Sentenza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 31811 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 3 Num. 31811 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 10/12/2024
SENTENZA
sul ricorso 6859-2022 proposto da:
Oggetto
ASSICURAZIONE DANNI
Assicurazione ‘ on claims made ‘ -Clausola che subordina l’indennizzo alla necessità che la richiesta risarcitoria intervenga in costanza di rapporto Interpretazione Parificazione alla richiesta risarcitoria dell’avvenuta conoscenza dell’invio di ‘informazione di garanzia’ – Non conformità ai canoni ermeneutici dell’interpretazione letterale e funzionale
R.G.N. 6859/2022
QBE INSURANCE EUROPE LIMITED, RELIANCE NATIONAL INSURANCE COMPANY EUROPE LIMITED; l’una in persona del rappresentante generale per l’Italia, Dott.ssa NOME COGNOME l’altra in persona del procuratore, NOME COGNOME domiciliate presso l’indirizzo di posta elettroni ca del proprio difensore come in atti , rappresentate e difese dall’Avvocato NOME COGNOME Cron. Rep. Ud. 11/09/2024
Udienza Pubblica
– ricorrente –
contro
AZIENDA RAGIONE_SOCIALE PIACENZA, in persona del Direttore Generale ‘ ad interim ‘ e legale rappresentante,
domiciliata presso l’indirizzo di posta elettronica del proprio difensore, rappresentata e difesa dagli Avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME
– controricorrente –
Avverso la sentenza n. 1993/2021 d ella Corte d’appello di Bologna, pubblicata il 03/08/2021; udita la relazione della causa svolta nell ‘ udienza pubblica del l’11 /09/2024 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. NOME COGNOME che ha concluso per l’accoglimento del ricorso , come da conclusioni scritte già in atti; uditi gli Avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
RAGIONE_SOCIALE (d’ora in poi, ‘RAGIONE_SOCIALE‘) e RAGIONE_SOCIALE ricorrono, sulla base di due motivi, per la cassazione della sentenza n. 1993/21, del 3 agosto 2021, della Corte d’appello di Bologna, che -in accoglimento del gravame esperito dall’Azienda Unità Sanitaria Locale di Piacenza (d’ora in poi, ‘RAGIONE_SOCIALE Piacenza’ o ‘AUSL’ ) avverso la sentenza n. 97/18, del 6 febbraio 2018, del Tribunale di Piacenza -ha condannato RAGIONE_SOCIALE a pagare all’AUSL Piacenza, a titolo di indennizzo assicurativo, la somma di € 375.000,00, oltre interessi ex art. 1284 cod. civ. dal 23 giugno 2011 al saldo.
Riferiscono, in punto di fatto, le odierne ricorrenti che la AUSL Piacenza -avendo sottoscritto con QBE un contratto di assicurazione ‘ on claims made basis ‘, di durata biennale (dal 30 giugno 2006 al 30 giugno 2008) -ebbe a comunicare, in data 14 maggio 2007, la pendenza di un procedimento penale a carico di
un’ostetrica propria dipendente, in relazione al decesso, avvenuto il 4 febbraio 2004, di un piccolo paziente.
Essendo stato, in seguito, raggiunto, con i genitori del bimbo (costituitisi parte civile nel suddetto procedimento penale, in data 29 aprile 2009, dopo aver inoltrato la loro prima richiesta risarcitoria il precedente 10 aprile) un accordo transattivo, che contemplava il pagamento di complessivi € 850.000, dei quali € 450.000,00 a carico degli assicuratori personali dell’ostetrica ed € 400.000,00 a carico dell’AUSL, quest’ultima si rivolgeva a QBE per conseguire l’indennizzo assicurativo.
In ragione del rifiuto opposto da COGNOME, motivato sul rilievo che la prima richiesta risarcitoria era stata inoltrata dai danneggiati il 10 aprile 2009, dopo la scadenza della copertura assicurativa, l’AUSL radicava il giudizio per essere indennizzata.
Costituitasi innanzi al Tribunale piacentino, la convenuta ribadiva la non operatività della polizza, atteso che la richiesta risarcitoria era stata formalizzata dai danneggiati, dapprima in via stragiudiziale e poi con la costituzione di parte civile, solo nel mese di aprile 2009 e, dunque, successivamente alla scadenza della polizza in regime ‘ claims made ‘ (operante anche per fatti precedenti alla stipulazione, purché non anteriori al 31 dicembre 1999), avvenuta il 30 giugno 2008, con conseguente carenza di legittimazione passiva di essa QBE. In via subordinata, la convenuta chiedeva disporsi ‘ iussu iudicis ‘ l’interven to di RAGIONE_SOCIALE, con il quale l’AUSL aveva stipulato una polizza per la responsabilità civile successivamente alla scadenza della polizza con essa QBE, per questo motivo essendo il solo soggetto -a dire della convenuta -nei cui confronti la pretesa indennitaria della ASL avrebbe dovuto farsi valere.
Il giudice di prime cure, esclusa la necessità di disporre il richiesto intervento ex art 107 cod. proc. civ., essendo RAGIONE_SOCIALE in liquidazione coatta amministrativa, dopo aver
concesso i termini ex art. 183 cod. civ., ritenuta la causa matura per la decisione sulla base della documentazione in atti, rigettava la domanda, recependo l’impostazione difensiva di QBE.
Esperiva gravame la RAGIONE_SOCIALE, cosi instaurando il secondo grado di giudizio, nel quale interveniva -a norma dell’art. 111 cod. proc. civ. –RAGIONE_SOCIALE, quale cessionaria di un portafoglio di polizze di responsabilità medica fra cui quella oggetto di causa. In relazione a tale intervento, l’appellante non prestava il consenso all’estromissione, dal giudizio, di QBE.
Il giudice di appello accoglieva il gravame.
A tale esito, esso perveniva sul rilievo che, così come l’art. 21 delle condizioni di assicurazione, ai fini dell’esclusione dell’operatività della garanzia, equipara alle richieste di risarcimento pervenute prima della decorrenza della polizza -gli eventi dannosi e i fatti noti al contraente al momento della stipula (tra i quali è contemplata, espressamente, l’informazione d i garanzia ex art. 369 cod. proc. pen.), allo stesso modo devono ritenersi equiparate, quali circostanze ambedue idonee a determina re l’operatività della copertura, la richiesta di risarcimento del terzo e l’acquisizione da parte dell’assicurato della conoscenza di fatti in costanza di rapporto. Nel caso di specie, tale conoscenza ebbe a determinatasi -in capo alla AUSL Piacenza -con la comunicazione del 2 maggio 2007, mediante la quale essa venne informata dall’assicuratrice dell’ostetrica (società RAGIONE_SOCIALE) dell’avvenuto invio, alla medesima, dell’ informazione di garanzia: comunicazione di cui era stata cautelativamente informata QBE il 17 maggio 2007.
Una diversa interpretazione -è la conclusione della Corte bolognese -comprometterebbe l’adeguatezza dell’assetto negoziale sinallagmatico rispetto agli interessi perseguiti dalle parti , determinando ‘ vuoti ‘ di copertura assicurativa.
Avverso la sentenza della Corte felsinea le ricorrenti propongono -come detto -due motivi d’impugnazione.
3.1. Il primo motivo denuncia -ex art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ. -violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1362, 1363, 1366 e 1367 cod. civ.
Si censura l’interpretazione che la sentenza impugnata ha dato dell’art. 21 delle condizioni di assicurazione, del quale la ricorrente, innanzitutto, riproduce il testo.
Esso, in particolare, stabilisce che ‘la garanzia opera esclusivamente per le richieste di risarcimento presentate per la prima volta all’Assicurato durante il periodo di assicurazione dalle ore 24.00 del 30.06.2006 e scadenza alle ore 24.00 del 30.06.2008 purché siano conseguenza di fatti avvenuti durante il periodo di assicurazione e anche anteriormente a tale data, ma non prima del 31.12.1999’. Inoltre, il medesimo art. 21 sancisce che ‘la copertura non comprende le richieste di risarcimento e gli eventi dannosi noti al Contraente al momento della decorrenza della polizza’, così come ‘le richieste di risarcimento derivanti da fatti o circostanze note al contraente al momento della decorrenza della polizza’, precisando, infine, che ‘per fatti o circostanze note si intendono’ pure ‘i casi in cui l’Assicurato abbia ricevuto un avviso di garanzia o una richiesta di risarcimento’. Il testo dell’art. 21, inoltre, va inteso alla luce delle ‘Definizioni’ contenute a pag. 1 della polizza, ove si chiarisce che per ‘Richiesta di risarcimento’ si intende: ‘Qualsiasi citazione in giudizio ed altra comunicazione scritta di richiesta danni inviata da RAGIONE_SOCIALE‘.
Orbene, la lettera dell’art. 21 secondo le ricorrenti -non darebbe adito a dubbi in merito al fatto ‘che la polizza opera esclusivamente per richieste di risarcimento di danni inviate da terzi nel corso del periodo di assicurazione, purché relative a fatti
avvenuti dal 31 dicembre 1999 al 30 giugno 2008′ e ‘che in nessun modo la ricezione di un avviso di garanzia da parte di una dipendente dell’Azienda può essere confusa con la ricezione da parte dell’Azienda di una richiesta risarcitoria da parte di terzi’.
Avrebbe, pertanto, errato il giudice di appello nel ‘ritenere che la ricezione di un avviso di garanzia da parte di un dipendente dell’Assicurato nel corso del periodo di assicurazione sia circostanza di per sé idonea a determinare l’efficacia della garanz ia’, trattandosi, invece, di ‘una arbitraria alterazione dell’accordo contrattuale’.
Né risulterebbe -sempre secondo le ricorrenti -in alcun modo giustificato, stante il carattere inequivoco del testo delle richiamate condizioni contrattuali, l’utilizzazione, da parte della Corte territoriale, dei criteri della ‘ interpretatio contra stipulatorem ‘ e della interpretazione secondo buona fede, ex artt. 1370 e 1366 cod. civ., dal momento che si tratta di ‘criteri di interpretazione oggettivi a carattere residuale’, dei quali mancherebbe, nella specie, ‘il presupposto di applicazione, che è il dubbio interpretativo all’esito dell’applicazione dei criteri soggettivi e in particolare di quelli previsti dai summenzionati artt. 1362 e 1363 cod. civ’.
3.2. Il secondo motivo denuncia -ex art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ. -violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1419, 1322, 1895 e 1917 cod. civ.
Si censura, in questo caso, la sentenza impugnata perché l’interpretazione che si assume arbitraria -da essa proposta viene collegata, dalla Corte felsinea, ad un ‘confuso richiamo’ degli orientamenti espressi da questa Suprema Corte in tema di clausola ‘ claims made ‘ e ciò ‘con particolare riguardo alla necessità del vaglio della sua legittimità e validità ai sensi del primo comma dell’art. 1322 cod. civ.’. Per contro, la
giurisprudenza di legittimità ha affermato che, in caso di dichiarazione di invalidità di una clausola ‘ claims made ‘, il giudice di merito, ‘applicando il meccanismo previsto dall’art. 1419 cod. civ., deve tenere conto del modello contrattuale prescelto dalle parti, non potendo «costituire ex novo il regolamento contrattuale», poiché in tal caso risulterebbe «fondato su di un accordo inesistente»’.
È quanto, invece, sarebbe accaduto nel caso di specie, giacché, ‘equiparando la richiesta risarcitoria del terzo alla comunicazione della ricezione di un avviso di garanzia da parte di una dipendente dell’assicurata, di fatto , al modello « claims made » prescelto dai contraenti con una retroattività di 5 anni e mezzo è stato arbitrariamente sostituito un contratto con la cosiddetta « deeming clause », clausola in base alla quale, per l’appunto, la mera denuncia di circostanze che potrebbero determinare richiest e risarcitorie determina l’operatività della copertura’. Ma una statuizione siffatta, si sottolinea, ‘oltre che dall’effettiva volontà dei contraenti, prescinde completamente dalla valutazione dell’assetto sinallagmatico’.
Evidenzia, al riguardo, la ricorrente che, secondo le Sezioni Unite di questa Corte (Cass. Sez. Un., sent. 24 settembre 2018, n. 22437), la pattuizione contrattuale recante clausola ‘ claims made ‘ non è soggetta al controllo di meritevolezza di cui al secondo comma dell’art. 1322 cod. civ., in quanto riconducibile al contratto tipico di assicurazione contro i danni, anche considerato che l’art. 1932 cod. civ. consente la derogabilità del comma 1 dell’art. 1917 cod. civ.
In quest’ottica, pertanto, è unicamente la ‘adeguatezza del contratto agli interessi in concreto avuti di mira dai paciscenti’ ciò ‘che costituisce il fulcro dell’indagine in esame’, richiedendo ‘una verifica di idoneità del regolamento effettivamente pattuito rispetto all’anzidetto obiettivo’. In tale prospettiva, dunque,
l’eventuale ‘disequilibrio sinallagmatico sarà per il giudice sintomo di carenza della causa in concreto, e pertanto di inadeguatezza del contratto rispetto agli interessi delle parti’.
Orbene, nel caso in esame, la Corte bolognese -assume il ricorso -‘omette qualsiasi indagine sull’effettiva esistenza del disequilibrio sinallagmatico’, nei termini appena precisati (e imposti dalla giurisprudenza di questa Corte). ‘Ritenere che il contratto includa una « deeming clause », senza prendere in esame l’assetto sinallagmatico’ voluto dalle parti, contravviene ad avviso delle ricorrenti -a quanto prescritto da questo giudice di legittimità, secondo cui siffatta verifica ‘deve prendere necessariamente in considerazione il modello contrattuale prescelto dalle parti e le prestazioni a carico di entrambi i paciscenti’. Difatti, per ‘valutare l’equilibrio contrattuale si devono necessariamente prendere in considerazione più elementi in rapporto tra loro, e non uno solo; diversamente non si prenderebbe in esame il sinallagma ma solo una sua componente’.
Nell’ipotesi che occupa, infatti, ‘la sentenza impugnata omette di considerare che la causa concreta è lo scopo pratico perseguito da entrambe le parti e non da una parte sola, con la conseguenza che occorreva far riferimento anche all’interesse dell’assic uratore, il quale evidentemente per un determinato premio, un determinato massimale e una determinata franchigia era disposto a manlevare entro un certo limite di rischio, e non oltre, l’assicurata’. Avrebbe, pertanto, errato la sentenza impugnata nel dare unicamente rilievo ad ‘eventuali, ancorché non provati vuoti di copertura’ assicurativa, giacché concludono le ricorrenti -di ciò ‘non può essere tenuta a rispondere l’esponente Compagnia’, se non ‘modificando completamente l’assetto contrattuale voluto dalle parti’ .
Ha resistito all’avversaria impugnazione, con controricorso , l’AUSL Piacenza, chiedendo che la stessa sia dichiarata inammissibile o, comunque, rigettata.
La trattazione del ricorso è stata inizialmente fissata ai sensi dell’art. 380 -bis .1 cod. proc. civ., per l’adunanza del 6 marzo 2024, in vista della quale le ricorrenti hanno depositato memoria.
Con ordinanza interlocutoria n. 9851/24, dell’11 aprile 2024, è stato disposto rinvio in pubblica udienza, in ragione del rilievo nomofilattico delle questioni oggetto del ricorso.
Fissata udienza pubblica per il giorno 11 settembre 2024, il Procuratore Generale presso questa Corte, in persona di un suo Sostituto, ha chiesto l’accoglimento del ricorso, in relazione a entrambi i suoi motivi.
Egli, per un verso, reputa che -‘pur tenendo conto del superamento del c.d. principio di gradualismo, che consentiva di ricorrere ai criteri interpretativi diversi da quello del significato letterale delle parole soltanto quando quest’ultimo non fosse chiaro nell’esprimere la volontà negoziale delle parti’ la Corte del merito no n abbia effettuato ‘la dovuta valutazione coordinata del significato letterale di tutte le clausole del contratto, al fine di supportare un’interpretazione pacificamente difforme da quella suggerita dalla chiara lettera della clausola e della definizione di «richiesta di risarcimento»’.
Per altro verso, il Procuratore Generale evidenzia che, sebbene il giudice di appello abbia ‘(legittimamente) ricercato l’effettiva volontà delle parti anche alla luce del criterio della buona fede e correttezza previsto dall’art. 1366 cod. civ., inteso a tutelare ragionevoli affidamenti ingenerati dalla controparte
negoziale’, non ha dato conto ‘delle ragioni per cui l’espressione letterale della clausola di cui all’art. 21 del contratto sarebbe contrastante con la ragione pratica e la causa concreta del contratto di assicurazione e senza una valutazione complessiva dell’assetto sinallagmatico che avrebbe comportato la necessità di considerare anche l’affidamento riposto dall’Assicurazione nel chiaro significato letterale di cui alla clausola in discorso’.
Entrambe le parti private hanno depositato memoria, ex art. 378 cod. proc. civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
‘ In limine ‘ , deve essere disattesa l’eccezione preliminare, sollevata dalla controricorrente, di inammissibilità del ricorso per difetto di autosufficienza (e specificità), formulata sull’assunto che nell’atto di impugnazione non sarebbero state richiamate tutte le clausole del contratto di assicurazione e, in particolare, quelle necessarie a comprendere in cosa consista la ‘Richiesta di risarcimento’.
Deve, per contro, rilevarsi che le ricorrenti -già nella loro prima memoria -hanno evidenziato di aver depositato ‘ sub documento n. 4 nel presente grado di giudizio copia integrale della polizza dichiarando dove la polizza era stata prodotta nei gradi di merito del giudizio ‘, così soddisfacendo quel l’onere di ‘localizzazione’ del medesimo (sul quale, tra le altre, Cass. Sez. 1, ord. 10 dicembre 2020, n. 28184, Rv. 660090-01), idoneo perché possano ritenersi rispettati i principi di autosufficienza del ricorso e, di riflesso, di specificità dei suoi motivi.
Ciò detto, il ricorso va accolto.
10.1. Risultano, infatti, fondati entrambi i motivi di ricorso, da esaminare unitariamente, data la loro connessione.
10.1.1. Nello scrutinare i due motivi occorre muovere dalla premessa -peraltro, assunta pure dalla sentenza impugnata, sebbene con esiti erronei -che, secondo quanto affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte, la clausola ‘ claims made ‘ non è nulla, né è immeritevole di tutela ex art. 1322 cod. civ., potendo, semmai, incidere sulla causa del contratto, rendendolo nullo. Ciò che si verifica quando il contratto cui essa risulti apposta non sia adeguato alle esigenze dell’assicurato o quando l’ impresa assicurativa -o un suo intermediario -non abbia illustrato compiutamente all’assicurando , in occasione della stipulazione, la natura e gli effetti della clausola (cfr., in motivazione, Cass. Sez. Un., sent. 24 settembre 2018, n. 22437, Rv. 650461-01).
Orbene, nell’interpretare il contratto oggetto di causa la sentenza impugnata è incorsa in un duplice errore, il primo dei quali è frutto, peraltro, di un evidente fraintendimento delle affermazioni presenti nel testé citato arresto, pronunciato da questa Corte nella sua massima sede nomofilattica.
Si legge, infatti, nella sentenza impugnata (pag. 4), che se ‘il sinistro è’ secondo le Sezioni Unite di questa Corte -‘anche nella polizza claims made come in ogni assicurazione contro i danni, qual è l’assicurazione della responsabilità civile, i l fatto materiale idoneo a provocare il danno, esso non è ontologicamente, né può essere per mera volontà delle parti, la «richiesta di risarcimento danni» come si legge invece nelle definizioni negoziali’ presenti nel contratto oggetto del presente giudizio.
Si tratta di affermazione che, tuttavia, non trova riscontro nella già menzionata pronuncia delle Sezioni Unite, la quale, al contrario, ha riconosciuto che l’autonomia negoziale delle parti,
nel dare vita alla clausola ‘ claims made ‘ , può elevare al rango di sinistro , e dunque correlare ‘ l ‘ insorgenza dell ‘ indennizzo, e specularmente dell ‘ obbligo di manleva, alla combinata ricorrenza della condotta del danneggiante (la vicenda storica determinativa delle «conseguenze patrimoniali» di cui «l ‘ assicurato intende traslare il rischio»: cioè, del «danno») e della richiesta del danneggiato ‘; sicché, per l’appunto, è proprio in tali termini che l’operare della clausola in esame risulta ‘ consentaneo ad una deroga convenzionale, abilitata dall ‘ art. 1932 cod. civ., alla disciplina del modello di assicurazione della responsabilità civile (o sotto-tipo) di cui al primo comma dell ‘ art. 1917 cod. civ., senza che ciò comporti una deviazione strutturale della fattispecie negoziale’ (così, in motivazione, Cass. Sez. Un., sent. n. 22437 del 2018, cit ., in particolare §§ 14.3. e 14.4.).
Se tanto è vero, la semplice comunicazione all’assicurata, da parte dell’assicuratrice dell’ostetrica, della notifica a quest’ultima di una informazione di garanzia non può essere in alcun modo equiparata ad una richiesta di risarcimento per i danni che dalla condotta di questa fossero derivati: quell’informazione rappresenta una fase ancora preliminare dello sviluppo dell’accertamento dell’ac caduto, per di più a fini soltanto di garanzia dell’indagato nel corso del procedimento penale, ufficiosamente condotto; sicché essa non può dirsi già univocamente in grado di configurare il dispiegamento di una pretesa risarcitoria nei confronti già solo del sanitario destinatario di quell’atto e, meno che mai, neppure del suo datore di lavoro.
Deve concludersi che la Corte territoriale ha attribuito alla chiara volontà delle parti un significato incompatibile con il tenore testuale delle espressioni adoperate, qualificando come sinistro indennizzabile la combinazione tra la condotta dannosa e la mera comunicazione di un ‘informazione di garanzia a questa riferita.
L’altro errore commesso dalla sentenza impugnata consiste nell’avere ritenuto che l’assicurazione recante clausola ‘ claims made ‘ non debba presentare ‘vuoti’ o ‘buchi d i copertura ‘, da ‘colmarsi’ attraverso l’interpretazione del contratto , quasi che esso non possa tollerare una situazione di ‘ horror vacui ‘ .
Ciò detto, se sul primo dei due errori insiste, fondatamente, il secondo motivo di ricorso, l’altro è, invece, pienamente colto dal primo motivo.
10.1.2. Nell’esaminarlo, si deve muovere dalla premessa come bene osserva anche il Procuratore Generale presso questa Corte, nel rimarcare l’avvenuto superamento del c.d. principio di gradualismo, ‘che consentiva di ricorrere ai criteri interpretativi diversi da quello del significato letterale delle parole soltanto quando quest’ultimo non fosse chiaro nell’esprimere la volontà negoziale delle parti’ che, ‘ sebbene i criteri ermeneutici di cui agli artt. 1362 e ss. cod. civ. siano governati da un principio di gerarchia interna in forza del quale i canoni strettamente interpretativi prevalgono su quelli interpretativi-integrativi, tanto da escluderne la concreta operatività quando l’applicazione dei primi risulti da sola sufficiente a rendere palese la «comune intenzione delle parti stipulanti», la necessità di ricostruire quest’ultima senza «limitarsi al senso letterale delle parole», ma avendo riguardo al «comportamento complessivo» dei contraenti comporta che il dato testuale del contratto, pur rivestendo un rilievo centrale, non sia necessariamente decisivo ai fini della ricostruzione dell’accordo, giacché il significato delle dichiarazioni negoziali non è un « prius », ma l’esito di un processo interpretativo che non può arrestarsi al tenore letterale delle parole, ma deve considerare tutti gli ulteriori elementi, testuali ed extratestuali, indicati dal legislatore’ (Cass. Sez. 3, sent. 15 luglio
2016, n. 14432, Rv. 640528-01; in senso analogo pure Cass. Sez. 6-3, ord. 8 novembre 2022, n. 32786, Rv. 666341-01).
Pertanto, sebbene ‘il criterio del senso letterale delle parole (art. 1362, comma 1, cod. civ.)’, si ponga ‘quale primo momento del processo di interpretazione’, donde la necessità di ‘valutarne la portata assorbente di eventuali, ulteriori e successivi criteri ermeneutici’ (così, tra le più recenti, in motivazione, Cass. Sez. Lav., sent. 26 ottobre 2021, n. 30135, Rv. 662581-01), resta, nondimeno, fermo che ‘nell’interpretazione del contratto il carattere prioritario dell’elemento letterale non va inteso i n senso assoluto, in quanto il richiamo contenuto nell’art. 1362 cod. civ. alla comune intenzione delle parti impone di estendere l’indagine ai criteri logici, teleologici e sistematici laddove si registri, pur nella chiarezza del testo dell’accordo, una i ncoerenza con indici esterni che rivelino una diversa volontà dei contraenti’ (così Cass. Sez. Lav., sent. 10 settembre 2021, n. 24483, non massimata).
Ne consegue, dunque, che nella ‘applicazione dei criteri interpretativi, bisogna allora avviare l’esame dall’elemento letterale, il quale assume funzione fondamentale nella ricerca della reale o effettiva volontà delle parti, dovendo tuttavia essere verifi cato alla luce dell’intero contesto contrattuale’, giacché ‘per senso letterale delle parole va intesa tutta la formulazione letterale della dichiarazione negoziale, in ogni sua parte ed in ogni parola che la compone’, dovendo, inoltre, aversi ‘riguardo al lo scopo pratico che le parti abbiano inteso realizzare con la stipulazione del contratto’ (così, in motivazione, Cass. Sez. Lav., sent. 14 settembre 2021, n. 24699, Rv. 662267-01).
Resta, dunque, confermato -anche nella più recente giurisprudenza di legittimità -quanto da questa Corte già affermato, in passato, con riferimento al principio ‘ in claris non fit interpretatio ‘ (in relazione al quale, peraltro, si era già precisato che anche quando ‘la comune intenzione delle parti risulti in modo
certo ed immediato dalla dizione letterale del contratto’, essa è pur sempre da apprezzare ‘attraverso una valutazione di merito che consideri il grado di chiarezza della clausola contrattuale mediante l’impiego articolato dei vari canoni ermeneutici’, in quanto essi risultano ‘legati da un rapporto di implicazione necessaria’; cfr. Cass. Sez. Lav., sent. 3 giugno 2014, n. 12360, Rv. 63105101), vale a dire, che esso ‘non trova applicazione nel caso in cui il testo negoziale sia chiaro, ma non coerente con ulteriori ed esterni indici rivelatori della volontà dei contraenti’ (Cass. Sez. 3, sent. 9 dicembre 2014, n. 25840, Rv. 633421-01; più di recente, soprattutto in motivazione, Cass. Sez. 6-3, ord. n. 32786 del 2022, cit .). Ciò che, peraltro, non equivale a ‘depotenziare’ il rilievo del canone dell’interpretazione letterale, in quanto ‘l’art. 1362 cod. civ., allorché nel comma 1 prescrive all’interprete di indagare quale sia stata la comune intenzione delle parti senza limitarsi al senso letterale delle parole, non svaluta l’elemento letterale del contratto ma, al contrario, intende ribadire che, qualora la lettera della convenzione, per le espressioni usate, riveli con chiarezza ed univocità la volontà dei contraenti e non vi sia divergenza tra la lettera e lo spirito della convenzione, una diversa interpretazione non è ammissibile’ (Cass. Sez. 1, ord. 16 aprile 2023, n. 10967, Rv. 667678-01).
10.1.3. Se tale deve essere, dunque, il corretto ‘ modus operandi ‘ nell’interpretazione del contratto, risulta evidente come il suddetto processo ‘circolare’ di interpretazione del contratto debba valorizzare , oltre al ‘contesto negoziale integrale ai sensi dell’art. 1363 cod. civ., anche i criteri di interpretazione soggettiva stabiliti dagli artt. 1369 e 1366 cod. civ., rispettivamente volti a consentire l’accertamento del significato dell’accordo in coeren za con la relativa ragione pratica o causa concreta (in conformità agli interessi che le parti abbiano inteso
tutelare mediante la stipulazione negoziale), ed altresì ad escludere, mediante un comportamento improntato a lealtà e salvaguardia dell’altrui interesse, interpretazioni cavillose che depongano per un significato in contrasto con gli interessi che le part i abbiano inteso tutelare mediante la stipulazione negoziale’ (così, sempre in motivazione, Cass. Sez. Lav., sent. n. 24699 del 2021, cit .; analogamente pure Cass. Sez. 2, ord. 4 aprile 2024, n. 8940, Rv. 670956-01).
Emerge, dunque, che, nell’utilizzazione di tali ulteriori criteri ermeneutici -oltre quello letterale -diretti alla ‘ricerca della reale volontà delle parti’, posizione centrale è destinato ad assumere ‘quello funzionale, che attribuisce rilievo alla «ragione pratica» del contratto, in conformità agli interessi che le parti hanno inteso tutelare mediante la stipulazione negoziale’ (Cass. Sez. 3, sent. 22 novembre 2016, n. 23701, Rv. 642983-01; in senso analogo anche Cass. Sez. 3, sent. 6 luglio 2018, n. 17718, Rv. 64966201, nonché, in motivazione, Cass. Sez. Un., sent. 8 marzo 2019, n. 6882, non massimata, e, di recente, Cass. Sez. Lav., ord. 25 gennaio 2022 n. 2173, Rv. 663736-01).
Ciò detto, riguardata anche sotto il profilo ‘funzionale’, l’interpretazione accolta dalla sentenza impugnata d ell’articolo 21 del contratto ( secondo cui la garanzia opera solo per ‘le richieste di risarcimento presentate per la prima volta all’Assicurato durante il periodo di assicurazione’ ) non è rispondente alla comune intenzione delle parti.
Difatti, se ‘la causa del contratto è lo scopo pratico del negozio, la sintesi, cioè, degli interessi che lo stesso è concretamente diretto a realizzare (c.d. causa concreta), quale funzione individuale della singola e specifica negoziazione, al di là del modello astratto utilizzato’ (Cass. Sez. 3, sent. 8 maggio 2006, n. 10490, Rv. 592154-01; in senso conforme Cass. Sez. 3, sent. 12 novembre 2009, n. 23941, Rv. 610016-01), non può
sostenersi -in ciò cogliendo pienamente nel segno la censura della ricorrente -che la necessità di ‘evitare scoperture’ rappresenti la ‘sintesi’ degli interessi di entrambe le parti, e non (al più) un motivo che ha orientato la condotta dell’AUSL.
Non è, infatti, un caso se la Corte felsinea, per giustificare la proposta interpretazione, faccia riferimento -come detto -al ‘vuoto’ o ‘buco di copertura’ che si sarebbe determinato in presenza del nuovo contratto concluso con la società RAGIONE_SOCIALE, e ciò quand’anche la stessa ‘fosse rimasta in bonis ‘.
Così ragionando, però, la sentenza finisce con il ricostruire la comune intenzione di RAGIONE_SOCIALE e della AUSL piacentina sulla base di un elemento ‘spurio’, se è vero che ‘in tema di interpretazione del contratto, il comportamento tenuto dalle parti dopo la sua conclusione, cui attribuisce rilievo ermeneutico il secondo comma dell’art. 1362 cod. civ., è solo quello di cui siano stati partecipi entrambi i contraenti’ (Cass. Sez. 1, sent. 19 luglio 2012, n. 12535, Rv. 623313-01), e non quello posto in essere da uno soltanto di essi, in difetto di altri -e soprattutto univoci, qui (come visto) mancanti -indici di una volontà, comune anche alla prima assicuratrice, di mantenere, a peculiare tutela dell’assicurata, operativa la garanzia anche dopo il termine finale di validità della polizza in concreto stipulata.
Non può, in altri termini, addossarsi all’assicuratrice un onere di protezione della controparte al di là di quanto sia stato tra loro espressamente convenuto, ove non risulti che il concreto assetto di interessi sia inadeguato rispetto a quanto reciprocamente rappresentatosi dalle parti al momento della conclusione del contratto: ben potendo, così, l’assicurata scegliere, in rapporto alle opzioni percorribili ed ai relativi corrispondenti e differenziati costi, il complessivo regolamento pattizio reputato più consono.
11. In conclusione, il risolto va accolto e la sentenza impugnata va cassata, rinviando alla Corte d’appello di Bologna, in diversa composizione, per la decisione sul merito e sulle spese processuali, ivi comprese quelle del presente giudizio di legittimità, in applicazione del seguente principio di diritto:
‘ in presenza di un contratto di assicurazione per la responsabilità civile, recante clausola « on claims made », la previsione contrattuale che subordina il pagamento dell’indennizzo, a nche in relazione a fatti verificatisi anteriormente alla conclusione del contratto, alla condizione che la richiesta di risarcimento pervenga all’ assicurato solo durante il periodo di vigenza del rapporto contrattuale, non può interpretarsi nel senso di parificare a tale richiesta l’avvenuta conoscenza, da parte dell’assicurato, dell’invio di un’informazione di garanzia ex art. 369 cod. proc. pen., in relazione al fatto dal quale origina la pretesa risarcitoria fatta valere nei suoi confronti dopo il termine di vigenza del rapporto ‘.
P. Q. M.
La Corte accoglie il ricorso e cassa la sentenza impugnata, rinviando alla Corte d’appello di Bologna, in diversa composizione, per la decisione sul merito e sulle spese processuali, ivi comprese quelle del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, all’esito della camera di consiglio della