Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 9328 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 9328 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 09/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 6352/2024 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa da ll’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa da ll’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO MILANO n. 8/2024 depositata il 02/01/2024.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 18/03/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La Corte d’appello di Milano, con sentenza n. 8/2024 pubblicata il
2/1/2024, ha respinto l’impugnazione proposta da RAGIONE_SOCIALE, nei confronti di RAGIONE_SOCIALE avverso il lodo arbitrale rituale del 27/4/2022, pronunciato in relazione alla esecuzione di due contratti di somministrazione di gas, inter partes , del 2006 e 2007, con il quale si era condannata la RAGIONE_SOCIALE al pagamento alla RAGIONE_SOCIALE della somma di € 313.498,63, oltre interessi di mora, dalla scadenza delle singole fatture emesse nei periodi « 1/10/2006-1/10/2007 e 1/10/2007-1/10/2008 ».
In particolare, i giudici d’appello hanno sostenuto che : a) quanto alla validità della clausola compromissoria, contenuta nel contratto concluso il 3/9/2007 (per essere il contratto prodotto in giudizio da Edison, contenente anche la clausola compromissoria, sottoscritto dalla sola Ese), ai sensi dell’art.807 c.p.c., la forma scritta della clausola compromissoria è rispettata non solo quando entrambe le parti hanno sottoscritto un unico documento contrattuale, ma anche quando ciascuna parte ha sottoscritto un proprio documento contrattuale avente il medesimo contenuto e lo ha trasmesso alla controparte e la Ese non aveva mai disconosciuto la sua sottoscrizione sul documento prodotto da RAGIONE_SOCIALE né aveva contestato specificamente di aver a sua volta ricevuto il medesimo documento sottoscritto da RAGIONE_SOCIALE e di avere restituito a RAGIONE_SOCIALE per accettazione la copia del contratto depositata in atti; comunque la deducente, Edison, proponendo le proprie domande al Collegio arbitrale, aveva manifestato la volontà di aderire alla convenzione arbitrale e il giudizio arbitrale era stato validamente instaurato, posto che prima della notificazione dell’atto di nomina dell’arbitro, da parte di Edison, Ese aveva già firmato il documento scritto contenente il contratto e lo aveva trasmesso a Edison, che non aveva mai revocato tale manifestazione di volontà; b) il secondo motivo, in punto di nullità del lodo per contrarietà all’ordine pubblico, per decisione assunta in violazione delle norme in tema di prescrizione, era infondato, essendo pacifico, in giurisprudenza, che
le norme sulla prescrizione non possono essere considerate di ordine pubblico e infondati erano anche i motivi 4,5,7, invocanti la nullità del lodo per violazione delle norme di ordine pubblico, in quanto le norme invocate (le norme in materia di ordine di imputazione dei debiti e in tema di riparto dell’onere della prova ex art.2697 c.c.) non erano di ordine pubblico e comunque (quanto al disposto dell’art.2697 c.c.) non era stata compiuta alcuna violazione della disposizione indicata; c) il terzo motivo, denunciante omessa pronuncia su eccezioni sollevate in merito ad alcune fatture, era infondato, in quanto, anzitutto, sussiste nullità del lodo per mancanza di motivazione solo quanto questa sia totalmente carente, così da non consentire di comprendere l’ iter logico sottostante, e inoltre « nessuna delle suddette eccezioni è stata tempestivamente formulata da RAGIONE_SOCIALE con l’atto di costituzione nel giudizio arbitrale, in quanto l’eccezione relativa all’asserita duplicazione degli importi richiesti e quella relativa alla mancata specificazione dei dati per la liquidazione degli interessi sono state formulate con la prima memoria (autorizzata dal collegio arbitrale, ma solo per illustrare e produrre documentazione in ordine alle domande ed eccezioni già proposte) e l’eccezione relativa alla mancata produzione della fattura è stata formulata solo con la seconda memoria istruttoria », d) comunque, sempre in merito al terzo motivo, Edison aveva precisato, già nel giudizio arbitrale, con la seconda memoria in risposta alla prima memoria di RAGIONE_SOCIALE, che « le fatture sub c) e sub d), pur indicate nell’elenco, non erano oggetto della sua domanda » e che « il pagamento degli importi di cui alle fatture sub a) e sub b), indicate per errore due volte nell’elenco, non era stato richiesto due volte, come risultava chiaramente dall’estratto conto prodotto sub. doc. 11» , senza che Ese, a fronte della suddetta allegazione di Edison, dimostrasse che « nel lodo (che, si ricorda ha condannato RAGIONE_SOCIALE a pagare a Edison la somma di €.313.498,63 a fronte di una richiesta di condanna al
pagamento della ben maggiore somma di €.527.982,89) erano state inseriti nell’importo complessivo oggetto della condanna anche gli importi delle fatture n. 2023000008 e n. 2023000029 e che gli importi delle fatture n. NUMERO_CARTA e NUMERO_CARTA erano stati inseriti due volte », cosicché la carenza di motivazione sulle suddette eccezioni era irrilevante, posto che le stesse riguardavano pretesi debiti di RAGIONE_SOCIALE, il cui pagamento non risulta essere stata chiesto nel giudizio arbitrale; e) riguardo, invece, alla eccepita assenza di motivazione nel lodo in ordine all’eccezione, formulata da RAGIONE_SOCIALE, « della necessità che per il pagamento della fattura n. 230100000009 (relativa agli interessi di mora) » fossero indicati i dati specifici, tale eccezione, in quanto incompatibile con l’accoglimento della domanda di pagamento anche relativa alla suddetta fattura, era stata implicitamente esaminata e rigettata, « atteso che nella suddetta fattura, come sostenuto dall’impugnata, risultano specificamente indicati, per ogni fattura non pagata produttiva di interesse: il numero identificativo, l’importo, la data di inizio del calcolo degli interessi, la data di fine del calcolo degli interessi, i giorni di ritardo, il tasso di interesse applicato e l’importo dell’interesse, cioè esattamente tutti i dati di cui l’impugnante aveva sostenuto la necessaria indicazione e di cui, incredibilmente, lamentava la mancanza »; f) in definitiva, in relazione al terzo motivo lo stesso era infondato, in quanto « la mancanza di un esplicito esame nella motivazione del lodo delle suddette eccezioni, peraltro sollevate tardivamente e quindi inammissibili, non determina affatto l’incomprensione del percorso logico che sorregge la decisione anche con riguardo a tali eccezioni, atteso che le stesse attengono a circostanze che non hanno avuto alcuna incidenza sulla decisione arbitrale»; g) in ordine poi al sesto motivo di impugnazione, denunciante violazione dell’art.829, comma 1, n. 4, c.p.c., per pronuncia al di fuori dei limiti della convenzione, che prevedeva che gli arbitri dovessero decidere
secondo diritto, la doglianza era palesemente infondata, in quanto in nessuna parte del lodo si era affermato che la decisione era presa secondo equità e dal tenore letterale della motivazione si evinceva che essa era stata assunta applicando le regole di diritto. Era, ad avviso della Corte territoriale, manifestatamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 289, c.3 e 4 ,c.p.c., nella parte in cui non prevede che il lodo possa sempre essere impugnato davanti all’Autorità Giudiziaria, senza alcuna limitazione, nel caso di violazione delle regole di diritto: – in primo luogo, infatti, tutti i soggetti dell’ordinamento giuridico sono del tutto liberi di non concludere, per disciplinare i rapporti reciproci, clausole compromissorie, le quali, prevedendo la risoluzione delle controversie davanti al giudice « privato », certamente e ragionevolmente limitano la facoltà di riproporre tutte le medesime questioni davanti al giudice « pubblico », tenuto conto, peraltro, che, in via generale, le controversie che abbiano per oggetto diritti indisponibili non possono mai essere decise con arbitrato; – in secondo luogo, le parti pur ritenendo di ricorrere all’arbitrato per la risoluzione delle controversie, possono ben concludere clausole compromissorie o stipulare compromessi che prevedano l’impugnazione del lodo anche « per violazione delle regole di diritto »; – in definitiva, la scelta di escludere la possibilità di portare davanti al Giudice ordinario, nell’ambito di diritti disponibili, la risoluzione di controversie anche per violazione delle regole di diritto rientra pienamente nell’autonomia delle parti, le quali quindi non hanno ragione di dolersi, una volta intervenuta la decisione dell’arbitro, di una scelta da loro preventiva assunta.
Avverso la suddetta pronuncia, notificata l’11/1/2024, la RAGIONE_SOCIALE propone ricorso per cassazione, notificato l’8/3/2024, affidato a nove motivi, nei confronti di RAGIONE_SOCIALE che resiste con controricorso.
Il P.G. ha depositato memoria, concludendo per il rigetto del ricorso.
La ricorrente ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.La ricorrente lamenta: a) con il primo motivo, violazione e falsa applicazione degli artt.115 comma 1, 808 e 829 comma 1 n.1 c.p.c. in relazione all’art. 360 n.4 c.p.c., per avere la Corte di merito errato nel ritenere che la sottoscrizione di clausola compromissoria, per la cui validità è prevista la forma scritta « ad substantiam », possa essere sostituita dalla mancata contestazione di tale sottoscrizione ad opera dell’altra parte; b) con il secondo motivo, violazione e falsa applicazione degli artt. 808, 829 comma 1 n.1 c.p.c. e dell’art. 1326 comma 2 c.c. in relazione all’art. 360 n.3 c.p.c., censurandosi la seconda ratio decidendi che ha fondato il rigetto della eccezione di incompetenza del Collegio arbitrale per mancanza della forma scritta della clausola compromissoria, per avere la Corte di Appello ritenuto perfezionata la forma scritta della clausola con la sottoscrizione dell’atto di nomina di arbitro da parte di RAGIONE_SOCIALE (avvenuta a distanza di quasi dieci anni dalla sottoscrizione della clausola da parte della RAGIONE_SOCIALE) e ritenuto quindi che la semplice accettazione della clausola compromissoria, in assenza di previa revoca della proposta da parte di RAGIONE_SOCIALE fosse sufficiente a perfezionare il contratto in forma scritta, in palese violazione dell’art. 1326 comma 2 c.c. secondo il quale un’accettazione tardiva non è idonea alla conclusione del contratto; c) con il terzo motivo, per l’ipotesi di non accoglimento del precedente motivo, la violazione e falsa applicazione dell’art. 132 comma 2 n.4 c.p.c. in relazione all’art. 360 n.4 c.p.c. vizio di motivazione, in relazione alla circostanza che l’accettazione della proposta di clausola compromissoria da parte di Edison S.p.a. con la notificazione dell’atto di nomina di arbitro non risultasse tardiva; d) con il quarto motivo, violazione e falsa applicazione degli artt.
829 comma 3 c.p.c. e 2936 c.c. in relazione all’art. 360 n.3 c.p.c., per non avere la Corte di Appello ritenuto le norme sulla prescrizione quali norme di ordine pubblico, in quanto le norme sulla prescrizione, per attenere oltre che ad interessi individuali, anche a rilevanti interessi generali, sono inderogabili perché di ordine pubblico; e) con il quinto motivo, violazione e falsa applicazione degli artt. 829 comma 3 c.p.c., 2697 e 1193 c.c. in relazione all’art.360 n.3 c.p.c., per avere erroneamente ritenuto il giudice di merito che la censura della RAGIONE_SOCIALE attenesse direttamente alle norme relative all’imputazione dei pagamenti, mentre in realtà il gravame atteneva alla questione diversa della errata ripartizione dell’onere della prova tra le parti in materia di imputazione dei pagamenti, dovendosi ritenere che la norma di cui all’art. 2697 c.c. costituisce principio fondamentale e basilare del nostro ordinamento giuridico, così da dover essere ricompresa nell’ambito del concetto di ordine pubblico processuale; f) con il sesto motivo, violazione e falsa applicazione degli artt. 828 e 829 c.p.c. in relazione all’art. 360 n.4 c.p.c., per avere la Corte d’appello respinto il quinto motivo di impugnazione del lodo arbitrale in quanto non conteneva nemmeno la indicazione della norma violata, ritenuta di ordine pubblico, in quanto per l’ammissibilità dei motivi di impugnazione del lodo arbitrale, similmente alla violazione e falsa applicazione delle norme di diritto ex art. 360 n.3 c.p.c., non è necessaria l’indicazione specifica delle norme in tesi violate, essendo sufficiente che esse risultino desumibili dal complesso del ricorso e, nella specie, il richiamo all’istituto della confessione ed all’obliterazione di una prova legale, in uno con il richiamo alla valutazione delle prove evidenziava in maniera specifica le norme ritenute violate; g) con il settimo motivo, violazione e falsa applicazione degli artt. 829 comma 1 n.12 c.p.c., 111 comma 2 cost., 101, 112 e 816 bis c.p.c. in relazione all’art. 360 n.4 c.p.c., in punto sempre di rigetto del terzo
motivo di impugnazione, che « non verteva sulla mancanza di motivazione prevista nell’ipotesi di nullità di cui all’art. 829 comma 1 n.5 c.p.c., bensì sulla circostanza di non avere il lodo pronunciato su alcune delle eccezioni proposte dalla RAGIONE_SOCIALE quale ipotesi di nullità disciplinata al n.12 della citata norma (punto 7.1 del ricorso), violando l’art. 112 c.p.c. che richiede la corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato », risultando peraltro tutte le eccezioni tempestivamente formulate; h) con l’ottavo motivo, violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. in relazione all’art. 360 n.3 c.p.c. , in quanto la Corte di Appello avrebbe erroneamente ritenuto che la semplice affermazione da parte di RAGIONE_SOCIALE.p.aRAGIONE_SOCIALE, peraltro contestata, che gli importi delle fatture oggetto del motivo di impugnazione non fossero state inserite nell’importo complessivo oggetto di condanna della sentenza arbitrale, facesse ricadere in capo alla RAGIONE_SOCIALE l’onere di provare che tali importi fossero stati inseriti nell’importo complessivo della condanna, mentre l’onere della prova che le somme di cui alle suindicate fatture (richieste espressamente nella domanda di Edison agli arbitri) non fossero state conteggiate dal Collegio arbitrale per la condanna ricadeva in capo all’attore.
Con un ultimo motivo, si reitera la richiesta di rimessione degli atti alla Corte Costituzionale per l’incostituzionalità dell’art. 829 commi 3 e 4 c.p.c. in violazione degli artt. 3, 24, 111 Cost. e 6 Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, ritenendosi non condivisibili le motivazioni addotte dalla Corte di Appello sulla questione.
Le prime tre censure, attinenti al rigetto dell’eccezione di incompetenza del Collegio arbitrale per invalidità della clausola compromissoria in difetto di forma scritta (sottoscrizione anche da parte di Edison del contratto di fornitura del 3/9/2007), sono infondate.
Questa Corte (Cass. 10436/2014) ha affermato che anche ai sensi dell’art.807 c.p.c. il requisito della forma scritta « ad substantiam » per la validità del compromesso può realizzarsi anche con lo scambio di missive contenenti la proposta e l’accettazione, rispondendo tale interpretazione ad una esigenza di deformalizzazione dell’obbligo pur conservandone il nucleo indefettibile dell’incontro effettivo, e riscontrabile per iscritto, di volontà sulla compromettibilità e sull’oggetto del compromesso.
L’eccezione, nella specie, fondata sulla considerazione che comunque l’accettazione da parte di Edison della proposta di Ese, avvenuta con la trasmissione del contratto contenente la clausola compromissoria, attraverso l’attivazione del procedimento arbitrale e la dimostrata volontà di dare corso all’esecuzione del contratto e della clausola, indipendentemente dalla sottoscrizione del contratto, fosse tardiva e quindi inefficace, risulta nuova, avendo il lodo arbitrale, nel pronunciare l’infondatezza dell’eccezione di Ese, espressamente statuito sull’essere « inequivoca, indipendentemente dalla sottoscrizione del contratto, la volontà di Edison di avvalersi della scrittura mancante della sottoscrizione ».
Come rileva il PG, laddove si prospetti una questione di cui non vi è cenno nella sentenza impugnata, è onere della parte ricorrente allegare l’avvenuta loro deduzione dinanzi al giudice di merito e anche indicare in quale specifico atto del giudizio precedente lo aveva fatto (Cass. 18018/2024; Cass. 23675/2013).
In memoria, la ricorrente si limita a dedurre che l’eccezione non poteva essere sollevata precedentemente, in quanto « tale questione è stata posta per la prima volta dalla sentenza della Corte di Appello di Milano », affermando che il ragionamento posto a base del lodo « non era affatto fondato sulla stessa ‘ratio decidendi’, bensì su ragionamento del tutto differente che, prendendo le mosse da <<la mancata sottoscrizione del contratto in data 03.09.2017 (cfr. lodo arbitrale punto 1 pag.7, all.7 al
fascicolo atti e documenti ex art. 369 co.2 n.4 c.p.c.), concludeva nell'affermare la inequivoca volontà di RAGIONE_SOCIALE, indipendentemente dalla sottoscrizione del contratto, di avvalersi della scrittura mancante della sottoscrizione mediante la produzione in giudizio da parte del soggetto non firmatario del contratto (cfr. lodo arbitrale punto 1 pag.8, all.7 al citato fascicolo) ».
Ma, invece, non si evidenzia l'effettiva sostanziale differenza nella ratio del lodo pronunciato dal Collegio arbitrale.
Comunque costituisce valutazione di fatto, riservata al giudice del merito, lo stabilire se dall'accettazione di una determinata proposta si possa desumere l'avvenuto perfezionamento di un contratto, sicché il relativo accertamento, se sorretto da motivazione immune da vizi logici e da violazioni di legge, si sottrae al controllo di legittimità (Cass. 11152/2004), salva verifica, anche d'ufficio, da parte del giudice di merito, sul piano giuridico prima ancora che su quello di merito, se tra proposta ed accettazione vi sia la concordanza voluta dalla legge (Cass. 13958/2024).
Nella specie, una tale concordanza non è nemmeno messa in discussione.
3. Il quarto motivo è infondato.
Va data continuità all'orientamento di questa Corte (Cass. 3481/2016; Cass. 1084/2011) secondo cui le norme sulla prescrizione non possono essere considerate di ordine pubblico, in quanto nelle suddette disposizioni vanno colte « pi ù pragmatiche finalit à di tutela di un interesse sostanzialmente privato, quello, cio è , da un canto, del soggetto passivo di un rapporto giuridico a ritenersi libero da vincoli in conseguenza del decorso "del tempo stabilito dalla legge", dall'altro, del soggetto attivo portatore di una incomprimibile facolt à di impedire il realizzarsi dell'effetto estintivo attraverso una inequivoca dichiarazione/manifestazione di volont à (qual che essa sia) dimostrativa dell'intento di esercitare il proprio diritto ».
Il quinto motivo, in punto di interpretazione operata dalla Corte d'appello del motivo di impugnazione (con il quale Ese intendeva censurare non la violazione delle norme codicistiche in materia di imputazione dei pagamenti ma la violazione delle norme in materia di onere probatorio relativo), è inammissibile, in quanto si critica una tipica attività meritale.
Comunque la nozione di ordine pubblico cui rinvia l'art. 829, comma 3, c.p.c. coincide con le norme fondamentali dell'ordinamento (Cass. 21850/2020) e si è da ultimo precisato che « in tema di impugnazione del lodo arbitrale, il rimando alla clausola dell'ordine pubblico da parte dell'art. 829, comma 3, c.p.c. deve essere interpretato in senso restrittivo, come rinvio limitato alle norme fondamentali e cogenti dell'ordinamento, escludendosi, in radice, una nozione "attenuata" di ordine pubblico, che coincide con il c.d. ordine pubblico interno e, cioè, con l'insieme delle norme imperative » (Cass. 8718/2024).
E in tema di onere della prova ex art.2697 c.c., si è affermato (Cass. 3365/2000) che « la mera difformità rispetto all'ordinamento interno delle norme che nel sistema straniero disciplinano l'onere della prova ed il libero convincimento del giudice non comporta alcuna violazione dell'ordine pubblico italiano, onde può essere delibata la sentenza straniera che – in applicazione del principio vigente in quello Stato e per il quale, ove il convenuto diserti il giudizio, il giudice può considerare provati i fatti posti dall'attore a base della sua domanda – abbia accolto la domanda medesima ».
Inammissibili sono il sesto, il settimo e l'ottavo motivo, in quanto si risolvono, in punto di rigetto della censura connessa alla valutazione delle prove, in una diversa prospettazione degli apprezzamenti di merito del collego arbitrale e della Corte d'appello.
Anzitutto, in merito al rigetto del quinto motivo di impugnazione, va mantenuto fermo il principio secondo il quale « Nel giudizio di
impugnazione per nullit à del lodo arbitrale trova applicazione la regola della specificit à della formulazione dei motivi (prescritta per il ricorso per cassazione), in considerazione della natura rescindente di tale giudizio e del fatto che solo il rispetto di detta regola pu ò consentire al giudice ed alla parte convenuta di verificare se le contestazioni formulate corrispondano esattamente ai casi di impugnabilit à stabiliti dall'art. 829 cod. proc. civ. » (Cass.n.6194/1996; Cass. n. 11917/1998; in tema, Cass. n.12165/2000), il che « non significa che sia assolutamente necessario che l'impugnazione contenga l'indicazione specifica delle disposizioni di legge in tesi violate (Cass. n. 5370/1997), ma è necessario che dal complesso del ricorso risulti quale sia stata la norma (o regola giuridica) violata dagli arbitri, anche se priva della sua (esatta) denominazione, ovvero il principio di diritto che si assume violato, il cui onere di identificazione compete a colui che impugna il lodo arbitrale (Cass. n. 5358/1999; Cass. n. 3383/2004; Cass. n. 6931/2004) » (Cass. 9733/2022).
Nella specie, anche nel motivo di ricorso, si introducono disposizioni di cui si sarebbe lamentata, nel motivo proposto dinanzi alla Corte di merito, la violazione (art.2735 e 2733, comma 2, c.c.), ma si dice solo che nell'impugnazione si era espressamente parlato di « prova legale » e di valore confessorio della imputazione delle note di credito.
In ogni caso, la Corte d'appello ha ritenuto le doglianze di cui ai motivi 4, 5 e 7, (anche, quindi, quella di cui al quinto motivo), tutte inerenti alla nullità del lodo per violazione delle norme di ordine pubblico, infondate in quanto le norme comunque invocate (le norme in materia di ordine di imputazione dei debiti e in tema di riparto dell'onere della prova ex art.2697) non erano di ordine pubblico e comunque (quanto al disposto dell'art.2697 c.c.) non era stata compiuta alcuna violazione della disposizione indicata.
In particolare, anche le somme portate dalle note di credito erano state considerate da RAGIONE_SOCIALE nella determinazione del proprio credito e comunque non era stato dimostrato che « nel lodo (che, si ricorda ha condannato Ese Gas a pagare a Edison la somma di €.313.498,63 a fronte di una richiesta di condanna al pagamento della ben maggiore somma di €.527.982,89) erano state inseriti nell'importo complessivo oggetto della condanna anche gli importi delle fatture n. NUMERO_DOCUMENTO e n. NUMERO_DOCUMENTO e che gli importi delle fatture n. NUMERO_CARTA e 230100000009 erano stati inseriti due volte ».
Inammissibile è il nono motivo.
E' inammissibile il motivo di ricorso per cassazione diretto unicamente a prospettare una questione di legittimità costituzionale di una norma non potendo essere configurato a riguardo un vizio del provvedimento impugnato idoneo a determinarne l'annullamento da parte della Corte. E' infatti riservata al potere decisorio del giudice la facoltà di sollevare o meno la questione dinanzi alla Corte costituzionale ben potendo la stessa essere sempre proposta, o riproposta, dall'interessato, oltre che prospettata d'ufficio, in ogni stato e grado del giudizio, purché essa risulti rilevante, oltre che non manifestamente infondata, in connessione con la decisione di questioni sostanziali o processuali ritualmente dedotte nel processo (Cass. 14666/2020; Cass. 8033/2023).
La questione, riproposta, di legittimità costituzionale dell'art.829 c.p.c., è comunque manifestatamente infondata.
La Corte Costituzionale con sentenza n. 13/2018 ha già dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale – sollevata dalla Corte di appello di Milano in riferimento agli artt. 3 e 41 Cost. – dell'art. 829, terzo comma, cod. proc. civ., come sostituito dall'art. 24 del d.lgs. n. 40 del 2006, in combinato disposto con l'art. 27, comma 4, del medesimo d.lgs., che modifica il regime di
impugnabilità del lodo arbitrale, precludendone la sindacabilità per violazione delle regole di diritto relative al merito della controversia, in assenza di una espressa previsione delle parti o della legge. La norma censurata, di natura sostanziale e non meramente processuale, non si applica, nell'interpretazione enunciata dalla Cassazione e ritenuta dal rimettente " diritto vivente ", ai giudizi arbitrali promossi dopo il 2 marzo 2006 (data di entrata in vigore del d.lgs. n. 40 del 2006), se azionati in forza di convenzione di arbitrato stipulata prima della riforma. Si è rilevato che le fattispecie poste a confronto dal rimettente, riferite a coloro che hanno stipulato la clausola compromissoria prima o dopo tale data, non risultano tra loro assimilabili, poiché i primi sono in una situazione obiettivamente diversa dai secondi, che devono esprimere una specifica volontà per consentire l'impugnazione del lodo per violazione delle regole di diritto. La norma censurata, si è ritenuto, non viola neppure il principio tempus regit processum , considerato che la presenza di un'esplicita disciplina transitoria priva di rilevanza esclusiva il riferimento alla natura processuale degli atti per risolvere le questioni di diritto intertemporale; né sussiste la lesione dell'autonomia negoziale – che, prima della riforma, si poneva come momento fondamentale della disciplina, in quanto la legge ammetteva sempre l'impugnazione del lodo per violazione delle regole di diritto, salva la diversa volontà delle parti – perché l'interpretazione avanzata dalla Cassazione tutela proprio l'autonomia privata. Secondo il costante orientamento della giurisprudenza costituzionale, la violazione del principio di uguaglianza sussiste solo qualora situazioni sostanzialmente identiche siano disciplinate in modo ingiustificatamente diverso e non, invece, quando alla diversità di disciplina corrispondano situazioni non assimilabili.
In sostanza, la funzione della norma è stata ritenuta quella di rimettere i limiti dell'impugnazione del lodo arbitrale alla libera
determinazione delle parti che, nell'esercizio dell'autonomia negoziale (già, peraltro, pienamente salvaguardata anche nel vigore della precedente normativa, cfr. Cass. 34473/2023), vigente la nuova regola, devono esprimere una specifica volontà.
Si può richiamare, al riguardo, Cass. 34473/2023.
Per tutto quanto sopra esposto, va respinto il ricorso.
Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte respinge il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali del presente giudizio di legittimità, liquidate in complessivi € 7.000,00, a titolo di compensi, oltre € 200,00 per esborsi, nonché al rimborso forfetario delle spese generali, nella misura del 15%, ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell'art.13, comma 1 quater del DPR 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell'importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma del comma 1 bis dello stesso art.13.
Così deciso, a Roma, nella camera di consiglio del 18 marzo 2025.