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Chat privata: licenziamento illegittimo secondo Cassazione

Un lavoratore è stato licenziato dopo che la sua azienda ha scoperto messaggi vocali con contenuti offensivi inviati in una chat privata tra colleghi. La Corte di Cassazione ha confermato che il licenziamento è illegittimo. La sentenza stabilisce che le conversazioni in una chat chiusa sono protette dalla segretezza della corrispondenza garantita dalla Costituzione. Di conseguenza, il loro contenuto non può costituire una giusta causa di licenziamento, anche se un partecipante alla chat li rivela al datore di lavoro, poiché il potere disciplinare dell’azienda non può invadere la sfera privata del dipendente.

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Pubblicato il 12 settembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Licenziamento Illegittimo per Messaggi in Chat Privata: La Decisione della Cassazione

Nell’era digitale, le chat tra colleghi sono diventate uno strumento quotidiano di comunicazione. Ma cosa succede se il contenuto di queste conversazioni private arriva alle orecchie del datore di lavoro? Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha chiarito i confini del potere disciplinare aziendale, stabilendo che un licenziamento illegittimo può derivare dall’uso di messaggi scambiati in una chat privata. Questo principio rafforza la tutela della privacy e della libertà di corrispondenza del lavoratore.

Il Caso: Dalla Chat di Lavoro al Licenziamento

I fatti alla base della decisione riguardano un dipendente di una nota società di moda, licenziato per aver inviato messaggi vocali offensivi e denigratori nei confronti di un superiore gerarchico. Questi messaggi erano stati condivisi in una chat di gruppo, su una nota applicazione di messaggistica, denominata “Amici di lavoro” e composta da 14 colleghi, incluso il mittente.

La Contestazione Disciplinare

L’azienda era venuta a conoscenza del contenuto dei messaggi grazie alla rivelazione di uno dei partecipanti alla chat. Sulla base di tali messaggi, ha avviato un procedimento disciplinare che si è concluso con il licenziamento per giusta causa del lavoratore, accusato di aver tenuto una condotta gravemente lesiva dell’onore e della reputazione del suo superiore.

La Difesa del Lavoratore e le Decisioni dei Primi Gradi

Sia il Tribunale che la Corte d’Appello hanno dato ragione al lavoratore, dichiarando il licenziamento illegittimo. I giudici di merito hanno ritenuto che la conversazione rientrasse nella sfera della comunicazione privata, tutelata dall’articolo 15 della Costituzione, e che non potesse essere assimilata a una diffusione pubblica, come un post su una bacheca di un social network. Di conseguenza, il suo contenuto non poteva essere utilizzato come fondamento per una sanzione disciplinare.

La Protezione Costituzionale della Corrispondenza e il licenziamento illegittimo

La questione centrale portata all’attenzione della Cassazione è stata la presunta violazione dell’articolo 15 della Costituzione, che sancisce l’inviolabilità della libertà e della segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione. La società ricorrente sosteneva che la conoscenza dei fatti, avvenuta tramite un altro dipendente, non costituisse un’indagine intrusiva e che il licenziamento fosse necessario per tutelare la dignità del manager offeso.

L’Articolo 15 della Costituzione e le Nuove Tecnologie

La Suprema Corte, richiamando anche la giurisprudenza della Corte Costituzionale, ha ribadito che la tutela della corrispondenza è un concetto ampio, che si estende a ogni strumento di comunicazione riservata, inclusi i moderni sistemi di messaggistica istantanea. Questi strumenti, per le loro caratteristiche tecniche, garantiscono la riservatezza e sono assimilabili a lettere chiuse.

La Chat di Gruppo come Comunicazione Chiusa

Secondo i giudici, una chat con un numero ristretto e determinato di partecipanti è, per sua natura, uno strumento di comunicazione chiusa. La volontà del mittente è quella di escludere terzi dalla conoscenza del messaggio. Pertanto, la condotta del lavoratore rientra pienamente nel raggio di protezione dell’articolo 15 della Costituzione.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Cassazione ha respinto il ricorso dell’azienda, confermando che si trattava di un licenziamento illegittimo. Le motivazioni della Corte si basano su un’attenta ponderazione tra il potere disciplinare del datore di lavoro e i diritti fondamentali del lavoratore.

Il punto cruciale è che la giusta causa di licenziamento deve essere collegata a comportamenti che violano gli obblighi di diligenza e fedeltà del lavoratore e che hanno un impatto negativo diretto sul rapporto fiduciario. Il potere sanzionatorio del datore di lavoro non può, tuttavia, estendersi fino a comprimere o limitare spazi di libertà costituzionalmente protetti, come la corrispondenza privata.

Anche se l’azienda ha appreso il contenuto dei messaggi tramite la “soffiata” di un altro dipendente, ciò non cambia la natura privata e segreta della comunicazione. L’acquisizione di tale informazione, sebbene non derivi da un’azione intrusiva diretta dell’azienda, non legittima il suo utilizzo a fini disciplinari. La rivelazione stessa costituisce una violazione del diritto alla segretezza, ma questa violazione è stata commessa da un destinatario, non dal mittente.

Le Conclusioni: I Limiti al Potere Disciplinare del Datore di Lavoro

In conclusione, la sentenza stabilisce un principio fondamentale: il contenuto delle comunicazioni private di un lavoratore, trasmesse con mezzi che ne garantiscono la segretezza a un gruppo determinato di persone, non può essere elevato a giusta causa di licenziamento. La garanzia della libertà e della segretezza della corrispondenza privata e il diritto alla riservatezza prevalgono, impedendo al datore di lavoro di utilizzare tali informazioni per motivare un recesso. Questa decisione segna un importante limite al potere datoriale, proteggendo la dignità e la sfera privata del lavoratore anche nell’era della comunicazione digitale.

I messaggi offensivi inviati in una chat privata tra colleghi possono giustificare un licenziamento?
No. Secondo la Corte di Cassazione, il contenuto di comunicazioni private, inviate tramite strumenti come le chat di gruppo a un numero determinato di persone, non può costituire giusta causa di licenziamento, in quanto tali comunicazioni sono protette dal diritto costituzionale alla segretezza della corrispondenza.

La comunicazione in una chat di gruppo su un’applicazione di messaggistica è considerata corrispondenza privata e segreta?
Sì. La Corte ha stabilito che le chat inviate tramite applicazioni di messaggistica istantanea a un gruppo ristretto e definito di partecipanti rientrano a pieno titolo nella nozione di corrispondenza tutelata dall’art. 15 della Costituzione, essendo assimilabili a lettere o biglietti chiusi.

Se uno dei partecipanti alla chat rivela i messaggi al datore di lavoro, questi possono essere usati per una sanzione disciplinare?
No. La Corte ha chiarito che il fatto che il datore di lavoro venga a conoscenza dei messaggi tramite la rivelazione di uno dei destinatari non fa venir meno la protezione costituzionale. L’informazione così acquisita non può legittimare un licenziamento, poiché il potere disciplinare non può comprimere gli spazi di libertà e privacy del lavoratore.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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