Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 12830 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 12830 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 10/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 17009/2019 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO TORINO n. 114/2019 depositata il 18/01/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 23/04/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
Premesso che:
1. nel 2001, la spa RAGIONE_SOCIALE stipulava con la RAGIONE_SOCIALE un contratto di agenzia in forza del quale la seconda veniva incaricata di promuovere la conclusione di contratti relativi a prodotti della prima, tra cui telefoni ‘GSM dual Sim’. Le parti convenivano anche (art. 3.10. contratto) che sarebbero stati concordati volumi di affari minimi (‘budget’) trimestrali e annuali, il mancato raggiungimento dei quali risultati avrebbe costituito grave inadempimento e avrebbe legittimato la preponente ad avvalersi della clausola risolutiva espressa di cui all’art. 15 del contratto, in forza della quale, la preponente non avrebbe avuto obbligo di pagamento delle indennità sostitutiva del preavviso e di fine rapporto.
Nel giugno del 2012, la preponente risolveva in tronco il rapporto, in ragione della forte diminuzione del volume di affari nel periodo gennaio -giugno 2012 rispetto al medesimo periodo dell’anno precedente, a sua volta, fortemente inferiore al corrispondente periodo del 2010, con punte di -33,4% rispetto all’obiettivo previsto del periodo gennaio -marzo 2012 e di -37,4% rispetto all’obiettivo del periodo aprile -giugno 2012 e con calo del 43% rispetto al primo semestre 2011 per i telefoni ‘GSM Dual Sim’ quale prodotto ‘particolarmente strategico’.
La COGNOME conveniva la COGNOME davanti al Tribunale di Torino per far accertare l’assenza di giusta causa nell’interruzione del rapporto e per ottenere la condanna della convenuta al pagamento della
indennità di mancato preavviso e della indennità di cessazione del rapporto ex art. 1751 c.c., al risarcimento dei danni, al pagamento delle provvigioni ‘in relazione al cliente RAGIONE_SOCIALE‘;
Il Tribunale rigettava le domande.
La decisione veniva confermata dalla Corte di Appello di Torino con la sentenza in epigrafe.
La Corte di Appello, in relazione ai risultati di cui alla lettera di recesso, rimarcava trattarsi di risultati talmente negativi, sia in termini percentuali rispetto agli obiettivi sia perché riguardanti anche un prodotto di particolare rilievo per la preponente, da giustificare il recesso in tronco dal rapporto. La Corte di Appello accertava che i ‘budget’ erano stati espressamente accettati dalla agente e rilevava che i risultati conseguiti dalla agente erano ‘molto al di sotto della media aziendale della altre agenzie’. La Corte di Appello, anche in relazione alla eccezione della agente secondo cui la preponente, avendo già passato tollerato scostamenti, sarebbe stata scorretta nell’avvalersi della clausola risolutiva, evidenziava che, sebbene effettivamente già in altri trimestri vi fossero stati scostamenti dai ‘budget’ previsti tuttavia mai tali scostamenti avevano, per un verso, riguardato due trimestri consecutivi e, per altro verso, erano stati di consistenza simile -anche in relazione al prodotto di specifica rilevanza quale i telefoni Dual Sim -a quella degli scostamenti di cui alla lettera di recesso.
La COGNOME ricorre per la cassazione di tale sentenza con quattro motivi avversati dalla RAGIONE_SOCIALE con controricorso. Quest’ultima ha depositato memoria;
considerato che:
1.con il primo motivo di ricorso viene lamentata la violazione o falsa applicazione dell’artt. 1750, 2119 c.c., 115 e 116 c.p.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n.3 c.p.c.
1.1. Viene dedotto che la Corte di Appello avrebbe errato nel ritenere sussistente, in relazione alla ‘contestazione meramente numerica’ dello scostamento dai prefissati risultati di bilancio, il grave inadempimento contrattuale integrativo dei presupposti per il legittimo avvalimento della clausola risolutiva espressa contenuta nell’art.15 del contratto. Secondo la ricorrente la Corte di Appello non avrebbe potuto dichiarare legittimo il recesso sul solo riscontro del mancato raggiungimento dei budget trimestrali senza indagare se essa ricorrente aveva o meno ‘violato obblighi verso la clientela o commesso altro tipo di inadempimento’;
con il secondo motivo di ricorso viene lamentata la violazione o falsa applicazione dell’artt. 2697 c.c., 115 e 116 c.p.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n.3 c.p.c.
2.1. Viene dedotto che la Corte di Appello avrebbe ‘erroneamente ritenuto dimostrato l’inadempimento dell’agente dal mero raffronto del proprio rendimento con la soglia contrattuale prevista senza considerare il rendimento coevo di altri agenti’ finendo per violare il precetto generale per cui, in caso di clausola risolutiva espressa, si impone di verificare se il fatto, sotto il profilo materiale integrativo del presupposto della clausola è, alla luce del principio di correttezza, fatto inadempitivo idoneo a giustificare la risoluzione;
il primo e il secondo motivo possono essere valutati assieme. Essi sono infondati.
3.1. Va in primo luogo osservato che nella rubrica dei due motivi sono evocati gli artt. 115 e 116 c.p.c. ma nel corpo dei motivi stessi il riferimento a tali articoli non è in alcun modo sviluppato.
3.2. Per il resto deve affermarsi che, sebbene in linea di principio valga il rilievo per cui ‘nel contratto di agenzia, quando è in questione non il diritto dell’agente al compenso, ma il corretto adempimento delle sue obbligazioni e in particolare di quella principale di promuovere i contratti, rileva il criterio della diligenza richiesta dalla natura dell’attività esercitata e quindi sotto tale profilo può parlarsi più di un’obbligazione di mezzi che di un’obbligazione di risultato’ ( Cass. Sez. L, Sentenza n.15661 del 12/12/2001), tuttavia il principio non vale laddove -come nel caso di specie- la società agente abbia espressamente assunto l’obbligo di raggiungere i risultati di bilancio via via concordati con la preponente.
In relazione all’obbligo di risultato così assunto, la condotta della società agente se esplicata con diligenza avrebbe dovuto procurare il risultato che era stato individuato come esito della prestazione.
Ciò posto, la Corte di Appello, in assenza di allegazione e prova, da parte della agente, del fatto che il mancato raggiungimento dei budget concordati fosse dovuto a causa ad essa non imputabile (art. 1218 c.c.), avrebbe potuto ritenere la condotta della ricorrente inadempitiva ed integrante gli estremi dell’avvalimento legittimo della clausola risolutiva espressa, da parte della preponente, per il fatto stesso che i ‘budget’ non sono stati raggiunti.
La Corte di Appello è tuttavia andata persino oltre rispetto a quanto sarebbe stato sufficiente rilevare, laddove ha sottolineato che lo scostamento dai budget era stato particolarmente alto e che i risultati consegui ti dalla agente erano ‘molto al di sotto della media aziendale della altre agenzie’.
Per completezza si osserva che nel secondo motivo di ricorso viene richiamata la massima della sentenza di questa Corte n.6008 del 17/04/2012 (‘In tema di contratto di agenzia, ove il preponente risolva in tronco il contratto per un’inadempienza
imputabile all’agente, che non consenta la prosecuzione neanche provvisoria del rapporto, ai sensi dell’art. 1751, comma secondo, cod. civ., adducendo il calo delle vendite nella zona affidata all’agente, senza che sia convenzionalmente stabilito un volume minimo di affari, e sorga contestazione sulla significatività di detto calo in rapporto al dato nazionale, anch’esso negativo, riguardante lo specifico settore di attività, è onere del preponente dimostrare l’anomalia della contestata diminuzione di affari e, quindi, fornire al giudice i dati per comparare il risultato ottenuto dall’agente in questione rispetto al volume di vendite conseguito da altri agenti dello stesso preponente in altre zone. Ciò in quanto la ripartizione dell’onere della prova deve tenere conto, oltre che della distinzione tra fatti costitutivi e fatti estintivi od impeditivi del diritto, anche del principio – riconducibile all’art. 24 Cost. ed al divieto di interpretare la legge in modo da rendere impossibile o troppo difficile l’esercizio dell’agire in giudizio – della riferibilità o vicinanza o disponibilità dei mezzi di prova’). Il richiamo è inconferente posto che nel caso di specie la odierna controricorrente non ha risolto in tronco il contratto ‘adducendo il calo delle vendite nella zona affidata all’agente, senza che sia convenzionalmente stabilito un volume minimo di affari’, ma ha risolto in tronco il contratto adducendo, in relazione ad apposita clausola risolutiva espressa, il mancato conseguimento dei volumi di bilancio espressamente concordati;
4.con il terzo motivo di ricorso viene lamentata la violazione o falsa applicazione dell’artt. 1175, 1375, 1453 e 1455 c.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n.3 c.p.c.
4.1. Viene dedotto che la Corte di Appello si sarebbe limitata a valorizzare il fatto che i budget erano stati concordati mentre avrebbe dovuto tener conto del fatti che ‘il protrarsi della gravissima e globale crisi economica comporta in maniera ancor più stringente la necessità di valorizzare la raggiungibilità ed
adeguatezza degli obiettivi prefissati rispetto alla realtà economica’ e del fatto che ‘la continua modifica dei budget trimestrali ad opera della preponente è una facoltà legittima nei limiti in cui non strumentalmente utilizzata per mantenere l’agente sotto il giogo della clausola risolutiva espressa’.
4.2. Il motivo è inammissibile in quanto non esprime censure ai sensi dell’art. 360 e dell’art. 366 c.p.c. ma veicola allegazioni di aspetti fattuali;
5. con il quarto motivo di ricorso viene lamentato l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio in relazione agli artt. 1453 e 1455 c.c., in relazione all’art.360, primo comma, n.5 c.p.c. per avere la Corte di Appello omesso di tener conto ‘come già in passato l’agente non avesse conseguito l’obiettivo minimo imposto dalla proponente’, e omesso di valutare ‘l’applicazione del principio di acquiescenza dell’avente diritto … come causa impeditiva della volontà di avvalersi della clausola risolutiva espressa e dunque della sussistenza dell’inadempimento’.
5.1. Il motivo è inammissibile.
La Corte di Appello, in relazione alla eccezione della allora appellante, secondo cui la preponente, avendo già in passato tollerato scostamenti, sarebbe stata scorretta nell’avvalersi della clausola risolutiva, ha evidenziato che, sebbene effettivamente già in altri trimestri vi fossero stati scostamenti dai ‘budget’ previsti tuttavia mai tali scostamenti avevano, per un verso, riguardato due trimestri consecutivi e, per altro verso, erano stati di consistenza simile -anche in relazione al prodotto di specifica rilevanza quale i telefoni Dual Sim -a quella degli scostamenti di cui alla lettera di recesso.
Sotto l’apparente deduzione di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio la ricorrente pare mirare ad una
rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito, ossia a trasformare inammissibilmente il giudizio di cassazione una terza istanza di merito.
In conclusione il ricorso deve essere rigettato;
le spese seguono la soccombenza;
PQM
la Corte rigetta il ricorso;
condanna la ricorrente a rifondere alla controricorrente le spese del giudizio di legittimità, liquidate in €5500,00, per compensi professionali, € 200,00 per esborsi oltre rimborso forfettario delle spese generali nella misura del 15% e altri accessori di legge se dovuti.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater del d.p.r . 115/2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, ad opera della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 -bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma 23 aprile 2024.