Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 1527 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 1527 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 15/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 29742/2022 R.G. proposto da:
NOME COGNOME elettivamente domiciliato in PALERMO INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che lo rappresenta e difende
-ricorrente –
contro
UFFICIO TERRITORIALE DEL GOVERNO PALERMO -PREFETTO DI PALERMO
-intimato – avverso la SENTENZA del TRIBUNALE PALERMO n. 2101/2022 depositata il 17/05/2022.
Oggetto: Sanzioni amministrative -Art. 116, commi 14, 15, 16 C.d.S. -Sequestro amministrativo
R.G.N. 29742/2022
Ad. 28/11/2023 CC
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 28/11/2023 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza in data 17 maggio 2022, il Tribunale di Palermo, nella regolare costituzione dell’appellata RAGIONE_SOCIALE PALERMO, ha respinto il gravame proposto da NOME COGNOME avverso la sentenza del Giudice di Pace di Palermo n. 1272/2020 la quale, a propria volta, aveva respinto l’opposizione al verbale di contestazione della Polizia Stradale n. NUMERO_DOCUMENTO datato 28 maggio 2019, con il quale era stata contestata la violazione di cui all’art. 116, comma 14, C.d.S. ed erano state elevate la sanzi one pecuniaria di € 398,00 e la sanzione accessoria del sequestro amministrativo del veicolo finalizzato alla confisca, di cui al medesimo art. 116, commi 15 e 17.
L’illecito amministrativo era stato contestato in quanto in data 28 maggio 2001 NOME COGNOME era stato trovato alla guida del motociclo Honda SH 150 tg. TARGA_VEICOLO -di proprietà del ricorrente – mentre circolava senza aver conseguito la patente di guida.
Il Tribunale di Palermo, nell’esaminare i due motivi di gravame, ha:
-disatteso la tesi dell’appellante, secondo il quale la circolazione del veicolo era avvenuta prohibente domino ex art. 196 C.d.S., rilevando che nella specie era mancato da parte dell’appellante, un comportamento concretamente ed adeguatamente ostativo alla circolazione del veicolo, non essendo state adottate adeguate cautele per impedire la circolazione medesima, ed anzi risultando che NOME COGNOME aveva potuto agevolmente prelevare le chiavi del motociclo -essendo questa conservate in luogo facilmente
accessibile -e che, ulteriormente, il motociclo era privo di dispositivi di blocco;
-disatteso l’ulteriore tesi dell’appellante, secondo il quale il sequestro del veicolo era precluso dal fatto che la violazione non era stata commessa dal proprietario del mezzo, replicando a tale tesi che nel caso di contestazione dell”incauto affidamento ‘ ex art. 116, comma 14, C.d.S. il proprietario non poteva essere ritenuto persona estranea alla violazione.
Per la cassazione della pronuncia del Tribunale di Palermo ricorre ora NOME COGNOME con unico motivo.
La PREFETTURA DI PALERMO è rimasta intimata.
In data 18 aprile 2023 è stata formulata ex art. 380bis cpc proposta di definizione del ricorso con declaratoria di inammissibilità ex art. 380bis , n. 1), c.p.c.
In data 16 maggio 2023 il ricorrente ha depositato istanza per la definizione del giudizio.
La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio, a norma degli artt. 375, secondo comma, e 380 bis.1, c.p.c.
Il ricorrente ha depositato memoria.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Con l’unico motivo di ricorso viene dedotta, testualmente, ‘violazione e falsa applicazione del combinato disposto dell’art. 213 comma 4° e dell’art. 116 comma 14° e comma 17° del C.d.S – ERRORE DI DIRITTO – Illegittimità della sanzione accessoria del sequestro finalizzato alla confisca’ .
Argomenta, in particolare, il ricorso che la sanzione accessoria della confisca per la violazione dell’art. 116, commi 15 e 17, è da ritenersi prevista nei confronti del proprietario del veicolo che sia anche
trasgressore e non anche nei confronti del proprietario nell’ipotesi in cui il trasgressore sia un terzo.
Ne consegue, argomenta il ricorso, che l’odierno ricorrente era da considerarsi ‘persona estranea’ alla violazione, in quanto la circolazione del motoveicolo era avvenuta contro la sua volontà, potendosi giungere a tale conclusione sulla base della ricostruzione dei fatti operata dallo stesso Tribunale che, quindi, avrebbe errato a ritenere che le circostanze da esso stesso individuate non valessero ad integrare una ipotesi di circolazione del veicolo contro la volontà del suo proprietario.
Argomenta ulteriormente il ricorrente che una interpretazione sistematica dovrebbe condurre ad escludere l’applicazione della sanzione accessoria di cui all’art. 116. comma 17, del C.d.S. al proprietario del mezzo che non abbia partecipato con coscienza e volontà al compimento dell’illecito.
2. Il ricorso è inammissibile.
Occorre invero ribadire che il vizio della sentenza previsto dall’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., dev’essere dedotto, a pena d’inammissibilità del motivo giusta la disposizione dell’art. 366, n. 4, c.p.c., non solo con l’indicazione delle norme che si assumono violate ma anche, e soprattutto, mediante specifiche argomentazioni intellegibili ed esaurienti, intese a motivatamente dimostrare in qual modo determinate affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata debbano ritenersi in contrasto con le indicate norme regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione delle stesse fornite dalla giurisprudenza di legittimità, diversamente impedendo alla corte regolatrice di adempiere al suo compito istituzionale di verificare il fondamento della lamentata violazione. (Cass. Sez. 1 – Ordinanza n.
16700 del 05/08/2020; Cass. Sez. 1 – Sentenza n. 24298 del 29/11/2016).
Il ricorrente, quindi, a pena d’inammissibilità della censura, ha l’onere di indicare le norme di legge di cui intende lamentare la violazione, di esaminarne il contenuto precettivo e di raffrontarlo con le affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata, che è tenuto espressamente a richiamare, al fine di dimostrare che queste ultime contrastano col precetto normativo, non potendosi demandare alla Corte il compito di individuare – con una ricerca esplorativa ufficiosa, che trascende le sue funzioni – la norma violata o i punti della sentenza che si pongono in contrasto con essa (Cass. Sez. U – Sentenza n. 23745 del 28/10/2020).
Per contro, come già rilevato nella proposta formulata ex art. 360bis c.p.c., il motivo di ricorso viene ad imperniare le proprie deduzioni su profili squisitamente fattuali, in tal modo evidenziando che le proprie censure non investono in concreto le considerazioni in diritto contenute nella decisione impugnata.
Vale ulteriormente -ex art. 360bis , n. 1), c.p.c. -l’orientamento di questa Corte (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 17398 del 25/06/2008; Cass. Sez. 1, Sentenza n. 7666 del 18/08/1997), nel momento in cui ha ritenuto operanti sia la responsabilità (solidale) prevista in capo al proprietario del veicolo per le violazioni alle regole del Codice della Strada commesse da terzi, ex artt. 6, primo comma, L. n. 689/1981, e 196, primo comma, C.d.S., sia l’assoggettamento del medesimo proprietario alla correlata sanzione accessoria della confisca del mezzo, nell’ipotesi in cui quest’ultimo non provi che la circolazione del veicolo è avvenuta contro il suo volere e non è riconducibile a dolo o colpa nell’omessa custodia del veicolo medesimo.
Quanto al profilo della circolazione invito domino , deve essere qui richiamato il costante orientamento di questa Corte che ha subordinato l’affermazione di tale ultima ipotesi alla presenza di un concreto ed idoneo comportamento ostativo dello stesso proprietario, specificamente inteso a vietare ed impedire la circolazione del veicolo, mediante l’adozione di cautele -da valutarsi in relazione al caso concreto – tali che la sua volontà non possa risultare superata (cfr., in tema di violazioni del C.d.S., Cass. Sez. 2 – Ordinanza n. 26922 del 20/09/2023; Cass. Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 22318 del 21/10/2014; Cass. Sez. 1, Sentenza n. 7666 del 18/08/1997 , nonché, per l’affine profilo connesso all’art. 2054 c.c., Cass. Sez. 3, Sentenza n. 15478 del 14/07/2011; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 15521 del 07/07/2006).
Alla luce di dette considerazioni, assente nella decisione impugnata qualunque affermazione che si ponga on contrasto con detti principi, le argomentazioni del ricorrente si sostanziano nel protestare la propria estraneità alla violazione contestata sulla scorta di elementi di fatto già valutati dal giudice del merito ed incensurabili nella presente sede di legittimità.
Alla declaratoria di inammissibilità non consegue alcuna statuizione in ordine alla regolamentazione delle spese processuali, non essendosi costituita l’Amministrazione intimata .
Deve invece trovare applicazione l’art. 380 -bis , ultimo comma, c.p.c., avendo questa Corte deciso in conformità della proposta, e conseguentemente il ricorrente deve essere condannato al pagamento, in favore della cassa delle ammende, di una somma che si stima di determinare nella misura di € 3.000,00.
Opera, infatti, il principio, recentemente affermato da questa Corte, per cui in tema di procedimento per la decisione accelerata dei ricorsi inammissibili, improcedibili o manifestamente infondati, di cui all’art.
380bis c.p.c. (come novellato dal d.lgs. n. 149 del 2022), la condanna del ricorrente al pagamento della somma di cui all’art. 96, quarto comma, c.p.c. in favore della cassa delle ammende – nel caso in cui egli abbia formulato istanza di decisione (ai sensi dell’ultimo comma dell’art. 380bis c.p.c.) e la Corte abbia definito il giudizio in conformità alla proposta – deve essere pronunciata anche qualora nessuno dei soggetti intimati abbia svolto attività difensiva, avendo essa una funzione deterrente e, allo stesso tempo, sanzionatoria rispetto al compimento di atti processuali meramente defatigatori. (Cass. Sez. U – Ordinanza n. 27195 del 22/09/2023).
5. Infine, stante il tenore della pronuncia, va dato atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, della “sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto” , spettando all’amministrazione giudiziaria verificare la debenza in concreto del contributo, per la inesistenza di cause originarie o sopravvenute di esenzione dal suo pagamento (Cass. Sez. U, Sentenza n. 4315 del 20/02/2020 – Rv. 657198 – 05).
P. Q. M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento, in favore della Cassa delle ammende, della somma di € 3.000,00.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 comma 1quater , nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1bis , ove dovuto.
Così deciso in Roma, nell ‘adunanza camerale in data 28 novembre