Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 6967 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 6967 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 14/03/2024
Oggetto: arbitrato – lodo contratto di appalto pubblico
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 7910/2022 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE, in proprio e quale capogruppo mandataria dell’RAGIONE_SOCIALE costituita con la RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli AVV_NOTAIO e NOME AVV_NOTAIO COGNOME, con domicilio eletto presso lo studio del primo, sito in Roma, INDIRIZZO
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa rappresentata e difesa dagli AVV_NOTAIO e. AVV_NOTAIO, con domicilio eletto presso la RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, sita in Roma, INDIRIZZO
-controricorrente – avverso la sentenza della Corte di appello di Roma n. 6035/2021,
depositata il 17 settembre 2021. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 23 febbraio 2024
dal Consigliere NOME COGNOME
RILEVATO CHE:
–RAGIONE_SOCIALE, in proprio e quale capogruppo mandataria dell’RAGIONE_SOCIALE costituita con la RAGIONE_SOCIALE, propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di appello di Roma, depositata il 17 settembre 2021, dichiarativa della nullità del lodo arbitrale, sottoscritto il 3 giugno 2016, che aveva condannato l’RAGIONE_SOCIALE al pagamento in suo favore della somma di euro 4.929.509,46, oltre i.v.a. se dovuta, in relazione all’esecuzione di un contratto di appalto avente ad oggetto l’esecuzione di RAGIONE_SOCIALE di ammodernamento di un tratto della S.S. 101 «Salentina di Gallipoli»; – il giudice di appello ha dato atto che con la domanda di arbitrato l’odierna ricorrente aveva allegato che, pur avendo ultimato tali RAGIONE_SOCIALE, interessati da quattro perizie di varianti, sin dal 14 ottobre 1994, l’RAGIONE_SOCIALE non aveva provveduto al relativo collaudo e al pagamento della rata del saldo dei RAGIONE_SOCIALE, per cui vantava una pretesa creditoria sia a tale titolo, sia per gli oneri sostenuti per la manutenzione dell’opera realizzata, sia per interessi e maggior danno da svalutazione monetaria;
ha riferito che il collegio arbitrale aveva disatteso l’eccezione di incompetenza formulata dall’RAGIONE_SOCIALE ai sensi dell’art . 47 d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063, e, nel merito, aveva condannato quest’ultima al pagamento dell’ultima rata del saldo dei RAGIONE_SOCIALE , al rimborso degli oneri generali causati dal ritardato, nonché al versamento di una somma per maggior danno della svalutazione monetaria e interessi, previa decurtazione di una quota pari al 20% in ragione del ravvisato concorso del fatto del creditore, respingendo l’eccezione di prescrizione decadenza sollevata da ll’ente committente, mentre aveva disatteso la domanda risarcitoria fondata sul danno rappresentato dagli oneri
sostenuti per il mantenimento dell’opera realizzata in quanto ritenuta carente di prova adeguata;
ha, quindi, accolto l’impugnazione dell’RAGIONE_SOCIALE ritenendo che il collegio arbitrale difettasse di potestas judicandi a seguito dell’atto di declinatoria della relativa competenza espresso dalla parte ai sensi dell’art. 47 d.P.R. n. 1063 del 1962, applicabile al caso in esame in virtù dell’art. 40 del capitolato speciale di appalto richiamato nel contratto concluso dalle parti;
il ricorso è affidato a due motivi;
resiste con controricorso l’RAGIONE_SOCIALE;
-quest’ultima deposita memoria ai sensi dell’art. 380 -bis .1 cod. proc. civ.;
CONSIDERATO CHE:
con il primo motivo la ricorrente deduce la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 43 e 47 d.P.R. n. 1063 del 1962, 1372 e 1421 cod. civ., 5 l. 20 marzo 1865, n. 2248, 30 l. 11 marzo 1953, n. 87, 21 d.P.R. 28 dicembre 1985, n. 1092, 3, quinto comma, l. 10 dicembre 1934, n. 839, 1 e 32, l. 7 febbraio 1961, n. 59, 806 e ss. e 829 cod. proc. civ. e 349 l.n. 2248 del 1865, all. F, per aver la sentenza impugnata ritenuto che per effetto della sentenza della Corte Costituzionale n. 152 del 1996, con cui era stata dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art . 16 l. 10 dicembre 1981, n. 741, che aveva sostituito l’art . 47 d.P.R. n. 1062 del 1963, tale ultima disposizione riprendesse piena operatività anche nel caso, ricorrente nella specie, in cui la sua applicazione aveva quale fonte esclusiva la volontà delle parti, in relazione al richiamo contenuto negli atti contrattuali;
-evidenzia, altresì, l’erroneità della decisione nella parte in cui aveva qualificato l’ente committente quale amministrazione statale e conseguentemente ritenuto il contratto in oggetto fosse riconducibile a un contratto pubblico e non già a un negozio posto in essere da un soggetto distinto dallo Stato;
con il secondo motivo si duole della violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1362 e ss. cod. civ. e 829 cod. proc. civ., per aver la Corte di appello interpretato l’art. 21 del capitolato speciale di appalto allegato al contratto in modo diverso da quello fatto palese dal senso letterale delle parole e delle espressioni utilizzate, rivelatrici della chiara e univoca volontà dei contraenti;
il primo motivo è infondato;
la Corte di appello, premessa la qualificazione della stazione appaltante quale amministrazione pubblica, ha rilevato che la volontà delle parti fosse stata quella di richiamare nel documento contrattuale sottoscritto l’intero complesso delle disposizioni dettate dal d.P.R. n. 1063 del 1962 in materia di arbitrato e che tale rinvio avesse un valore meramente ricognitivo della normativa richiamata, la quale, pertanto, trovava applicazione al rapporto in virtù e nei limiti dell’espresso disposto della legge;
ha, infatti, escluso che le parti avessero inteso recepire il contenuto della normativa generale relativa agli appalti dello Stato conferendo alla stessa un valore negoziale tale da renderla insensibile alle modifiche normative intervenute successivamente alla stipulazione del contratto;
ha, conseguentemente, ritenuto che dalla natura normativa e non negoziale del rinvio contenuto nel capitolato speciale di appalto al d.P.R. 1063 del 1962 conseguiva che le disposizioni di tale decreto dovevano applicarsi per come efficaci nell’ordinamento giuridico, dovendosi tenere conto della dichiarazione di incostituzionalità dell’art. 16 l.n. 741 del 1986, che aveva sostituito l’art. 47 d.P.R. n. 1063 del 1962, in ragione della retroattività degli effetti delle pronunce della Corte costituzionale;
orbene, deve osservarsi che, diversamente da quanto sostenuto dalla ricorrente, la stazione appaltante costitu iva, all’epoca di conclusione del contratto (1986), un ente pubblico statale tenuto all’applicazione
del capitolato generale di appalto per le opere pubbliche di competenza del RAGIONE_SOCIALE, come risulta dall’art. 32 l. 7 febbraio 1961, secondo cui «si applicano per la gestione dei RAGIONE_SOCIALE di competenza dell’Azienda le norme in vigore per l’Amministrazione dei RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE», ivi comprese quelle succedutesi nel tempo precedenti e successive alla citata legge (cfr. Cass. 13 marzo 2023, n. 7245; Cass. 7 maggio 2003, n. 6921);
il capitolato generale delle opere pubbliche ha valore normativo e vincolate e si applica al contratto di appalto in oggetto direttamente e indipendentemente dal richiamo che ne abbiano fatto le parti, in quanto stipulato da un ente pubblico tenut o, all’epoca, ex lege ad adottarlo; – solo per gli altri appalti RAGIONE_SOCIALE il richiamo operato dalle parti alle norme del capitolato assume la stessa natura e portata negoziale dell’atto giuridico in cui è contenuto, perdendo qualsiasi collegamento con la fonte normativa richiamata e conferendo al capitolato generale un valore negoziale tale da renderla insensibile alle modifiche normative intervenute successivamente alla stipulazione (cfr., altresì, Cass. 22 dicembre 2020, n. 29332; Cass. 17 ottobre 2018, n. 26007; Cass. 10 ottobre 2018, n. 25061);
da ciò deriva a seguito della dichiarazione di illegittimità costituzionale dell’art. 16 l.n. 741 del 1981, il quale aveva modificato il testo dell’art. 47 del capitolato, è stata ripristinata, con effetto ex tunc , la facoltà delle parti di chiedere la deroga a tale competenza arbitrale (cfr. Cass., Sez. Un., 20 aprile 2008, n. 10873; Cass. 26 maggio 2005, n. 11216); – la Corte di appello ha, dunque, correttamente applicato i richiamati
principi e per tale ragione si sottrae alla censura prospettata;
il secondo motivo è inammissibile;
infatti, attesa la natura normativa e non negoziale del rinvio contenuto nel capitolato speciale di appalto al d.P.R. n. 1063 del 1962, non giova interrogarsi sulla reale volontà dei contraenti, la quale è solo ricognitiva della volontà della legge, senza possibilità di derogarvi;
pertanto, per le indicate considerazioni, il ricorso non può essere accolto;
le spese processuali seguono il criterio della soccombenza e si liquidano come in dispositivo
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese di giudizio di legittimità, che si liquidano, in favore di ciascuna parte, in complessivi euro 6.000,00, oltre rimborso forfettario nella misura del 15%, euro 200,00 per esborsi e accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , t.u. spese giust., dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Rom a, nell’adunanza camerale del 23 febbraio 2024.