Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 32701 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 32701 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 16/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 24474/2022 R.G. proposto da:
COGNOME COGNOME NOME COGNOME rappresentati e difesi da ll’avvocato COGNOME COGNOME (CODICE_FISCALE;
-ricorrenti- contro
COGNOME RAGIONE_SOCIALE COGNOME NOME RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa da ll’avvocato COGNOME NOME COGNOME (CODICE_FISCALE;
-controricorrente-
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE
-intimata- avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di TORINO n. 764/2022, depositata il 5/07/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio dell ‘ 8/05/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
PREMESSO CHE
1. NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno proposto opposizione contro il decreto del Tribunale Alessandria che aveva loro ingiunto il pagamento di euro 11.500 in favore dell’impresa edile RAGIONE_SOCIALE a titolo di saldo di quanto dovuto per i lavori di ristrutturazione di un immobile di loro proprietà, in base alla scrittura privata sottoscritta tra le parti in data 29 dicembre 2011. A fondamento dell’opposizione hanno tra l’altro dedotto che l’art. 12 del contratto d’appalto sottoscritto tra le parti prevedeva una clausola compromissoria per cui ogni controversia inerente le clausole del contratto e l’esecuzione dei lavori sarebbe dovuta essere rimessa a un collegio arbitrale, che avevano sottoscritto una scrittura privata al fine di definire le modalità di saldo per i lavori eseguiti e che in esecuzione della scrittura privata era stato versato il complessivo importo di euro 7.000, che nel maggio del 2013 in seguito a un temporale si erano verificate copiose infiltrazioni di acqua dalla porzione di tetto oggetto di ristrutturazione. Gli opponenti chiedevano in via principale di dichiarare il difetto di competenza del Tribunale a vantaggio della competenza arbitrale, in via subordinata di condannare l’opposta al pagamento di euro 12.934,27, a titolo dei danni relativi ai costi di ripristino, e a restituire il controvalore delle opere non eseguite o non eseguite a regola d’arte. Si costituiva la società opposta, sostenendo la competenza arbitrale in relazione alla domanda riconvenzionale degli opponenti, ma non rispetto alla domanda monitoria, fondata sulla scrittura privata del dicembre 2011, successiva al contratto d’appalto, nonché la decadenza d alla garanzia per i vizi e la prescrizione della relativa azione.
Con la sentenza n. 881/2019 il Tribunale di Alessandria ha rigettato l’opposizione; il Tribunale ha ritenuto che la scrittura privata del 2011 debba essere considerata novativa rispetto al contratto d’appalto e che ad essa non sia quindi applicabile la clausola
arbitrale con conseguente competenza del Tribunale; quanto invece alla domanda riconvenzionale proposta dagli opponenti volta all’accertamento dei vizi, ha osservato come la stessa domanda sia stata nel frattempo fatta valere dagli opponenti in sede arbitrale e che essa ‘apparterrebbe alla clausola compromissoria’.
La sentenza è stata appellata da COGNOME e COGNOME, lamentando l’erronea interpretazione della scrittura privata come novativa, la nullità della sentenza per omessa pronuncia sulla domanda di accertamento dei vizi e ancora nullità della sentenza per violazione dell’art. 183 c.p.c. a causa della mancata concessione dei termini di cui al sesto comma dell’articolo, nonostante fosse stata avanzata formale richiesta al riguardo.
Con la sentenza n. 764/2022 la Corte d’appello di Torino ha respinto il gravame. La Corte d’appello ha escluso la natura novativa della scrittura privata, in quanto le parti avevano semplicemente convenuto di modificare il quantum di una precedente obbligazione differendo la scadenza per il suo adempimento, con la conseguenza che continuano a valere fra le parti le pattuizioni contenute nel contratto di appalto, ivi compresa la clausola compromissoria. Ad avviso della Corte d’appello, però, la clausola compromissoria, circoscrivendo in maniera chiara l’ambito delle questioni devolute alla competenza arbitrale alle ‘controversie sulle clausole contrattuali o sull’esecuzione delle opere’, non trova applicazione rispetto alla controversia introdotta con l’azione monitoria, non trattandosi di controversia su clausole contrattuali e neppure sull’esecuzione delle opere, essendosi l’appaltatore limitato a chiedere l’ingiunzione di pagamento per le somme non versate in seguito alla sottoscrizione della scrittura privata. Quanto alla denunciata nullità della sentenza di primo grado per violazione dell’art. 112 c.p.c., perché al Tribunale non era stato chiesto unicamente di statuire sul sollevato difetto di competenza del giudice statale, ma anche di accertare la
fondatezza della domanda riconvenzionale e tale specifica domanda non è stata decisa dal primo giudice, essendosi questo limitato a statuire sulla competenza del Tribunale, la censura è stata ritenuta inammissibile: il Tribunale ha espressamente rilevato che COGNOME e COGNOME avevano introdotto un procedimento arbitrale in contemporanea al giudizio di opposizione al fine di fare accertare i medesimi danni lamentati, così confermando l’incompetenza del Tribunale rispetto alla domanda riconvenzionale in favore del collegio arbitrale, di fatto già adito; il Tribunale ha cioè ricompreso la domanda riconvenzionale nell’ambito della clausola arbitrale e tale statuizione non è stata oggetto di censura in appello, così che il relativo motivo è da considerarsi inammissibile, il che -ha ritenuto la Corte -determina l’assorbimento delle ulteriori questioni relative alla nullità della sentenza per violazione dell’art. 183 c.p.c., non avendo il Tribunale concesso i termini di cui al sesto comma della disposizione.
Avverso la sentenza NOME COGNOME e NOME COGNOME ricorrono per cassazione.
Resiste con controricorso l’impresa RAGIONE_SOCIALE
L’intimata RAGIONE_SOCIALE non ha proposto difese.
Memoria è stata depositata dai ricorrenti.
CONSIDERATO CHE
Il ricorso è articolato in tre motivi.
Il primo motivo denuncia ‘violazione e falsa applicazione dell’art. 1362 c.c. e dell’art. 808 -quater c.p.c.’: la Corte d’appello ha affermato che la scrittura del 2011 non aveva natura novativa e quindi rientrava nell’ambito applicativo delle disposizioni contenute nel contratto d’appalto e ha poi però escluso che la clausola compromissoria comprendesse nella sua sfera di applicazione anche le vertenze relative al pagamento del prezzo dell’appalto; il ragionamento della Corte è corretto laddove ha ricondotto nell’ambito normativo del contratto la scrittura privata, ma poi con
asserto che viola l’art. 1362 c.c. e l’art. 808 -quater c.p.c. ha sostenuto che con la domanda monitoria l’appaltatore non ha introdotto una controversia su clausole contrattuali e neppure sull’esecuzione delle opere; la Corte d’appello si è posta in contrasto con la giurisprudenza della Corte di cassazione, secondo la quale la clausola compromissoria in mancanza di espressa volontà contraria deve essere interpretata nel senso di ascrivere alla competenza arbitrale tutte le controversie che si riferiscono a pretese aventi causa petendi nel contratto cui essa è annessa; in tal modo la Corte d’appello ha disapplicato sia il canone ermeneutico di cui all’art. 1362 c.c., sia il disposto dell’art. 808 -quater c.p.c., che impone l’estensione della clausola arbitrale a tutte le controversie nascenti dal contratto in cui la clausola compromissoria è contenuta.
Il motivo è fondato. La Corte d’appello prima ha stabilito che la scrittura privata non ha carattere novativo e con essa le parti non hanno sostituito o modificato il contratto di appalto, le cui pattuizione continuano a vincolare le parti, poi però ha ritenuto che la pretesa fatta valere con il monitorio, relativa al pagamento del saldo dell’esecuzione del contratto d’appalto , non rientrasse ‘nelle controversie sulle clausole contrattuali o sull’esecuzione delle opere’. Come ricordato dai ricorrenti, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, ove nella clausola i compromettenti indichino le liti da devolvere ad arbitri con riferimento a determinate fattispecie astratte come sintesi del possibile oggetto delle future vertenze, tali espressioni non assumono lo scopo di circoscrivere il contenuto della convenzione arbitrale, così che, in assenza di espressa volontà contraria, la clausola deve essere interpretata in senso lato, con riferimento a tutte le controversie relative a pretese aventi causa nel contratto (così Cass. n. 178/2008; v. tra le pronunzie precedenti Cass. n. 28485/2005, Cass. n. 1496/2001, Cass. n. 1557/1997 e tra quelle successive
Cass. n. 26553/2018). D’altro canto, un’interpretazione restrittiva della clausola comporterebbe la necessità di sottoporre a due diversi organi (arbitro e giudice ordinario) la decisione di questioni strettamente collegate tra loro con una dilatazione dei tempi di giudizio (cfr. in tal senso Cass. n. 26553/2018, appena menzionata). Tale impostazione è stata fatta propria del legislatore con l’introduzione dell’art. 808 -quater c.p.c., a norma del quale ‘nel dubbio, la convenzione d’arbitrato si interpreta nel senso che la competenza arbitrale si estende a tutte le controversie che derivano dal contratto o dal rapporto cui la convenzione si riferisce’.
Nel caso in esame, ove la clausola compromissoria fa riferimento alle ‘controversie sulle clausole contrattuali o sull’esecuzione delle opere’, la pretesa di pagamento del saldo di cui alla domanda monitoria è pretesa che deriva dal contratto d’appalto , così come integrato dalla scrittura privata, e comunque dal rapporto instauratosi tra le parti a seguito della conclusione e della esecuzione del contratto medesimo, ed è quindi controversia che spetta alla competenza arbitrale.
Il decreto ingiuntivo è pertanto stato reso da un giudice la cui competenza è venuta a cessare e va dichiarata la competenza arbitrale sulla pretesa fatta valere con la domanda monitoria.
Al riguardo occorre precisare che la pronuncia di incompetenza del giudice statale in favore della competenza arbitrale resa da questa Corte contiene necessariamente la declaratoria di invalidità del decreto ingiuntivo reso dal Tribunale di Alessandria. Tale principio, affermato da questa Corte (cfr. Cass. n. 20935/2016 e Cass. n. 13426/2020) in relazione alla dichiarazione di incompetenza resa dal giudice dell ‘opposizione a decreto ingiuntivo -che è il giudice funzionalmente competente a emanare la dichiarazione di nullità e/o di revoca del decreto ingiuntivo, che ha già reso quale giudice territorialmente non competente (cfr. Cass., n. 1121/2022) -vale
ad avviso del Collegio pure quando a dichiarare l’incompetenza del giudice è la Corte di cassazione in sede di regolamento di competenza ovvero, come nel caso in esame, di ricorso ordinario ai sensi del n. 2 dell’art. 360 c.p.c . Imporre alla parte di adire il giudice de ll’opposizione per ottenere la revoca del decreto ingiuntivo quando tale revoca è già contenuta nella declaratoria di incompetenza del giudice statale resa da questa Corte significa infatti imporre alla parte un onere eccessivo e contrario al principio di economia processuale (in senso contrario cfr. Cass. n. 5545/2024).
2. Il secondo motivo denuncia ‘violazione degli artt. 3, 24, 111 Cost. e 101 c.p.c.’: controparte nelle sue difese si è limitata, in relazione alla domanda riconvenzionale proposta dai ricorrenti, a dire che giustamente la sentenza di primo grado non ha pronunciato sulla domanda risarcitoria in quanto già oggetto di identico giudizio arbitrale, senza fare cenno ‘alla scissione degli effetti della clausola compromissoria operata dalla Corte d’appello che l’ha qualificata mera difesa e che si traduce in questione mista di fatto e di diritto non trattata dalle parti e non preceduta da invito a trattare sul punto’; non deve ‘ingannare’ il riferimento al giudizio arbitrale instaurato, posto che controparte non dice mai che la domanda della parte ora ricorrente sarebbe di competenza del giudice arbitrale e infatti non eccepisce l’incompetenza del giudice ordinario, ma semmai la litispendenza; si è quindi di fronte a una ‘sentenza nulla perché decisa sulla terza via, a sorpresa, senza che le parti fossero state invitate ad argomentare sul punto’.
Il motivo non può essere accolto. A prescindere dal comportamento processuale dei ricorrenti che, una volta proposta la domanda riconvenzionale nel presente precesso, hanno proposto la stessa domanda agli arbitri, evidentemente ritenendo che fossero competenti a deciderla, per contestare davanti al giudice d’appello la mancata decisione della medesima da parte del giudice statale e
davanti a questa Corte l’affermazione del giudice d’appello di competenza a deciderla degli arbitri, non è vero che la questione della competenza degli arbitri a decidere la riconvenzionale fosse questione nuova in appello e dovesse quindi essere sottoposta al contraddittorio tra le parti.
Nella comparsa di risposta di primo grado l’impresa opposta, a fronte della proposizione della riconvenzionale da parte dei ricorrenti, ha infatti sostenuto, così si legge nella sentenza di primo grado (pag. 4 del provvedimento), ‘che sarebbe di competenza arbitrale la sola domanda/eccezione riconvenzionale attorea’ e il giudice di primo grado, richiamando una propria precedente ordinanza, ha affermato che la domanda, introdotta dai ricorrenti davanti agli arbitri in contemporanea al giudizio di opposizione, comunque ‘apparterrebbe alla clausola compromissoria’ (pag. 6 del provvedimento).
3. L’infondatezza del secondo motivo comporta l’assorbimento del terzo che, per ‘completezza espositiva’, lamenta ‘violazione dell’art. 2909 c.c.’ perché per tre volte i ricorrenti avevano chiesto la concessione dei termini di cui all’art. 183 in relazione alla domanda riconvenzionale e il giudice non solo non aveva concesso i termini, ma non aveva neppure pronunciato in relazione al merito della domanda.
II. La sentenza impugnata va pertanto cassata in relazione al motivo accolto e va dichiarata la competenza arbitrale sulla pretesa monitoria, il che determina -come si è detto supra -la revoca del decreto ingiuntivo.
La dichiarazione della competenza arbitrale sulla pretesa monitoria comporta l’applicazione della translatio iudicii di cui all’art. 50 c.p.c., per l ‘ indefettibile necessità di fare salvi gli effetti sostanziali e processuali prodotti dalla domanda proposta davanti al giudice incompetente (la Corte costituzionale, con la sentenza n. 223/2013, ha infatti dichiarato illegittimo l’art. 819 -ter c.p.c.
laddove escludeva l’applicabilità, ai rapporti tra arbitrat o e processo, di regole corrispondenti all’art. 50 c.p.c. ; v. al riguardo Cass. n. 19339/2017 e Cass. n. 26949/2021).
La causa dovrà quindi essere riassunta davanti al collegio arbitrale, con la puntualizzazione che l’eventuale riassunzione non concernerà la causa di opposizione al decreto ingiuntivo, ormai definita, ma soltanto la causa relativa alla pretesa azionata dall’impresa (cfr. Cass. 16744/2009).
Le spese dei due gradi di merito e del presente giudizio vanno compensate tra le parti, a lla luce dell’esito complessivo della lite, che ha visto gli opponenti vittoriosi in relazione all’eccezione di incompetenza del giudice statale rispetto alla domanda monitoria e soccombenti in relazione all’eccezione avversaria di competenza arbitrale rispetto alla domanda riconvenzionale.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, respinto il secondo motivo e assorbito il terzo motivo; pronunciando sul primo motivo, cassa la sentenza impugnata e dichiara la competenza del collegio arbitrale rispetto alla domanda fatta valere dall’impresa Barberi con il ricorso per decreto ingiuntivo, assegnando alle parti il termine di legge per la riassunzione della controversia dinanzi al collegio arbitrale; compensa tra le parti le spese dei giudizi di merito e del giudizio di cassazione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda