Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 4767 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1   Num. 4767  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 22/02/2024
sul ricorso 34840/2019 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE IN LIQUIDAZIONE, elettivamente domiciliata in Roma presso lo studio dell’AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
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ricorrente
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contro
REGIONE  CAMPANIA,  elettivamente  domiciliata  in  Roma,  presso  lo  studio  dell’AVV_NOTAIO  NOME AVV_NOTAIO che la rappresenta e difende;
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contro
ricorrente
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avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO di NAPOLI n. 4590/2018 depositata il 12/10/2018; udita  la  relazione  della  causa  svolta  nella  camera  di  consiglio  del  6/2/2024  dal  AVV_NOTAIO.
RITENUTO IN FATTO
La Corte d’Appello di Napoli, rigettando con la sentenza riportata in epigrafe il gravame della RAGIONE_SOCIALE, ha confermato l’impugnata decisione di primo grado che, respingendo la domanda di questa ed accogliendo la parallela domanda altrimenti azionata della RAGIONE_SOCIALE di emanazione della Regione RAGIONE_SOCIALE con funzioni di gestione e controllo delle erogazioni a favore del settore agricolo previste su base comunitaria -aveva riconosciuto la legittimità della revoca, in applicazione della clausola risolutiva espressa, del finanziamento a suo tempo concesso alla RAGIONE_SOCIALE per la realizzazione di un capannone da destinare alla trasformazione del latte conferito dagli associati.
A motivo della disposta conferma il giudice territoriale, richiamandone in sintesi le ragioni, ha fatto inizialmente rimarcare che il Tribunale si era indotto all’accoglimento della domanda della RAGIONE_SOCIALE, giudicando sussistente l’inadempimento della RAGIONE_SOCIALE alla convenzione di finanziamento, quantomeno con riguardo all’obbligo di comunicare immediatamente alla medesima RAGIONE_SOCIALE le circostanze sopravvenute idonee ad incidere sulla realizzazione del programma finanziato, e, quindi, tutti i plurimi ostacoli dedotti e documentati dalla RAGIONE_SOCIALE nella realizzazione di tale programma, attuato solo alla fine del 2006, anziché come convenuto entro il gennaio 2002. Ha poi, ancora, rilevato che l’inosservanza del
predetto obbligo non è esente da colpa, non costando, infatti, alcuna comunicazione a COGNOME anteriormente a quella che era stata effettuata dalla RAGIONE_SOCIALE nel 2007, peraltro su sollecitazione della stessa COGNOME in relazione all’eventuale avvio del procedimento di revoca del finanziamento; e che il provvedimento di revoca deve essere qualificato al di là del nomen iuris utilizzato come un provvedimento di risoluzione contrattuale in forza della clausola risolutiva espressa contenuta nella su indicata convenzione, clausola che preclude ogni sindacato circa la gravità del primo adempimento. Su questa premessa, ricusando di conseguenza le opposte difese appellanti, ha infine osservato che RAGIONE_SOCIALE aveva inteso palesare con la propria iniziativa l’intenzione di avvalersi della clausola risolutiva espressa prevista in relazione all’inadempimento degli obblighi specificatamente indicati in convenzione ed, in particolare, in relazione non già ai ritardi intervenuti nel corso dell’opera, che la RAGIONE_SOCIALE asseriva non esserle imputabili, ma al ritardo con cui questa aveva notiziato la RAGIONE_SOCIALE delle difficoltà insorte a tale riguardo, che, sebbene per convenzione, le dovessero essere partecipate immediatamente e fossero insorte da tempo, le erano state rese note, solo su sua sollecitazione, nel 2007.
Per la cassazione di detta sentenza la soccombente si vale di cinque motivi, seguiti da memoria, ai quali resiste la sola Regione RAGIONE_SOCIALE con controricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
La memoria di parte ricorrente è tardiva essendo stata depositata il 29.1.2024 nell’inosservanza del termine previsto dall’art. 380bis 1 cod. proc. civ.
3.1.  Con  il  primo  motivo  di  ricorso  si  lamenta  la  violazione  dell’art.  1456  cod.  civ.  perché  la  Corte d’Appello, contravvenendo al contrario principio enunciato al riguardo dalla giurisprudenza di questa Corte, avrebbe ritenuto azionabile la clausola risolutiva espressa malgrado nella specie gli obblighi, in relazione ai quali se n’era invocata l’efficacia, fossero stati adempiuti ed, in particolare, una volta che l’attività aziendale era stata avviata.
Il  motivo  è  inammissibile  per  difetto  di  specificità  in  quanto  esso  non  si  correla  alle  ragioni  della decisione.
3.2. Come bene ha sottolineato la Corte territoriale, la volontà della RAGIONE_SOCIALE di sciogliersi dal contratto era stata manifestata non già in relazione al ritardo nel completamento dell’opera, ma in relazione al ritardo  con  cui  RAGIONE_SOCIALE  era  stata  notiziata  delle  difficoltà  insorte  nella  tempestiva  realizzazione dell’opera.
Dunque l’allegazione interloquisce su un profilo della vicenda estraneo all’ iter decisionale.
3.3. L’inammissibilità in parola travolge anche il terzo motivo di ricorso, con il quale si lamenta la violazione dell’art. 1456 cod. civ. per avere la Corte d’Appello ritenuto risolvibile il rapporto in disamina, in applicazione della richiamata clausola risolutiva, senza tuttavia valutare le ragioni del ritardo nel completamento dell’opera e la responsabilità riguardo ad esse della ricorrente; ed il quinto motivo di ricorso, con il quale si lamenta la violazione degli artt. 112 e 116 cod. proc. civ. e dell’art. 1453 cod. civ. per avere la Corte d’Appello valorizzato la previsione convenzionale in punto di risoluzione, omettendo qualsiasi valutazione di merito non solo in relazione alla documentazione prodotta ma anche agli esiti dell’espletata prova testimoniale. La loro prospettazione riposa, infatti, sulla convinzione -che si è vista errata per effetto di quanto detto riguardo al primo motivo di ricorso -che l’applicazione della clausola risolutiva prevista in convenzione sia stata giustificata dall’inadempimento dell’obbligo di realizzare l’opera finanziata entro i termini negozialmente convenuti, quando, al contrario, la ragione di essa stava nel ritardo con cui COGNOME era stata resa edotta delle difficoltà manifestatesi nell’esecuzione dei lavori.
4.1. Il secondo motivo di ricorso, con il quale si lamenta la violazione degli artt. 1453 e 1456 cod. civ., nonché degli artt. 1218, 1175, 1366, 1371 e 1375 cod. civ. perché la Corte d’Appello, anche in tal caso prendendo le distanze dalla giurisprudenza di questa Corte, avrebbe erroneamente ritenuto di pronunciare la risoluzione del contratto in applicazione dell’espressa clausola prevista a tal fine, malgrado si debba, comunque, valutare, alla stregua del principio di buona fede, l’esistenza dell’inadempimento e la legittimità del suo esercizio ed il quarto motivo di ricorso, con il quale si lamenta la violazione dell’art. 1456 cod. civ. in relazione al ritardo con cui rispetto ai fatti impeditivi allegati era stato azionato il rimedio risolutorio, nella tolleranza dei quali o nell’inerzia rispetto ai quali si renderebbe riconoscibile l’affidamento dell’obbligato nella continuità del rapporto con conseguente violazione della buona fede in caso contrario, si prestano, per omogeneità del tema decisorio, ad uno
scrutinio comune che porta a dichiararne l’inammissibilità in ragione della novità delle questioni che loro tramite si intendono sottoporre al giudizio di questa Corte, quantunque non lo siano state a suo tempo dibattute avanti al giudice d’appello.
4.2. E’ noto infatti, secondo il consueto indirizzo seguito da questa Corte, che «non sono prospettabili, per la prima volta, in sede di legittimità le questioni non appartenenti al tema del decidere dei precedenti gradi del giudizio di merito» (Cass., Sez. I, 25/10/2017 n. 25319), in quanto il giudizio di cassazione «ha per oggetto solo la revisione della sentenza in rapporto alla regolarità formale del processo ed alle questioni di diritto proposte» (Cass., Sez. I, 26/03/2012, n. 4787). Tanto più doveroso è poi constatare alla luce di questo rilievo che il motivo non è neppure autosufficiente, non avendo il ricorrente, proprio in ragione del resto della novità delle questioni, neppure indicato dove e quando esse siano state prospettate nel corso dei pregressi gradi di giudizio, laddove al contrario è suo onere precipuo «di indicare in quale specifico atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla Suprema Corte di controllare ” ex actis ” la veridicità di tale asserzione prima di esaminare il merito della suddetta questione» (Cass., Sez.I, 18/10/2013, n. 23675).
Anche a voler vagliare comunque la fondatezza e pertinenza del richiamo al principio di buona fede non può non rimarcarsi, alla luce di quanto si è detto a proposito dei precedenti motivi di ricorso, che il già esaminato ritardo nella comunicazione a COGNOME non è accompagnato nel motivo di ricorso da alcuna prospettazione idonea a qualificare tale comportamento come se fosse stato agito in buona fede, e ciò nonostante la rilevante circostanza delle sollecitazioni, rivolte alla RAGIONE_SOCIALE ricorrente, da parte della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE cui la Regione RAGIONE_SOCIALE aveva affidato le funzioni digestione e controllo del finanziamento.
Il ricorso va dunque dichiarato inammissibile.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
Ove dovuto sussistono i presupposti per il raddoppio a carico della ricorrente del contributo unificato ai sensi del dell’art. 13, comma 1quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
P.Q.M.
Dichiara  il  ricorso  inammissibile  e  condanna  parte  ricorrente  al  pagamento  in  favore  della  parte resistente delle spese del presente giudizio che liquida in euro 7.200,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre al 15% per spese generali ed accessori di legge.
Ai  sensi  del  dell’art.  13,  comma  1quater, d.P.R.  30  maggio  2002,  n.  115  dichiara  la  sussistenza  dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente, ove dovuto, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della I sezione civile il giorno 6.2.2024.