Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 26868 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 26868 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 16/10/2024
Oggetto:
titoli di credito
AC – 19/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 18130/2021 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , in persona del l.r.p.t., dom.ta in Roma, INDIRIZZO, presso la Cancelleria della Suprema Corte di Cassazione, nonché all’indirizzo pec EMAIL, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO, giusta procura in calce al ricorso;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE , in persona del l.r.p.t., elett.te dom.ta in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO che la rappresenta e difende giusta procura a margine del controricorso;
-controricorrente –
e nei confronti di
RAGIONE_SOCIALE
-intimata – avverso la sentenza della Corte di appello di Roma, quarta sezione civile, n. 1079/2021 del 11 febbraio 2021, resa nel procedimento n.r.g. 4141/2019;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio non partecipata del 19 settembre 2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
RILEVATO CHE
1. Con atto di citazione, notificato il 3 aprile 1996, la RAGIONE_SOCIALE conveniva in giudizio, dinanzi al Tribunale di Vicenza, la RAGIONE_SOCIALE della Ciociaria s.p.a., chiedendone la condanna al pagamento della somma di Lire 284.000.000, oltre rivalutazione monetaria ed interessi legali, a titolo di risarcimento del danno per il pagamento di un assegno bancario, tratto sul proprio conto acceso presso la filiale di Vicenza del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, effettuato a persona diversa dal legittimo beneficiario. Nel giudizio veniva evocato, su istanza della convenuta, il RAGIONE_SOCIALE, dal quale la RAGIONE_SOCIALE della Ciociaria intendeva essere manlevata di quanto sarebbe stata – in ipotesi – tenuta pagare alla società attrice. La causa, cancellata dal ruolo per incompetenza territoriale del giudice adito, veniva riassunta dinanzi al Tribunale di Latina che, con sentenza n. 546/2005, rigettava nel merito la domanda proposta dalla RAGIONE_SOCIALE nei confronti della RAGIONE_SOCIALE della Ciociaria, mentre dichiarava inammissibile la domanda proposta dall ‘originaria attrice, soltanto nella comparsa di
riassunzione della causa dinanzi al giudice competente, nei confronti del terzo chiamato RAGIONE_SOCIALE La Corte d’appello di Roma, con sentenza n. 3125/2013, accoglieva parzialmente l’appello proposto dalla RAGIONE_SOCIALE e, tenuto conto del concorso di colpa della danneggiata, determinato in misura del 20% e dell’acconto già corrisposto, condannava RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE) al pagamento della somma di Euro 91.516,17, oltre rivalutazione ed interessi, a favore della RAGIONE_SOCIALE Veniva rigettato, invece, l’appello proposto nei confronti della RAGIONE_SOCIALE della Ciociaria s.p.a. Il giudice del gravame riteneva infatti che, mentre il comportamento della banca negoziatrice dell’assegno (RAGIONE_SOCIALE della Ciociaria) fosse esente da colpa, non altrettanto lo fosse quello della banca trattaria (RAGIONE_SOCIALE), atteso il carattere grossolano dell’alterazione dell’assegno in questione, percepibile ictu oculi anche da un profano. Questa Corte, adita da RAGIONE_SOCIALE S.p.a., con ordinanza n. 6923 del 2019, cassava la decisione impugnata, rilevando la fondatezza della censura con cui la predetta banca lamentava l’ erronea declaratoria di ammissibilità della domanda di garanzia formulata da RAGIONE_SOCIALE nei confronti dell’allora RAGIONE_SOCIALE solamente nella comparsa di riassunzione della causa dinanzi al Tribunale di Latina, dichiarato competente. N ell’occasione questa Corte, ribadendo il principio di diritto secondo cui l’estensione automatica della domanda attorea al terzo chiamato non opera nell’ipotesi in cui il terzo venga evocato in giudizio dal convenuto in garanzia, in ragione dell’autonomia sostanziale dei due rapporti, ancorché confluiti in un unico processo, rilevava che nella fattispecie la chiamata del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE avrebbe dovuto essere effettuata dall’attrice RAGIONE_SOCIALE
RAGIONE_SOCIALE fin dalla prima udienza di comparizione ex art. 180 cod. proc. civ. (nel testo applicabile ratione temporis ) dinanzi al Tribunale di Vicenza, sicché quella effettuata per la prima volta innanzi al Tribunale di Latina era tardiva. La causa veniva riassunta in fase di rinvio innanzi alla Corte di appello di Roma che, per quanto in questa sede ancora rileva, ha ritenuto, in applicazione del citato principio di diritto, l’infondatezza dell’appello proposto da RAGIONE_SOCIALE nei confronti di RAGIONE_SOCIALE, rilevando come correttamente il giudice di primo grado avesse dichiarato inammissibile la domanda di risarcimento del danno proposta direttamente dall’originaria attrice nei confronti del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE nell’atto di riassunzione, considerando che la domanda di risarcimento era stata proposta in origine esclusivamente nei confronti della RAGIONE_SOCIALE della Ciociaria e non anche nei confronti del terzo chiamato in causa dalla convenuta.
RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso, mentre il RAGIONE_SOCIALE, subentrato medio tempore in lite, è rimasto intimato.
Il Procuratore Generale, nella persona del AVV_NOTAIO NOME COGNOME, ha fatto pervenire conclusioni scritte con le quali ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO CHE
1. Il ricorso lamenta:
Primo motivo «1) Violazione e falsa applicazione del principio di diritto enunciato dalla sentenza di Cassazione n. 6923/2019 al caso di specie, in punto all’estensione automatica della domanda dell’attore al chiamato in causa da parte del convenuto , in relazione all’ art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.», deducendo l’erroneità della sentenza impugnata laddove ha
ritenuto che nel caso di specie l’allora RAGIONE_SOCIALE della Ciociaria avesse evocato in giudizio il credito italiano in garanzia, per poi escludere su tale errato presupposto l’operatività del principio dell’estensione automatica della domanda attorea nei confronti del terzo, dovendo ribadirsi che dal contenuto sostanziale della comparsa di risposta della RAGIONE_SOCIALE della Ciociaria si desumeva senza alcun dubbio che la predetta banca, nell’affermare la propria estraneità alla vicenda, aveva negato la propria responsabilità addossandola in via esclusiva in capo alla terza chiamata RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, di talché nella specie si trattava di una chiamata a titolo di responsabilità diretta e non a titolo di manleva.
b. Secondo motivo «2) Violazione e falsa applicazione dell’art. 106 e 112 c.p.c. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.», deducendo l’erroneità della sentenza impugnata per non aver correttamente interpretato il contenuto sostanziale della comparsa di risposta della RAGIONE_SOCIALE della Ciociaria, dalla quale si desumeva con ogni evidenza che si trattava della chiamata del terzo ritenuto responsabile dell’evento dannoso e non di una chiamata in garanzia.
I due motivi di ricorso, che possono essere congiuntamente esaminati, sono infondati atteso che la qualificazione giuridica del contenuto della domanda formulata dall’originaria convenuta RAGIONE_SOCIALE della Ciociaria nei confronti del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, terzo chiamato, è stata già effettuata da questa Corte nella sentenza di cassazione con rinvio n. 6923 del 2019, laddove il motivo di ricorso proposto da RAGIONE_SOCIALE è stato accolto proprio sulla base della qualificazione della domanda in questione come domanda di garanzia e non come autonoma domanda di responsabilità. Tanto
determina che, richiamati i principi dei limiti del giudizio di rinvio, nei sensi precisati da questa Corte come ‘giudizio chiuso’ (da ultimo, ex multis, Sez. 2, Ordinanza n. 24357 del 10/08/2023), sulla qualificazione della chiamata in causa come domanda di garanzia nessun accertamento in fatto era più possibile effettuare in fase di rinvio, siccome la qualificazione in tali termini della domanda era stata fatta da questa Corte e posta alla base del principio di diritto affermato nella sentenza rescindente. In effetti, il ricorso si fonda su un’interpretazione della domanda diversa da quella radicata nella sentenza di cassazione n. 6923 del 2019, ciò che con ogni evidenza non è consentito, alla luce dei richiamati principi.
La soccombenza regola le spese, liquidate come in dispositivo.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto (Cass. S.U., n. 4315 del 20 febbraio 2020).
P.Q.M.
la Corte rigetta il ricorso e condanna RAGIONE_SOCIALE a rifondere a RAGIONE_SOCIALE le spese della presente fase di legittimità, che liquida in complessivi euro 6.200,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento e agli accessori di legge; dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato
pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 19 settembre