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Clausola di mero gradimento: quando si può recedere?

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 2660/2024, ha stabilito che la rimozione di una clausola di mero gradimento dallo statuto di una S.r.l. non conferisce di per sé il diritto di recesso ai soci di minoranza. Il recesso è legato al diniego effettivo del gradimento. Tuttavia, la delibera di modifica può essere annullata se si dimostra un ‘abuso della maggioranza’, ovvero se è stata approvata con l’intento fraudolento di pregiudicare gli interessi dei soci di minoranza, un aspetto che il giudice di merito deve sempre verificare.

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Clausola di Mero Gradimento e Tutela della Minoranza: La Cassazione Fa Chiarezza

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 2660 del 29 gennaio 2024) affronta un tema cruciale nel diritto societario: la tutela dei soci di minoranza in una S.r.l. quando la maggioranza decide di modificare lo statuto, eliminando una clausola di mero gradimento. La decisione chiarisce quando tale modifica può dar luogo al diritto di recesso e quando, invece, può essere considerata un abuso del potere di maggioranza.

I Fatti del Caso

La vicenda nasce dalla delibera di un’assemblea di una società a responsabilità limitata. I soci di maggioranza, titolari complessivamente del 67% del capitale, approvavano una modifica statutaria che eliminava le clausole di prelazione e gradimento previste per la cessione delle quote. Subito dopo, uno dei soci di maggioranza cedeva la propria quota alla moglie dell’altro socio di maggioranza.

I soci di minoranza, sentendosi pregiudicati, impugnavano la delibera. In primo luogo, sostenevano che la rimozione di un vincolo così significativo alla circolazione delle quote desse loro il diritto di recedere dalla società, ottenendo la liquidazione della loro partecipazione. In subordine, chiedevano l’annullamento della delibera per invalidità, sostenendo che fosse stata adottata con l’unico scopo di danneggiarli, configurando un caso di abuso della maggioranza.

La Corte d’Appello respingeva le loro richieste, affermando che il diritto di recesso sorge solo in caso di concreto diniego del gradimento e non per la sua semplice eliminazione. Inoltre, riteneva che la delibera non fosse contraria all’interesse sociale. I soci di minoranza decidevano quindi di ricorrere in Cassazione.

La Decisione della Cassazione: Analisi dei Motivi

La Suprema Corte ha esaminato i diversi motivi di ricorso, fornendo importanti principi interpretativi.

Il Diritto di Recesso e la Clausola di Mero Gradimento

Il primo punto affrontato riguarda il diritto di recesso. La Cassazione ha confermato l’orientamento secondo cui, nelle S.r.l., la presenza di una clausola di mero gradimento non attribuisce ai soci un diritto di recesso esercitabile in qualsiasi momento (ad nutum). La ratio della norma (art. 2469 c.c.) è evitare che il socio resti “prigioniero” della società. Tale rischio si concretizza solo quando, a fronte di un’intenzione di vendere le proprie quote, il socio si veda negato il gradimento alla cessione.

Di conseguenza, la semplice eliminazione della clausola non può far scattare il diritto di recesso. Anzi, rimuovendo un ostacolo alla circolazione, la modifica statutaria va in direzione opposta a quella di “imprigionare” il socio. La Corte ha anche precisato che non si può applicare per analogia la disciplina delle S.p.A. (art. 2437 c.c.), che prevede esplicitamente il diritto di recesso in caso di rimozione di vincoli alla circolazione dei titoli.

L’Abuso della Maggioranza: Il Principio Decisivo

Il punto di svolta della sentenza risiede nell’analisi del motivo relativo all’abuso della maggioranza. La Cassazione ha accolto questo motivo, ritenendo la decisione della Corte d’Appello incompleta.

L’abuso di maggioranza si verifica non solo quando una delibera è contraria all’interesse sociale, ma anche quando è il risultato di un’attività fraudolenta dei soci di maggioranza, diretta a ledere i diritti di partecipazione e patrimoniali della minoranza.

Nel caso specifico, la Corte d’Appello si era limitata a valutare che la delibera potesse avere un’utilità per la società (come risolvere conflitti interni), ma aveva omesso un passaggio cruciale: verificare se, al di là di questa apparente utilità, la decisione fosse stata presa con lo scopo specifico di pregiudicare gli interessi dei soci di minoranza. La stretta successione temporale tra l’eliminazione delle clausole e la cessione di quote tra familiari dei soci di maggioranza rappresentava un forte indizio che andava approfondito.

Le Motivazioni della Sentenza

Le motivazioni della Corte si basano su una chiara distinzione tra due diversi strumenti di tutela per i soci. Il diritto di recesso è uno strumento estremo, legato a modifiche sostanziali dell’oggetto sociale o dei diritti dei soci che rendono intollerabile la prosecuzione del rapporto. La sua applicazione deve essere interpretata restrittivamente. L’invalidità della delibera per abuso di maggioranza, invece, si fonda sul principio generale di buona fede nell’esecuzione del contratto sociale (art. 1375 c.c.). Questo principio impone che il potere della maggioranza non venga esercitato in modo arbitrario o con l’intento di danneggiare la minoranza. Il giudice deve quindi condurre una doppia indagine: verificare la coerenza della delibera con l’interesse sociale e, al contempo, accertare l’assenza di un intento fraudolento o prevaricatore a danno degli altri soci.

Conclusioni

Questa ordinanza della Cassazione offre un importante monito: la tutela dei soci di minoranza in una S.r.l. non si esaurisce nelle ipotesi legali di recesso. Anche quando una delibera non fa scattare questo diritto, può essere annullata se si dimostra che è stata adottata in malafede. I soci di maggioranza non possono utilizzare il loro potere per architettare operazioni a esclusivo vantaggio proprio e in danno della minoranza, anche se mascherate da un presunto interesse sociale. La valutazione del giudice deve andare oltre la forma e indagare la sostanza e le reali intenzioni che hanno guidato la decisione.

La semplice previsione di una clausola di mero gradimento nello statuto di una S.r.l. dà diritto al recesso in qualsiasi momento?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che il diritto di recesso per il socio sorge solo nel caso in cui il gradimento per il trasferimento delle quote venga effettivamente negato, poiché solo in quella circostanza si concretizza il rischio che il socio resti ‘prigioniero’ della società.

L’eliminazione di vincoli alla circolazione delle quote in una S.r.l. (come la clausola di gradimento) dà diritto di recesso ai soci che non hanno approvato la delibera?
No. A differenza di quanto previsto per le società per azioni, nelle società a responsabilità limitata la legge non prevede un diritto di recesso automatico per i soci dissenzienti a seguito della rimozione di vincoli alla circolazione delle partecipazioni.

Quando una delibera della maggioranza può essere annullata per abuso di potere?
Una delibera può essere annullata per abuso di potere quando non trova alcuna giustificazione nell’interesse della società ed è ispirata al perseguimento di un interesse personale dei soci di maggioranza in contrasto con quello sociale, oppure quando è il risultato di un’attività intenzionalmente fraudolenta dei soci maggioritari, diretta a ledere i diritti di partecipazione e patrimoniali dei soci di minoranza.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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