Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 15610 Anno 2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Civile Ord. Sez. 3 Num. 15610 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 11/06/2025
composta dai signori magistrati:
dott. NOME COGNOME
Presidente
dott. NOME COGNOME
Consigliere
dott. NOME COGNOME
Consigliere relatore
dott. NOME COGNOME
Consigliere
dott. NOME COGNOME
Consigliere
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al numero 12003 del ruolo generale dell’anno 2022, proposto da
COGNOME NOME COGNOMEC.F.: TRR SDR 38S49 I826V)
rappresentata e difesa dall’avvocat o NOME COGNOMEC.F.: SCL MSM 62E26 D086U)
-ricorrente-
nei confronti di
RAGIONE_SOCIALE (C.F.: NUMERO_DOCUMENTO), in persona del rappresentante per procura NOME COGNOME rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOMEC.F.: CODICE_FISCALE) e NOME COGNOME (C.F.: CODICE_FISCALE
-controricorrente-
per la cassazione della sentenza della Corte d’a ppello di Venezia n. 600/2022, pubblicata in data 21 marzo 2022; udita la relazione sulla causa svolta alla camera di consiglio del
5 giugno 2025 dal consigliere NOME COGNOME
Fatti di causa
NOME COGNOME ha ottenuto un decreto ingiuntivo (per l’importo di € 43.985,88) nei confronti della propria assicuratrice RAGIONE_SOCIALE in virtù di una polizza di assicurazione contro i danni, quale indennizzo per il furto di un impianto fotovoltaico.
Oggetto:
ASSICURAZIONE DANNI
Ad. 05/06/2025 C.C.
R.G. n. 12003/2022
Rep.
L’opposizione della società ingiunta è stata accolta dal Tribunale di Verona.
La Corte d’a ppello di Venezia ha confermato la decisione di primo grado.
Ricorre la Turrina, sulla base di cinque motivi.
Resiste con controricorso ITAS Mutua.
È stata disposta la trattazione in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 375 e 380 bis .1 c.p.c..
Parte ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380 bis .1 c.p.c..
Il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza decisoria nei sessanta giorni dalla data della camera di consiglio.
Ragioni della decisione
Con il primo motivo del ricorso si denunzia « violazione dell’art. dell’art. 1469 bis, 3 comma n. 18 e 1 comma, cod. civ. , nonché omessa motivazione su di un punto decisivo della controversia, poiché la Corte di appello ha omesso di esaminare la sua eccezione di nullità-inefficacia della clausola ai sensi delle citate disposizioni, trattandosi di clausola abusiva contenuta in un contratto intercorso fra un professionista ed un consumatore, interamente predisposto dal professionista ».
Secondo la ricorrente , la corte d’appello non avrebbe esaminato la sua eccezione di nullità della clausola del contratto di assicurazione che richiedeva, a pena del la perdita del diritto all’indennizzo, l’adozione di speciali dispositivi di sicurezza a tutela dei beni assicurati e, in particolare, la predisposizione di un sistema di allarme collegato in remoto con un istituto di vigilanza, in quanto vessatoria, ai sensi dell’art. 1469 bis , comma 3, n. 18, e comma 1, c.c..
Il motivo è in parte inammissibile ed in parte infondato. La corte d’appello ha espressamente preso in esame il motivo di appello con il quale la Turrina aveva sostenuto la natura ves- satoria della clausola in questione.
Ha affermato, in proposito, quanto segue: « Sul punto il Tribunale ha, in modo condivisibile, osservato che, come ritenuto dalla consolidata giurisprudenza di legittimità, occorre distinguere, nel contratto di assicurazione, le clausole limitative della responsabilità da quelle che limitano l’oggett o del contratto e che le prime limitano le conseguenze della colpa o dell’inadempimento o escludono il rischio garantito, mentre le seconde riguardano il contenuto e i limiti della garanzia assicurativa e, dunque, specificano il rischio garantito, con la conseguenza che solo le prime sono da considerare vessatorie. Nella fattispecie la clausola in esame, che richiedeva, pena la perdita del diritto all’indennizzo, l’adozione di speciali dispositivi di sicurezza, rie ntrava tra quelle che attengono all’oggetto del contratto e non limitativa della responsabilità (Cass. n. 22806/2014) e, in quanto tale, non era da considerarsi vessatoria » … … « sul punto l’appellante non svolge nessuna compiuta critica al ragionamento del Tribunale, limitandosi ad affermare apoditticamente che la clausola è vessatoria e che tale clausola era di dubbia interpretazione, motivo per cui non se ne dovrebbe tenere conto ».
Si tratta di una motivazione assolutamente adeguata e logicamente coerente a sostegno della statuizione con cui è stato disatteso il motivo di appello, sul punto in contestazione.
Oltre a rilevare il difetto di specificità dell’impugnazione, con riguardo alla questione sollevata dall’appellante (ragione di per sé sufficiente a giustificare l’inammissibilità del motivo di appello), la corte territoriale ha confermato l’esclusione (già ritenuta dal tribunale) della dedotta natura vessatoria della clausola in questione, trattandosi di clausola volta ad individuare l’o ggetto del contratto e non a prevedere limitazioni di responsabilità o decadenze, con conseguente sua piena validità, senza neanche la necessità di una specifica approvazione per iscritto.
La ricorrente, in primo luogo, non formula una chiara e specifica censura, fondata sul puntuale richiamo del contenuto dei relativi atti processuali, con riguardo al rilievo di genericità dell’appello sul punto, in violazione dell’art. 366, comma 1, n. 6, c.p.c..
In ogni caso, l’assunto in diritto fatto proprio dalla corte d’appello, con riguardo all’esclusione del carattere vessatorio della clausola controversa, è pienamente conforme al consolidato indirizzo di questa Corte in materia, che il ricorso non offre elementi idonei ad indurre a rimeditare, secondo il quale « le clausole di un contratto di assicurazione contro il furto, che subordinano la garanzia assicurativa all ‘ adozione di speciali dispositivi di sicurezza o all ‘ osservanza di oneri diversi, non realizzano una limitazione della responsabilità dell ‘ assicuratore, ma definiscono il contenuto ed i limiti della garanzia assicurativa, specificando il rischio garantito; ne consegue che non è necessaria la loro specifica approvazione preventiva per iscritto ex art. 1341 c.c. » (Cass., Sez. 3, Sentenza n. 22806 del 28/10/2014; nel medesimo senso, cfr.: Cass., Sez. 3, Sentenza n. 12190 del 01/12/1998; Sez. 3, Sentenza n. 10290 del 27/07/2001; Sez. 3, Sentenza n. 10194 del 28/04/2010; Sez. 3, Sentenza n. 2469 del 10/02/2015).
È, poi, appena il caso di rilevare che sarebbe del tutto inconferente, rispetto all’esito della controversia, la pretesa nullità della clausola compromissoria contenuta nella polizza assicurativa (clausola che la corte d’appello ha, peraltro, qualificato come previsione di una perizia contrattuale), essendo la decisione fondata su una diversa ed assorbente ratio decidendi .
Con il secondo motivo si denunzia « violazione dell ‘ art. 1362 c.c. dal momento che l ‘ interpretazione delle clausole contrattuali adottata dai giudici di appello era incoerente, sproporzionata, abusiva, rispetto alla volontà effettiva delle parti e, in particolare, della parte assicurata ».
Con il terzo motivo si denunzia « violazione dell ‘ art. 1370 c.c., poiché in presenza di una clausola contrattuale ambigua, i giudici di appello avrebbero dovuto ricorrere all ‘ interpretazione contro lo stipulatore, nella fattispecie l’Itas Mutua Assicurazioni, adottando l’interpretazione in favore del contraente assicurato, parte più debole, che ha sottoscritto le clausole nel contratto per adesione già redatte dall’Assicuratore ».
Con il quinto motivo si denunzia « Motivo ulteriore di ricorso per violazione di legge : Vessatorietà e nullità dell’art. 4.2. del contratto di polizza. Violazione dell’ art. 1341, 2 comma, cod. civ. violazione dei motivi di cui in epigrafe al ricorso ».
Il secondo, il terzo ed il quinto motivo del ricorso possono essere esaminati congiuntamente: in realtà, nel ricorso non è sviluppata una autonoma e specifica esposizione argomentativa, con riguardo al secondo ed al terzo motivo, ma le censure indicate nelle relative rubriche possono ritenersi, in qualche modo, richiamate -almeno per certi aspetti -nello sviluppo argomentativo dedicato all’ultimo motivo.
Va, comunque, rilevato che l’esposizione, nel suo complesso, non risulta sufficientemente chiara , come richiesto dall’art. 366, comma 1, nn. 3, 4 e 6, c.p.c.: ad essa è sostanzialmente possibile, a giudizio della Corte, attribuire un senso logico e giuridico esclusivamente nella parte in cui la ricorrente:
a) ribadisce, in primo luogo, l’assunto della natura vessatoria della clausola (recante il n. 4.2) del contratto di assicurazione che richiedeva all’assicurato l’adozione di speciali dispositivi di sicurezza a protezione di determinati beni assicurati per il furto e, in particolare, la predisposizione di un sistema di allarme collegato in remoto con un istituto di vigilanza privata;
b) afferma, comunque, che tale clausola, avendo contenuto ambiguo, avrebbe dovuto essere interpretata in senso a sé favorevole e, in ogni caso, nel senso per cui era sufficiente, onde ritenere rispettato l’onere in essa previsto, l’esistenza del
sistema di allarme da essa concretamente installato, benché privo di collegamento in remoto con un istituto di vigilanza, in quanto (addirittura, a suo dire) « di gran lunga più efficace rispetto a quello più semplice e meno sicuro indicato nella clausola contrattuale ».
I motivi in esame, anche nella parte in cui non risultano inammissibili per difetto di chiarezza e specificità, sono infondati.
2.1 Per quanto riguarda le censure richiamate sub a) , è sufficiente rinviare a quanto esposto in relazione al primo motivo del ricorso, con riguardo alla esclusione del carattere vessatorio della clausola di cui si discute ed alla sua piena validità, avendo le suddette già esposte considerazioni carattere assorbente in merito ad ogni ulteriore questione sollevata in relazione alla validità ed efficacia della stessa.
2.2 Per quanto riguarda le censure sub b) , la corte d’appello ha affermato, in proposito, quanto segue: « … la clausola, peraltro evidenziata in grassetto, è molto chiara nel prevedere che, in ogni caso, gli impianti della tipologia di quello della Turrina (impianto superiore 50,00 kwp) dovevano essere provvisti di un sistema di allarme e di videosorveglianza e/o telecontrollo che prevedessero il collegamento in remoto con un istituto di vigilanza che potesse intervenire entro un tempo massimo di 60 minuti, pena la perdita del diritto all’indennizzo. L’alternativa era soltanto in relazione alla scelta della videosorveglianza o del telecontrollo, ma essenziale era la predisposizione di un sistema di allarme collegato in remoto con un istituto di vigilanza. Ciò, come risulta dalla relazione peritale, non è avvenuto … ….
A fronte delle chiare previsioni di polizza irrilevanti appaiono tutte le considerazioni svolte dall’appellante circa il fatto che il sistema installato era più valido di quello prescritto e che vi era un collegamento telefonico ai cellulari dei parenti e collaboratori della Turrina, collegamento di cui, come risulta dalla relazione
dei periti (pag.4), non era neanche stata fornita dalla Turrina evidenza documentale ».
L’interpretazione della effettiva volontà delle parti, con riguardo al contenuto della clausola in questione, nel senso che tale contenuto non lasciava adito ad alcun dubbio interpretativo, essendo espressamente e tassativamente richiesto, per la tipologia di impianto della Turrina, un collegamento del sistema di allarme installato (di qualunque tipo esso fosse) con un istituto di vigilanza, costituisce un accertamento di fatto sostenuto da adeguata motivazione, non meramente apparente, né insanabilmente contraddittoria sul piano logico, come tale non sindacabile nella presente sede.
Si tratta, d’altra parte, di una interpretazione del contenuto della clausola contrattuale controversa del tutto plausibile, in relazione al suo contenuto letterale e, di conseguenza, la parte ricorrente non può pretendere di sostituire alla stessa un’altr a e diversa interpretazione, più gradita, anche laddove fosse astrattamente anch’essa plausibile (giurisprudenza consolidata di questa Corte; cfr., per tutte: Cass., Sez. L, Ordinanza n. 18214 del 03/07/2024: « in tema di sindacato sull ‘ interpretazione dei contratti, la parte che ha proposto una delle opzioni ermeneutiche possibili di una clausola contrattuale non può contestare, in sede di giudizio di legittimità, la scelta alternativa alla propria effettuata dal giudice del merito »; conf., ex multis : Sez. 1, Ordinanza n. 27136 del 15/11/2017; Sez. 3, Sentenza n. 16254 del 25/09/2012; Sez. 3, Sentenza n. 24539 del 20/11/2009; Sez. 2, Sentenza n. 3644 del 16/02/2007; Sez. 3, Sentenza n. 22899 del 25/10/2006; Sez. 1, Sentenza n. 10131 del 02/05/2006).
A ltrettanto è a dirsi per l’accertamento di fatto in ordine alla mancanza, in concreto, del predetto indispensabile collegamento in remoto con un istituto di vigilanza, nel sistema di
allarme di fatto installato dall’assicurata , accertamento che, in realtà, non pare neanche oggetto di specifiche contestazioni. Va, pertanto, senz’altro esclusa la dedotta violazione degli artt.
1362 e 1370 c.c., oltre che quella dell’art. 1341 c.c..
Con il quarto motivo si denunzia « Violazione delle norme in materia di arbitrato di cui al codice di procedura civile ».
Il motivo è inammissibile, ancor prima che infondato.
La ricorrente, nel contesto di una esposizione del tutto confusa ed alla quale è sostanzialmente impossibile attribuire un coerente senso logico e giuridico, afferma che « La clausola di cui all’art. 16 della polizza dovrà essere qualificata dichiarando l’elaborato peritale redatto dai periti arbitri come lodo arbitrale ».
In proposito, peraltro, la corte d’appello ha affermato quanto segue: « Appare condivisibile l’interpretazione data dal Tribunale alla clausola di cui all’art. 16 delle condizioni generali di assicurazione alla luce della chiara ed espressa previsione che prevedeva che soltanto i risultati indicati ai punti 3 e 4 (determinare il valore delle cose assicurate e procedere alla stima e alla liquidazione del danno) erano obbligatori per le parti, mentre restava impregiudicata in ogni caso qualsiasi azione ed eccezio ne inerente all’indennizzabilità dei danni. In realtà l’appellante non formula una compiuta critica alla valutazione del Tribunale limitandosi ad affermare, in via gradata, che tale perizia avrebbe vincolato le parti essendo stata consacrata e formalizzata dal Tribunale di Verona nel decreto ingiuntivo, decreto che altrimenti il Tribunale non avrebbe emesso ».
I giudici di appello hanno, quindi, concluso che « la mancanza di contestazione dell’elaborato peritale da parte della Compagnia non rende tale elaborato ‘definitivo, esecutivo e non più impugnabile e contestabile con diritto della RAGIONE_SOCIALE a vedersi riconoscere il credito vantato nei confronti di RAGIONE_SOCIALE in
quanto l’elaborato vincolava l’appellata in relazione al quantum liquidabile accertato dai periti, null’altro ».
Anche in questo caso, si tratta di una motivazione del tutto adeguata e coerente, a sostegno della statuizione con cui è stato disatteso l’appello, sul punto.
Ed anche in questo caso la ricorrente non formula una chiara e specifica censura, fondata sul puntuale richiamo del contenuto dei relativi atti processuali, con riguardo al rilievo di genericità della sua impugnazione sulla questione in esame, in violazione dell’art. 366, comma 1, n. 6, c.p.c..
Inoltre -e in ogni caso -il ricorso non contiene specifiche, puntuali ed adeguate argomentazioni in ordine alle ragioni di contestazione della qualificazione della clausola in questione operata dalla corte territoriale, limitandosi la ricorrente a sostenere, in maniera dal tutto apodittica e senza una chiara e specifica indicazione delle norme di diritto che assumerebbe concretamente violate, che la predetta clausola sarebbe da qualificare come vessatoria, nella parte in cui prevede che, anche a seguito della perizia sul quantum dell’indennizzo, resta « impregiudicata in ogni caso qualsiasi azione od eccezione inerente all’indennizzabilità dei danni ».
Non viene adeguatamente chiarito, nel ricorso, perché ed in base a quale norma di legge tale previsione dovrebbe ritenersi di ‘ carattere vessatorio ‘ .
Comunque, il suddetto carattere va certamente escluso, non trattandosi di una decadenza o di una limitazione di responsabilità, ma semplicemente di una specificazione dei limiti di efficacia della perizia contrattuale contemplata dalla polizza, perfettamente valida.
4. Il ricorso è rigettato.
Per le spese del giudizio di cassazione si provvede, sulla base del principio della soccombenza, come in dispositivo.
Deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) di cui all’art. 13, co. 1 quater , del D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115.
Per questi motivi
La Corte:
-rigetta il ricorso;
-condanna la ricorrente a pagare le spese del giudizio di legittimità in favore della società controricorrente, liquidandole in complessivi € 4.300,00, oltre € 200,00 per esborsi, nonché spese generali ed accessori di legge;
-dà atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) di cui all’art. 13, comma 1 quater , del D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, per il versamento al competente ufficio di merito, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso (se dovuto e nei limiti in cui lo stesso sia dovuto), a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
Così deciso nella camera di consiglio della Terza Sezione Ci-