Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 25112 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 25112 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 12/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 21988/2022 R.G. proposto da: ll’avvocato COGNOME
COGNOME NOMECOGNOME rappresentato e difeso da NOMECOGNOME
– ricorrente –
contro
COMUNE DI BELLUNO, rappresentato e difeso da ll’avvocato COGNOME;
– controricorrente –
avverso la SENTENZA del TRIBUNALE di BELLUNO n. 70/2022, depositata il 09/03/2022;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 06/05/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
In data 08.10.2020 veniva riscontrata, mediante dispositivo fisso di rilevamento di velocità, la violazione dell’art. 142, comma 8, d.l.gs.
30 aprile 1992, n. 285 (Codice della Strada, ‘ C.d.S. ‘) commessa da NOME COGNOME alla guida del suo autoveicolo, in quanto il trasgressore circolava ad una velocità di 74 km/h su strada ove vigeva il limite di 50 km/h.
In data 17.11.2020 veniva notificato al trasgressore il verbale di accertamento, contenente sanzione amministrativa di €. 173,00 (oltre €. 10,00 di spese), a cui il Padovan si opponeva con ricorso al Giudice di Pace di Belluno, che respingeva il ricorso con sentenza confermata in appello anche dal Tribunale di Belluno con la sentenza n. 70/2022 sulla base delle seguenti argomentazioni:
le dimensioni della banchina sono del tutto ininfluenti per definirla come tale, non essendovi alcuna norma che ne prevede una larghezza minima (Cass. 8934/2019), non essendo applicabile al caso di specie il D.M. 05.11.2011, n. 6792 che prescrive un limite dimensionale minimo valido solo per le strade progettate successivamente alla sua entrata in vigore;
la strada in cui è stata accertata la violazione è in possesso di tutti i requisiti per essere definita come extraurbana secondaria ai sensi dell’art. 3, comma 3, C.d.S.;
con riferimento al tratto di strada in cui è installato il sistema di rilevamento di cui si discute, risulta la sussistenza di un decreto prefettizio: atto del quale non vi è ragione di mettere in dubbio la legittimità, in quanto oltre ad essere stato adottato nel rispetto e nei limiti dei poteri conferiti dalla legge all’Autorità amministrativa, nel preambolo del decreto è dato conto di ampia ed idonea istruttoria, che ha coinvolto tutti gli enti prepositi;
-la classificazione proprio di quel tratto di strada come extraurbana secondaria, tenendo espressamente conto, peraltro, delle dimensioni e delle caratteristiche della banchina, è stato già
oggetto di un accertamento di fatto eseguito dal Tribunale in un gravame proposto proprio dall’odierno appellante, accertamento che ha superato indenne il vaglio della Corte di legittimità (Cass. 25988/2020), benché detta pronuncia non faccia stato tra le parti ex art. 2909 cod. civ.;
quanto alla dedotta irregolarità della collocazione dei pannelli di avviso della presenza dei sistemi di controllo della velocità, non esiste alcuna norma che impone di utilizzare un palo per ogni cartello stradale, costituendo anzi una buona norma di sicurezza stradale la determinazione di non istallare palificazioni in numero eccessivo ai margini della carreggiata.
Avverso detta pronuncia NOME COGNOME propone ricorso per cassazione con tre motivi illustrati da memoria.
Resiste il Comune di Belluno con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo si deduce violazione o falsa applicazione delle norme di diritto ex art. 360, comma 1, n. 3) cod. proc. civ., in riferimento agli artt. 2, 3, comma 3, e 4 C.d.S., nonché all’art. 4 comma 1, d.l. n. 121/2002. Lamenta il ricorrente l’erronea qualificazione della strada in cui è avvenuta l’infrazione come extraurbana secondaria, circostanza che giustifica l’uso di dispositivi o mezzi tecnici di controllo del traffico, finalizzati al rilevamento a distan za della velocità. In tesi: è erronea l’interpretazione del giudice di merito in virtù della quale le dimensioni della banchina non influenzano la qualifica della strada come extraurbana, in quanto la legge nulla indica in questo senso. Ciò in quanto, alla luce della giurisprudenza di legittimità (Cass. n. 12864/2022; Cass. n. 16622/2019), non può parlarsi di banchina quando le sue dimensioni siano talmente ridotte da non essere in grado di svolgere le funzioni
ad essa riferibili, come il passaggio emergenziale dei pedoni o la sosta di sicurezza. Nel caso di specie, mancano del tutto queste caratteristiche morfologiche della strada, essendo la banchina addirittura inesistente. Né è condivisibile l’affermazione de l giudice di seconde cure nella parte in cui sostiene che la strada de qua non soggiace ai dettami del d.m. 6792 del 5.11.2001, il quale impone per le strade extraurbane secondarie una larghezza di m 3,75, nonché per le banchine a destra una larghezza di minimo m 1,50, ritenendo che la citata normativa trovi applicazione solamente per le strade di costruzione successiva all’epoca di entrata in vigore del provvedimento citato. Da tanto consegue, secondo la tesi del ricorrente, che il provvedimento prefettizio di qualificazione come extraurbana secondaria dovrebbe essere dichiarato illegittimo.
Il motivo è infondato.
Il giudice di appello non ha escluso affatto l’esistenza della banchina, ma ne ha riscontrata la presenza sulla base di un elemento di prova ricavato da un precedente giudiziario in analoga fattispecie (sentenza n. 581/2018 del Tribunale di Belluno, depositata il 22/11/2018), « tenendo espressamente conto … delle dimensioni e delle caratteristiche della banchina» (v. sentenza impugnata, p. 4, righi 18-19).
Tale accertamento non è censurabile in questa sede perché spetta al giudice la scelta e la valutazione delle prove.
Il giudice di merito ha evidenziato l’irrilevanza delle dimensioni della banchina (in linea con quanto affermato da questa Corte: Cass. Sez. 2, Sentenza n. 8934 del 29/03/2019, Rv. 653306 – 01), ma ne ha accertato comunque la sufficienza nel caso di specie (v. p. 4 della sentenza, laddove è richiamato il precedente di questa Corte, Cass. n. 25688/2020).
Il richiamo alla pronuncia di questa Corte n. 12864/2022 è inconferente perché -a differenza del caso ivi esaminato -il Tribunale di Belluno non ha escluso affatto l’assolvimento delle funzioni della banchina, ma ne ha (implicitamente) riconosciuto l’esistenza richiamando, appunto il precedente analogo (Cass. n. 25688/2020).
Inconferente è, altresì, il richiamo alla ordinanza n. 5532/2017 e alla sentenza n. 12231/2016 che si riferiscono ad ipotesi in cui il giudice aveva completamente omesso di svolgere il sindacato sulle caratteristiche minime della strada, mentre nel caso in esame, seppure per relationem il Tribunale ha ritenuto la sufficienza delle dimensioni della banchina.
2. Con il secondo motivo si deduce violazione o falsa applicazione delle norme di diritto ex art. 360, comma 1, n. 3) cod. proc. civ., in riferimento agli artt. 2967, 2909 cod. civ. e 112 cod. proc. civ. Rileva il ricorrente che nel giudizio di opposizione a sanzione amministrativa l’amministrazione, sebbene convenuta, debba assumere la sostanziale veste di parte attrice e che spetterebbe a questa, ai sensi dell’art. 2697 cod. civ. , fornire la prova dell’esistenza degli elementi di fatto integranti la violazione contestata. Sul punto, non basta che la strada rientri tra quelle qualificate come extraurbane dal Prefetto, ma occorre che venga dimostrata la sussistenza delle concrete caratteristiche del tratto stradale. Invece, il Giudice d’Appello si è limitato ad affermare la sussistenza di tutti i requisiti di legge della strada, tanto da essere definita come extraurbana secondaria ai sensi dell’art. 3, comma 3, C.d.S., omettendo qualsiasi approfondimento istruttorio sul punto, e quindi sollevando indebitamente l’Amministrazione resistente dall’onere probatorio che gravava sulla stessa. Né è corretto il riferimento all’accertamento sulle
caratteristiche strutturali della strada già eseguito dal medesimo Tribunale e avallato dalla Corte di legittimità (Cass. n. 25688/2020), trattandosi di pronuncia che non fa stato tra le parti, stante la riconosciuta diversità dell’oggetto dei due giudizi.
La doglianza è inammissibile.
Come è noto, le censure sulla mancata ammissione di mezzi istruttori attengono alla motivazione ( ex multis : Cass. 13716/2016; 6715/2013), oggi deducibile unicamente sotto il profilo dell’omesso esame circa un fatto decisivo , ai sensi dell’ art. 360, comma 1, n. 5) cod. proc. civ. vigente ratione temporis : vizio, però, non denunciabile nel caso di specie, trattandosi di un’ipotesi di c.d. doppia conforme prevista dall’art. 348 -ter , comma 5, cod. proc. civ., a mente del quale il ricorrente per cassazione, al fine di evitare l’inammissibilità del motivo per difetto di specificità, deve indicare le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse ( ex plurimis : Cass. Sez. 6-2, n. 8320 del 2022-Rv. 664432 01; Cass., Sez. 3, 14.07.2022, n. 22244; Cass., Sez. L, 20.07.2022, n. 22782; Cass., Sez. 6-2, 15.03.2022, n. 8320; Cass., Sez. L, 06.08.2019, n. 20994).
Né ricorre la dedotta violazione di norme di diritto, dovendosi ravvisare un tale vizio nel caso di erronea ricognizione di fattispecie astratta (cfr. tra le varie, Sez. 1 – , Ordinanza n. 3340 del 05/02/2019).
Con il terzo ed ultimo motivo si deduce nullità della sentenza ex art. 360, comma 1, n. 4) e 132, comma 2, n. 4) cod. proc. civ., nonché ex art. 111 Cost. per omessa motivazione/motivazione apparente. Si sostiene che il vizio di omessa o quantomeno apparente motivazione si apprezza nel capo della sentenza ove il
giudice d’appello ha rigettato la censura riguardante la regolarità della collocazione dei pannelli di avviso della presenza dell’autovelox, sia con riferimento alla distanza, deducendo che la cartellonistica si trovava ad una distanza inferiore ai 150 metri, diversamente da quanto affermato -ma non provato – dal Comune di Belluno; sia con riferimento alla visibilità del cartello, in quanto inserito su altra cartellonistica di altra tipologia, nonché installato in prossimità di intersezione stradale. Sul punto il giudice di appello si è solamente limitato a esporre come non esista alcuna norma che impone di utilizzare un palo per ogni cartello stradale, statuizione che, ad avviso del ricorrente, non aveva a che vedere con le censure avanzate sul punto.
Il motivo è infondato.
Esso infatti difetta di specificità, ex art. 366, comma 1, n. 6) cod. proc. civ. Il ricorrente fa riferimento alle doglianze sollevate nel ricorso introduttivo e poi ne ll’ atto di appello, limitandosi a meramente richiamarli, senza invero debitamente -almeno per la parte strettamente d’interesse in questa sede – riprodurli nel ricorso al fine di renderne possibile l’esame, con precisazione dell’esatta collocazione nel fascicolo d’ufficio o in quello di parte, ovvero se essi siano stati rispettivamente acquisiti o prodotti (anche) in sede di giudizio di legittimità (per tutte: Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 30723 del 2019, Rv. 656224 -02). Con ciò impedendo a questa Corte di verificare il contenuto delle doglianze con riferimento alla motivazione resa dal giudice d’Appello.
Ritiene inoltre il Collegio che la motivazione adottata soddisfa senz’altro il cd minimo costituzionale (cfr. SSUU sentenza n. 8053/2014) e che pertanto va escluso anche il vizio di motivazione apparente, alla luce della costante giurisprudenza di questa Corte che
lo ravvisa nei casi limite in cui la motivazione, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (per tutte: Cass. Sez. Unite ord. n. 2767/2023).
In definitiva, il Collegio rigetta il ricorso.
Le spese del presente giudizio, gravanti sul ricorrente e liquidate come in dispositivo, seguono soccombenza.
Non sussistono i presupposti per la condanna del ricorrente alle spese ex art. 96, comma 3, cod. proc. civ. per responsabilità aggravata e pertanto la relativa istanza avanzata in controricorso va respinta.
Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013, stante il tenore della pronuncia, va dato atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater D.P.R. n. 115 del 2002, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1 -bis, del D.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in €. 300,00 per compensi, in €. 200,00 per esborsi e agli accessori di legge nella misura del 15%.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater D.P.R. n. 115 del 2002, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari
a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1 -bis , del D.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 6 maggio 2025.