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Clausola claims made: quando è valida l’esclusione

La negligenza di una commercialista causa danni a un’imprenditrice. La Corte di Cassazione ha confermato la decisione della Corte d’Appello, negando la copertura assicurativa. La sentenza convalida una clausola claims made che escludeva la copertura per fatti pregressi se la richiesta di risarcimento fosse pervenuta nei primi sei mesi di polizza, e chiarisce il diritto dell’assicuratore di rifiutare il pagamento in caso di reticenza dell’assicurato, senza necessità di annullare preventivamente il contratto.

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Pubblicato il 20 settembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Polizza Professionale e Clausola Claims Made: La Cassazione detta le Regole

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione affronta temi cruciali in materia di assicurazione per la responsabilità professionale, offrendo chiarimenti fondamentali sulla validità della clausola claims made e sui diritti dell’assicuratore in caso di reticenza dell’assicurato. La vicenda, nata dalla negligenza di una commercialista ai danni della sua cliente, si è trasformata in una complessa battaglia legale che ha coinvolto diverse compagnie di assicurazione, giungendo fino al massimo grado di giudizio.

Il Caso: Negligenza Professionale e Chiamata in Causa delle Assicurazioni

Una titolare di un’attività commerciale citava in giudizio la propria commercialista, accusandola di gravi negligenze professionali, tra cui la mancata presentazione di dichiarazioni dei redditi, che avevano portato a un complesso accertamento fiscale. La professionista, pur ammettendo le proprie responsabilità, chiedeva di essere manlevata dalle sue compagnie di assicurazione.

Il Tribunale di primo grado accoglieva la domanda della danneggiata e condannava la commercialista al risarcimento, ordinando altresì alle compagnie assicurative di coprire la somma. Tuttavia, la Corte d’Appello ribaltava la decisione riguardo alle assicurazioni, rigettando le domande di manleva e condannando l’imprenditrice a restituire le somme già percepite. Da qui, il ricorso in Cassazione della parte danneggiata.

La Validità della Clausola Claims Made

Uno dei punti centrali del ricorso riguardava la validità di una specifica clausola claims made contenuta in una delle polizze. Tale clausola escludeva la copertura per richieste di risarcimento presentate per la prima volta all’assicurato entro sei mesi dalla decorrenza della polizza, qualora relative a eventi dannosi verificatisi prima della stipula.

L’Autonomia Negoziale delle Parti

La Corte di Cassazione ha ritenuto tale clausola pienamente valida. Non si tratta, secondo i giudici, di una clausola di decadenza che limita i diritti dell’assicurato in modo ingiusto, ma di una legittima delimitazione dell’oggetto del contratto. Le parti, nell’esercizio della loro autonomia negoziale, possono definire il rischio assicurato. In questo caso, la polizza garantiva comunque copertura per i sinistri verificatisi dopo la stipula, mentre per quelli pregressi era previsto un periodo di “attesa” di sei mesi. Tale pattuizione rientra nell’area riservata alla libera contrattazione tra assicurato e assicuratore.

Reticenza dell’Assicurato e Diritto dell’Assicuratore

Un altro motivo di appello si concentrava sull’interpretazione dell’art. 1892 del codice civile, relativo alle dichiarazioni inesatte e reticenti dell’assicurato. La commercialista aveva stipulato la polizza quando era già pienamente consapevole di aver causato un danno alla cliente, dato che l’accertamento fiscale si era già concluso. La Corte ha ribadito un principio consolidato: se il sinistro si verifica prima che l’assicuratore venga a conoscenza della reticenza dell’assicurato, l’assicuratore può legittimamente rifiutare il pagamento dell’indennizzo. Non è necessario, in tal caso, che l’assicuratore avvii un’azione di annullamento del contratto entro tre mesi dalla scoperta, poiché il suo diritto a non pagare sorge immediatamente.

La Comunicazione all’Assicurazione non è una Richiesta di Risarcimento

Infine, la Corte ha esaminato la posizione di un’altra compagnia assicurativa, la cui polizza era una “claims made pura”, priva cioè di una deeming clause. La professionista aveva inviato una comunicazione alla compagnia nel 2012, informandola delle proprie condotte colpose, ma senza che vi fosse ancora stata una richiesta di risarcimento da parte della cliente. La richiesta formale è arrivata solo nel 2014, quando la polizza era già scaduta. La Cassazione ha confermato la valutazione della Corte d’Appello, secondo cui quella prima comunicazione era una mera “denuncia cautelativa” e non una richiesta di risarcimento idonea a far scattare la copertura assicurativa.

Le Motivazioni della Corte

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, basando la sua decisione su principi consolidati. In primo luogo, ha riconosciuto l’interesse ad agire della parte danneggiata, non perché potesse vantare un’azione diretta contro le assicurazioni, ma perché la sentenza d’appello l’aveva condannata a restituire le somme percepite, creando un pregiudizio diretto. Nel merito, la Corte ha riaffermato la validità delle clausole claims made come strumento di conformazione del rischio assicurato, rientrante nella piena autonomia contrattuale delle parti, purché non si traducano in clausole di decadenza che prescindono dalla diligenza dell’assicurato. Ha inoltre confermato che la reticenza dolosa o gravemente colposa dell’assicurato, se il sinistro si verifica prima della sua scoperta da parte dell’assicuratore, consente a quest’ultimo di rifiutare l’indennizzo senza dover preventivamente annullare il contratto, come previsto dall’art. 1892, comma 3, c.c. Infine, ha ritenuto insindacabile in sede di legittimità la valutazione di fatto della Corte d’Appello sulla natura di una comunicazione, distinguendo tra una semplice denuncia cautelativa e una formale richiesta di risarcimento.

Conclusioni

L’ordinanza in esame consolida l’orientamento giurisprudenziale sulla clausola claims made, riconoscendone l’ampia legittimità come strumento di definizione del rischio assicurativo. Per i professionisti, emerge l’importanza di una trasparenza assoluta al momento della stipula della polizza e di una corretta gestione delle comunicazioni con la propria compagnia. Per i danneggiati, la sentenza ribadisce che, al di fuori dei casi previsti dalla legge, non esiste un’azione diretta verso l’assicuratore del responsabile, ma sottolinea che l’ordine di restituzione di somme già incassate fonda un valido interesse a impugnare la decisione che nega la copertura assicurativa.

Un terzo danneggiato può impugnare una sentenza che nega l’indennizzo assicurativo al responsabile?
Di norma no, perché il danneggiato è estraneo al rapporto contrattuale tra l’assicurato e l’assicuratore. Tuttavia, nel caso specifico, la Corte ha ritenuto ammissibile il ricorso perché la sentenza d’appello aveva condannato la danneggiata a restituire le somme già incassate in esecuzione della sentenza di primo grado, creando così un interesse diretto e concreto all’impugnazione.

Una clausola claims made che esclude la copertura per i primi mesi di polizza per fatti pregressi è valida?
Sì, la Corte ha stabilito che una clausola di questo tipo è valida. Non viene considerata una clausola di decadenza nulla, ma una legittima delimitazione dell’oggetto del contratto e del rischio assicurato, rientrante nell’autonomia negoziale delle parti.

L’assicuratore deve sempre agire per l’annullamento del contratto in caso di dichiarazioni false dell’assicurato?
No. Secondo la Corte, se il sinistro si verifica prima che l’assicuratore abbia avuto il tempo di scoprire la reticenza o le dichiarazioni inesatte e di agire per l’annullamento (entro tre mesi dalla scoperta), l’assicuratore ha il diritto di rifiutare il pagamento dell’indennizzo invocando direttamente la violazione dell’obbligo di buona fede da parte dell’assicurato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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