LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Chat privata licenziamento: no se viola la privacy

Una lavoratrice è stata licenziata per aver condiviso un video denigratorio di una cliente in una chat privata di WhatsApp con colleghi. La Corte di Cassazione ha annullato il licenziamento, affermando che il caso di chat privata licenziamento è illegittimo. Le comunicazioni in un gruppo chiuso sono protette dal diritto costituzionale alla segretezza della corrispondenza. Pertanto, il datore di lavoro non può utilizzare il contenuto di tali chat, anche se rivelato da un altro partecipante, come fondamento per una sanzione disciplinare.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 13 settembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Chat Privata Licenziamento: La Cassazione Tutela la Privacy su WhatsApp

L’uso di applicazioni di messaggistica come WhatsApp sul posto di lavoro solleva questioni delicate sul confine tra vita privata e obblighi professionali. Una recente sentenza della Corte di Cassazione affronta direttamente il tema del chat privata licenziamento, stabilendo un principio fondamentale a tutela della libertà e segretezza delle comunicazioni dei lavoratori. Il caso riguarda una dipendente licenziata per aver condiviso un video in una chat privata con colleghi, considerato denigratorio dall’azienda. La Suprema Corte ha annullato il licenziamento, ribadendo che le conversazioni in gruppi chiusi sono protette da segretezza costituzionale.

I Fatti del Caso: Il Video nella Chat di Lavoro

Una dipendente di un’azienda del settore del lusso è stata licenziata per giusta causa dopo aver pubblicato un video in una chat di gruppo privata su WhatsApp, composta da circa quindici colleghi. Il video, girato all’interno del negozio durante l’orario di lavoro, riprendeva una cliente con l’intento, secondo l’azienda, di denigrarne l’aspetto fisico.

La società è venuta a conoscenza del fatto non tramite controlli diretti, ma perché un altro collega, membro della chat, ha deciso di rivelare il contenuto della conversazione alla direzione. Sulla base di questa rivelazione, l’azienda ha avviato il procedimento disciplinare che si è concluso con il licenziamento in tronco della lavoratrice per aver leso l’immagine aziendale e la privacy della cliente.

La Decisione della Corte di Cassazione e il chat privata licenziamento

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso della lavoratrice, annullando la sentenza della Corte d’Appello che aveva invece convalidato il licenziamento. I giudici supremi hanno stabilito che la condotta della dipendente rientra nell’ambito della corrispondenza privata, tutelata dall’articolo 15 della Costituzione.

L’Art. 15 della Costituzione come Scudo Protettivo

Il cuore della decisione risiede nell’interpretazione dell’art. 15 della Costituzione, che garantisce “la libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione”. La Corte ha affermato, in linea con recenti pronunce della Corte Costituzionale, che questa tutela si estende pienamente alle nuove forme di comunicazione digitale, come le email e i messaggi scambiati su piattaforme come WhatsApp. Una chat privata, destinata a un gruppo determinato e chiuso di persone, è equiparabile a una “lettera in busta chiusa”. La volontà dei partecipanti è quella di escludere terzi dalla conoscenza del contenuto, e questa volontà merita protezione legale.

La Rivelazione da Parte del Collega: Una Violazione della Privacy

Un punto cruciale della sentenza è il modo in cui il datore di lavoro ha ottenuto l’informazione. La conoscenza del video non è derivata da un’attività di controllo dell’azienda, ma dalla rivelazione di uno dei destinatari del messaggio. Secondo la Corte, questa iniziativa costituisce una violazione del diritto alla segretezza della corrispondenza, avvenuta in danno della lavoratrice che aveva inviato il messaggio. Di conseguenza, il datore di lavoro non può utilizzare un’informazione appresa tramite la violazione di un diritto costituzionale per fondare una sanzione disciplinare. Il contenuto della chat, destinato a rimanere segreto, è diventato esso stesso la ragione del licenziamento, rendendo quest’ultimo illegittimo.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte ha motivato la sua decisione sottolineando che il diritto alla segretezza della corrispondenza privata è un presidio della dignità della persona, che non può essere compresso dalle prerogative datoriali. Anche se il contenuto dei messaggi può essere criticabile, il datore di lavoro non ha un potere sanzionatorio di tipo “morale” che gli consenta di punire le opinioni o le comunicazioni private dei dipendenti.

La Corte d’Appello aveva sbagliato nel non effettuare un corretto bilanciamento tra i diritti in gioco: da un lato, l’interesse dell’azienda a tutelare la propria immagine e, dall’altro, il diritto fondamentale della lavoratrice alla comunicazione riservata. La Suprema Corte ha chiarito che il contenuto di una comunicazione privata, trasmessa con un telefono personale a un gruppo determinato di persone, non può essere elevato a giusta causa di licenziamento, a prescindere da come il datore di lavoro ne sia venuto a conoscenza. L’aspetto dirimente è la natura privata e chiusa della comunicazione, non il suo contenuto.

Le Conclusioni

Questa sentenza traccia una linea netta a protezione della privacy dei lavoratori nell’era digitale. Le implicazioni pratiche sono significative: i lavoratori hanno il diritto di comunicare privatamente in chat di gruppo chiuse, e il contenuto di tali conversazioni è protetto dalla segretezza costituzionale. Le aziende, d’altra parte, devono essere estremamente caute riguardo all’origine delle prove utilizzate nei procedimenti disciplinari. Un chat privata licenziamento è illegittimo se si basa su informazioni ottenute violando il diritto alla riservatezza di un dipendente. La decisione rafforza la distinzione tra la sfera lavorativa e quella privata, anche quando queste si intrecciano attraverso l’uso di strumenti tecnologici sul luogo di lavoro.

Un datore di lavoro può licenziare un dipendente per un messaggio inviato in una chat privata su WhatsApp con altri colleghi?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che i messaggi in una chat privata sono coperti dalla garanzia costituzionale della segretezza della corrispondenza. Il loro contenuto non può essere usato come giusta causa di licenziamento, anche se offensivo.

Se un collega rivela al datore di lavoro il contenuto di una chat privata, questo può essere utilizzato per una sanzione disciplinare?
No. La rivelazione del contenuto da parte di uno dei partecipanti è una violazione del diritto alla segretezza. Di conseguenza, il datore di lavoro non può legittimamente utilizzare tale informazione, appresa in modo illecito, per avviare un procedimento disciplinare.

La tutela della privacy nella corrispondenza si applica anche ai messaggi su piattaforme come WhatsApp?
Sì. La Corte ha chiarito, richiamando anche la Corte Costituzionale, che la tutela dell’art. 15 della Costituzione si estende a ogni forma di comunicazione, inclusi i messaggi di posta elettronica e quelli inviati tramite applicazioni di messaggistica istantanea come WhatsApp, che sono assimilabili a lettere chiuse.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati