Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 2510 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 2510 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 26/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 14513/2022 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO
(EMAIL), rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO
(EMAIL), giusta procura speciale in calce al ricorso.
–
ricorrente – contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME (EMAIL), che la rappresenta e difende giusta procura speciale in calce al controricorso.
–
avverso la sentenza della Corte d’Appello di Trieste depositata il 30/11/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12/10/2023 dal Consigliere dr.ssa NOME COGNOME.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. Avverso tale decisione RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE) propone ricorso per cassazione, affidato a dodici motivi, cui resiste con controricorso RAGIONE_SOCIALE, poi trasformata in RAGIONE_SOCIALE (d’ora innanzi anche solo ‘RAGIONE_SOCIALE‘), avverso la sentenza n. 431/2021 del 30 novembre 2021 con cui la Corte di Appello di Trieste affermava di confermare la sentenza del Tribunale di Udine, ma ‘integrandola’, ed addiveniva quindi a dichiarare l’immeritevolezza della clausola di ‘rischio cambio’, pervenendo al rigetto sia dell’appello principale sia di quello incidentale contro la sentenza n. 363/2020 con cui il Tribunale di Udine -a definizione del giudizio in cui RAGIONE_SOCIALE aveva impugnato il contratto di leasing lamentando l’indeterminatezza delle previsioni di indicizzazione e la natura della clausola di ‘rischio cambio’ quale strumento finanziario ‘derivato’, in relazione al quale non sarebbero state rispettate le norme dettate dal T.U.F. e dal Reg. Consob n. 11522/98- aveva ritenuto che le clausole di indicizzazione al tasso e al cambio contenute nel contratto di leasing immobiliare fossero indeterminate, per l’effetto, previa rideterminazione del piano finanziario del contratto ai sensi dell’art. 117 T.U.B., condannava RAGIONE_SOCIALE a restituire a RAGIONE_SOCIALE quanto versato per indicizzazioni al
tasso in eccedenza rispetto all’applicazione dei ‘tassi B.O.T.’, al netto delle somme di cui si era già prescritto il diritto alla restituzione.
La trattazione del ricorso è stata fissata in adunanza camerale ai sensi dell’art. 380 -bis.1, cod. proc. civ.
La ricorrente e la resistente hanno depositato memorie illustrative.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo la ricorrente denuncia la violazione degli artt. 1362, 1363 e 1367 cod. civ., per avere la corte territoriale erroneamente interpretato le clausole del contratto di leasing e ritenuto sussistere un’unica clausola di indicizzazione con rischi a carico del solo utilizzatore e base del rapporto di cambio superiore all’ammontare del canone, nonostante il tenore del contratto prevedesse due distinte clausole di indicizzazione (la prima al tasso Libor CHF, la seconda al rapporto di cambio euro/franco svizzero), con possibilità di variazioni sia a favore che contro l’utilizzatore ed un rapporto di cambio certamente inferiore alla misura del canone.
Con il secondo motivo denuncia la nullità della sentenza per violazione degli artt. 118 disp. att. cod. proc. civ., 324 e 342 cod. proc. civ., per avere la corte di appello affermato che la sentenza di primo grado avrebbe rilevato che il contratto di leasing possa ‘vivere di vita autonoma’ rispetto alle previsioni di indicizzazione al tasso e di rischio cambio in esso contenute e che tale statuizione non sarebbe stata impugnata, ancorché nessuna affermazione in tal senso sia rinvenibile nella decisione resa dal Tribunale di Udine e siano stati comunque appellati da NOME tutti i capi della sentenza di primo grado.
Con il terzo motivo denuncia la violazione dei criteri ermeneutici previsti dagli articoli 1362, comma 1, 1363, 1366 e 1367 cod. civ., per avere la corte territoriale ritenuto autonoma e
dotata di propria causa, diversa da quella sottesa al contratto di leasing che la contiene, la clausola di ‘rischio cambio’, nonostante deponessero univocamente per la non autonomia: I) il tenore letterale di tale clausola e la volontà delle parti ivi espressa; II) l’insieme delle pattuizioni del contratto di leasing (e in particolare l’interpretazione complessiva della lett. D, espressione del c.d. ‘teorema della parità dei tassi di interesse’); III) la buona fede (avendo l’utilizzatrice beneficiato di condizioni molto più favorevoli rispetto ad un contratto privo di tale clausola, non in valuta ed indicizzato all’Euribor, ed alterando, perciò, l’interpretazione della corte lo stesso sinallagma contrattuale, con conseguente indebito arricchimento dell’utilizzatrice stessa); IV) l’impossibilità di considerare autonomamente la previsione, pena, altrimenti, la nullità della stessa, non essendo sufficiente a ravvisare l’autonomia della previsione la natura aleatoria della stessa.
Con il quarto motivo denuncia la violazione dell’art. 1322, comma 2, cod. civ., in quanto la clausola di ‘rischio cambio’, anche se considerata autonoma, non rappresenta un contratto atipico, essendo stata qualificata dalla corte territoriale come strumento finanziario, previsto e disciplinato dal T.U.F., con conseguente inapplicabilità dell’art. 1322 cod. civ.
Con il quinto motivo denuncia la violazione dell’art. 1322, comma 2, cod. civ., per avere la corte territoriale, nella valutazione della meritevolezza della clausola di ‘rischio cambio’, utilizzato parametri generici e diversi da quelli a tal fine consentiti dall’ordinamento, con limitazione dell’autonomia negoziale delle parti e violazione del principio desumibile dall’art. 41 Cost.
Con il sesto motivo denuncia la violazione dell’art. 1322, comma 2, cod. civ., che la corte territoriale ha erroneamente applicato, valorizzando circostanze -in particolare la non uniforme ripartizione dell’alea tra le parti con riferimento alla
singola clausola o la sua eventuale natura speculativa, oltre che la presunta indeterminatezza della clausola -inidonee a supportare una valutazione di immeritevolezza della pattuizione in oggetto.
Con il settimo motivo denuncia la violazione degli artt. 132, comma 2, n. 4, cod. proc. civ. e 111, comma 6, Cost., per mancanza del ‘minimo costituzionale’ previsto per la motivazione, avendo la Corte territoriale dapprima dichiarato la nullità delle clausole di indicizzazione (anzi: della sola clausola di ‘rischio cambio’) sul presupposto della loro immeritevolezza, e poi concluso che il Tribunale di Udine avesse correttamente disposto il ricalcolo del piano finanziario del contratto di leasing con applicazione dei c.d. ‘interessi B.O.T.’, ai sensi dell’art. 117, comma 7, T.U.B., in ragione di una presunta indeterminatezza della clausola di indicizzazione al tasso.
Con l’ottavo motivo denuncia la violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. e l’omessa pronuncia, da parte della Corte di Appello di Trieste, sul primo motivo di gravame svolto dall’appellante, concernente la determinatezza/determinabilità della clausola di indicizzazione contenuta nel contratto di leasing.
Con il nono motivo denuncia la nullità della sentenza per violazione degli artt. 111, comma 6, Cost. e 132, comma 2, n. 4, cod. proc. civ. per assenza del ‘minimo costituzionale’ motivazionale, per avere la corte territoriale dichiarato la nullità della previsione di indicizzazione al tasso per ragioni afferenti alla distinta clausola di rischio cambio, senza indicare le ragioni per cui l’invalidità della seconda clausola dovrebbe riverberarsi sulla prima, né quelle per cui il primo motivo d’appello sulla determinatezza della clausola sarebbe infondato.
Con il decimo motivo denuncia l’avvenuta violazione, da parte della corte territoriale, in relazione all’art. 1418 cod. civ., degli artt. 1346 e 1325, n. 3, cod. civ., per avere la corte operato
una valutazione esclusivamente in termini di determinatezza delle clausole, e non già di loro determinabilità; si censura inoltre la violazione, nell’interpretazione della clausola di indicizzazione al tasso, del principio di conservazione del contratto e dei criteri ermeneutici di cui agli artt. 1362, commi 1 e 2, 1366, 1367, 1368, 1370 e 1371 cod. civ., dalla cui corretta applicazione sarebbe derivata una valutazione di determinatezza/determinabilità della previsione.
Con l’undicesimo motivo denuncia l’avvenuta violazione dell’art. 117, commi 4, 6 e 7, d. lgs. n. 385/1993 (T.U.B.), nonché degli artt. 12 e 14 disp. prel. cod. civ. e 1419 cod. civ., per avere la corte d’appello rideterminato il piano finanziario del contratto di leasing con applicazione del c.d. ‘tasso B.O.T.’ in difetto dei presupposti di legge e al di fuori dei casi richiamati dal comma 7 dell’art. 117 T.U.B., non essendovi stata e non essendo stata comunque posta a base della sentenza di secondo grado -una violazione, da parte dell’odierna ricorrente, delle norme in materia di trasparenza bancaria.
Con il dodicesimo motivo denuncia la violazione degli artt. 2721, 2722 c.c. e 1362 cod. civ., per avere la corte di appello ritenuto le prove orali formulate da RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE inammissibili, nonostante non fossero finalizzate a dimostrare patti aggiunti o contrari al contenuto del contratto scritto, ed irrilevanti, in quanto inidonee a dimostrare la volontà delle parti ai fini dell’interpretazione del contratto stesso.
Le doglianze sopra sinteticamente riassunte con cui la società ricorrente lamenta, sotto diversi profili, la violazione dei criteri ermeneutici dettati in tema di interpretazione del contratto ed il giudizio di non meritevolezza della clausola di rischio cambio formulato dalla corte di merito, possono essere congiuntamente esaminate, in quanto connesse.
I primi sei motivi sono p.q.r. fondati e vanno accolti nei
termini e limiti di seguito indicati.
13.1. Il contratto di leasing stipulato tra le parti contiene anzitutto una clausola di indicizzazione, del seguente tenore:
«D) INDICIZZAZIONE DEI CANONI: Le parti si danno reciprocamente atto che la conclusione del presente contratto di leasing è stata concordata sulla base di un piano finanziario che prevede canoni variabili secondo il seguente criterio di indicizzazione. Le parti assumono come indice di base per l’indicizzazione dei canoni il tasso indicato alla lett. L), così contestualmente concordato tra le parti indipendentemente dalla sua quotazione odierna, trattandosi del parametro utilizzato per la formulazione del piano finanziario del contratto. Qualora tale indice venisse a subire variazioni, l’Utilizzatore si impegna fin d’ora a riconoscere ed accettare le variazioni del canone risultanti dall’adeguamento del piano finanziario contrattuale alla medesima variazione intervenuta, in rapporto al capitale che residua in base all’originario piano finanziario ed al numero di canoni residui, valori in coincidenza della data di scadenza del canone; l’importo della variazione del canone rimarrà costante fino a successiva variazione dell’indice. Le variazioni decorreranno dal canone scadente nel mese in cui si verificasse la predetta variazione. Le variazioni sia in aumento che in diminuzione saranno disposte con fatturazione a parte con periodicità stabilita a discrezione della Concedente, e comunque entro l ‘anno, e saranno pagate con rimessa diretta o con emissione di ricevute bancarie in caso di addebito all’Utilizzatore e mediante rimessa diretta nel caso di accredito all’Utilizzatore. Le variazioni in diminuzione del canone non opereranno oltre la riduzione di due punti dell’indice di base per l ‘indicizzazione dei canoni».
Poi contiene una clausola di ‘rischio cambio’:
«In caso di canoni determinati sulla base del rapporto di
cambio euro/valuta convenzionalmente stabilito nella quotazione indicata alla lettera L) (in quanto, in tal caso, la provvista del Locatore per il pagamento dell’intero prezzo del bene -imponibile oltre IVA -è rapportato, con il consenso del Conduttore, al predetto rapporto di cambio), i canoni saranno altresì variabili secondo il seguente criterio. Il Locatore determinerà mensilmente la variazione tra il cambio storico ed il cambio di scadenza del canone. Se la variazione è positiva, il canone oltre IVA maturato sarà suddiviso per il cambio storico di riferimento e moltiplicato per la differenza tra il cambio storico e quello attuale della scadenza del canone. L ‘importo risultante, aumentato dell’IVA di legge, costituirà il rischio di cambio del mese a carico del Conduttore. Se la variazione è negativa, il canone imponibile maturato sarà suddiviso per il cambio storico di riferimento e moltiplicato per la differenza tra il cambio storico e quello attuale della scadenza del canone. L ‘importo risultante, aumentato dell’IVA di legge, costituirà il rischio di cambio del mese a favore del Conduttore. Qualora nel giorno di scadenza del canone non vi fosse -per qualsiasi causa -la rilevazione ufficiale del cambio, si farà riferimento alla prima quotazione utile pubblicata nell’arco dei 15 giorni anteriori. Il Conduttore pertanto dichiara di accettare fin d ‘ora ogni variazione dei canoni e del prezzo dell’opzione finale di acquisto conseguente al mutato rapporto di cambio euro / valuta, obbligandosi a pagare la variazione in aumento dei canoni con rimessa diretta o, a discrezione del Locatore, con ricevuta bancaria con addebito delle spese di incasso, mentre le variazioni in diminuzione saranno accreditate mediante rimessa diretta. Il Conduttore prende atto che la presente clausola, per quanto attiene al rischio di cambio, ha carattere aleatorio».
Viene infine disciplinata la facoltà dell’utilizzatrice di richiedere la conversione della valuta di riferimento:
«È facoltà del Conduttore richiedere la conversione della valuta di riferimento, con preavviso di tre giorni lavorativi, comunicato per iscritto al Locatore; il Locatore comunicherà l ‘esito della richiesta e i nuovi parametri, fermi restando i criteri di indicizzazione e rischio cambio sopra espressi. Il Conduttore s ‘impegna fin d ‘ora alla sottoscrizione degli atti all’uopo necessari. In caso di contratto a tasso fisso, così risultante per espressa indicazione riportata alla lettera L i canoni resteranno fissi ed invariabili per tutta la durata del contratto, e non si darà luogo alla presente clausola di indicizzazione; eventuali altre opzioni di indicizzazione risulteranno dalla lettera L e saranno regolate da appositi allegati sottoscritti fra le parti ».
E vengono da ultimo indicati i parametri per l ‘indicizzazione al tasso e la clausola di rischio cambio vengono poi indicati alla successiva lett. L: «L) INDICIZZAZIONE: LIBOR CHF 3 MESI 365 0,6000%; Cambio CHF / Eur 1,4780».
13.2. Le Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza 23/02/2023, n. 5657, in riferimento alla medesima fattispecie, hanno posto i seguenti principi di diritto:
La clausola inserita in un contratto di leasing, la quale preveda che: a) la misura del canone varii in funzione sia delle variazioni di un indice finanziario, sia delle fluttuazioni del tasso di cambio tra la valuta domestica ed una valuta straniera; b) l’importo mensile del canone resti nominalmente invariato, e i rapporti di dare/avere tra le parti dipendenti dalle suddette fluttuazioni siano regolati a parte; non è un patto immeritevole ex art. 1322 c.c., né costituisce uno ‘strumento finanziario derivato’ implicito, e la relativa pattuizione non è soggetta alle previsioni del d. lgs. 58/98.
Il giudizio di ‘immeritevolezza’ di cui all’art. 1322, secondo comma, c.c. va compiuto avendo riguardo allo scopo perseguito dalle parti, e non alla sua convenienza, né alla sua chiarezza, né
alla sua aleatorietà.
In primo luogo, secondo le Sezioni Unite il giudizio di ‘meritevolezza’ di cui all’art. 1322, comma 2, cod. civ., non coincide col giudizio di liceità del contratto, del suo oggetto o della sua causa, conformemente all’orientamento secondo cui la meritevolezza è un giudizio che deve investire non il contratto in sé, ma il risultato con esso avuto di mira dalle parti, cioè lo scopo pratico o la causa concreta che dir si voglia (Cass., Sez. UN., 17/02/2017, n. 4222, n. 4223 e n. 4224).
Tale principio è stato ancora recentemente precisato da questa Corte a sezione semplice (Cass., 15/06/2023, n. 30063), nel senso che ‘alla luce del principio espresso dalla citata recente pronuncia di questa Corte va disposta la cassazione della sentenza impugnata, con rinvio alla Corte d’Appello di Trieste, che in diversa composizione procederà a nuove esame riconsiderando la clausola con riguardo allo scopo perseguito dalle parti, con la precisazione che tale indagine riguarda, innanzitutto, la causa concreta del contratto -sotto il profilo della liceità e dell’adeguatezza dell’assetto sinallagmatico rispetto agli specifici interessi perseguiti dalle parti -, che non si arresta al momento della genesi del regolamento negoziale, investendo sia la fase precontrattuale sia quella dell’attuazione del rapporto ed esigendo la necessaria valutazione globale dell’assetto degli interessi, in relazione al risultato sostanziale ed al fine perseguito’.
13.3. Le Sezioni Unite hanno inoltre escluso che l’essere il calcolo della variazione del saggio di interesse dovuto dall’utilizzatrice era ‘astruso e macchinoso’ e l’essere clausola che disciplinava il ‘rischio cambio’ era caratterizzata da aleatorietà e squilibrio, in quanto prevedeva una differente base di calcolo dell’indicizzazione, a seconda che l’euro si fosse apprezzato o deprezzato rispetto alla valuta di riferimento,
potessero indici di ‘immeritevolezza’ della clausola di ‘rischio cambio’ fosse ‘immeritevole’ ex art. 1322 cod. civ., dato che:
una clausola contrattuale ‘astrusa’ od inintelligibile non rende il contratto nullo o ‘immeritevole’ ex 1322 cod. civ. Dinanzi a clausole contrattuali oscure il giudice deve ricorrere agli strumenti legali di ermeneutica (artt. 1362-1371 cod. civ.), e non ad un giudizio di immeritevolezza. La clausola oscura andrà dunque interpretata, in mancanza di altri criteri, almeno in modo che le si possa dare un senso (artt. 1371 cod. civ.), oppure contra proferentem (art. 1370 cod. civ.);
molti contratti contengono per necessità clausole assai articolate e complesse (si pensi, ad esempio, ai contratti di handling aeroportuale, le assicurazioni dei rischi agricoli, il noleggio di piattaforme off -shore , il project financing di opere pubbliche), che non per questo sono ritenute e dichiarate affette da nullità; si dirà, piuttosto, che il contratto è annullabile poiché il consenso del contraente è stato dato per errore o carpito con dolo; oppure si dirà che il proponente è tenuto al risarcimento del danno per non avere fornito alla controparte le necessarie informazioni precontrattuali, ove imposte dalla legge o dal dovere di buona fede;
una clausola caratterizzata da aleatorietà ed eventuale squilibrio tra le prestazioni non è per questo automaticamente da ritenersi immeritevole ex art. 1322 cod. civ.: il codice civile consente e disciplina la vendita del raccolto futuro ( emptio spei ), l’assicurazione sulla vita a tempo determinato per il caso di morte, la rendita vitalizia, che sono tutti contratti aleatori; è stata inoltre affermata la la liceità e la meritevolezza di contratti aleatori non espressamente previsti dalla legge: ad esempio, in materia di c.d. vitalizio atipico ( ex multis , Cass., 22/04/2016, n. 8209; Cass., 27/04/1982, n. n. 2629);
infine, non è il disallineamento, lo iato tra prestazione e
contro
prestazione che può rendere un contratto ‘immeritevole’ di tutela ex art. 1322 c.c., se quella differenza sia stata in piena libertà ed autonomia compresa ed accettata, poiché è bene ricordare che la libertà negoziale è principio cardine del nostro ordinamento e del diritto dei contratti, ed il nostro ordinamento garantisce in egual misura tanto la protezione contro gli abusi di posizioni dominanti, quanto il diritto di iniziativa economica (per cui il soggetto abilitato all’esercizio del credito ha anche il diritto di pianificare in piena libertà le proprie strategie imprenditoriali e commerciali, come già ripetutamente affermato da questa Corte: da ultimo, con ampiezza di motivazioni, Cass., 21.01.2020, n. 1184; nello stesso senso, Cass., 14/10/2021, n. 28022).
Lo squilibrio (economico) tra le prestazioni se è genetico legittima il ricorso alla rescissione per lesione; se è sopravvenuto legittima il rimedio della risoluzione per eccessiva onerosità sopravvenuta. Oppure si potrà discutere se la clausola contrattuale sia valida ex art. 1341 cod. civ., oppure ancora se sia frutto dell’approfittamento dello stato di bisogno; od ancora se non sia stata adeguatamente illustrata in sede precontrattuale: ma nel primo caso soccorrerà il rimedio della nullità; nel secondo quello della rescissione; nel terzo quello dell’annullamento del contratto per errore o del risarcimento del danno.
13.4. I l giudizio di ‘immeritevolezza’ di cui all’art. 1322 cod. civ. non può essere pertanto invocato per veicolare un inammissibile intervento del giudice sulla convenienza dell’affare.
14. Ancora, le Sezioni Unite hanno rilevato:
che la clausola di cui si discorre dunque non è che una normale clausola valore, attraverso la quale le parti individuano il criterio al quale commisurare la prestazione del debitore. Pertanto: ) l’aleatorietà del contratto, lungi dal costituire un indice della presenza d’un ‘derivato implicito’, non è che un
effetto naturale d’una altrettanto normale clausola -valore; -) la previsione che eventuali conguagli a favore dell’una o dell’altra parte fossero regolati a parte, e non incidessero sul valore della rata (che restava costante) non è che una modalità esecutiva delle reciproche obbligazioni, insuscettibile di riverberare effetti di sorta sulla qualificazione del contratto. Il titolo dell’obbligazione, infatti, non muta sol perché cambi il termine di adempimento. Del resto, il creditore ha facoltà di accettare un adempimento parziale (art. 1181 c.c.) o di rinunciare al termine stabilito a suo favore (art. 1185 c.c.), e ciò dimostra che la possibilità di regolare a parte alcune delle obbligazioni e non altre, oppure una aliquota dell’unica obbligazione, è un effetto normale dello statuto delle obbligazioni civili;
b) la presenza della clausola non ha mutato lo schema tipico del leasing stipulato tra le parti. Per stabilire se un contratto, a causa di pattuizioni eterogenee rispetto allo schema tipico, abbia mutato causa e natura, questa Corte ha da tempo dettato tre criteri. Il primo criterio è che la qualificazione del contratto come ‘atipico’ deve dipendere dai suoi effetti giuridici, non da quelli economici: anche la fideiussio indemnitatis può produrre gli effetti dell’accollo, ma non è un accollo. Il giudice, pertanto, per qualificare un contratto deve avere riguardo all’intento negoziale delle parti, non al risultato economico di esso, e tanto meno alla sua convenienza per una delle parti ( ex multis , Cass., 24/06/2003, n. 10004).
Il secondo criterio è che un contratto non muta natura e causa, sol perché uno dei suoi elementi presenti un’occasionale difformità rispetto allo schema legale tipico. Un contratto può dirsi atipico solo quando il rapporto per come disciplinato dalle parti diventi ‘del tutto estraneo al tipo normativo, perché trae le proprie ragioni di essere dall’adeguamento degli strumenti giuridici alle mutevoli esigenze della vita sociale e dei rapporti
economici’ (così già Sez. 3, Sentenza n. 3645 del 07/11/1969; ma sostanzialmente nello stesso senso, ex multis, Sez. 3, Sentenza n. 116 del 14/01/1974; Sez. 3, Sentenza n. 982 del 28/01/2002; Sez. 1, Sentenza n. 11096 del 11/06/2004).
Il terzo criterio, infine, è che le prestazioni atipiche poste a carico di una delle parti non mutano la causa tipica del contratto, se in questo permane la prevalenza de degli elementi propri dello schema tipico (principio, anche questo, pacifico e risalente, a partire da Sez. 3, Sentenza n. 116 del 14/01/1974, Rv. 367676 01). 6.1. Se così è, ne segue che la previsione di maggiori o minori obblighi a carico di una delle parti, rispetto a quelli scaturenti dallo schema contrattuale tipico, non è di per sé sufficiente a concludere che quel contratto, mercé la pattuizione di quegli obblighi aggiuntivi, abbia mutato causa e natura.
L’applicazione di questi princìpi alle clausole di ‘rischio cambio’ come quelle oggetto del presente giudizio impone di concludere che esse non mutano né punto né poco la causa del contratto di leasing .
La presenza della suddetta clausola, infatti, non consente di affermare che, mercé essa, scopo dell’utilizzatore non fu acquisire un immobile, ma fu investire del denaro per realizzare un lucro finanziario invece che commerciale. Allo stesso modo, la presenza della suddetta clausola non basta per sostenere che fosse volontà del concedente concludere il contratto al solo fine di speculare sul tasso di cambio.
14.1. Già la Corte a sezione semplice, con la sentenza n. 4659/2021, resa in fattispecie analoga, in parte aveva in parte anticipato questi insegnamenti, ponendo il seguente principio di diritto, e cioè che ‘la clausola di indicizzazione al cambio di valuta straniera, inserita in un contratto di leasing ‘in costruendo’, non integra uno strumento finanziario derivato, essendo assimilabile solo finanziariamente, ma non pure giuridicamente, al domestic
currency swap , costituendo solo un meccanismo di adeguamento della prestazione pecuniaria’.
Infatti, se, dal punto di vista strettamente finanziario, l’accostamento della clausola di indicizzazione al cambio ad uno strumento finanziario derivato appare corretto, perplessità, però, sorgono in merito alla qualificazione giuridica in tal senso.
E ciò in quanto, nell’ipotesi in cui le parti vogliano effettivamente porre in essere un leasing o un finanziamento per sostenere un’attività del mutuatario denominata in franchi svizzeri (o altra valuta straniera), ove esse non decidano direttamente l’erogazione del finanziamento in tale valuta, bensì in Euro con indicizzazione al cambio Euro/CHF, la clausola in questione si pone quale modalità di attuazione dell’esplicita volontà contrattuale di erogare un finanziamento in Euro indicizzato al franco svizzero e non come un derivato di copertura, presentandosi come una modalità tecnica del contratto di finanziamento che rimane priva di autonomia causale, non rappresentando un contratto autonomo rispetto al finanziamento, bensì solo un meccanismo di adeguamento della prestazione pecuniaria.
Del resto, del cd. ‘derivato’ manca la caratteristica peculiare, vale a dire la possibilità della sua autonoma circolazione.
Rilievi, questi, condivisi anche dall’Arbitro Bancario Finanziario, secondo cui ‘la clausola di indicizzazione’ si presenta ‘come perfettamente valida, perseguendo un interesse senz’altro meritevole di tutela’, dovendo escludersi che essa ‘possa essere tacciata di costituire un pattuizione foriera di un grave squilibrio contrattuale, e meno che mai come pattuizione che accolla solo su una parte il rischio delle variazioni del costo del denaro’, le quali invece sono sopportate da entrambe le parti, ‘seppure con diversa intensità di accenti’ (cfr. ABF, Collegio di Napoli, 1 febbraio 2012, n. 305).
14.2. Aggiungasi che la Corte di Giustizia dell’Unione Europea -con riferimento ad operazioni effettuate da un ente creditizio -e consistenti ‘nella conversione in valuta nazionale di importi denominati in valuta estera, ai fini del calcolo delle somme concesse in prestito e dei relativi rimborsi, in base alle clausole di un contratto di mutuo relative ai tassi di cambio’ che presentano profili di analogia con quella presente, al netto della diversa natura dei due contratti nei quali le clausole in questione s’inseriscono -ha affermato che siffatte operazioni ‘non hanno altra funzione’ che quella di porsi ‘da modalità di esecuzione di obbligazioni essenziali di pagamento del contratto di mutuo, ossia la messa a disposizione del capitale da parte del mutuante e il rimborso di tale capitale maggiorato degli interessi da parte del mutuatario’, sicché esse ‘non hanno il fine di realizzare un investimento, in quanto il consumatore mira solamente ad ottenere fondi in previsione dell’acquisto di un bene di consumo o della prestazione di un servizio e non già, ad esempio, a gestire un rischio di cambio o a speculare sul tasso di cambio di una valuta estera’. Di qui, dunque, la conclusione che le clausole di un simile contratto ‘relative alla conversione di una valuta estera costituiscono pertanto non già uno strumento finanziario distinto dall’operazione che costituisce l’oggetto del contratto, ma unicamente una modalità indissociabile di esecuzione dello stesso’ (cfr. Corte Giust., sent. 3 dicembre 2015, in C -312/14).
15. Sono pertanto fondate le censure contenute nei primi sei motivi di impugnazione, con cui la odierna ricorrente lamenta, a ragione, che la corte territoriale è incorsa nei vizi motivazionali proprio stigmatizzati dai precedenti di legittimità, a Sezioni Unite ed a Sezione semplice, sopra citati.
Nel considerare la clausola di rischio cambio come autonoma rispetto al contratto di leasing , e come sostanzialmente integrante uno strumento finanziario assimilabile allo swap ; nel
ricondurre, per il suo contenuto e per la sua struttura affermata come speculativa, la clausola in questione ad una sorta di aleatoria scommessa; nell’ aver valutato la meritevolezza della clausola, con valutazione del tutto astratta ed avulsa dalla considerazione della causa concreta e dello scopo pratico perseguito dalle parti, la corte territoriale non ha fatto buon governo dei principi di diritto suindicati.
Parimenti fondate sono le doglianze contenute nel settimo e ottavo motivo.
Come denunciato dalla ricorrente, la corte territoriale, pur ribadendo più volte di (intendere soltanto) integrare la motivazione della sentenza di primo grado, è invece pervenuta a confermare la decisione del tribunale -non per le medesime ragioni da questo poste a fondamento della sua decisione- bensì per la declaratoria di non meritevolezza della clausola, salvo poi confermare la decisione di primo grado, anche respingendo sul tema l’appello incidentale, sotto il profilo della corretta applicazione dell’art. 117 TUB.
Come questa Corte ha già avuto modo di affermare (Cass., Sez. Un., 07/04/014, n. 8053 e n. 8054), l’anomalia motivazionale, implicante una violazione di legge costituzionalmente rilevante, integra un error in procedendo che comporta la nullità della sentenza nel caso di ‘mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico’, di ‘motivazione apparente’, di ‘contrasto irriducibile fra affermazioni inconciliabili’, di ‘motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile’.
16.1. Si è ulteriormente precisato che di ‘motivazione apparente’ o di ‘motivazione perplessa e incomprensibile’ può parlarsi quando essa non renda ‘percepibili le ragioni della decisione, perché consiste di argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere l’iter logico seguito per la formazione del
convincimento, di talché essa non consenta alcun effettivo controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento del giudice’ (Cass., Sez. Un., 03/11/2016; Cass. Sez. Un., 05/04/2016, n. 16599).
Si è altresì affermato che ricorre il vizio di omessa o apparente motivazione della sentenza allorquando il giudice di merito ometta ivi di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero li indichi senza un’approfondita loro disamina e giuridica, rendendo, in tal modo, impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento (Cass., 07/04/2017, n. 9105) ovvero che è nulla per mancanza -sotto il profilo sia formale che sostanziale -del requisito di cui all’art. 132 c.p.c., comma 1, n. 4), la sentenza la cui motivazione consista nel dichiarare sufficienti tanto i motivi esposti nell’atto che ha veicolato la domanda accolta, quanto non meglio individuati documenti ed atti ad essa allegati, oltre ad una consulenza tecnica, senza riprodurne le parti idonee a giustificare la valutazione espressa (Cass., 23/03/2017, n. 7402).
Si è al riguardo specificato che il giudice di merito è tenuto a dare conto, in modo comprensibile e coerente rispetto alle evidenze processuali, del percorso logico compiuto al fine di accogliere o rigettare la domanda proposta, dovendosi ritenere viziata per apparenza la motivazione meramente assertiva o riferita solo complessivamente alle produzioni in atti (Cass., 30/05/2019, n. 14762).
16.2. Orbene, la sentenza impugnata risulta affetta dal suindicato vizio di motivazione apparente in quanto intrinsecamente contraddittoria, posto che da un lato afferma la correttezza del rimedio utilizzato in primo grado dal tribunale, e costituito dal ricalcolo dei tassi ex art. 117 TUB, ma dall’altro nega tuttavia l’esistenza del suo presupposto applicativo, in quanto il rimedio in questione presuppone la opacità del
contenuto negoziale concordato inter partes e quindi la sua indeterminatezza o comunque la sua assoluta indeterminabilità, mentre la corte di merito ha fondato la sua decisione soltanto sulla ritenuta immeritevolezza art. 1322 cod. civ. della clausola di indicizzazione, senza un alcun modo pronunciarsi sulla sua indeterminatezza o non determinabilità.
In conclusione, ritenuti per quanto di ragione fondati i motivi dal primo al sesto nonché il settimo e l’ottavo, ed assorbiti i restanti motivi, il ricorso va accolto e la sentenza impugnata va cassata in relazione, con rinvio alla Corte d’Appello di Trieste, che in diversa composizione procederà a nuovo esame, facendo applicazione dei suindicati disattesi principi.
Il giudice di rinvio provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione. Cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’Appello di Trieste, in diversa composizione.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Terza