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Clausola compromissoria: domanda inammissibile

Una cooperativa ha citato in giudizio una propria socia per negarle la restituzione di una quota versata a un fondo mutualistico. La socia ha eccepito la presenza di una clausola compromissoria nello statuto. Il Tribunale di Roma ha dichiarato la domanda inammissibile, stabilendo che la controversia deve essere decisa da un collegio arbitrale come previsto contrattualmente, e non dal giudice ordinario.

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Clausola Compromissoria: Quando la Causa in Tribunale Diventa Inammissibile

Una recente sentenza del Tribunale di Roma offre un importante chiarimento sul valore e gli effetti di una clausola compromissoria inserita nello statuto di una società cooperativa. Il caso dimostra come la scelta di devolvere le liti ad arbitri precluda la strada del tribunale, portando a una declaratoria di ‘improponibilità’ della domanda giudiziale. Analizziamo insieme i dettagli di questa decisione.

I Fatti del Caso: una Controversia su un Fondo Mutualistico

Una società cooperativa attiva nel settore dell’edilizia agevolata aveva citato in giudizio una sua socia. L’obiettivo della cooperativa era ottenere una sentenza che accertasse l’inesistenza del diritto della socia a ottenere la restituzione di una somma di 5.000,00 euro, versata anni prima a titolo di ‘Fondo Mutualistico’ per partecipare a un programma di affitti a canone calmierato.

Secondo la cooperativa, tale restituzione era condizionata al rilascio dell’immobile, cosa che la socia non aveva fatto. La socia, dal canto suo, sosteneva che lo scopo mutualistico della cooperativa fosse venuto meno dopo che gli immobili del progetto erano stati conferiti a un fondo di housing cooperativo gestito da terzi. Per questo motivo, riteneva di avere diritto sia alla restituzione della somma sia al recesso dalla cooperativa.

La Difesa della Socia e l’Eccezione di Clausola Compromissoria

Invece di entrare nel merito della questione, la difesa della socia ha giocato una carta procedurale decisiva. Ha sollevato una ‘eccezione di compromesso’, sostenendo che il tribunale non potesse decidere la lite. Il motivo? L’articolo 32 dello statuto della cooperativa conteneva una clausola compromissoria che affidava la risoluzione di tutte le controversie tra soci e società a un collegio arbitrale irrituale.

In pratica, aderendo alla cooperativa, la socia (così come la cooperativa stessa) aveva preventivamente accettato di risolvere eventuali dispute non davanti a un giudice, ma tramite un arbitrato privato.

Le Motivazioni della Decisione del Tribunale

Il Tribunale ha accolto in pieno l’eccezione della socia, dichiarando la domanda della cooperativa ‘improponibile’. Vediamo i passaggi logici seguiti dal giudice.

La Natura Vincolante della Clausola Compromissoria Statutaria

Il giudice ha innanzitutto riconosciuto la piena validità ed efficacia dell’art. 32 dello statuto. Tale clausola prevedeva che qualsiasi controversia tra i soci e la società, avente ad oggetto diritti disponibili (come il diritto al recesso o alla restituzione di somme), dovesse essere decisa da un Collegio Arbitrale. Scegliendo questa via, le parti manifestano la volontà di sottrarsi alla giurisdizione ordinaria per affidarsi a quella privata degli arbitri.

Arbitrato Irrituale: una Scelta di Merito

Un punto chiave della decisione riguarda la distinzione tra arbitrato rituale e irrituale. La clausola in questione prevedeva un ‘arbitrato irrituale’. Questo significa che gli arbitri non emettono una vera e propria sentenza, ma una determinazione che ha la stessa forza di un contratto tra le parti. Di conseguenza, l’eccezione sollevata dalla socia non riguarda un difetto di ‘competenza’ del giudice, ma la ‘proponibilità’ stessa della domanda.

In altre parole, il problema non è ‘quale’ giudice debba decidere, ma se un giudice ‘possa’ decidere. La risposta del Tribunale è negativa: le parti, con la clausola compromissoria, hanno rinunciato all’azione giudiziaria, scegliendo di risolvere la lite tramite un accordo privato mediato dagli arbitri.

Le Conclusioni: l’Importanza della Redazione Statutaria

La sentenza ribadisce un principio fondamentale del diritto societario e processuale: le clausole statutarie hanno forza di legge tra le parti. Una clausola compromissoria ben redatta è uno strumento efficace per gestire le controversie interne in modo alternativo alla giustizia ordinaria. Chi intraprende un’azione legale senza tenerne conto rischia di vederla dichiarata inammissibile, con conseguente condanna al pagamento delle spese legali. Questa decisione serve da monito per soci e amministratori sull’importanza di conoscere a fondo il contenuto dello statuto sociale prima di avviare qualsiasi contenzioso.

Cosa succede se lo statuto di una società prevede una clausola compromissoria?
Le controversie tra soci e società, relative a diritti disponibili, non possono essere portate davanti a un giudice ordinario ma devono essere risolte da un collegio arbitrale, come previsto dalla clausola stessa. Avviare una causa in tribunale in presenza di tale clausola la espone a una dichiarazione di inammissibilità.

Qual è la differenza tra un’eccezione di incompetenza e una di improponibilità basata su una clausola di arbitrato irrituale?
L’eccezione di incompetenza riguarda quale giudice (territoriale, per materia, ecc.) abbia il potere di decidere. L’eccezione di improponibilità, basata su un arbitrato irrituale, contesta la possibilità stessa che un giudice possa decidere la controversia nel merito, poiché le parti hanno scelto una risoluzione negoziale e privata della lite, rinunciando alla tutela giurisdizionale statale.

Può un giudice esaminare una causa se lo statuto prevede un arbitrato irrituale?
No. Secondo la sentenza, la presenza di una clausola per arbitrato irrituale valida ed efficace comporta l’improponibilità della domanda giudiziale. Il giudice deve fermarsi a questa valutazione preliminare e dichiarare che la causa non può essere trattata, devolvendo di fatto la controversia all’arbitrato previsto dalle parti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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