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Clausola floor: la Cassazione esclude il derivato

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 1942/2025, ha dichiarato inammissibile il ricorso di due clienti contro una banca, confermando la legittimità della clausola floor inserita in un contratto di mutuo. I giudici hanno stabilito che tale clausola non costituisce un derivato implicito, ma una lecita pattuizione che definisce l’oggetto del contratto, regolando la misura minima del tasso di interesse. La Corte ha escluso la nullità per indeterminatezza, la violazione della normativa sui servizi di investimento e la natura vessatoria della clausola, in quanto chiara e comprensibile.

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Pubblicato il 16 settembre 2025 in Diritto Bancario, Diritto Civile, Giurisprudenza Civile

Clausola Floor nei Mutui: La Cassazione Conferma la sua Legittimità

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha affrontato una questione di grande attualità nel diritto bancario: la natura e la validità della clausola floor nei contratti di mutuo a tasso variabile. Questa clausola, che fissa un tasso di interesse minimo, è stata spesso al centro di contenziosi, con i clienti che ne contestavano la legittimità assimilandola a un complesso strumento finanziario derivato. La Suprema Corte ha però ribadito un orientamento consolidato, escludendo tale natura e confermandone la piena validità, a patto che sia formulata in modo chiaro e trasparente.

I Fatti del Caso

Due clienti, un mutuatario e un fideiussore, avevano stipulato un contratto di mutuo fondiario con un istituto di credito. Il contratto prevedeva un tasso di interesse variabile, ma includeva anche una clausola floor che impediva al tasso di scendere al di sotto di una soglia minima predeterminata (3,25%).

I clienti hanno agito in giudizio sostenendo che tale clausola fosse nulla per diverse ragioni. In primo luogo, a loro avviso, essa nascondeva un derivato implicito, uno strumento finanziario complesso venduto dalla banca senza rispettare la normativa di settore (D.Lgs. 58/1998). Inoltre, lamentavano l’usurarietà degli interessi, l’indeterminatezza del tasso e la natura vessatoria della clausola in quanto consumatori.

Sia il Tribunale di primo grado che la Corte d’Appello avevano respinto le domande, ritenendo la clausola una legittima modalità di determinazione del tasso di interesse, non assimilabile a un derivato e non contraria alle norme a tutela del consumatore. I clienti hanno quindi proposto ricorso in Cassazione.

La Legittimità della Clausola Floor secondo la Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, cogliendo l’occasione per chiarire in modo definitivo la natura della clausola floor. I giudici hanno smontato la tesi del “derivato implicito”, spiegando che la clausola non genera flussi finanziari autonomi né obbligazioni separate rispetto a quelle del mutuo. Essa, al contrario, concorre a definire l’oggetto stesso del contratto, ovvero la misura degli interessi dovuti dal mutuatario.

La Corte ha qualificato la clausola come una “clausola condizionale”, un patto pienamente lecito ai sensi dell’art. 1353 c.c. L’evento condizionante è la discesa del parametro di riferimento (es. Euribor) sotto una certa soglia, e l’effetto è la determinazione della misura del saggio di interesse, che non potrà essere inferiore al “pavimento” (floor) pattuito. Non si tratta quindi di una scommessa finanziaria, ma di una semplice e chiara regolamentazione del corrispettivo dovuto per il finanziamento.

Nessuna Vessatorietà o Indeterminatezza

Il ricorso è stato respinto anche sotto gli altri profili. La Cassazione ha escluso la violazione delle norme a tutela del consumatore, osservando che una clausola relativa alla determinazione del prezzo (in questo caso, il tasso di interesse) non è soggetta al giudizio di vessatorietà se è formulata in modo chiaro e comprensibile. Nel caso di specie, il funzionamento del meccanismo era stato illustrato chiaramente nel contratto, permettendo al mutuatario di avere piena consapevolezza dell’impegno assunto.

È stata parimenti esclusa l’indeterminatezza del tasso. La presenza di un tasso variabile con un limite minimo non crea incertezza, ma definisce con precisione le regole di calcolo degli interessi in ogni possibile scenario di mercato.

le motivazioni

La decisione della Suprema Corte si fonda su un’interpretazione rigorosa della funzione della clausola floor. Essa non è uno strumento speculativo, ma una tecnica di allocazione del rischio di oscillazione dei tassi. Così come una clausola “cap” protegge il mutuatario da un rialzo eccessivo dei tassi, la clausola “floor” protegge la banca da una loro eccessiva discesa, garantendole una redditività minima dell’operazione. Secondo la Corte, questa pattuizione rientra pienamente nell’autonomia contrattuale delle parti.

La Corte ha inoltre sottolineato che il tentativo dei ricorrenti di dimostrare la natura di derivato attraverso i bilanci della banca (dove tali operazioni venivano menzionate per finalità contabili) era inammissibile in sede di legittimità, in quanto tendeva a un riesame del merito dei fatti, precluso alla Cassazione. L’interpretazione del contratto è un’indagine di fatto che spetta ai giudici di primo e secondo grado, e può essere censurata in Cassazione solo per violazione delle regole legali di ermeneutica, violazione che nel caso di specie non è stata ravvisata.

le conclusioni

L’ordinanza in esame consolida un principio fondamentale: la clausola floor è una componente legittima del prezzo in un contratto di mutuo a tasso variabile. Non è un derivato e, se espressa in modo trasparente, non viola le tutele previste per i consumatori. Questa pronuncia offre certezza giuridica agli operatori del settore e chiarisce ai mutuatari che la protezione contro le fluttuazioni dei tassi può essere legittimamente negoziata e ripartita tra le parti. La chiave di volta resta sempre la trasparenza: il cliente deve essere messo in condizione di comprendere pienamente la portata e il funzionamento di ogni clausola che sottoscrive.

Una clausola floor in un mutuo a tasso variabile è un contratto derivato?
No. Secondo la Corte di Cassazione, la clausola floor non è un derivato implicito ma una legittima clausola condizionale che concorre a determinare l’oggetto del contratto, ovvero la misura del tasso di interesse. Non genera flussi finanziari autonomi né obbligazioni separate da quelle del mutuo.

La presenza di una clausola floor rende indeterminato il tasso di interesse del mutuo?
No. La Corte ha stabilito che la clausola non crea incertezza, ma al contrario predetermina la misura degli interessi in modo chiaro. Il tasso variabile è calcolato secondo i parametri stabiliti, con l’unica condizione che non possa scendere sotto il limite minimo pattuito.

Una clausola floor è automaticamente vessatoria nei confronti del consumatore?
No. Se la clausola è formulata in modo chiaro e comprensibile e riguarda la determinazione del corrispettivo, non rientra nel vaglio di vessatorietà previsto dal Codice del Consumo. La trasparenza contrattuale è sufficiente a garantire la tutela del consumatore, che è messo in condizione di conoscere l’esatto funzionamento del tasso prima di firmare.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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