Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 6503 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 6503 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 12/03/2024
sul ricorso 6159/2020 proposto da:
Monte dei Paschi di Siena RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE in persona del Procuratore Speciale, rappresentate e difese dall’avvocato COGNOME NOME, presso il cui studio in INDIRIZZO INDIRIZZO è domiciliata;
-ricorrente – contro
RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE di COGNOME NOME;
– intimati – avverso la sentenza n. 1611/2019 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE, depositata il 04/07/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 09/11/2023 da COGNOME NOME;
Ritenuto che
1.-La società RAGIONE_SOCIALE ha preso in RAGIONE_SOCIALE o un autocarro da RAGIONE_SOCIALE di COGNOME NOME, rivenditore del produttore. La somma necessaria ad acquisire il bene (96 mila euro) è stata finanziata da RAGIONE_SOCIALE. In sostanza, quest’ultima ha acquistato il bene dal produttore e lo ha concesso in RAGIONE_SOCIALE all’utilizzatore, la società RAGIONE_SOCIALE.
2.Tuttavia, l’utilizzatore ha riscontrato che l’autocarro non aveva le qualità promesse e ne ha fatto denuncia, con la conseguenza che MPS ha interrotto il pagamento del prezzo al venditore.
2.1- NOME, società concedente, ha quindi ottenuto decreto ingiuntivo verso MPS per la somma relativa al prezzo, ed MPS si è opposta citando in giudizio sia NOME che NOME, ma ha anche chiesto la risoluzione del contratto ed il risarcimento del danno, o in subordine, di essere tenuta indenne da RAGIONE_SOCIALE.
3.Il Tribunale di Livorno ha rigettato l’opposizione, dunque la domanda di RAGIONE_SOCIALE verso NOMENOME NOME ha accolto quella di RAGIONE_SOCIALE verso RAGIONE_SOCIALE, condannando quest’ultima alla restituzione a RAGIONE_SOCIALE della somma versa ta per l’acquisto.
3.1.- RAGIONE_SOCIALE ha però proposto appello innanzitutto lamentando la nullità della citazione nei suoi confronti, fatta in termini di chiamata di terzo, ma senza previa autorizzazione del giudice.
3.2.- La Corte di Appello di Firenze ha accolto questo motivo di appello ed ha conseguentemente annullato la condanna di RAGIONE_SOCIALE.
4.-Avverso tale decisione ricorre RAGIONE_SOCIALE con tre motivi e memoria.
Nessuno degli intimati si è costituito.
Considerato che
5.- La ratio della decisione impugnata, come si è anticipato, è nel senso che, nella opposizione a decreto ingiuntivo, l’opponente assume la veste formale di attore e sostanziale di convenuto, e dunque in quanto convenuto, per chiamare un terzo in causa, deve ottenere autorizzazione del giudice.
Questa affermazione è fatta sulla scorta di una giurisprudenza di questa Corte, che risulta consolidata: <> (Cass. 8718/ 2000; Cass. 4800/ 2007; Cass. 21101/ 2015; ma anche Cass. 25499/ 2021 in cui si afferma che il 3^ comma dell’articolo 269 c.p.c. si applica all’opposto , in quanto sostanzialmente attore).
Il ricorso di MPS prende atto di questo orientamento ma ne auspica il superamento, per i motivi che seguono.
6.- Con il primo motivo la ricorrente denunzia violazione dell’articolo 269 c.p.c., oltre che dell’art. 2697 c.c.
Lamenta che la soluzione adottata dalla RAGIONE_SOCIALE non è rispettosa del dato normativo: essa è basata sulla costruzione concettuale per cui l’opponente, se pure attore in senso formale, è in realtà convenuto in senso sostanziale, e da questa costruzione apoditticamente deduce la necessità che l’opponente sia autorizzato a chiamare in causa il terzo.
Per contro, assume la ricorrente , l’articolo 296 secondo comma c.c. non prevede l’autorizzazione del giudice, ma solo la dichiarazione di voler chiamare il terzo (e la richiesta di spostamento di udienza). Se invece si grava l’opponente dell’onere di chiedere l’autorizzazione alla chiamata del terzo, si finisce con l’applicare a costui il 3^ comma dell’articolo 269 c.c. che, invece , è dettata per l’attore: mentre l’opponente, si ripete, è sostanzialmente convenuto.
E, del resto, l’articolo 269 3^ comma c.p.c. presuppone che l’esigenza della chiamata derivi dRAGIONE_SOCIALE difese della controparte: ipotesi non riferibile all’opponente. In sostanza, pretendere che l’opponente chieda al giudice l’autorizzazione a chiamare in causa il terzo significa applicargli una norma, dettata ,si, per l’attore (e lui lo sarebbe solo in senso sostanziale) che però non si addice alla opposizione a decreto ingiuntivo.
Con il terzo motivo la ricorrente denunzia una violazione degli articoli 103 e 106 c.p.c.
Si duole della affermazione, fatta in subordine dai giudici di appello, secondo cui, in ogni caso, il terzo, ammesso che lo si potesse evocare in quelle forme, non era legittimato, ossia la chiamata non necessariamente era da autorizzare.
Il motivo mira a dimostrare il contrario: che invece la causa era a quel terzo comune e che quindi sarebbe stato da citare in giudizio.
I motivi, che possono congiuntamente esaminarsi in quanto connessi, sono infondati.
La conseguenza cui conduce la tesi del ricorrente (v. pagina 13) è che, non dovendo l’opponente chiedere l’autorizzazione, ha facoltà di chiamare in causa direttamente il terzo, con la procedura dell’articolo 163 bis c.p.c.
Ma questa conclusione significa che il terzo in realtà non è tale, in quanto è citato direttamente in giudizio unitamente all’opposto, e ciò contrasta con la struttura del giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, che vede inizialmente e necessariamente due part i: l’opponente (debitore ingiunto) e l’opposto (creditore che ingiunge). Ed è questo un presupposto evidente, invero non smentito dalla ricorrente, dal quale è inevitabile dedurre che se il giudizio va esteso ad altro soggetto, questi è terzo, ed il suo ingresso è regolato dRAGIONE_SOCIALE norme sulla chiamata del terzo. e non può farsene citazione diretta, come assume la ricorrente.
6.- Con il secondo motivo la ricorrente denunzia violazione dell’articolo 156 c.p.c.
Lamenta che, anche ad ammettere che la chiamata diretta -ossia fatta senza autorizzazione- del terzo in giudizio sia nulla, attesa la costituzione in giudizio del chiamato lo scopo è comunque raggiunto, e dunque la nullità è sanata, giusta la regola generale dell’articolo 156 c.p.c.
Il motivo è infondato.
La regola della sanatoria per raggiungimento dello scopo presuppone un atto che si poteva o si doveva compiere (ad esempio la notifica della citazione) ma che è stato compiuto male, in difformità rispetto allo schema legale: la sua nullità è sanata dal raggiungimento dello scopo.
Nella specie trattasi invero di atto da non compiere, non potendo chiamarsi un terzo in causa senza autorizzazione.
In sostanza, la chiamata del terzo senza autorizzazione del giudice è proprio lo scopo vietato: la regola giurisprudenziale sopra richiamata vieta di raggiungere lo scopo di citare il terzo autonomamente, senza previa autorizzazione. Con la conseguenza che il raggiungimento dello scopo, costituendo il risultato vietato, non può allo stesso tempo avere effetto sanante (di se stesso, alla fine).
8. All’infondatezza dei motivi consegue il rigetto del ricorso.
Non è a farsi luogo a pronunzia in ordine RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di cassazione, non avendo l’intimato svolto attività difensiva.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso e, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13.
Roma 9.11.2023
Il Presidente