Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 28609 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 28609 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME NOME
Data pubblicazione: 29/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 30016/2020 R.G. proposto
da
RAGIONE_SOCIALE , in persona del legale rappresentante pro tempore ed elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME
-ricorrente –
contro
INTESA SANPAOLO SPA (già UBI RAGIONE_SOCIALE SPA) , in persona del legale rappresentante pro tempore ed elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato AVV_NOTAIO
Oggetto: Contratti bancari -Conto corrente -Nullità -Azione di ripetizione -Sentenza di accertamento del saldo -Ultrapetizione -Esclusione -Anatocismo -Clausola anteriore alla Delibera CICR 9 febbraio 2000 -Successivo adeguamento -Modalità -Apposita pattuizione Necessità
R.G.N. 30016/2020
Ud. 10/10/2025 CC
NOME COGNOME, rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME
NOME
-controricorrente e ricorrente incidentale –
avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO MILANO n. 2283/2020 depositata il 16/09/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 10/10/2025 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza n. 2283/2020, pubblicata in data 16 settembre 2020, la Corte d’appello di Milano, decidendo sull’appello principale di RAGIONE_SOCIALE e sull’appello incidentale di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE DI RAGIONE_SOCIALE SPA, proposti entrambi avverso la sentenza del Tribunale di Como n. 342/2018, pubblicata in data 26 febbraio 2018, ha accolto parzialmente l’appello incidentale , accertando la nullità della clausola di capitalizzazione trimestrale degli interessi passivi unicamente per il periodo anteriore all’entrata in vigore della Delibera CICR 9 febbraio 2000, disattendendo per il resto i gravami e compensando integralmente le spese del grado.
RAGIONE_SOCIALE aveva agito innanzi il Tribunale di Como, allegando di avere intrattenuto con RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE DI RAGIONE_SOCIALE SPA rapporti di conto corrente con affidamento, ed aveva chiesto sia di dichiarare la nullità di clausole di anatocismo, di interessi passivi ultralegali in assenza di pattuizione, di commissioni di massimo scoperto e spese di chiusura conto sia di condannare la convenuta alla ripetizione di indebito.
Costituitasi regolarmente la convenuta, il Tribunale di Como, a ll’esito dell’espletamento di CTU contabile, aveva accertato la nullità
delle clausole che prevedevano la capitalizzazione trimestrale degli interessi passivi, le commissioni di massimo scoperto e le spese di chiusura trimestrale del conto corrente, rigettando invece la domanda di ripetizione di indebito;
3. La Corte d’appello di Milano, ha in primo luogo esaminato l’appello incidentale proposto da RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE DI RAGIONE_SOCIALE SPA e, consapevolmente dissentendo dall’orientamento di questa Corte, ha affermato la legittimità dell’applicazione della capitalizzazione degli interessi con pari periodicità in epoca successiva alla Delibera C.I.C.R. del 9 febbraio 2000, osservando che la Banca aveva provveduto a comunicare la clausola di capitalizzazione degli interessi con pari periodicità a far tempo dal 1° luglio giugno 2000, pubblicando il relativo avviso anche sulla Gazzetta Ufficiale.
Per contro, la Corte d’appello ha disatteso le censure rivolte alla declaratoria di nullità della clausola che contemplava la commissione di massimo scoperto, osservando che la clausola, per il suo tenore letterale, non consentiva di individuare metodo e base di calcolo, non comprendendosi se la sua applicazione doveva essere operata sull’intero ammontare della somma affidata, o sulla media, o sul massimo del saldo dare registrato sul conto in un determinato periodo e con ipotesi diversificate dal trimestrale, al giornaliero.
La Corte territoriale ha disatteso l’appello di RAGIONE_SOCIALE avverso la statuizione di rigetto della domanda di ripetizione di indebito, osservando che la documentazione prodotta dall’appellante principale non consentiva di ricostruire adeguatamente l’andamento del rapporto e quindi di individuare le rimesse solutorie.
In particolare, la Corte d’appello ha respinto la tesi della società secondo la quale il ricorso agli estratti conto scalari avrebbe consentito di operare una precisa ricostruzione contabile –
osservando che gli estratti conto scalari -peraltro nella specie incompleti -‘ contengono la sequenza dei saldi, ottenuta raggruppando tutte le operazioni di uguale valuta, ma da essi non è evincibile l’importo capitale giornaliero, come è invece possibile fare disponendo dell’estratto conto analitico, né sono evincibili sia la causale delle operazioni, sia l’entità delle singole rimesse, oggetto dell’azione di ripetizione’ .
Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Milano ricorre RAGIONE_SOCIALE.
Resiste con controricorso e ricorso incidentale RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE) successivamente fusa in INTESA SANPAOLO SPA.
La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio, a norma degli artt. 375, secondo comma, e 380bis .1, c.p.c.
Le parti hanno depositato memorie.
Con ordinanza n. 16490/2024, pubblicata in data 13 giugno 2024, questa Corte ‘ sul problema oggetto del ripetuto primo motivo del ricorso principale si sono formati distinti orientamenti all’interno della sezione, e con ordinanza interlocutoria n. 8639 del 2024 la questione, in analoga controversia, è stata rimessa alla pubblica udienza ‘ , ha disposto il rinvio a nuovo ruolo in attesa della definizione di quest’ultimo giudizio.
Le parti hanno nuovamente depositato memorie.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso principale è affidato a quattro motivi.
1.1. Con il primo motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione o falsa applicazione degli artt. 120 T.U.B.; 7, Delibera C.I.C.R. del 9 febbraio 2000; 1283 c.c., ai sensi dell’art. 360
3 c.p.c., per avere la C orte d’appello ritenuto la natura migliorativa della capitalizzazione degli interessi introdotta dalla suddetta delibera rispetto alla clausola anatocistica precedentemente applicata, concludendo per la validità dell’adeguamento operato dalla Banca alla delibera CICR 9 febbraio 2000 come mera comunicazione unilaterale e pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale e per non aver riconosciuto, invece, la necessità di un nuovo accordo tra le parti in luogo dell’adeguamento unilaterale del contratto .
La ricorrente invoca una serie di pronunce di questa Corte per argomentare che, in assenza di una specifica pattuizione tra le parti risulterebbe in ogni caso preclusa la possibilità di applicare la capitalizzazione.
1.2. Con il secondo motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., la v iolazione o falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., ‘con riferimento all’onere posto in capo alla correntista che propone domanda di ripetizione dell’indebito trattenuto su un conto corrente di indicare le ‘singole rimesse ripetibili” .
Si censura la decisione impugnata, argomentando che la ricorrente non aveva chiesto la ripetizione di singole rimesse, bensì la restituzione di quanto corrisposto alla ricorrente incidentale al momento della chiusura del conto.
1.3. Con il terzo motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c., la violazione o falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. ‘ per omesso esame e delibazione dei motivi di appello proposti della correntista, in ordine al metodo di conteggio degli indebiti e in ordine alla assunta necessità di disporre della intera sequenza delle contabili. ‘ .
Deduce la ricorrente di avere impugnato in appello la decisione di prime cure ‘per censurare la ritenuta carenza probatoria in cui
sarebbe incorsa la allora attrice secondo il Giudice di Primo Grado’ e che quindi ‘il gravame proposto aveva quindi ad oggetto altri due argomenti decisivi rispetto alla causa e sulla base dei quali il Giudice di primo grado ha fondato la sua decisione: la ritenuta inidoneità probatoria delle contabili prodotte in atti dalla correntista ed il conseguente utilizzo del metodo sintetico di ricalcolo e la mancata produzione delle contabili relative alla intera vita del conto ‘ .
Per contro, argomenta la ricorrente, la Corte territoriale avrebbe omesso di esaminare tali motivi di gravame, in tal modo incorrendo nella violazione dell’art. 2697 c.c.
Ulteriormente, la ricorrente deduce di avere prodotto in giudizio gli estratti conto con riferimento a un limitato periodo di operatività del rapporto ‘circoscrivendo quindi la sua domanda solo con riferimento a detto intervallo temporale ed esplicitamente rinunciando a qualsiasi contestazione quanto ai periodi per i quali non era in possesso di documentazione contabile ‘ .
1.4. Con il quarto motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c., la violazione o falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., ‘ per omesso esame e delibazione circa un fatto decisivo per il giudizio quale il diritto ripetitorio di commissioni e spese addebitate in conto e la cui illegittimità è stata espressamente confermata ‘ .
Si censura la decisione della Corte ambrosiana in quanto la stessa, pur avendo dichiarato la nullità delle clausole che contemplavano la commissione di massimo scoperto e le spese trimestrali, non ha però condannato l’odierna ricorrente incidentale al pagamento dei corrispondenti importi, nonostante l’indicazione del loro ammontare non fosse stata fatta oggetto di censura da parte della banca.
Con l’unico motivo il ricorso incidentale deduce, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 100, 91, 92, c.p.c. e 111, secondo comma, Cost.
Si censura la decisione della Corte territoriale per avere respinto l’appello incidentale volto a far dichiarare che, una volta stabilita l’infondatezza nel merito della domanda di ripetizione di indebito proposta dalla ricorrente, il Tribunale non avrebbe dovuto accogliere quella di declaratoria di nullità delle clausole da cui sarebbe derivato l’indebito, per mancanza di interesse .
Ne consegue, prosegue il ricorso, che al Corte d’appello non avrebbe potuto disporre la compensazione delle spese anche del grado d’appello, profilo, quest’ultimo, dal quale la ricorrente incidentale desume il proprio interesse ad impugnare.
Il primo motivo di ricorso è fondato.
Questa Corte intende dare continuità ad un orientamento che, con l’eccezione di un episodico scostamento, ha trovato di recente nuova e convinta conferma.
Già con due decisioni del 2019 e con una ulteriore serie di precedenti, infatti, questa Corte aveva enunciato il principio per cui, per effetto della pronuncia di incostituzionalità dell’art. 25, comma 3, D. Lgs. n. 342/1999, le clausole anatocistiche inserite nei contratti di conto corrente conclusi prima dell’entrata in vigore della delibera CICR 9 febbraio 2000 risultano radicalmente nulle, con conseguente impraticabilità del giudizio di comparazione previsto dall’art. 7, comma 2, della medesima Delibera CICR, teso a verificare se le nuove pattuizioni abbiano o meno comportato un peggioramento delle condizioni precedentemente applicate, sicché in tali contratti perché sia introdotta validamente una nuova clausola di capitalizzazione degli interessi, è necessaria una espressa pattuizione
formulata nel rispetto dell’art. 2 della predetta Delibera. (Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 26779 del 2019; Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 26769 del 2019; Cass. Sez. 1 – Sentenza n. 9140 del 19/05/2020; Cass. Sez. 1 – Ordinanza n. 29420 del 23/12/2020; Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 7105 del 2020 ed altri precedenti non massimati, sino alla più recente Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 11725 del 2024).
Questo orientamento sembrava aver subito una revisione per effetto di due decisioni del 2024 (Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 5054 del 2024; Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 5064 del 2024), le quali avevano affermato invece la possibilità di operare il giudizio di comparazione di cui all’art. 7, comma 2, Delibera CICR tra le nuove e le precedenti condizioni del contratto di conto corrente – assumendo queste ultime nella versione non epurata dalla capitalizzazione – senza peraltro attuare un pieno confronto con gli argomenti spesi dai precedenti anteriori.
Le più recenti decisioni di questa Corte, tuttavia, sono tornate a confermare l’originario orientamento, osservando nello specifico che l’esclusione della possibilità per le banche di procedere all’adeguamento contrattuale mediante la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale e la comunicazione al correntista discende non già da una valutazione comparativa espressiva del carattere peggiorativo delle nuove condizioni rispetto a quelle precedenti per effetto della nullità queste ultime e, dunque, dell’assenza di una valida ed efficace pattuizione anatocistica, quanto dalla impraticabilità di una siffatta comparazione discendente proprio dalla mancanza di uno dei termini di raffronto a causa della nullità della relativa previsione negoziale (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 28215 del 2024; Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 13669 del 2025 ed altre non massimate).
Non possono che ribadirsi, allora, le considerazioni alla base dell’orientamento che qui si vuole confermare, osservando, in sintesi, che.
-la delibera CICR del 9 febbraio 2000 è stata emanata anteriormente alla dichiarazione di incostituzionalità (Corte cost. 17 ottobre 2000, n. 425) dell’art. 25, comma 3, D. Lgs. n. 342/1999, con cui erano state dichiarate valide ed efficaci le clausole relative alla produzione di interessi sugli interessi maturati contenute nei contratti stipulati anteriormente alla data di entrata in vigore della delibera stessa;
-la pronuncia di incostituzionalità non ha interessato, effettivamente, la parte del comma 3 dell’art. 25 cit. in cui è stato regolamentato l’adeguamento dei vecchi contratti alle prescrizioni della delibera CICR – essendosi la pronuncia di incostituzionalità basata sul rilievo di un eccesso di delega, rispetto all’art. 1, comma 5, Legge n. 128/1998 -e non ha inciso sul potere del CICR di regolamentare il transito dei vecchi contratti nel nuovo regime
-la declaratoria di incostituzionalità, tuttavia, non può non avere riflessi anche sull’art. 7, comma 2, della Delibera CICR, in quanto tale previsione -evidentemente anteriore alla sentenza della Corte costituzionale -nel riferirsi alle «condizioni precedentemente applicate», si veniva a ricollegare ad un quadro normativo nel quale le clausole anatocistiche stipulate prima della stessa Delibera CICR erano state interessate dalla sanatoria di cui all’art. 25, comma 3, primo periodo, D. Lgs. n. 342/1998, risultando quindi idonee ad identificare, appunto, le condizioni precedentemente applicate;
-travolto tale meccanismo di sanatoria per effetto della pronuncia di incostituzionalità, la rinnovata nullità di tali clausole viene a precludere la possibilità di una loro valorizzazione quali «condizioni precedentemente applicate», in quanto, diversamente opinando, alle clausole medesime verrebbe ad essere riconosciuta una parziale efficacia che contrasta col principio per cui quod nullum est nullum producit effectum , non potendosi attribuire all’art. 7, comma 2, della Delibera CICR l’effetto di ammettere il giudizio di comparazione tra condizioni contrattuali indipendentemente dalla validità delle condizioni medesime;
-come già osservato da questa Corte ‘In altri termini, la scelta di conferire rilievo al dato della applicazione in facto della clausola, siccome scisso dalla condizione di invalidità in jure che la connota, poteva trovare una sua motivazione all’indomani della pronuncia di incostituzionalità, ma poiché la delibera è anteriore rispetto a tale momento’ non risulta praticabile una soluzione interpretativa che venga ad applicare sull’art. 7, comma 2, della Delibera anche a clausole nulle, considerato anche che una simile soluzione finirebbe ‘ per conferire rilevanza a un dato -l’esecuzione della disposizione negoziale nulla -che è normalmente, salve le note eccezioni (ad es.: artt. 590, 799, 2126 c.c.), sprovvisto di rilevanza giuridica e che, nella specie, in quanto confliggente col principio di natura generale per cui la pattuizione nulla è priva di ogni efficacia, la delibera del CICR non avrebbe potuto nemmeno autonomamente introdurre’ (Cass. Sez. 1 – , Sentenza n. 9140 del 19/05/2020);
-radicalmente assente la possibilità di individuare un valido riferimento iniziale di comparazione (le «condizioni precedentemente applicate») -e ribadito che la comparazione deve, da un lato, essere riferita alla sola clausola anatocistica e, dall’altro lato, tenere conto della capitalizzazione sia degli interessi attivi sia degli interessi passivi – risulta conseguentemente del tutto impraticabile l’applicabilità del meccanismo che alla possibilità di tale comparazione è imprescindibilmente subordinato, e cioè, appunto, quello previsto dall’art. 7, comma 2, della Delibera, consistente nell’adeguamento operato tramite pubblicizzazione delle nuove condizioni contrattuali nella Gazzetta Ufficiale e comunicazione di queste al cliente;
-la nullità delle clausole di capitalizzazione concluse prima della Delibera CICR, quindi, vale a precludere qualunque giudizio in ordine al carattere ‘non peggiorativo’ del regime di capitalizzazione frutto dell’adeguamento delle Banche alla medesima Delibera CICR -ed in particolare al suo art. 2, comma 2 -per la semplice ragione che tale adeguamento viene ad essere operato in un quadro ormai stabilmente determinato nel senso della nullità delle clausole anatocistiche concluse in epoca anteriore alla Delibera CICR, e comporta, quale logica conseguenza, la necessità che le ‘nuove’ clausole anatocistiche siano oggetto di specifica pattuizione tra le parti e non possano essere frutto di un mero inserimento unilaterale ad opera degli Istituti di credito;
-sempre come osservato da questa Corte, ‘Tale conclusione allinea la disciplina dei vecchi contratti contenti clausole anatocistiche colpite da nullità a quella dei contratti di conto
corrente conclusi dopo l’entrata in vigore della delibera CICR: ma tale operazione appare giustificata, se si tiene conto che nell’uno come nell’altro caso la disciplina della capitalizzazione degli interessi che le parti intendono fissare non si innesta su altra valida pattuizione e non ha, quindi, contenuto modificativo rispetto a una precedente regolamentazione pattizia’ (Cass. Sez. 1 – Sentenza n. 9140 del 19/05/2020.
Le considerazioni che precedono -con le quali, del resto, i due precedenti poc’anzi citati (Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 5054 del 2024; Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 5064 del 2024), non risultano aver aperto un confronto approfondito -valgono quindi a condurre alla conferma del seguente principio:
In ragione della pronuncia di incostituzionalità dell’art. 25, comma 3, del d.lgs. n. 342 del 1999, le clausole anatocistiche inserite in contratti di conto corrente conclusi prima dell’entrata in vigore della delibera CICR 9 febbraio 2000 sono radicalmente nulle, con conseguente impraticabilità del giudizio di comparazione previsto dal comma 2 dell’art. 7 della delibera del CICR teso a verificare se le nuove pattuizioni abbiano o meno comportato un peggioramento delle condizioni precedentemente applicate, non potendo assumere rilevanza la pregressa applicazione in via di fatto delle clausole nulle, in quanto approdo contrastante con la regola generale di assoluta inefficacia delle previsioni contrattuali viziate da nullità, con la conseguenza che, affinché in tali contratti sia introdotta validamente una nuova clausola di capitalizzazione degli interessi, è necessaria una espressa pattuizione formulata nel rispetto dell’art. 2 della predetta delibera.
Si deve a questo punto rilevare che la Corte d’appello, ben lungi dal confrontarsi con l’insieme di argomentazioni esposti nei precedenti di questa Corte precedentemente richiamati, ha ritenuto di assumere una decisione da tali precedenti dichiaratamente difforme sulla scorta della mera considerazione per cui ‘ Se è, infatti, vero che la clausola anatocistica nulla non produce effetto, non per questo può essere concettualmente eliminata come non fosse mai esistita nell’ambito della dinamica contrattuale, in funzione della quale fu istituita ‘ .
La fallacia di tale ragionamento, tuttavia, si palesa con evidenza alla luce di quanto da questa Corte argomentato sin dalle prime decisioni in materia: la nullità delle clausole anatocistiche concluse anteriormente alla Delibera CICR del 9 febbraio 2000 priva le medesime di qualunque efficacia e rende conseguentemente illegittima anche la loro pregressa applicazione.
Risulta, allora, evidente che, proprio in ragione dei principi generali in tema di nullità, la clausola ritenuta nulla deve effettivamente essere ‘ concettualmente eliminata come non fosse mai esistita nell’ambito della dinamica contrattuale’, perché, diversamente opinando, alla clausola medesima verrebbe attribuita una forma di efficacia -seppure indiretta -del tutto incompatibile con il suo status di clausola nulla, e quindi inefficace.
La decisione della Corte ambrosiana, pertanto, deve essere cassata.
4. Il secondo motivo di ricorso è invece inammissibile.
Questa Corte ha già reiteratamente chiarito che, nei rapporti di conto corrente bancario, l’onere probatorio gravante sul correntista che agisca per la ripetizione di quanto indebitamente trattenuto dalla banca viene ad essere assolto tramite il deposito dell’integralità degli
estratti conto periodici oppure tramite la produzione di altri strumenti rappresentativi delle movimentazioni – come le contabili bancarie riferite alle singole operazioni o le risultanze delle scritture contabili -fissando anche i criteri che devono essere seguiti dal giudice di merito nei casi in cui tale documentazione presenti delle lacune (tra le molte, Cass. Sez. 1 – Ordinanza n. 37800 del 27/12/2022; Cass. Sez. 1 Ordinanza n. 11735 del 02/05/2024) e giungendo, recentemente, ad un’armonizzazione dei criteri applicabili nella non infrequente presenza di domande contrapposte tra correntista ed istituto di credito (Cass. Sez. 1 – Sentenza n. 1763 del 17/01/2024).
Deve però essere ribadito che i criteri in tal modo individuati da questa Corte postulano in ogni caso la verifica, da parte del giudice di merito, della possibilità di superare le lacune presenti nella documentazione in modo da pervenire ad un esito non meramente ipotetico in ordine alla ricostruzione complessiva dell’andamento del conto corrente, essendo, ad esempio, necessario valutare se il numero e l’estensione temporale delle lacune riscontrate nella documentazione disponibile non vengano ad impedire nel concreto l’operazione di ricostruzione contabile, essendo evidente che, quanto maggiore è il numero delle lacune e quanto e maggiore l’arco temporale nel quale la documentazione viene ad essere carente, tanto più ardua risulta una ricostruzione attendibile anche seguendo i criteri dettati da questa Corte.
Si deve, quindi, ribadire che sia la possibilità di procedere ad una attendibile integrazione della prova carente in ordine all’andamento del conto corrente sia la concreta applicabilità dei criteri dettati da questa Corte per operare la ricostruzione di tale andamento e financo la valutazione dell’attendibilità dello stesso tentativo di ricostruzione operato dal consulente nominato dal giudice di merito risultano
rimessi alla insindacabile -purché motivata -valutazione di quest’ultimo (Cass. Sez. 1 – Ordinanza n. 31187 del 03/12/2018; Cass. Sez. 1 – Ordinanza n. 10293 del 18/04/2023), potendo il giudice di merito pervenire, nel singolo caso concreto, sia alla conclusione per cui, a causa delle carenze probatorie, risulta preclusa un’affidabile ricostruzione dell’andamento del conto corrente, pur facendo ricorsi ai criteri dettati da questa Corte sia all’opposta conclusione per cui la documentazione disponibile consenta, anche mediante il ricorso alla consulenza tecnica d’ufficio, di giungere ad una ricostruzione caratterizzata da adeguata attendibilità.’
Nel caso in esame, la Corte territoriale ha operato la valutazione -ad essa spettante – in ordine alla completezza della documentazione prodotta – che peraltro la stessa ricorrente ammette essere avvenuta in modo parziale – ed ha quindi concluso che la stessa, in virtù delle lacune che evidenziava, non era idonea a consentire la ricostruzione del rapporto, con un giudizio che non è sindacabile nella presente sede, costituendo le deduzioni contenute nel ricorso una vera e propria critica al merito della decisione.
5. Il terzo motivo è, parimenti, inammissibile.
Valgono, sul punto, le medesime considerazioni già svolte in relazione al secondo motivo, rispetto al quale quello ora in esame presenta l’ulteriore limite costituito dal basarsi sulla singolare tesi per cui sarebbe stato possibile pervenire all’accoglimento dell’azione di ripetizione di indebito in relazione a rimesse effettuate in un circoscritto ambito temporale, indipendentemente dall’andamento pregresso e successivo del rapporto di conto corrente, omettendo di considerare che la valutazione in ordine alla sussistenza dell’indebito postulava invece una ricostruzione complessiva dell’andamento del rapporto medesimo.
Risulta, evidentemente, esclusa non solo la violazione di legge ma l’ulteriormente dedotta ipotesi di cui all’art. 360, n. 5), c.p.c., peraltro apoditticamente e genericamente invocata nel mezzo.
Il quarto motivo è, ancora, inammissibile, per un duplice ordine di ragioni.
La prima è costituita dal fatto che il motivo viene ad invocare un atteggiamento di non contestazione dell’odierna ricorrente incidentale senza tuttavia in alcun modo procedere ad adeguata riproduzione o localizzazione degli atti processuali dai quali tale condotta dovrebbe essere desunta, incorrendo in tal modo nella violazione della regola di specificità di cui all’ art. 366 c.p.c.
La seconda è costituita dalla constatazione del fatto che il mezzo omette di aggredire la ratio effettiva della decisione, avendo la Corte d’Appello condivisibilmente -escluso la sussistenza di una ipotesi di indebito una volta constatata l’impossibilità di operare una ricostruzione complessiva dell’andamento del rapporto.
7. Il ricorso incidentale è infondato.
Questa Corte ha già chiarito che, in tema di conto corrente bancario, l’assenza di rimesse solutorie eseguite dal correntista non esclude l’interesse di questi all’accertamento giudiziale della nullità delle clausole anatocistiche e dell’entità del saldo parziale ricalcolato, depurato delle appostazioni illegittime, atteso che tale interesse mira al conseguimento di un risultato utile, giuridicamente apprezzabile e non attingibile senza la pronuncia del giudice (Cass. Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 21646 del 05/09/2018).
Va quindi ribadita la sussistenza di un interesse del correntista -anche prima ed indipendentemente della possibilità di agire per la ripetizione di indebito -a dedurre la nullità di singole clausole che vengano a regolare il rapporto di conto corrente.
8 Il ricorso principale va quindi accolto in relazione al primo motivo, inammissibili gli altri, mentre il ricorso incidentale deve essere respinto.
Conseguentemente, la decisione impugnata deve essere cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio alla Corte d’appello di Milano, in diversa composizione, la quale si conformerà al principio qui enunciato e provvederà altresì a regolare le spese anche del presente giudizio di legittimità.
Stante il tenore della pronuncia sul ricorso incidentale, va dato atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, in relazione alla ricorrente incidentale, della “sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto” , spettando all’amministrazione giudiziaria verificare la debenza in concreto del contributo, per la inesistenza di cause originarie o sopravvenute di esenzione dal suo pagamento (Cass. Sez. U, Sentenza n. 4315 del 20/02/2020).
P. Q. M.
La Corte,
accoglie il primo motivo del ricorso principale, inammissibili gli altri, cassa l’impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, a lla Corte d’appello di Milano, in diversa composizione rigetta il ricorso incidentale.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 comma 1quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente incidentale, di un ulteriore
importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Prima Civile della Corte Suprema di Cassazione, il giorno 10 ottobre 2025.
Il Presidente NOME COGNOME