Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 25214 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 25214 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 19/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso 5842-2019 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio degli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME che lo rappresentano e difendono;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 231/2018 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 06/11/2018 R.G.N. 355/2015; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 29/02/2024 dal AVV_NOTAIO COGNOME.
R.G.N. 5842/2019
COGNOME.
Rep.
Ud. 29/02/2024
CC
RILEVATO IN FATTO
che, con sentenza depositata il 6.11.2018, la Corte d’appello di Venezia ha confermato la pronuncia di primo grado che aveva rigettato le domande proposte da RAGIONE_SOCIALE nei confronti dell’RAGIONE_SOCIALE e volte, rispettivamente, a contestare la riclassificazione dell’attività di manutenzione da essa svolta in termini di attività complementare a quella principale di armamento ferroviario e a ottenere la restituzione della somma di € 50.372,49, v ersata in eccesso per errata classificazione dell’attività principale alla voce tariffaria n. 3331 anziché alla voce n. 3332;
che avverso tale pronuncia RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione, deducendo quattro motivi di censura, successivamente illustrati con memoria;
che l’RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso, parimenti poi illustrato con memoria;
che, chiamata la causa all’adunanza camerale del 29.2.2024, il Collegio ha riservato il deposito dell’ordinanza nel termine di giorni sessanta (articolo 380bis .1, comma 2°, c.p.c.);
CONSIDERATO IN DIRITTO
che, con il primo motivo di censura, la ricorrente denuncia violazione degli artt. 4 e 6, All. n. 5 al d.m. 12.12.2000, e degli artt. 115 e 116 c.p.c., per avere la Corte di merito ritenuto, facendo malgoverno delle risultanze istruttorie, che l’attività di manutenzione dei mezzi poi impiegati nell’attività di armamento ferroviario dovesse considerarsi complementare a quest’ultima;
che, con il secondo motivo, la ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione dell’All. n. 5 al d.m. 12.12.2000 per non avere la Corte territoriale considerato che, dovendo la qualificazione di un’attività come complementare essere effettuata ragionando per gruppi di attività che espongano i lavoratori a rischi omogenei (salvo che diversamente sia
stabilito nella stessa voce di tariffa), l’attività di manutenzione svolta in officina non poteva essere ritenuta compresa nel sottogruppo 3332;
che, con il terzo e il quarto motivo, la ricorrente si duole di omesso esame circa un fatto decisivo (ovvero di omessa pronuncia e violazione dell’art. 3, comma 9, l. n. 335/1995) per non avere la Corte di merito proceduto all’esatta determinazione del cre dito vantato dall’RAGIONE_SOCIALE in dipendenza della riclassificazione dell’attività di manutenzione in termini di attività complementare a quella principale di armamento ferroviario;
che il primo motivo è inammissibile, pretendendo -ad onta del riferimento alla dedotta violazione di legge sostanziale e processuale -una rivalutazione del materiale istruttorio sulla scorta del quale i giudici territoriali, confermando la decisione di prime cure, hanno ritenuto acclarati i presupposti di fatto per reputare corretta la riclassificazione dell’attività di manutenzione in termini di attività complementare a quella principale di armamento ferroviario;
che a non diverse conclusioni induce il riferimento alla violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., essendo consolidato l’orientamento secondo cui principio del libero convincimento, posto a fondamento degli artt. 115 e 116 c.p.c., opera interamente sul piano dell’apprezzamento di merito, insindacabile in sede di legittimità, sicché la denuncia della violazione delle predette regole da parte del giudice di merito non configura un vizio di violazione o falsa applicazione di norme processuali, sussumibile nella fattispecie di cui all’art. 360, comma 1° , n. 4, c.p.c., bensì un errore di fatto che va censurato nei limiti consentiti dall’art. 360, comma 1°, n. 5, c.p.c. (così da ult. Cass. n. 27847 del 2021), rimanendo pertanto preclusa ogni censura allorché, come nella specie,
ricorra una doppia conforme di merito ai sensi dell’art. 348 -ter , ult. co., c.p.c., vigente ratione temporis ;
che il secondo motivo è invece infondato, dovendo darsi continuità al principio di diritto secondo cui, ai fini della classificazione delle lavorazioni per la determinazione dei premi dovuti dalle imprese all’RAGIONE_SOCIALE per l’assicurazione contro gli infortuni sul RAGIONE_SOCIALE e le malattie professionali, qualora un datore di RAGIONE_SOCIALE eserciti più lavorazioni tra loro autonome, ciò non è di per sé sufficiente a rendere applicabile per ciascuna di esse la corrispondente voce di tariffa e il relativo tasso medio, ai sensi dell’art. 6, d.m. 12.12.2000, essendo sempre necessario verificare anche se tra le due linee di lavorazione svolte dal medesimo datore di RAGIONE_SOCIALE vi sia un nesso funzionale che renda l’una complementare e sussidiaria rispetto all’altra, con conseguente applicazione a entrambe della voce di tariffa prevista per l’attività principale, come stabilito dall’art. 4, d.m. cit. (così Cass. n. 3319 del 2019, che ha ribadito il dictum di Cass. n. 16688 del 2017, cit. nella sentenza impugnata), e senza che rilevi in contrario il fatto che si tratti di attività svolte in luoghi diversi (Cass. n. 21426 del 2019);
che, con riguardo al terzo e al quarto motivo, va preliminarmente ricordato che oggetto della seconda delle domande dell’odierna ricorrente era la restituzione di somme rivenienti dall’erroneo inquadramento della lavorazione principale;
che, essendo stata tale domanda rigettata sul presupposto che il controcredito dell’RAGIONE_SOCIALE riveniente dalla riclassificazione dell’attività di manutenzione fosse superiore al credito vantato, l’interesse a censurare la statuizione dei giudici territoriali sarebbe sorto solo in presenza della positiva dimostrazione che tale controcredito fosse in realtà minore e dunque residuasse una differenza a credito dell’odierna
ricorrente, idonea a guadagnarle l’ambita condanna a proprio favore;
che, mancando in ricorso qualsiasi specifica allegazione sul punto, le censure vanno reputate inammissibili per difetto d’interesse;
che il ricorso, conclusivamente, va rigettato, provvedendosi come da dispositivo sulle spese del giudizio di legittimità, che seguono la soccombenza;
che, in considerazione del rigetto del ricorso, va dichiarata la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, previsto per il ricorso;
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano in € 6.200,00, di cui € 6.000,00 per compensi, oltre spese generali in misura pari al 15% e accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , d.P.R. n. 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale del 29.2.2024.