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Clausola compromissoria: quando non serve la firma?

Un’azienda idraulica ha ottenuto un decreto ingiuntivo contro una catena alberghiera per lavori non pagati. La catena si è opposta invocando una clausola compromissoria che devolveva la lite a un collegio arbitrale. La Corte di Cassazione ha confermato la validità della clausola compromissoria, anche senza specifica approvazione scritta, poiché il contratto era frutto di trattative individuali e non un modulo standard predisposto per una serie indefinita di rapporti, escludendo così l’applicazione dell’art. 1341 c.c.

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Clausola Compromissoria: Non Sempre Serve la Doppia Firma se c’è Trattativa

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha chiarito un punto fondamentale riguardo la validità della clausola compromissoria nei contratti commerciali. La questione centrale è: quando è necessaria la specifica approvazione per iscritto (la cosiddetta “doppia firma”) ai sensi dell’art. 1341 c.c.? La Corte ha stabilito che se il contratto è il risultato di una negoziazione tra le parti, e non un modulo standard imposto da una di esse, tale requisito non è necessario. Analizziamo insieme questa importante decisione.

I Fatti di Causa: Dal Decreto Ingiuntivo al Ricorso in Cassazione

Una società operante nel settore termoidraulico aveva eseguito lavori di appalto per una nota catena alberghiera, ma non era stata pagata. Di conseguenza, l’azienda idraulica ha ottenuto dal Tribunale un decreto ingiuntivo per una somma superiore a 750.000 euro.

La catena alberghiera ha proposto opposizione, sostenendo l’incompetenza del giudice ordinario. A suo dire, il contratto di appalto conteneva una clausola compromissoria (art. 23 del contratto) che demandava la risoluzione di ogni controversia a un collegio arbitrale.

L’azienda idraulica si è difesa eccependo la nullità di tale clausola, in quanto non specificamente approvata per iscritto, come richiesto dall’art. 1341, secondo comma, del codice civile per le clausole vessatorie inserite in condizioni generali di contratto. Il Tribunale di primo grado ha dato ragione alla catena alberghiera, dichiarando la propria incompetenza e rimettendo le parti davanti agli arbitri. Contro questa decisione, l’azienda idraulica ha proposto regolamento di competenza alla Corte di Cassazione.

La Validità della Clausola Compromissoria e l’Onere della Prova

Il motivo principale del ricorso si basava sulla presunta violazione dell’art. 1341 c.c. La società ricorrente sosteneva che, nonostante il contratto finale presentasse alcune modifiche rispetto alla bozza iniziale, la clausola compromissoria era rimasta invariata e, pertanto, necessitava di una specifica approvazione scritta.

La Corte di Cassazione ha ritenuto il ricorso infondato. Il punto cruciale, secondo gli Ermellini, non è se una singola clausola sia stata negoziata o meno, ma se l’intero contratto possa essere qualificato come “condizioni generali di contratto” predisposte da una parte per regolare in modo uniforme una serie indefinita di futuri rapporti.

L’onere di provare tale circostanza ricade su chi eccepisce la nullità della clausola. Nel caso di specie, l’azienda idraulica non ha fornito prove sufficienti. Ha semplicemente dedotto che la bozza del contratto era stata preparata dalla catena alberghiera due anni prima e utilizzata anche in un altro appalto. Questo, per la Corte, non basta a dimostrare la serialità e l’uniformità richieste dalla norma.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte ha ribadito un principio consolidato: l’obbligo della specifica approvazione scritta ai sensi dell’art. 1341, comma 2, c.c. sorge solo quando ricorrono due presupposti:
1. Sostanziale: Il contratto deve essere stato predisposto da un contraente che svolge attività contrattuale verso una pluralità indifferenziata di soggetti.
2. Formale: Le condizioni devono essere predeterminate in moduli o formulari utilizzabili in serie.

Se un contratto, invece, è elaborato in previsione di un singolo e specifico negozio giuridico, e l’altra parte ha la possibilità di discuterne e richiederne modifiche, le clausole in esso contenute non richiedono la doppia firma, anche se predisposte da uno solo dei contraenti. Nel caso in esame, il contratto era stato oggetto di trattativa, come dimostrato dalle differenze tra la proposta iniziale e il testo definitivo. La Corte ha quindi concluso che non si trattava di condizioni generali di contratto e che la clausola compromissoria era pienamente valida ed efficace, confermando la competenza del collegio arbitrale.

Conclusioni

Questa ordinanza offre un’importante lezione pratica per le imprese. Non basta che un contratto sia basato su un modello o una bozza predisposta da una delle parti per invocare la tutela dell’art. 1341 c.c. Se emerge che vi è stata una fase di negoziazione e che l’altra parte ha avuto la concreta possibilità di influenzare il contenuto dell’accordo, il contratto perde la natura di “modulo standard”. Di conseguenza, clausole potenzialmente onerose, come la clausola compromissoria, sono valide anche senza una specifica approvazione separata. È fondamentale, quindi, poter documentare l’esistenza di trattative per evitare future contestazioni sulla validità del contratto.

Quando una clausola compromissoria è valida anche senza una specifica approvazione per iscritto?
Una clausola compromissoria è valida anche senza la cosiddetta “doppia firma” quando il contratto in cui è inserita è il risultato di una trattativa tra le parti e non rientra nello schema delle condizioni generali di contratto predisposte unilateralmente da una parte per regolare una serie indefinita di rapporti futuri.

Chi deve provare che un contratto è stato predisposto unilateralmente per una serie di rapporti futuri?
Secondo la Corte, l’onere di provare che un contratto costituisce “condizioni generali di contratto” spetta alla parte che ne contesta la validità, ad esempio eccependo la nullità di una clausola vessatoria per mancata specifica approvazione scritta.

Cosa significa che la Corte di Cassazione, in sede di regolamento di competenza, è “giudice del fatto”?
Significa che, nel decidere una questione di competenza, la Corte ha il potere di esaminare direttamente tutti gli atti e i fatti del processo, potendo fondare la propria decisione anche su profili e circostanze non evidenziati dal giudice precedente o dalle parti, senza essere vincolata dalle loro argomentazioni.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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