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Clausola risolutiva: la guida completa

Una società di locazione ha citato in giudizio un’azienda cliente per il mancato pagamento dei canoni di un software. La società locatrice ha invocato la clausola risolutiva espressa presente nel contratto. Il Tribunale di Milano ha confermato la legittimità della risoluzione, condannando l’azienda cliente al pagamento di tutti i canoni residui, per un totale di €10.126,39, e alla restituzione del bene. La sentenza sottolinea come la clausola risolutiva bypassi la necessità per il giudice di valutare la gravità dell’inadempimento.

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Clausola Risolutiva Espressa: Risoluzione Automatica del Contratto per Inadempimento

L’inadempimento contrattuale è una delle problematiche più comuni nelle relazioni commerciali. Una recente sentenza del Tribunale di Milano offre un’analisi chiara su uno degli strumenti più efficaci per tutelarsi: la clausola risolutiva espressa. Questo caso riguarda una società di locazione che, a fronte del mancato pagamento dei canoni per un software, ha ottenuto la risoluzione del contratto e la condanna della controparte al pagamento di tutte le somme dovute, proprio grazie a questa specifica pattuizione. Analizziamo come questo strumento legale possa semplificare notevolmente la gestione delle controversie.

I Fatti di Causa: Locazione di Software e Mancati Pagamenti

Una società specializzata nella locazione di beni strumentali stipulava un contratto con un’azienda cliente per la fornitura di un software. L’accordo prevedeva il pagamento di 36 canoni trimestrali anticipati. Tuttavia, dopo aver corrisposto regolarmente solo le prime quattro rate, l’azienda cliente interrompeva arbitrariamente i pagamenti, risultando inadempiente per un importo significativo.
A fronte di questa situazione, la società locatrice, avvalendosi di una specifica previsione contrattuale, inviava una comunicazione formale con cui dichiarava risolto il contratto. Successivamente, avviava un’azione legale per ottenere il pagamento dei canoni insoluti, dei canoni futuri previsti fino alla scadenza naturale del contratto e la restituzione del software.

La Clausola Risolutiva al Centro della Controversia

L’elemento cardine della difesa della società locatrice era l’articolo 14 delle condizioni generali di contratto, che configurava una clausola risolutiva espressa ai sensi dell’art. 1456 del Codice Civile. Questa clausola stabiliva che il mancato pagamento anche di un solo canone avrebbe comportato la risoluzione automatica del contratto, qualora la parte adempiente avesse dichiarato di volersene avvalere.

L’Onere della Prova in Caso di Clausola Risolutiva

Il Tribunale ha sottolineato un principio fondamentale del diritto processuale: la ripartizione dell’onere della prova (art. 2697 c.c.). La società locatrice (creditrice) aveva l’onere di provare esclusivamente l’esistenza del contratto, ovvero la fonte del suo diritto. E lo ha fatto depositando il contratto e la documentazione relativa alla fornitura.
Spettava invece all’azienda cliente (debitrice) dimostrare di aver adempiuto alla propria obbligazione, cioè di aver pagato i canoni. Non essendosi costituita in giudizio e non avendo fornito alcuna prova dei pagamenti, la sua posizione è risultata indifendibile.

La Decisione del Tribunale

Il giudice ha accolto integralmente le richieste della società ricorrente. La parte convenuta è stata dichiarata contumace, data la sua assenza nel procedimento nonostante la regolare notifica degli atti.

le motivazioni
La motivazione della sentenza si fonda sulla peculiare natura della clausola risolutiva espressa. A differenza della risoluzione per inadempimento ordinaria (art. 1455 c.c.), che richiede al giudice una valutazione sulla “non scarsa importanza” dell’inadempimento, la clausola espressa sposta questa valutazione a monte. Sono le parti stesse che, al momento della stipula, concordano quali inadempimenti siano così gravi da giustificare la fine del rapporto. Di conseguenza, il giudice non deve fare altro che verificare l’esistenza della clausola, l’inadempimento specifico previsto e la dichiarazione della parte interessata di volersene avvalere. Nel caso di specie, tutti questi elementi erano presenti e provati. Il Tribunale ha quindi dichiarato il contratto legittimamente risolto e ha condannato la parte inadempiente al pagamento di tutte le somme previste dal contratto in caso di risoluzione anticipata, inclusi i canoni insoluti e i “canoni a scadere”, oltre alla restituzione del bene.

le conclusioni
Questa sentenza ribadisce la straordinaria efficacia della clausola risolutiva espressa come strumento di tutela per la parte adempiente. Inserire una clausola di questo tipo nei contratti commerciali permette di ottenere una risoluzione del rapporto in modo rapido e certo, senza dover attendere i tempi e le incertezze di una valutazione discrezionale del giudice sulla gravità dell’inadempimento. Per le aziende, ciò si traduce in una maggiore prevedibilità e in una più efficace gestione del rischio di credito. È un monito per chi stipula contratti a prestare massima attenzione a queste pattuizioni, poiché le loro conseguenze legali sono dirette e immediate.

A cosa serve la clausola risolutiva espressa in un contratto?
Serve a stabilire che il contratto si risolverà di diritto (automaticamente) qualora una specifica obbligazione non venga adempiuta. Questo strumento permette alla parte non inadempiente di provocare la fine del contratto con una semplice dichiarazione, senza che il giudice debba valutare la gravità dell’inadempimento.

Se una parte non si presenta in giudizio, cosa succede?
La parte viene dichiarata “contumace”. Il processo prosegue anche in sua assenza, ma la parte attrice deve comunque fornire la prova dei fatti a fondamento della propria domanda. La parte contumace perde l’opportunità di difendersi e di contestare le pretese avversarie.

In una causa per mancato pagamento, chi deve provare cosa?
Il creditore ha l’onere di provare l’esistenza del titolo del suo diritto (ad esempio, il contratto). Spetta invece al debitore, secondo il principio di prossimità della prova, dimostrare di aver effettuato il pagamento, poiché questo è un fatto che estingue l’obbligazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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