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Clausola compromissoria appalti pubblici: la Cassazione

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un’impresa edile, confermando la nullità di un lodo arbitrale emesso a suo favore contro un ente pubblico. La Corte ha stabilito che la clausola compromissoria appalti pubblici contenuta nel contratto non era un patto privato e immutabile, ma un rinvio ‘dinamico’ alla normativa vigente. Di conseguenza, una successiva sentenza della Corte Costituzionale, che reintroduceva la facoltà per le parti di rifiutare l’arbitrato, era pienamente applicabile retroattivamente, rendendo legittima la scelta dell’ente pubblico di adire il giudice ordinario.

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Pubblicato il 6 novembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Clausola compromissoria appalti pubblici: quando la legge cambia, cambia anche il contratto?

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 6967/2024, affronta una questione cruciale in materia di contrattualistica pubblica: la natura e gli effetti della clausola compromissoria appalti pubblici. La decisione chiarisce se il rinvio alla normativa sull’arbitrato, contenuto in un vecchio contratto, debba considerarsi ‘cristallizzato’ al momento della firma o se, invece, segua l’evoluzione della legge, incluse le sentenze di incostituzionalità. Vediamo nel dettaglio la vicenda e le conclusioni della Corte.

I Fatti di Causa

Una associazione temporanea di imprese (ATI) si era aggiudicata un appalto pubblico per l’ammodernamento di un tratto di una strada statale. A seguito del mancato pagamento del saldo finale e di altri oneri, l’impresa avviava un procedimento arbitrale contro l’ente pubblico appaltante, come previsto dal contratto. Il collegio arbitrale accoglieva le richieste dell’impresa, condannando l’ente pubblico al pagamento di una somma ingente.

La Decisione della Corte d’Appello

L’ente pubblico impugnava il lodo arbitrale dinanzi alla Corte d’Appello, sostenendo un difetto di giurisdizione degli arbitri (mancanza di potestas judicandi). Il motivo? Il contratto faceva riferimento al d.P.R. n. 1063 del 1962, ma una successiva sentenza della Corte Costituzionale (la n. 152 del 1996) aveva dichiarato incostituzionale una modifica legislativa che rendeva l’arbitrato obbligatorio, ripristinando così la facoltà per la parte pubblica di declinare la competenza arbitrale. L’ente aveva esercitato tale facoltà. La Corte d’Appello accoglieva questa tesi, dichiarando nullo il lodo arbitrale.

La questione del rinvio normativo

Il cuore del problema risiede nell’interpretazione del rinvio alla legge contenuto nel contratto. L’impresa sosteneva che il richiamo alle norme sull’arbitrato avesse natura ‘negoziale’, ovvero che le parti avessero voluto ‘fotografare’ la legge esistente al momento della stipula, rendendola parte integrante del contratto e insensibile a modifiche future. La Corte d’Appello, invece, ha ritenuto che il rinvio avesse natura ‘normativa’ o ‘dinamica’, con la conseguenza che le norme contrattuali si adeguano automaticamente all’evoluzione dell’ordinamento giuridico.

Le Motivazioni della Cassazione sulla Clausola Compromissoria

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso dell’impresa, confermando la decisione d’appello. Il ragionamento dei giudici si fonda su un principio fondamentale: la distinzione tra appalti pubblici e privati.

La Corte ha chiarito che, quando un ente pubblico statale stipula un contratto d’appalto, è tenuto ex lege ad applicare il capitolato generale delle opere pubbliche. In questo contesto, il richiamo a tale capitolato e alle norme in esso contenute (come quelle sull’arbitrato) non è una libera scelta negoziale delle parti, ma un obbligo imposto dalla legge. Pertanto, il rinvio ha valore normativo e non può essere interpretato come una volontà delle parti di derogare a future modifiche legislative.

Di conseguenza, la dichiarazione di illegittimità costituzionale di una norma ha un effetto ex tunc (retroattivo), che ripristina la situazione giuridica precedente. Nel caso di specie, la sentenza della Consulta ha fatto ‘rivivere’ la vecchia norma che consentiva all’amministrazione di rifiutare l’arbitrato. Poiché il rinvio nel contratto era di tipo normativo, tale modifica si è applicata direttamente al rapporto contrattuale in essere. La scelta dell’ente pubblico di declinare la competenza arbitrale era quindi legittima, e il collegio arbitrale non aveva il potere di decidere la controversia.

Le Conclusioni

L’ordinanza stabilisce un principio di grande rilevanza pratica. Nei contratti di appalto in cui la stazione appaltante è un ente pubblico tenuto per legge ad applicare la normativa statale, la clausola compromissoria e i rinvii alla legge devono intendersi come dinamici. Le parti non possono ‘congelare’ la normativa al momento della firma. Questo significa che qualsiasi successiva modifica legislativa o pronuncia di incostituzionalità con efficacia retroattiva si applica direttamente al contratto, potendo alterare gli strumenti di tutela e le modalità di risoluzione delle controversie originariamente previste.

Quando una clausola arbitrale in un contratto di appalto pubblico fa riferimento alla legge, questo riferimento è fisso al momento della firma del contratto?
No. Secondo la Corte di Cassazione, se l’ente appaltante è un ente pubblico statale tenuto per legge ad applicare determinate normative (come il capitolato generale), il rinvio a tali norme è ‘dinamico’ e non ‘negoziale’. Ciò significa che il contratto si adegua automaticamente alle modifiche della legge nel tempo.

Una sentenza della Corte Costituzionale che modifica le regole sull’arbitrato può avere effetto su un contratto firmato molti anni prima?
Sì. Poiché le sentenze di illegittimità costituzionale hanno efficacia retroattiva (ex tunc), esse modificano l’ordinamento giuridico fin dall’origine. Se il rinvio nel contratto è di tipo ‘normativo’, come nel caso analizzato, la sentenza si applica anche ai contratti già in essere, ripristinando la facoltà per l’ente pubblico di rifiutare l’arbitrato.

Qual è la differenza tra un rinvio normativo e un rinvio negoziale alla legge in un contratto?
Il rinvio ‘normativo’ (o ‘dinamico’) si verifica quando il contratto si riferisce a una legge in quanto fonte del diritto, accettandone l’evoluzione futura. È tipico dei contratti in cui una parte (come un ente pubblico) è obbligata per legge ad applicare quella normativa. Il rinvio ‘negoziale’ (o ‘recettizio’) si ha quando le parti decidono volontariamente di incorporare il testo di una legge nel loro accordo come se fosse una qualsiasi clausola contrattuale, ‘cristallizzandola’ al momento della firma e rendendola insensibile a modifiche future.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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