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Clausola risolutiva espressa: risoluzione automatica

Una società vendeva un immobile con riserva di proprietà. L’acquirente non pagava diverse rate, così il venditore ha invocato la clausola risolutiva espressa presente nel contratto. Il Tribunale ha dichiarato il contratto risolto di diritto, ordinando la restituzione dell’immobile. Ha inoltre stabilito un equo compenso per l’uso del bene, superiore alle rate versate, condannando l’acquirente al pagamento della differenza.

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Pubblicato il 5 dicembre 2025 in Diritto Civile, Diritto Immobiliare, Giurisprudenza Civile

Clausola risolutiva espressa: l’arma decisiva in caso di inadempimento

La clausola risolutiva espressa rappresenta uno degli strumenti di autotutela contrattuale più efficaci a disposizione delle parti. Inserendola in un contratto, si stabilisce che l’inadempimento di una specifica obbligazione comporterà la risoluzione automatica del rapporto. Una recente sentenza del Tribunale di Torino offre un chiaro esempio pratico della sua applicazione in una vendita immobiliare con riserva di proprietà, delineando le conseguenze per l’acquirente inadempiente.

I fatti del caso

Una società vendeva a un’altra impresa un complesso immobiliare, composto da un negozio e un’autorimessa, attraverso un contratto di vendita con riserva della proprietà. Il prezzo concordato doveva essere corrisposto in 55 rate mensili. Il contratto conteneva una clausola risolutiva espressa che prevedeva la risoluzione di diritto in caso di mancato pagamento di rate per un importo superiore a un’ottava parte del prezzo totale.

Dopo un periodo iniziale, l’acquirente iniziava a ritardare e a saltare i pagamenti, accumulando un debito significativo. Di fronte a questo inadempimento, la società venditrice inviava una comunicazione formale (PEC) con cui dichiarava di volersi avvalere della clausola, risolvendo così il contratto.

L’acquirente si opponeva, sostenendo che l’inadempimento non fosse grave e, soprattutto, eccependo a sua volta un inadempimento della venditrice, accusata di non aver mai consegnato l’autorimessa, che a suo dire era stata affittata a terzi.

La decisione del Tribunale e il funzionamento della clausola risolutiva espressa

Il Tribunale ha accolto integralmente le richieste della società venditrice, dichiarando il contratto risolto di diritto. La decisione si fonda sul meccanismo previsto dall’art. 1456 del Codice Civile.

Il giudice ha chiarito che, in presenza di una clausola risolutiva espressa, il suo ruolo non è quello di valutare la gravità dell’inadempimento (come avverrebbe in una risoluzione ordinaria ex art. 1453 c.c.), poiché tale valutazione è già stata compiuta dalle parti al momento della stipula del contratto. Il compito del Tribunale è limitato a una verifica fattuale: accertare se l’inadempimento dedotto nella clausola si sia effettivamente verificato.

Nel caso specifico, era pacifico che l’acquirente avesse omesso di pagare un numero di rate il cui importo superava l’ottava parte del prezzo, attivando così il presupposto previsto dalla clausola. La successiva dichiarazione della venditrice di volersene avvalere ha prodotto l’effetto risolutivo automatico.

La gestione delle eccezioni e le conseguenze economiche

Il Tribunale ha rigettato l’eccezione dell’acquirente relativa alla mancata consegna dell’autorimessa. Attraverso le prove testimoniali, è emerso che non solo l’autorimessa era stata consegnata, ma che era la stessa acquirente a concederla in locazione a un terzo, percependone il canone. L’eccezione è stata quindi ritenuta infondata e pretestuosa.

Una volta dichiarata la risoluzione, il giudice ha disciplinato le conseguenze economiche secondo l’art. 1526 c.c.:
1. Restituzione delle rate: Il venditore deve restituire le rate riscosse (€ 10.400,00).
2. Equo compenso: L’acquirente deve corrispondere al venditore un equo compenso per l’uso dell’immobile. Il Tribunale lo ha quantificato in € 350,00 mensili per l’intera durata dell’occupazione, per un totale di € 26.600,00.
3. Compensazione impropria: Il giudice ha operato una compensazione tra i due importi, condannando l’acquirente a versare alla venditrice la differenza (€ 16.200,00), oltre a un importo mensile per l’occupazione futura fino al rilascio.

Le motivazioni

La motivazione della sentenza si concentra sulla natura e sugli effetti della clausola risolutiva espressa. Le parti, prevedendola, stabiliscono preventivamente quali inadempimenti sono talmente gravi da giustificare la fine del rapporto. Questo conferisce al creditore un diritto potestativo: una volta verificatosi l’inadempimento previsto, la sua semplice dichiarazione di volersi avvalere della clausola è sufficiente a sciogliere il vincolo contrattuale. La sentenza del giudice ha, in questo caso, una natura meramente dichiarativa, cioè si limita a certificare un effetto giuridico che si è già prodotto.

Il rigetto della domanda riconvenzionale dell’acquirente per la restituzione delle spese di ristrutturazione è altrettanto significativo. Il Tribunale ha ritenuto che tali spese derivassero da un separato contratto d’opera, stipulato in parte durante un precedente rapporto di locazione e non collegato negozialmente alla compravendita. La risoluzione di un contratto, quindi, non incide sui rapporti giuridici autonomi, anche se economicamente collegati.

Le conclusioni

Questa pronuncia ribadisce la straordinaria efficacia della clausola risolutiva espressa come strumento di tutela per il creditore. La sua inclusione in un contratto riduce drasticamente l’incertezza e la discrezionalità giudiziale sulla gravità dell’inadempimento. Per le parti, ciò significa che la mancata esecuzione di un’obbligazione specificata nella clausola avrà una conseguenza certa e automatica: la risoluzione del contratto. È un monito a redigere i contratti con precisione e a rispettare scrupolosamente gli impegni assunti, poiché le vie di fuga, una volta attivata la clausola, sono estremamente limitate.

Cosa succede se in un contratto è presente una clausola risolutiva espressa e una parte non adempie all’obbligazione indicata?
Se si verifica l’inadempimento previsto dalla clausola, la parte a cui spetta la prestazione può dichiarare di volersi avvalere di tale clausola. Questa dichiarazione provoca la risoluzione automatica e di diritto del contratto, senza che il giudice debba valutare la gravità dell’inadempimento.

L’acquirente può evitare la risoluzione sostenendo che anche il venditore era inadempiente per altri motivi?
No, se l’inadempimento contestato al venditore risulta infondato. Nel caso esaminato, l’acquirente ha sostenuto la mancata consegna di un’autorimessa, ma le prove hanno dimostrato il contrario. L’eccezione di inadempimento per essere valida deve basarsi su un inadempimento reale e provato della controparte.

Dopo la risoluzione di un contratto di vendita con riserva di proprietà, cosa accade alle rate già pagate?
Il venditore deve restituire le rate incassate. Tuttavia, ha diritto a ricevere un equo compenso per l’uso che il compratore ha fatto del bene, oltre al risarcimento di eventuali danni. Come nel caso di specie, se l’equo compenso è superiore alle rate versate, il compratore sarà tenuto a pagare la differenza.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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