/2021; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 24/06/2025 dalla Consigliera NOME COGNOME
Oggetto
Società subentrata nell’appalto diritto all’assunzione dei dipendenti dell’impresa cessante
R.G.N.9780/2022
COGNOME
Rep.
Ud 24/06/2025
CC
Fatti di causa
La Corte d’appello di L’Aquila ha respinto l’appello della COGNOMERAGIONE_SOCIALE, confermando la decisione di primo grado che aveva dichiarato il diritto dei lavoratori ricorrenti, già dipendenti della RAGIONE_SOCIALEa cui era stata subappaltata dalla RAGIONE_SOCIALE -appaltatrice della RAGIONE_SOCIALE gestione dell’attività di logistica, trasporto e distribuzione dei prodotti editoriali nella Provincia di L’Aquila), ad essere assunti dalla COGNOMERAGIONE_SOCIALE subentrata nel medesimo servizio subappaltato, in base alla clausola sociale di cui all’art. 4 del c.c.n.l. RAGIONE_SOCIALE
La Corte territoriale ha accertato l’identità dei servizi appaltati dalla RAGIONE_SOCIALE prima alla RAGIONE_SOCIALE e poi alla RAGIONE_SOCIALE, il subentro di quest’ultima alla prima società senza sostanziale soluzione di continuità; ha appurato come la subentrante non avesse allegato elementi discontinuità nel subappalto, rilevanti ai sensi dell’art. 29 d.lgs. 276 del 2003, come modificato dalla legge 122 del 2016, né modifiche organizzative o mutamento dei contenuti e delle modalità dei servizi appaltati r ilevanti ai fini dell’art. 4 c.c.n.l. RAGIONE_SOCIALE ha quindi riconosciuto un diritto soggettivo dei lavoratori di essere assunti alle dipendenze della società subentrata nell’appalto.
Avverso la sentenza la RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi, illustrati da memoria. I lavoratori e le società indicati in epigrafe non hanno svolto difese.
Il Collegio si è riservato di depositare l’ordinanza nei successivi sessanta giorni, ai sensi dell’art. 380 bis.1 c.p.c., come modificato dal d.lgs. n. 149 del 2022.
Ragioni della decisione
Con il primo motivo di ricorso la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4 e n. 5 c.p.c., violazione o falsa applicazione degli artt. 115, 116 e 132 c.p.c. per omessa valutazione di fatti decisivi allegati nel ricorso in appello e delle prove addotte a loro fondamento, in relazione all’art. 20 del d.lgs. 276 del 2003, al c.c.n.l. Multiservizi e al c.c.n.l. 1.8.2013 Distribuzione e Servizi relativo al settore Trasporto e settore merci.
Con il secondo motivo si deduce, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., violazione o falsa applicazione dell’art. 113 c.p.c., dell’art. 29 d.lgs. 276 del 2003, dell’art. 4 lett. a) del c.c.n.l. Multiservizi e del c.c.n.l. 1.8.2013 Distribuzione e Servizi relativo al settore Trasporto e settore merci.
I motivi, da trattate congiuntamente, sono inammissibili per più profili.
Il primo motivo di ricorso contiene inammissibilmente la contemporanea denuncia di violazione di disposizioni di legge sostanziale e processuale e di vizi di motivazione, senza una adeguata specificazione di quale errore, tra quelli dedotti, sia riferibile al n. 3, al n. 4 ovvero al n. 5 del comma 1 dell’art. 360 c.p.c., non consentendo una certa identificazione del devolutum.
Invero il ricorso per cassazione, in quanto ha ad oggetto censure espressamente e tassativamente previste dall’art. 360 c.p.c., deve essere articolato in specifici motivi riconducibili in maniera chiara ed inequivocabile ad una delle cinque ragioni di impugnazione stabilite dalla citata disposizione.
Il rispetto del principio di specificità dei motivi del ricorso per cassazione -da intendere alla luce del canone generale “della
strumentalità delle forme processuali” – comporta, fra l’altro, l’esposizione di argomentazioni chiare ed esaurienti, illustrative delle dedotte inosservanze di norme o principi di diritto, che precisino come abbia avuto luogo la violazione ascritta alla pronuncia di merito (Cass. n. 23675 del 2013), in quanto è solo la esposizione delle ragioni di diritto della impugnazione che chiarisce e qualifica, sotto il profilo giuridico, il contenuto della censura (Cass. n. 25044 del 2013; Cass. n. 17739 del 2011; Cass. n. 7891 del 2007; Cass. n. 7882 del 2006; Cass. n. 3941 del 2002; cfr. da ultimo Cass., S.U. n. 23745 del 2020).
Deve, inoltre, ribadirsi che con i motivi di ricorso per cassazione la parte non può limitarsi a riproporre le tesi difensive svolte nelle fasi di merito e motivatamente disattese dal giudice dell’appello, senza considerare le ragioni offerte da quest’ultimo, poiché in tal modo si determina una mera contrapposizione della propria valutazione al giudizio espresso dalla sentenza impugnata che si risolve, in sostanza, nella proposizione di un “non motivo”, come tale inammissibile ex art. 366, comma 1, n. 4, c.p.c. (Cass., n. 22478 del 2018). Nel caso di specie, i motivi di ricorso per cassazione ricalcano i motivi di appello, trascritti a p. 7 del ricorso in esame, senza in alcun modo replicare alle argomentazioni svolte dai giudici di appello e costituenti il fondamento logico giuridico della decisione.
Non solo, le censure mosse con i due motivi di ricorso, se pure formulate sotto specie di violazione di plurime disposizioni di legge, sostanziale e processuale, e di contratto collettivo censurano, nella sostanza, null’altro che la ricostruzione in fatto operata dai giudici di appello, attraverso plurimi e continui riferimenti alle allegazioni svolte e alle prove raccolte o non ammesse; simili censure non possono trovare ingresso nel giudizio di legittimità in cui la deduzione del vizio di violazione
di legge presuppone una ricostruzione in fatto incontestata (v. Cass. n. 3340 del 2019; n. 640 del 2019; n. 10320 del 2018; n. 24155 del 2017; n. 195 del 2016) e in cui le censure di merito sono veicolabili unicamente nei limiti segnati dall’art. 360 n. 5 c.p.c., nella specie peraltro precluso in ragione della disciplina della doppia conforme, di cui all’art. 348 ter c.p.c. applicabile ratione temporis.
Deve ancora ribadirsi, in consonanza con l’orientamento di questa Corte (v. Cass., S.U. n. 20867 del 2020; Cass. n. 11892 del 2016; Cass. n. 25029 del 2015; Cass. n. 25216 del 2014), che la violazione dell’art. 115 c.p.c. può essere dedotta come vizio di legittimità qualora il giudice, esercitando il suo potere discrezionale nella scelta e valutazione degli elementi probatori, ometta di valutare le risultanze di cui la parte abbia esplicitamente dedotto la decisività, salvo escluderne in concreto, motivando sul punto, la rilevanza; ovvero quando egli ponga alla base della decisione fatti che erroneamente ritenga notori o la sua scienza personale. In modo parallelo, la violazione dell’art. 116 c.p.c. presuppone che il giudice abbia valutato una prova legale secondo prudente apprezzamento o un elemento di prova liberamente valutabile come prova legale e la violazione dell’art. 2697 c.c. è configurabile nel caso in cui il giudice abbia invertito gli oneri di prova. Nessuna di queste situazioni è rappresentata nei motivi di ricorso in esame, ove è unicamente dedotto che il giudice ha male esercitato il suo prudente apprezzamento della prova, censura consentita solo ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c. nel caso di specie precluso dalla doppia conforme.
Parimenti non accoglibili sono anche le censure di violazione dell’art. 132 n. 4 c.p.c.
Come è noto, con le sentenze n. 8053 e 8054 del 2014 cit. si è precisato che è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella ‘mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico ‘ , nella ‘motivazione apparente’, nel ‘contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili’ e nella ‘motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile’, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di ‘sufficienza’ della motivazione”. La motivazione apparente, che determina nullità della sentenza perché affetta da error in procedendo, è quella che non consente di percepire il fondamento della decisione, perché reca argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (v. Cass. n. 22232 del 2016; Cass. n. 12351 del 2017).
La motivazione resa dai giudici di appello non contiene alcuna delle anomalie motivazionali atte ad integrare la violazione dell’art. 132 n. 4 c.p.c. poiché è ben espresso il percorso logico che sostiene il decisum, come sopra riassunto.
Per le ragioni esposte, il ricorso va dichiarato inammissibile.
Non si provvede sulle spese del giudizio di legittimità perché le controparti non hanno svolto difese.
La declaratoria di inammissibilità del ricorso costituisce presupposto processuale per il raddoppio del contributo unificato, ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002 (cfr. Cass. S.U. n. 4315 del 2020).
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso nell’adunanza camerale del 24 giugno 2025.