Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 13337 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 13337 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 19/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso n. 15543-2024 r.g. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE nella sua qualità di assuntore del concordato fallimentare RAGIONE_SOCIALE con sede legale in Milano, INDIRIZZO (codice fiscale e P.IVA P_IVACODICE_FISCALE, in persona del proprio amministratore unico Geom. NOME COGNOME rappresentata e difesa come da procura in calce al ricorso, dall’avv. NOME COGNOME del Foro di Roma ed elettivamente domiciliata presso il suo studio in Roma, INDIRIZZO
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in fallimento, con sede in Grisignano di Zocco, INDIRIZZO, C.F. P_IVA, P.IVA P_IVA, in persona del liquidatore dott. NOME COGNOME difesa e rappresentata, come da procura speciale allegata in atti, dall’avv. NOME COGNOME del Foro di Vicenza.
–
contro
ricorrente –
avverso il provvedimento di rigetto della Corte d’Appello di Venezia, ad esito di procedimento di reclamo ex art. 26 l.f. nei confronti del decreto emesso dal Tribunale di Vicenza in data 08.02.2024;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 28/4/2025 dal Consigliere dott. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con il provvedimento impugnato la Corte di Appello di Venezia ha rigettato il reclamo presentato da RAGIONE_SOCIALE nei confronti di RAGIONE_SOCIALE in fallimento, avverso il provvedimento del Tribunale di Vicenza dichiarativo della chiusura del fallimento della predetta società.
La Corte territoriale ha ricordato ed osservato che: (i) con decreto datato 8/2/24, il Tribunale di Vicenza aveva dichiarato la chiusura del fallimento della società RAGIONE_SOCIALE per concordato fallimentare, sul presupposto che il concordato era stato omologato con decreto del 13/1/22 della Corte d’Appello di Venezia, provvedimento ormai divenuto definitivo, che il conto di gestione era stato approvato in data 20/4/22 e che le attività residue potevano essere compiute anche dopo la chiusura ex art. 130 l. fall.; (ii) i presupposti per la chiusura del fallimento, previsti dal l’art. 130 l . fall., nell’ipotesi di concordato fallimentare, si individuano solo nella definitività del decreto di omologazione e nella presentazione del conto della gestione; (iii) non era neanche calzante l’obiezione sollevata dalla reclamante secondo cui, il curatore, con nota del 29/1/24, aveva riferito di dover effettuare una attenta verifica delle modifiche nel frattempo intervenute sullo stato passivo, ai fini della predisposizione del riparto finale, posto che la verifica del curatore era infatti adempimento del professionista incaricato che proseguiva al di fuori della procedura giudiziale e che ineriva alla fase negoziale, ormai avviata in conseguenza dell’omologa del concordato fallimentare ; (iv) la chiusura del fallimento non impedisce il completamento della procedura di liquidazione dei beni e di pagamento dei creditori secondo il piano approvato da questi ultimi, tenendo conto che, comunque, ex art. 136 l. fall., dopo l’omologazione del concordato, il giudice delegato, il curatore e il comitato dei creditori ne sorvegliano l’adempimento; (v) sarebbe infatti contrario alla ratio delle norme in materia di concordato fallimentare prevedere una coincidenza della durata
della procedura giudiziale con quella della fase successiva all’omologa del concordato fallimentare, destinata all’esecuzione di questo.
Il provvedimento, pubblicato in data 08.02.2024, è stato impugnato da RAGIONE_SOCIALE con ricorso per cassazione, affidato ad un unico motivo, cui RAGIONE_SOCIALE in fallimento ha resistito con controricorso. Il controricorrente ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo ed unico motivo la società ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 118, 120 e 130 l. fall.
1.1 Osserva la ricorrente che, nella fattispecie in esame, non poteva operare la c.d. ‘ultrattività’ degli organi fallimentari prevista dall’articolo 118 , secondo comma, l. fall., come sostenuto dalla Corte d’appello: tale norma, infatti, non contempla le attività ancora da svolgersi per l’esecuzione del concordato fallimentare, come quelle di cui si trattava nel caso di specie. Aggiunge che, nella proposta di concordato, si leggevano infatti chiaramente le modalità della corretta esecuzione del concordato, secondo le quali il curatore avrebbe dovuto provvedere, in ragione della progressiva liquidazione degli oneri prededucibili, al pagamento per gli altri importi stabiliti dal giudice delegato, secondo il piano concordatario.
1.2 Sostiene pertanto la ricorrente che, solamente eseguiti tutti gli adempimenti previsti nel piano, si poteva determinare la chiusura del fallimento, con il conseguente compimento degli adempimenti di rito, ivi inclusa la presentazione delle dichiarazioni fiscali finali previste per legge.
Le doglianze articolate dalla ricorrente sono infondate.
2.1 Occorre infatti evidenziare la chiarezza del dato normativo di cui si sta qui discutendo.
Secondo l’art. 130, secondo comma, l. fall., due sono le condizioni normativamente previste per addivenire alla chiusura del fallimento, in seguito a concordato fallimentare: (i) la definitività del decreto di omologazione; e (ii) il rendiconto di gestione predisposto dal curatore fallimentare, ai sensi dell’art. 116 l. fall. (nel precedente regime normativo, v. anche, Cass. Sez. 1, Sentenza n. 20977 del 27/11/2012).
Ebbene, nel caso di specie ricorrono, come fatti non contestati, entrambe le predette condizioni.
Ne consegue che correttamente la Corte d’ appello ha ritenuto che il decreto di chiusura del fallimento emesso dal Tribunale di Vicenza, poi reclamato da RAGIONE_SOCIALE era intervenuto legittimamente, alla luce dell’ accertata definitività del decreto di omologazione e della presentazione del conto della gestione da parte del curatore.
Infatti, il concordato fallimentare veniva omologato con decreto divenuto definitivo in data 31.1.2022. L’intervenuta definitività del decreto di omologa e la successiva presentazione, da parte del curatore, del rendiconto finale della gestione sono fatti – come già sopra rilevato – non contestati e tali, per sé soli, da legittimare l’istanza di chiusura del fallimento , ai sensi del sopra richiamato art. 130, comma 2, l. fall.
Contrariamente a quanto rilevato dalla società ricorrente, a nulla rilevano le osservazioni svolte dal curatore nella sua nota informativa in ordine ad una corretta esecuzione del concordato, ciò in quanto le attività residue possono essere compiutamente svolte, anche successivamente alla chiusura del fallimento, proprio in ragione di quanto disposto da ll’art. 130, comma 2, l. fall. Per quanto già sopra osservato, la norma da ultimo menzionata prevede espressamente che quando il decreto di omologazione diviene definitivo il curatore rende il conto della gestione e il Tribunale dichiara chiuso il fallimento. Si tratta, cioè, di adempimenti necessitati per il curatore e per i quali non vi sono margini di opinabilità per gli altri organi della procedura e per i creditori stessi.
2.2 Alla luce delle sopra riferite riflessioni risulta pertanto non condivisibile la obiezione della ricorrente secondo cui la chiusura del fallimento sarebbe possibile solo ultimata l’esecuzione del concordato. Così, del pari la doglianza – secondo la quale lo stesso curatore aveva riferito di dover effettuare una attenta verifica delle modifiche nel frattempo intervenute sullo stato passivo, ai fini della predisposizione del riparto finale – è stata correttamente sconfessata dalla Corte d’ appello e non è comunque condivisibile, se solo si considera che, in realtà, tale verifica integra un adempimento del professionista incaricato, adempimento che prosegue al di fuori della
procedura giudiziale e che inerisce alla fase negoziale successiva a ll’omologa del concordato fallimentare e conseguente alla stessa.
In realtà, la chiusura del fallimento non impedisce gli adempimenti previsti nel concordato fallimentare nella sua fase esecutiva, nonché il completamento della procedura di liquidazione dei beni e di pagamento dei creditori, secondo il piano approvato da questi ultimi. Ne è riprova che, ai sensi dell’art. 136 l. fall ., dopo l’omologazione del concordato , il giudice delegato, il curatore e il comitato dei creditori ne sorvegliano l’adempimento , secondo le modalità stabilite nel decreto di omologazione.
Ciò significa che la chiusura del fallimento, dopo la definitività dell’omologazione del concordato fallimentare e la predisposizione del conto di gestione del curatore, non risulta certo ostativa all ‘ esecuzione del concordato, secondo le previsioni del piano, sotto la vigilanza ed il controllo degli organi della procedura, che conservano peraltro la propria legittimazione, anche processuale, proprio in ragione dell ‘attività stessa di esecuzione del concordato (per la prosecuzione della legittimazione processuale del curatore, v. anche Cass. Sez. 1, Sentenza n. 16040 del 21/07/2011).
In questo contesto argomentativo risulta pertanto corretta anche l’ulteriore affermazione che si legge nel provvedimento impugnato, secondo la quale ‘sarebbe contrario alla ratio delle norme in materia di concordato fallimentare, prevedere una coincidenza della durata della procedura giudiziale con quella della fase successiva all’omologa del concordato fallimentare, destinata all’esecuzione di questo’ (p. 3 decreto impugnato).
Ne consegue che proprio la ‘ultrattività’ degli organi fallimentari – non limitata, come sostenuto da parte ricorrente, ai soli fini di quanto previsto dall’art. 118, comma 2, terzo periodo e seguenti l. fall., ma estesa anche alle attività ancora da svolgersi per l’esecuzione del concordato fallimentare -legittima la lettura del disposto normativo dettato dal secondo comma dell’art. 130 l. fall., nel senso che la chiusura della procedura fallimentare non risulta ostativa alla prosecuzione dell’attività di liquidazione e di esecuzione del concordato fallimentare.
Ne consegue il rigetto del ricorso.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art.13 (Cass. Sez. Un. 23535 del 2019).
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 6.500 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, se dovuto, per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, il 28.4.2025