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Clausola simul stabunt: legittima nel dualistico?

Un consigliere di sorveglianza decade a seguito della revoca di altri membri in virtù della clausola simul stabunt simul cadent. La Cassazione respinge il suo ricorso per danni, confermando la piena legittimità della clausola anche nel sistema dualistico, distinguendone l’effetto dalla revoca senza giusta causa e ponendo come unico limite l’abuso del diritto.

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Clausola Simul Stabunt: Legittima anche per il Consiglio di Sorveglianza

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha affrontato una questione di grande rilevanza nel diritto societario: la validità e gli effetti della clausola simul stabunt simul cadent applicata al consiglio di sorveglianza in una società che adotta il sistema dualistico. Questa clausola, che determina la decadenza dell’intero organo in caso di cessazione di alcuni suoi membri, è stata ritenuta pienamente legittima, chiarendo la distinzione fondamentale tra la decadenza automatica e la revoca senza giusta causa.

I fatti del caso: la decadenza del consigliere

Il caso ha origine dall’azione legale di un membro del consiglio di sorveglianza di una grande società per azioni. A seguito della revoca, decisa dalla società, di altri tre consiglieri, l’intero organo, incluso il ricorrente, era decaduto in applicazione della clausola simul stabunt simul cadent prevista dallo statuto sociale.

Ritenendo di aver subito una sorta di “revoca indiretta” e ingiustificata, il consigliere decaduto aveva chiesto il risarcimento del danno alla società. Sia il Tribunale che la Corte d’Appello avevano però respinto la sua domanda, affermando la legittimità della clausola statutaria e la sua operatività indipendentemente dai motivi che avevano portato alla cessazione degli altri consiglieri. La questione è così giunta all’esame della Corte di Cassazione.

La questione giuridica: è valida la clausola simul stabunt per il consiglio di sorveglianza?

Il cuore della controversia risiedeva nel determinare se la clausola simul stabunt simul cadent, la cui validità è espressamente riconosciuta dal Codice Civile per il consiglio di amministrazione (art. 2386 c.c.), potesse essere estesa anche al consiglio di sorveglianza nel sistema dualistico. Il ricorrente sosteneva di no, evidenziando l’assenza di un richiamo normativo esplicito e la diversa natura dei due organi.

Inoltre, si dibatteva se la decadenza automatica, innescata da una revoca senza giusta causa di altri membri, potesse essere equiparata a una revoca ingiustificata del consigliere “superstite”, con conseguente diritto al risarcimento.

La decisione della Cassazione sulla clausola simul stabunt

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando le decisioni dei giudici di merito e fornendo importanti chiarimenti sulla portata della clausola simul stabunt.

Validità anche nel sistema dualistico

I giudici hanno stabilito che, sebbene non vi sia un richiamo esplicito, la clausola è pienamente compatibile con il sistema dualistico. La sua funzione è quella di preservare la composizione e l’equilibrio originario di un organo collegiale, un’esigenza presente tanto nel consiglio di amministrazione quanto in quello di sorveglianza. La clausola serve a garantire che, al venir meno di alcuni componenti, l’intero organo venga rinnovato dall’assemblea, evitando alterazioni degli equilibri interni che potrebbero derivare dal meccanismo della cooptazione. Questa finalità è coerente con la filosofia generale del modello dualistico e non contrasta con alcuna norma imperativa.

Differenza tra decadenza e revoca indiretta

La Corte ha chiarito in modo netto che la cessazione dalla carica per effetto della clausola non è una revoca, né diretta né indiretta. Si tratta di un effetto automatico previsto dallo statuto, la cui causa non risiede in un atto sanzionatorio nei confronti del singolo consigliere, ma nella necessità di garantire l’integrità e gli equilibri dell’organo. L’effetto revocatorio, che darebbe diritto al risarcimento se ingiustificato, non è un elemento qualificante della fattispecie. La giustificazione della decadenza si trova nella tutela della stabilità e della coesione del board.

L’abuso del diritto come unico limite

L’unico limite all’applicazione della clausola, come sottolineato dalla Corte, è l’abuso del diritto. Se fosse provato che la revoca di alcuni consiglieri fosse stata deliberata con l’unico e preordinato scopo di innescare la clausola per estromettere altri membri non graditi, allora il meccanismo sarebbe illecito. Tuttavia, nel caso di specie, tale abuso non è stato dimostrato dal ricorrente.

Le motivazioni

La Corte ha motivato la sua decisione basandosi sul principio dell’autonomia statutaria e sulla ratio della clausola simul stabunt. La norma che la prevede per gli amministratori (art. 2386 c.c.) non è eccezionale, ma espressione di un principio più ampio volto a tutelare la stabilità della governance societaria. La clausola incentiva la coesione interna, poiché ogni membro è consapevole che le dimissioni o la revoca di altri possono determinare la fine del proprio mandato. La sua applicazione, quindi, non è un atto discrezionale della società contro un singolo membro, ma una conseguenza automatica e predeterminata di un evento specifico previsto dallo statuto. La pretesa risarcitoria del ricorrente è stata ritenuta infondata perché confonde due piani distinti: la revoca, che è un atto mirato, e la decadenza per effetto della clausola, che è un meccanismo impersonale di salvaguardia degli assetti societari.

Le conclusioni

In conclusione, la sentenza rafforza la validità e l’efficacia della clausola simul stabunt simul cadent come strumento di governo societario, estendendone pacificamente l’applicazione anche al consiglio di sorveglianza nel sistema dualistico. Viene tracciata una linea chiara tra la decadenza automatica statutaria e la revoca ingiustificata, negando che la prima possa dar luogo a un risarcimento del danno, a meno che non si dimostri un esercizio abusivo e fraudolento del meccanismo da parte della società.

La clausola ‘simul stabunt simul cadent’ è valida per il consiglio di sorveglianza in una società con sistema dualistico?
Sì, la Corte di Cassazione ha confermato che la clausola è pienamente legittima e applicabile anche al consiglio di sorveglianza. La sua funzione di garantire la stabilità e la composizione originaria dell’organo è coerente con la filosofia del modello dualistico e non contrasta con alcuna norma imperativa.

La decadenza di un consigliere per effetto della clausola ‘simul stabunt’ equivale a una revoca senza giusta causa che dà diritto al risarcimento?
No. La Corte ha chiarito che la decadenza è un effetto automatico previsto dallo statuto, la cui giustificazione risiede nella necessità di preservare gli equilibri dell’organo. Non è un atto sanzionatorio o discrezionale equiparabile a una revoca ingiustificata e, pertanto, di per sé non dà diritto a un risarcimento del danno.

Esiste un limite all’applicazione della clausola ‘simul stabunt simul cadent’?
Sì, l’unico limite individuato è l’abuso del diritto. La clausola diventa illecita se viene utilizzata in modo fraudolento, ad esempio se la società revoca alcuni membri con l’unico scopo di provocare la decadenza dell’intero organo per estromettere altri consiglieri non graditi. Tale abuso deve però essere specificamente provato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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