Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 34678 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 34678 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 27/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 10586/2023 R.G. proposto da : RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in CATANIA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
NOMECOGNOME elettivamente domiciliato in Catania INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO CATANIA n. 2211/2022 depositata il 28/11/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 19/11/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
Svolgimento del processo
Con ricorso notificato il 2 maggio 2023, illustrato da memoria, Banca Agricola Popolare di Ragusa soc. RAGIONE_SOCIALE per azioni, ricorre per cassazione della sentenza della corte d’appello di Catania pubblicata il 28/11/2022, pronunciata in un giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo instaurato da NOME Andrea COGNOME quale garante della società RAGIONE_SOCIALE società cooperativa a responsabilità limitata e da quest’ultima, quale debitrice principale. L’intimato NOME COGNOME ha resistito con controricorso, illustrato da successiva memoria.
Il Tribunale di Ragusa, decidendo nel contraddittorio delle parti, accoglieva l’opposizione proposta dal fideiussore avverso il decreto ingiuntivo, con il quale gli era stato ingiunto il pagamento, in favore di Banca Agricola Popolare di Ragusa soc. coop. per azioni, di € 363.579,41 oltre interessi e spese, sulla constatazione che la garanzia, da qualificarsi come fideiussione anche se con apposizione di clausola ‘a prima richiesta’, fosse stata azionata oltre il termine di cui all’art. 1957 c.c. Dichiarava improcedibile la domanda avanzata in via monitoria nei confronti della RAGIONE_SOCIALE, frattanto fallita.
La Banca Agricola Popolare di Ragusa, impugnava la sentenza deducendo che la fideiussione dovesse qualificarsi come contratto autonomo di garanzia in ragione dell’apposizione della clausola ‘a prima richiesta’, come tale non regolato dall’art. 1957 c.c. La Corte d’appello, in rigetto dell’impugnazione, confermava la sentenza del Tribunale di Ragusa.
Motivi della decisione
Con un unico motivo ex articolo 360 1 comma , n. 3 cod. proc. civ. la banca ricorrente deduce la violazione o falsa applicazione dei canoni ermeneutici di ci all’art. 1362 c.c. finalizzati alla qualificazione del contratto (art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.). La Corte distrettuale non avrebbe preso in esame la rilevanza della clausola tipizzante ‘a semplice richiesta scritta’, né tantomeno avrebbe collegato tale clausola con l’intera disposizione regolamentare.
Il motivo è inammissibile ex art. 366 n. 4 c.p.c.
La censura non si confronta con il punto in cui la impugnata sentenza, in relazione alla qualificazione da darsi al contratto di garanzia, ha inteso applicare il principio di diritto elaborato dalla giurisprudenza delle Sezioni Unite della Suprema Corte con la sentenza n. 3947 del 2010, in base al quale ” l’inserimento in un contratto di fideiussione di una clausola di pagamento “a prima richiesta e senza eccezioni” vale di per sé a qualificare il negozio come contratto autonomo di garanzia (cd. Garantievertrag), in quanto incompatibile con il principio di accessorietà che caratterizza il contratto di fideiussione, salvo quando vi sia un’evidente discrasia rispetto all’intero contenuto della convenzione negoziale. ” (cfr. anche Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 27619 del 03/12/2020; Cass. 19736/ 2011; Cass. 22233/ 2014; Cass. 18572/ 2018).
E’ proprio in considerazione dell’eccezione collegata alla ‘ evidente discrasia rispetto all’intero contenuto della convenzione negoziale ‘ indicata nel suddetto principio che la Corte di merito ha ritenuto che la garanzia in esame, secondo una ricostruzione in fatto non censurabile in questa sede, fosse strettamente collegata al contratto da cui traeva causa e generatrice di una responsabilità solidale tra debitore e garante verso la banca creditrice, all’esito di una analisi ermeneutica
della clausola di garanzia ‘a prima richiesta’ che ha tenuto conto non solo del riferimento testuale a tale modalità di escussione, ma anche della causa concreta del rapporto di garanzia in rapporto a ll’obbligazione principale di concessione di credito bancario.
L’operazione di qualificazione della clausola ‘a prima richiesta’ effettuata dalla Corte di merito si conforma altresì al principio ancor meglio esplicitato da Cass. n. 16825 del 2016, cui questo Collegio intende dare continuità, a tenore del quale « La deroga all’art. 1957 c.c. non può ritenersi implicita laddove sia inserita, all’interno del contratto di fideiussione, una clausola di “pagamento a prima richiesta”, o altra equivalente, non solo perché la disposizione è espressione di un’esigenza di protezione del fideiussore che, prescindendo dall’esistenza di un vincolo di accessorietà tra l’obbligazione di garanzia e quella del debitore principale, può essere considerata meritevole di tutela anche quando tale collegamento sia assente, ma anche perché una tale clausola non ha rilievo decisivo per la qualificazione di un negozio come “contratto autonomo di garanzia” o come “fideiussione”, potendo tali espressioni riferirsi sia a forme di garanzia svincolate dal rapporto garantito (e quindi autonome), sia a garanzie, come quelle fideiussorie, caratterizzate da un vincolo di accessorietà, più o meno accentuato, nei riguardi dell’obbligazione garantita, sia, infine, a clausole il cui inserimento nel contratto di garanzia è finalizzato, nella comune intenzione dei contraenti, a una deroga parziale della disciplina dettata dal citato art. 1957 c.c. (ad esempio, limitata alla previsione che una semplice richiesta scritta sia sufficiente ad escludere l’estinzione della garanzia), esonerando il creditore dall’onere di proporre l’azione giudiziaria. Ne consegue che, non essendo la clausola di pagamento “a prima richiesta” incompatibile con l’applicazione dell’art. 1957 c.c., spetta al
giudice di merito accertare la volontà in concreto manifestata dalle parti con la sua stipulazione» (cfr. anche Sez. 1, Sentenza n. 16825 del 09/08/2016; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 84 del 08/01/2010Cass. Sez. 3, Sentenza n. 27333 del 12/12/2005).
Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo in favore del controricorrente, seguono la soccombenza.
Va altresì disposta la condanna della ricorrente al pagamento di somma ex art. 96, co.3, c.p.c., ricorrendone i presupposti di legge.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente: delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi € 8 .200,00, di cui e € 8.000,00 per onorari, oltre spese generali e accessori di legge; di € 8.000,00 ex art. 96, co. 3, c.p.c.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del/la ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis, dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, il 19/11/2024