Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 5925 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 5925 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 05/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 8833/2018 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, NOME COGNOME, elettivamente domiciliate in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME rappresentati e difesi dagli avvocati COGNOME NOME e COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE IN LIQUIDAZIONE IN CONCORDATO PREVENTIVO, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO di CATANIA n. 1785/2017 depositata il 05/10/2017. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 22/02/2024
dal Consigliere NOME COGNOME;
FATTI DI CAUSA
La società RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Siracusa la società RAGIONE_SOCIALE, proponendo opposizione avverso il decreto con cui il Giudice le aveva ingiunto il pagamento, in favore della predetta opposta, della somma di euro 223.830,00, a titolo di corrispettivo dovutole per l’esecuzione di un contratto di subappalto, avente ad oggetto la realizzazione di impianti in un centro commerciale.
Il Tribunale accoglieva l’opposizione, dichiarando la propria incompetenza per essere la causa compromessa in arbitri, e revocava il decreto ingiuntivo opposto.
NOME COGNOME e NOME COGNOME, nella qualità di socie della RAGIONE_SOCIALE (estinta e cancellata dal Registro delle Imprese), proponevano appello avverso la suddetta sentenza e chiedevano, in riforma della sentenza impugnata, il rigetto dell’opposizione al decreto ingiuntivo.
Si costituiva la società appellata, in liquidazione, che contestava le doglianze e chiedeva il rigetto dell’impugnazione.
La C orte d’Appello di Catania , preliminarmente rigettava le eccezioni di parte appellata circa la mancanza di legittimazione delle appellanti perché socie della società cancellata dal registro delle imprese, e circa la mancanza di procura.
5.1 Nel merito la Corte territoriale rigettava l’appello.
In primo luogo, la Corte territoriale riportava il contenuto della decisione appellata. Il primo Giudice aveva richiamato l’art. 19 del contratto di subappalto che stabiliva la clausola compromissoria, e aveva rilevato che la stessa società RAGIONE_SOCIALE, nel ricorso per decreto ingiuntivo, aveva fatto esclusivo riferimento al detto contratto, quale titolo fondante le sue pretese.
Il Tribunale aveva evidenziato che, nello stesso negozio (artt. 5 e 7), erano prese in considerazione le opere extracontratto e aveva sottolineato, pure, la doppia approvazione per iscritto della clausola compromissoria, ai sensi degli artt. 1341 e 1342 c.c., effettuata nel contratto.
Tali deduzioni erano state illustrate dal Tribunale per confutare la prospettazione della parte opposta, secondo la quale la clausola compromissoria non poteva applicarsi alla pretesa economica richiesta ed ottenuta col decreto ingiuntivo.
La tesi dell’opposta era che la somma richiesta non costituiva il corrispettivo del richiamato contratto di subappalto – né quello delle relative opere extracapitolato, ma di altro contratto (di subappalto), successivamente stipulato in forma orale, avente ad oggetto l’esecuzione di differenti lavori a misura, di notevole entità e di diversa tipologia, che erano stati concordati, di volta in volta, tra le parti.
Secondo la parte appellante i lavori erano iniziati dopo la conclusione di quelli relativi al primo contratto ed erano specificati nelle allegate fatture non pagate.
5.2 Tali deduzioni erano infondate. La sentenza impugnata, infatti, era assolutamente convincente e fondata su condivisibili argomentazioni di fatto e di diritto integralmente richiamate.
La tesi della stipulazione di altro contratto era, invero, assolutamente inverosimile. L’ appellante, innanzitutto, nel prospettare l’esistenza di un altro rapporto contrattuale, aveva introdotto, non già un mero ampliamento quantitativo del petitum , ma un nuovo fatto costitutivo del credito (l’esistenza di un altro contratto rispetto a quello indicato nel decreto ingiuntivo) dal quale sarebbe derivata una pretesa radicalmente differente, così sottoponendo al Giudice un diverso tema di indagine, evidentemente inammissibile.
Peraltro, parte appellante faceva riferimento ad un nuovo contratto di subappalto, senza però nulla richiamare del precedente appalto da cui esso trarrebbe origine.
Secondo la Corte d’Appello, invece, era logico il percorso argomentativo del primo Giudice, che puntualmente aveva richiamato le norme contrattuali dalle quali si desumeva che anche i lavori extracapitolato rientravano nella disciplina convenzionale, applicandosi alle relative controversie la clausola compromissoria.
Da ultimo, anche nella documentazione contabile prodotta dalla stessa parte appellante non era indicata una data di completamento dei lavori relativi al primo contratto antecedente rispetto a quella relativa alla consegna delle opere ulteriori (riguardanti l’asserito diverso contratto), bensì un’unica data, così comprovandosi la tesi della continuità dell’unica fonte contrattuale.
NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno proposto ricorso per cassazione avverso la suddetta sentenza sulla base di sei motivi di ricorso.
RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Ric. 2018 n. 8833 sez. S2 – ud. 22/02/2024
Preliminarmente deve esaminarsi l’eccezione di inammissibilità del ricorso per essere decorso il termine breve di impugnazione a seguito della notifica della sentenza effettuata da parte controricorrente.
L’eccezione è infondata in quanto la notifica è stata effettuata alla parte personalmente presso l’indirizzo del domiciliatario che non era anche difensore in quanto la procura era rilasciata solo in favore degli avvocati NOME e NOME COGNOME.
In tal caso, in conformità con i precedenti di questa Corte, la notifica non è idonea a far decorrere il termine breve ex art. 325 c.p.c. a differenza del cas o della notifica fatta presso l’avvocato difensore della parte e presso cui la parte ha eletto domicilio.
Il collegio intende dare continuità al seguente principio di diritto: In tema di impugnazioni, la notifica della sentenza effettuata alla parte personalmente presso il domicilio eletto in studio legale diverso da quello del suo procuratore, non costituisce notifica ex art. 170 c.p.c. al procuratore costituito e, quindi, non è idonea, ai sensi dell’art. 282 c.p.c., a far decorrere il termine breve per impugnare (Sez. 5, Sentenza n. 19876 del 05/10/2016, Rv. 641255 – 01).
Il primo motivo di ricorso è così rubricato: Violazione e falsa applicazione dell’art. 132, co. 1, n. 4, c.p. c. e dell’art. 111 Cost.
La motivazione della Corte d’Appello si limiterebbe a richiamare quella del giudice di primo grado e sarebbe, pertanto, meramente apparente in violazione dell’art. 132, comma 1, n. 4, c.p.c. e dell’art. 111 Cost.
1.1 Il primo motivo di ricorso è infondato.
I ricorrenti lamentano un vizio di carenza assoluta di motivazione ex art. 132, comma 2, n. 4, c.p.c. che non è dato riscontrare. Questa Corte a Sezioni Unite, infatti, ha chiarito che dopo la riforma dell’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., operata dalla legge 134/2012, il sindacato sulla motivazione da parte della cassazione è consentito solo quando l’anomalia motivazionale si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali; in tale prospettiva detta anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (cfr. Cass. Sez. un. 8053/2014).
Nella specie, invece, la motivazione della Corte d’Appello contiene una completa ed effettiva esposizione delle ragioni alla base della decisione, nel senso che le argomentazioni sviluppate consentono di ricostruire il percorso logico -giuridico alla base del decisum mediante un percorso logico-giuridico chiaro e anche condivisibile. Infatti, la Corte d’Appello ha riprodotto il contenuto della sentenza di primo grado e lo ha condiviso dopo averlo reso oggetto di autonoma valutazione critica, in modo da consentire la verifica della sua compatibilità logico-giuridica, con un compiuto apprezzamento delle argomentazioni assunte così come della loro pertinenza e decisività in ordine alla mancanza della prova di un nuovo contratto di appalto.
Il secondo motivo di ricorso è così rubricato: Violazione e falsa applicazione degli arti. 1362, 1655, 1657, 2697 c.c. e 115 c.p.c.; Omesso esame circa fatti decisivi per il giudizio.
In particolare, si censura la violazione dei canoni di ermeneutica contrattuale ex art. 1362 c.c. per non avere la Corte d’Appello preso in considerazione la intenzione delle parti che avevano stipulato, ai sensi dell ‘art. 1650 c.c. un nuovo contratto di appalto che era quello dedotto dalla RAGIONE_SOCIALE quale titolo effettivo della sua pretesa creditoria.
La Corte di Appello avrebbe omesso di esaminare che la RAGIONE_SOCIALE in tutti gli atti di causa aveva precisato che la sua pretesa azionata in INDIRIZZO, non scaturiva dal contratto di sub-appalto del 18/03/2009 ma dalla esecuzione di lavori successivi relativi ad un nuovo contratto di appalto stipulato ex att. 1650 c.c.
La società RAGIONE_SOCIALE aveva assolto l’onere probatorio circa il fatto che la sua pretesa creditoria richiesta in via monitoria costituiva il corrispettivo di un altro nuovo contratto di appalto come si desumerebbe dall’oggetto del primo , dai tempi di consegna, dal corrispettivo. Infatti, i lavori del secondo contratto avevano avuto inizio dopo la conclusione del primo ed erano del tutto distinti da quelli oggetto del primo; anche il corrispettivo era determinato a misura in forza di specifico computo metrico per € 223.830,90.
La RAGIONE_SOCIALE non solo aveva dato la prova documentale di aver stipulato il contratto suddetto, ma aveva chiesto di provare con testimoni che gli ulteriori lavori per i quali era rimasta creditrice concernevano un altro e differente contratto stipulato verbalmente. La ricorrente, pertanto, censura la sentenza anche nella parte in
cui non ha ammesso la prova testimoniate articolata dalla RAGIONE_SOCIALE in primo grado e riproposta anche al momento della precisazione delle conclusioni. La medesima censura è proposta anche avverso la sentenza nella parte in cui non ha ammesso la consulenza tecnica, richiesta dalla RAGIONE_SOCIALE negli atti sopra indicati.
2.1 Il secondo motivo di ricorso è inammissibile.
Il motivo contiene tre censure.
Con la prima le ricorrenti lamentano la violazione dei canoni di interpretazione del contratto e, tuttavia, non si confrontano con l’effettiva ratio decidendi della Corte d ‘ Appello che non ha fondato la sua decisione su una interpretazione del contratto quanto piuttosto sulla inesistenza di un nuovo contratto concluso in forma orale che si aggiungeva al primo e del quale parte ricorrente non ha fornito adeguata prova.
Infatti, con la seconda censura, le ricorrenti denunciano la violazione dell’art. 115 c.p.c. e affermano di aver provato l’esistenza del nuovo contratto e, in subordine, con una terza censura, lamentano la mancata ammissione delle prove richieste per provare il nuovo contratto.
Queste due ulteriori censure sono inammissibili.
La seconda, perché per dedurre la violazione dell’art. 115 c.p.c., occorre denunciare che il giudice, in contraddizione espressa o implicita con la prescrizione della norma, abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli (salvo il dovere di considerare i fatti non contestati e la possibilità di ricorrere al notorio), mentre è inammissibile la diversa doglianza
che egli, nel valutare le prove proposte dalle parti, abbia attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività valutativa consentita dall’art. 116 c.p.c. (Sez. U – , Sentenza n. 20867 del 30/09/2020, Rv. 659037 – 01).
La terza è inammissibile perché non indica specificamente le circostanze che formavano oggetto della prova, al fine di consentire alla Corte il controllo della decisività dei fatti da provare e, quindi, delle prove stesse che, per il principio di autosufficienza del ricorso, la Corte di cassazione dev’essere in grado di compiere solo sulla base delle deduzioni contenute nell’atto, alle cui lacune non è consentito sopperire con indagini integrative. Infatti, qualora con il ricorso per cassazione siano denunciati la mancata ammissione di mezzi istruttori e vizi della sentenza derivanti dal rifiuto del giudice di merito di dare ingresso a mezzi istruttori ritualmente richiesti, il ricorrente ha l’onere di indicare specificamente i mezzi istruttori, trascrivendo le circostanze che costituiscono oggetto di prova, nonché di dimostrare sia l’esistenza di un nesso eziologico tra l’omesso accoglimento dell’istanza e l’errore addebitato al giudice, sia che la pronuncia, senza quell’errore, sarebbe stata diversa, così da consentire al giudice di legittimità un controllo sulla decisività delle prove (Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 23194 del 04/10/2017, Rv. 645753 – 01).
Il terzo motivo di ricorso è così rubricato: Violazione e falsa applicazione dell’art. 1661 c.c., in relazione all’art. 360, comma 1°, nn. 3 e 4, c.p.c. Omesso esame circa fatti decisivi per il giudizio
La Corte d ‘appello non avrebbe preso in considerazione, come avevano evidenziato le ricorrenti nell’atto di appello, che nel contratto di appalto, ai sensi dell’art. 1661 c.c. , il committente ha
solo il potere di apportare modeste variazioni al progetto originario entro il sesto del prezzo originariamente convenuto e, in tal caso, il contratto subisce una parziale e modesta modifica nell’oggetto di esso.
Nella specie, invece, le modifiche della natura dell’opera o dei quantitativi delle singole categorie di lavori e l’ammontare dei relativi costi supera il sesto del prezzo convenuto e, dunque, non si è in presenza di varianti ma di lavori oggetto di un altro rapporto contrattuale (v. Cass. 12/05/20 16, n° 9767; Cass. 04/05/20 l l. n° 9796).
Il quarto motivo di ricorso è così rubricato: Violazione e falsa applicazione degli artt. 1341 c.c., 808 e 808 quater c.p.c.; Omesso esame circa fatti decisivi per il giudizio.
La clausola di cui al contratto del 18/03/2009, relativa alla exceptio compromissi attiene esclusivamente ai lavori oggetto di tale contratto che si è concluso ed essendo vessatoria non può applicarsi in via analogica alla controversia relativa alla pretesa creditoria non assoggettata espressamente ad essa.
La Corte di Appello sarebbe incorsa nella violazione di legge, non avendo statuito, nella sentenza impugnata, che la clausola arbitrale facente parte del primo contratto del 18/03/2009, non poteva trovare applicazione nel secondo e diverso contratto, non essendo stata prevista espressamente, né sottoscritta dalle parti.
4.1 Il terzo e quarto motivo di ricorso sono inammissibili.
La Corte d’Appello ha confermato la sentenza di primo grado che puntualmente aveva richiamato le norme contrattuali dalle quali si desumeva che anche i lavori extracapitolato rientrassero
nella disciplina convenzionale, applicandosi alle relative controversie la clausola compromissoria.
Le censure, pertanto, non si confrontano con tale ratio decidendi . Si insiste nell’affermare l’esistenza di un diverso rapporto contrattuale sottratto all’ a mbito di applicazione dell’art. 19 del contratto di appalto che demanda alla competenza di un collegio arbitrale le controversie circa l’interpretazione o l’esecuzione del contratto. Ne consegue che solo in quella sede potrà essere esaminata l’applicabilità al caso di specie dell’art. 1661 c.c. e l’eventuale superamento delle variazioni consentit e.
Come si è detto, il giudice del merito non ha ritenuto provata l’esistenza di un ulteriore, autonomo e diverso rapporto contrattuale e tale profilo, poiché riguardante un accertamento di fatto fondato sulla valutazione delle prove, è sottratto al sindacato della Corte, mentre la questione relativa alle opere extracapitolato per le ragioni esposte dovrà essere esaminata dal collegio arbitrale.
Il quinto motivo di ricorso è così rubricato: Violazione e falsa applicazione dell’art. 183, comma 5, c.p.c.; Omesso esame circa fatti decisivi per il giudizio.
La censura ha ad oggetto la ritenuta novità del tema di indagine relativo al nuovo contratto perché invece controparte aveva accettato il contraddittorio. Inoltre, la ricorrente richiama il principio secondo cui, nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo l’opposto può proporre nuove domande all ‘ udienza di trattazione e sempre che queste siano conseguenti alla domanda o alle eccezioni svolte dall’opponente nell’atto di citazione.
5.1 Il quinto motivo di ricorso è infondato.
La Corte d’Appello non ha ritenuto inammissibile una nuova domanda, essendosi piuttosto limitata ad evidenziare che il ricorrente aveva proposto un nuovo tema di indagine prospettando l’esistenza di un nuovo rapporto contrattuale senza fornire alcun riscontro della sua esistenza, in quanto nella richiesta di decreto ingiuntivo si faceva riferimento solo al contratto con la clausola compromissoria. Inoltre, come si è già detto, la Corte ha esaminato il profilo sollevato del l’esistenza del nuovo contratto.
Il sesto motivo di ricorso è così rubricato: Violazione e falsa applicazione dell’art. 360, n. 3, c.p.c., in relazione all’art. 91 c.p.c.
La censura attiene al capo che ha disposto la condanna della RAGIONE_SOCIALE alle spese e compensi dei due gradi del giudizio che dovrebbe essere riformato in accoglimento dei motivi di ricorso.
6.1 Il sesto motivo di ricorso è inammissibile.
La censura presuppone l’accoglimento dei precedenti motivi di ricorso e dunque, diviene inammissibile al seguito del loro rigetto.
Il ricorso è rigettato.
Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater D.P.R. n. 115/02, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte delle ricorrenti di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità nei confronti della parte
contro
ricorrente che liquida in euro 5000, più 200 per esborsi, oltre al rimborso forfettario al 15% IVA e CPA come per legge;
ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115/2002, inserito dall’art. 1, co. 17, I. n. 228/12, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte delle ricorrenti di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto;
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 2^ Sezione