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Clausola change of control: interpretazione restrittiva

La Corte d’Appello di Trento ha confermato una sentenza di primo grado, stabilendo che una clausola statutaria sul ‘change of control’ si applica solo al trasferimento di una partecipazione di controllo preesistente, e non alla sua creazione ex novo tramite l’acquisto progressivo di quote di minoranza. La Corte ha privilegiato un’interpretazione letterale e restrittiva della clausola, ritenendo irrilevante un preesistente patto parasociale ai fini dell’applicazione della stessa, poiché il patto ha efficacia solo tra le parti e non definisce un controllo rilevante per lo statuto.

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Clausola Change of Control: Quando il Mutamento di Controllo Non Attiva la Clausola?

Le clausole statutarie sono il cuore pulsante delle regole interne di una società. Tra queste, la clausola change of control riveste un’importanza strategica, poiché mira a proteggere gli equilibri della compagine sociale in caso di cambio al vertice di uno dei soci-persona giuridica. Ma cosa succede se il controllo non viene trasferito in un unico blocco, ma viene costruito pezzo per pezzo? Una recente sentenza della Corte d’Appello di Trento offre un’analisi rigorosa sull’interpretazione di tali clausole, tracciando una linea netta tra trasferimento e creazione del controllo.

I Fatti di Causa: Dalla Frammentazione al Controllo

Il caso trae origine dalla vicenda di una società il cui capitale era inizialmente detenuto da numerosi soci di minoranza. Lo statuto di questa società prevedeva, all’articolo 14, una specifica clausola che si attivava in caso di trasferimento della “partecipazione di controllo” di una delle società socie. L’obiettivo era chiaro: consentire agli altri soci di intervenire nel caso in cui un nuovo soggetto assumesse il controllo indiretto della società.

La controversia sorge quando un’entità esterna inizia ad acquistare progressivamente le quote di vari soci di minoranza, fino a raggiungere e consolidare una partecipazione di maggioranza e, di conseguenza, il controllo. I soci rimanenti, appellandosi alla clausola change of control, sostenevano che tale operazione avesse fatto scattare l’obbligo, per la società acquirente, di formulare un’offerta di acquisto anche nei loro confronti. A loro avviso, si era verificato un sostanziale mutamento del controllo che la clausola intendeva prevenire.

La Decisione del Tribunale e i Motivi d’Appello

In primo grado, il Tribunale di Trento aveva respinto la domanda, adottando un’interpretazione letterale e restrittiva della clausola. Secondo il giudice, il testo statutario si riferiva esplicitamente al “trasferimento” di una “partecipazione di controllo”, presupponendo quindi l’esistenza di un pacchetto di controllo già formato che passava di mano. Nel caso di specie, invece, il controllo non era stato trasferito, ma creato ex novo attraverso la somma di partecipazioni che, singolarmente, erano di minoranza.

Gli appellanti hanno contestato questa visione, sostenendo che un’interpretazione funzionale e secondo buona fede avrebbe dovuto prevalere. Lo scopo della clausola change of control era proprio quello di governare qualsiasi vicenda che portasse a un nuovo controllo, indipendentemente dalla modalità tecnica con cui questo veniva raggiunto. Inoltre, evidenziavano come, prima dell’acquisizione, esistesse una forma di controllo congiunto tramite un patto parasociale, il cui equilibrio era stato rotto dall’operazione.

Le Motivazioni della Corte d’Appello: L’Interpretazione della Clausola Change of Control

La Corte d’Appello ha confermato integralmente la decisione di primo grado, rigettando gli appelli. Il ragionamento dei giudici si fonda su principi cardine del diritto societario e dell’interpretazione contrattuale.

In primo luogo, la Corte ribadisce che, sebbene l’interpretazione di una clausola non debba fermarsi al mero senso letterale delle parole (art. 1362 c.c.), per discostarsene è necessario individuare indici esterni che rivelino una comune intenzione delle parti diversa da quella espressa. Nel caso specifico, né lo statuto né altri elementi fornivano prove di una volontà di estendere l’applicazione della clausola anche alla costituzione di un controllo prima inesistente.

Il testo della clausola, che menzionava ripetutamente il “trasferimento” di una “partecipazione di controllo” e il “subentro” di un nuovo soggetto nel “possesso di detto controllo”, è stato ritenuto inequivocabile nel postulare la preesistenza di ciò che veniva trasferito. Accogliere la tesi degli appellanti avrebbe significato estendere l’applicazione della norma statutaria oltre il suo perimetro, in violazione del principio di autonomia privata.

In secondo luogo, la Corte ha ritenuto irrilevante l’esistenza di un precedente patto parasociale. I patti parasociali, per loro natura, producono effetti obbligatori solo tra le parti che li hanno sottoscritti e non sono opponibili alla società o a terzi. Pertanto, un controllo esercitato tramite un accordo privato tra alcuni soci non può essere equiparato a una “partecipazione di controllo” rilevante ai fini statutari, la quale si basa sulla struttura proprietaria formale.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche per la Redazione degli Statuti

La sentenza offre una lezione fondamentale sulla necessità di precisione nella redazione degli statuti sociali. Le clausole che limitano la circolazione delle partecipazioni, come la clausola change of control, sono soggette a un’interpretazione tendenzialmente restrittiva. Se l’intenzione dei soci è quella di disciplinare non solo il trasferimento di un controllo esistente, ma anche qualsiasi operazione che porti alla sua creazione, è indispensabile che ciò venga specificato in modo esplicito e inequivocabile nel testo statutario. Affidarsi a un’interpretazione funzionale o basata sulla presunta “ragione pratica” della norma può rivelarsi insufficiente di fronte a un testo letteralmente chiaro che punta in una direzione diversa.

Una clausola statutaria che regola il ‘trasferimento della partecipazione di controllo’ si applica anche quando un soggetto crea una partecipazione di controllo acquistando quote di minoranza?
No. Secondo la sentenza, una clausola formulata in questi termini presuppone che la partecipazione di controllo sia preesistente all’operazione. Di conseguenza, non si applica al caso in cui un soggetto costituisca per la prima volta una posizione di controllo sommando diverse partecipazioni di minoranza.

Un patto parasociale che crea un controllo di fatto tra alcuni soci è rilevante ai fini dell’applicazione di una clausola statutaria sul ‘change of control’?
No. La Corte ha stabilito che un patto parasociale ha efficacia solo tra le parti che lo sottoscrivono e non è opponibile alla società o ai terzi. Pertanto, un controllo derivante da un simile accordo non costituisce una ‘partecipazione di controllo’ ai sensi dello statuto, che si riferisce invece al controllo derivante dalla titolarità delle quote sociali.

Quale criterio interpretativo prevale per le clausole statutarie che limitano la circolazione delle partecipazioni?
Prevale un criterio interpretativo che parte dal dato letterale. Sebbene si debba indagare la comune intenzione delle parti, in assenza di chiari indici esterni che rivelino una volontà diversa, il tenore letterale della clausola è decisivo. Per le norme che limitano diritti, come la libera trasferibilità delle quote, l’interpretazione tende ad essere restrittiva.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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