Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 5543 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 5543 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 03/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso n. 20026 – 2019 R.G. proposto da:
NOME COGNOME -c.f. CODICE_FISCALE – rappresentato e difeso in virtù di procura speciale su foglio allegato in calce al ricorso dall’avvocato NOME COGNOME ed elettivamente domiciliato in Roma, alla INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME
RICORRENTE
contro
COMUNE di COGNOME -c.f./p.i.v.a. NUMERO_DOCUMENTO -in persona del sindaco pro tempore , elettivamente domiciliato in Roma, alla INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che disgiuntamente e congiuntamente all’avvocato NOME COGNOME lo rappresenta e difende in virtù di procura speciale su foglio allegato in calce al controricorso.
CONTRORICORRENTE -RICORRENTE INCIDENTALE
RAGIONE_SOCIALE -p.i.v.a. 00722440245 -in persona del legale rappresentante pro tempore , elettivamente domiciliata in Roma, alla INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che disgiuntamente e congiuntamente all’avvocato NOME COGNOME e all’avvocato NOME COGNOME la rappresenta e difende in virtù di procura speciale a margine del controricorso.
CONTRORICORRENTE
e
RAGIONE_SOCIALE in liquidazione -p.i.v.a. P_IVA -in persona del legale rappresentante pro tempore .
INTIMATA
avverso la sentenza n. 235/2019 della Corte d’Appello di Venezia, udita la relazione nella camera di consiglio del 19 febbraio 2025 del consigliere dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
Con ricorso notificato al Comune di Montecchio Maggiore Gino COGNOME adiva il T.A.R. del Veneto.
Premetteva che la Giunta comunale del Comune di Montecchio Maggiore, con deliberazione n. 946/1988, ratificata dal Consiglio comunale con deliberazione n. 130/1989, aveva approvato il progetto di realizzazione di un autoparco, aveva dichiarato l’opera di pubblica utilità e aveva fissato in cinque anni il termine per il compimento dei lavori (cfr. ricorso, pag. 4) .
Premetteva che il Consiglio comunale del Comune di Montecchio Maggiore, con deliberazione n. 14/1990, aveva adottato il piano particolareggiato, approvato poi con deliberazione consiliare n. 66/1990 (cfr. ricorso, pag. 4) .
Premetteva che aveva provveduto con rogito del 10.7.1990 a cedere bonariamente al Comune l’ampio appezzamento di terreno (in catasto al fol. 20, mapp. 54/A e 55) interessato dalla realizzazione dell’opera pubblica e di cui, unitamente a sua moglie, era proprietario (cfr. ricorso, pagg. 4 – 5) .
Premetteva che la qualificazione del rogito in guisa di cessione bonaria si giustificava alla luce di talune prefigurazioni contrattuali, che davano ragione ‘dello stretto legame funzionale intercorrente tra l’acquisto comunale e la realizzazione dell’opera pubblica’ (così ricorso, pag. 5) .
Indi esponeva che l’opera pubblica non era mai stata realizzata ed era addirittura divenuta irrealizzabile per effetto di una variante allo strumento urbanistico generale approvata con deliberazione n. 1932/2001 della Giunta regionale del Veneto, cosicché era senz’altro maturato il suo diritto alla retrocessione del terreno (cfr. ricorso, pagg. 5 -6) .
Esponeva altresì che il Comune di Montecchio Maggiore aveva ceduto in permuta il mappale n. 55 con rogito del 15.1.2003 al l’ ‘Autoporto Montecchio MaggioreRAGIONE_SOCIALE , che, a sua volta, l’aveva alienato con rogito del 24.7.2003, per il corrispettivo di euro 710.000,00, alla ‘ RAGIONE_SOCIALE, che, a sua volta ancora, l’aveva alienato con rogito del 28.12.2007, per il corrispettivo di euro 960.000,00, alla ‘ RAGIONE_SOCIALE (cfr. ricorso, pag. 6) .
Esponeva inoltre che il Comune di Montecchio Maggiore aveva disposto l’alienazione mercé pubblico incanto del mappale 313 – risultante, unitamente
al mappale 312, dal frazionamento del mappale 54/A – con deliberazione consiliare n. 29/2005 (cfr. ricorso, pagg. 6 – 7) .
Chiedeva dunque farsi luogo all ‘annullamento , tra le altre, della deliberazione consiliare di dichiarazione di pubblica utilità dell’opera .
All’esito del pubblico incanto il mappale n. 313 veniva aggiudicato alla RAGIONE_SOCIALERAGIONE_SOCIALE con provvedimento dirigenziale n. 202/2006, che parimenti NOME COGNOME impugnava dinanzi al T.A.R. del Veneto.
Con sentenza n. 1254/2009 il T.A.R. dichiarava il difetto di giurisdizione.
Con citazione notificata in data 16.7.2009 NOME COGNOME proseguiva il giudizio innanzi al Tribunale di Vicenza.
Chiedeva accertare la decadenza della dichiarazione di pubblica utilità dell’opera nonché il suo diritto ad ottenere la retrocessione delle aree cedute; conseguentemente – previa disapplicazione di qualsivoglia provvedimento amministrativo di disposizione delle aree cedute e previa declaratoria di nullità e/o inefficacia dei negozi dispositivi delle medesime aree -condannare il Comune di Montecchio Maggiore alla restituzione delle aree previa determinazione del prezzo di cessione; chiedeva, in via subordinata, qualora la retrocessione non fosse risultata possibile, condannare il Comune di Montecchio Maggiore al risarcimento del danno (cfr. ricorso, pagg. 8 -9) .
Si costituiva il Comune di Montecchio Maggiore.
Instava per il rigetto dell’avversa domanda e in via riconvenzionale per la condanna dell’attore al risarcimento dei danni.
Si costituiva la ‘RAGIONE_SOCIALE
Del pari instava per il rigetto della domanda attorea.
Non si costituiva e veniva dichiarata contumace la RAGIONE_SOCIALE chiamata in causa dalla ‘RAGIONE_SOCIALE‘.
Con sentenza n. 2223/2016 il Tribunale di Vicenza rigettava la domanda e condannava l’attore alle spese di lite.
Reputava il tribunale che la retrocessione era inapplicabile, siccome nella specie si era addivenuti alla compravendita dell’appezzamento di terreno non già alla sua volontaria cessione nell’ambito d el procedimento espropriativo (cfr. sentenza d’appello, pag. 5) .
Reputava segnatamente che Comune non aveva fatto luogo alla determinazione dell’indennità provvisoria di espropriazione ed il prezzo di vendita era stato concordato dalle parti con contratto preliminare del 13.6.1989, a seguito di perizia estimativa effettuata, su incarico del Comune, ai fini della determinazione del valore venale del terreno.
Reputava ulteriormente, il tribunale, che la destinazione dell’appezzamento di terreno ad opera pubblica non assurgeva a ‘presupposizione’ , ‘corrispondendo, invece, solo allo scopo soggettivo che aveva mosso l ‘amministrazione acquirente alla conclusione de l contratto’ (cfr. sentenza d’appello, pag. 5, ove è riprodotta parte della motivazione del primo dictum) .
NOME COGNOME proponeva appello.
Resisteva il Comune di Montecchio Maggiore.
Non si costituivano la ‘RAGIONE_SOCIALE e la ‘RAGIONE_SOCIALE
Con sentenza n. 235/2019 la Corte d’Appello di Venezia rigettava il gravame e c ondannava l’appellante a rimborsare al Comune le spese del grado.
Evidenziava, la Corte di Venezia, che, diversamente da quanto domandato in primo grado, l’appellante in secondo grado aveva chiesto che fossero accertate in via incidentale la decadenza della dichiarazione di pubblica utilità e il suo diritto alla retrocessione e, ‘ preso atto che sarebbe difficile sentir pronunciare la retrocessione, presupponendosi la buona fede degli acquirenti dei beni compravenduti’, aveva chiesto la condanna del Comune a risarcirgli il danno da determinarsi a mezzo c.t.u. (cfr. sentenza d’appello , pag. 7) .
Evidenziava quindi -la corte -che la modifica delle domande cui l’appellante aveva fatto luogo, precludeva ‘l’accoglimento della domanda risarcitoria, perché non risulta più verificabile l’indefettibile presupposto della impossibilità di procedere alla retrocessione dei beni’ (così sentenza d’appello, pag. 7) .
Evidenziava invero che, in ipotesi di mancata realizzazione dell’opera pubblica, all’espropriato non è rimessa la libera scelta tra restituzione dei beni e risarcimento, siccome il diritto al risarcimento insorge solo all’esito dell’accertamento del diritto alla retrocessione e dell’impossibilità della restituzione (cfr. sentenza d’appello , pag. 8) .
Evidenziava per altro verso, la corte, che ineccepibilmente e congruamente, nel quadro dell’elaborazione giurisprudenziale di legittimità in tema di cessione volontaria, il tribunale aveva disconosciuto l’applicabilità della retrocessione (cfr. sentenza d’appello, pag. 8) .
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso NOME COGNOME ne ha chiesto sulla scorta di quattro motivi la cassazione con ogni conseguente statuizione.
Il Comune di Montecchio Maggiore ha depositato controricorso, contenente ricorso incidentale condizionato articolato in quattro motivi; ha chiesto
dichiararsi inammissibile o rigettarsi il ricorso principale e, ‘subordinatamente al fatto che il ricorso sia accolto’ (così controricorso, pag. 26) , accogliersi il ricorso incidentale; in ogni caso con vittoria di spese.
RAGIONE_SOCIALE del pari ha depositato controricorso; ha chiesto dichiararsi inammissibile o rigettarsi il ricorso principale con il favore delle spese.
La ‘RAGIONE_SOCIALE in liquidazione non ha svolto difese.
Il ricorrente principale ha depositato controricorso, onde resistere all’avverso ricorso incidentale.
Il ricorrente principale ha depositato memoria.
Parimenti hanno depositato memoria il Comune di Montecchio Maggiore e la ‘RAGIONE_SOCIALE
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo il ricorrente principale denuncia ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 4, cod. proc. civ. la nullità della sentenza per violazione degli artt. 112, 342 e 346 cod. proc. civ.
Deduce che la Corte di Venezia ha errato a ritenere che avesse rinunciato alla domanda di retrocessione, sicché non potesse essere accolta la domanda risarcitoria (cfr. ricorso principale, pag. 14) .
Deduce che la Corte veneziana conseguentemente ha omesso ogni pronuncia in ordine alla domanda di retrocessione ed ha errato a respingere la domanda di risarcimento dei danni (cfr. ricorso principale, pag. 14) .
Deduce dunque che la corte d’appello avrebbe dovuto ‘disaminare non solo le richieste contenute nelle conclusioni dell’atto , bensì l’intero contenuto sostanziale di quest’ultimo’ (così ricorso principale, pag. 23) .
Deduce segnatamente, per un verso, che depongono nel senso della reiterazione delle domande quali esperite in prime cure l’intitolazione e l’ incipit del secondo motivo d’appello, che valgono a palesare la volontà di pervenire alla restituzione dell’immobile e solo in via subordinata al risarcimento del danno (cfr. ricorso principale, pag. 31) , nonché l’ addotta nullità e/o inefficacia degli atti di disposizione delle aree cedute compiuti dal Comune di Montecchio Maggiore, siccome prospettazione ‘incompatibile con una richiesta di mero ristoro economico’ (così ricorso principale, pag. 32) .
Deduce segnatamente, per altro verso, che è da disconoscere che la rinuncia alla domanda nei confronti della ‘RAGIONE_SOCIALE‘ e della ‘RAGIONE_SOCIALE‘ possa deporre ‘nel senso della rinuncia alla domanda di retrocessione/restituzione dei beni’ (così ricorso principale, pag. 32) .
Deduce invero che la partecipazione al giudizio e dell’una e dell’altra società è conseguenza del peculiare sviluppo processuale della vicenda de qua (così ricorso principale, pag. 32) .
Con il secondo motivo il ricorrente principale denuncia ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 3, cod. proc. civ. la violazione e/o la falsa applicazione dell’art. 2907 cod. civ. e dell’art. 99 cod. proc. civ.
Deduce che ha errato la Corte di Venezia, allorché ha assunto che risultava precluso l’accoglimento della domanda risarcitoria in assenza dell’indefettibile presupposto dell’impossibilità di procedere alla retrocessione del terreno.
Deduce invero che la domanda di accertamento dell’impossibilità di far luogo alla restituzione doveva intendersi ricompresa nella domanda di risarcimento del danno (cfr. ricorso principale, pag. 39) .
Con il terzo motivo il ricorrente principale – subordinatamente al mancato accoglimento del secondo motivo – denuncia ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 4, cod. proc. civ. la nullità della sentenza per violazione dell’art. 2907 cod. civ. e degli artt. 99, 112 e 342 cod. proc. civ. per omessa pronuncia.
Prospetta la medesima censura veicolata dal secondo motivo sub specie di o messa pronuncia in ordine alla domanda di accertamento dell’impossibilità di far luogo alla restituzione, in quanto da intender ricompresa nella domanda di risarcimento del danno (cfr. ricorso principale, pag. 39) .
Con il quarto motivo il ricorrente principale denuncia ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 3, cod. proc. civ. la violazione e/o la falsa applicazione de ll’ art. 1325 cod. civ. e dell’art. 12 legge n. 865/1971 .
Premette che la Corte di Venezia, in linea con l’elaborazione di questa Corte di legittimità, ha qualificato il rogito del 10.7.1990, con cui ha ceduto bonariamente al Comune l’appezzamento di terreno, non già alla stregua di un atto di cessione volontaria bensì alla stregua di un ordinario contratto di compravendita, così disconoscendo la sussistenza del presupposto indefettibile ai fini della configurazione del diritto alla retrocessione e conseguentemente del diritto al risarcimento del danno in ipotesi di impossibilità di restituzione (cfr. ricorso principale, pag. 41) .
Indi deduc e che si impone un ‘ripensamento/superamento’ dell’orientamento di questa Corte di legittimità e, comunque, che nella specie non se ne giustifica l’applicazione (cfr. ricorso principale, pag. 42) .
Deduce per un verso che, seppur non per il tramite del procedimento ex art. 12 della legge n. 865/1971, il prezzo è stato determinato sulla scorta dei criteri
legali per la determinazione dell’indennità di espropriazione (cfr. ricorso principale, pag. 42) .
Deduce dunque che nella specie il rogito del 10.7.1990 ‘è stato adottato nell’ambito di una procedura espropriativa, sotto l’egida di una dichi arazione di p.u. efficace ed a fronte di un prezzo sostanzialmente coincidente con l’indennità di esproprio’ (così ricorso principale, pag. 43) .
Deduce al contempo che la qualificazione dell’atto dispositivo in guisa di compravendita o di cessione volontaria non può dipendere da un mero elemento formale -l’avvio del procedimento di determinazione dell’indennità rimesso all’iniziativa esclusiva dell’ente pubblico (cfr. ricorso principale, pag. 44) .
Deduce per altro verso che, ai fini della diversificazione tra compravendita e cessione volontaria, occorre tener conto delle peculiarità atte a determinarsi nel rapporto tra ente pubblico ed amministrato, ossia della circostanza che, a seguito e in dipendenza della dichiarazione di p.u., l’amministrato non è animato dalla ‘libera volontà di cedere il bene’ (cfr. ricorso principale, pagg. 44 – 45) .
Deduce dunque che l’aspirazione a siglare con l’ente pubblico un accordo, onde evitare l’assoggettamento al formale provvedimento di esproprio e consentire la realizzazione dell’interesse pubblico, non può degradare a mero motivo della pattuizione ed inevitabilmente sostanzia la causa concreta dell’operazione (cfr. ricorso, pagg. 46 -47) .
15. È innegabile , alla luce dell’ illustrazione che dapprima se ne è operata, che due distinte ‘ rationes decidendi ‘ concorrono a sorreggere l’impugnato dictum della Corte di Venezia.
La prima ‘ ratio ‘ è attinta dai primi tre motivi del ricorso principale. La seconda ‘ ratio ‘ è attinta dal quarto motivo del ricorso principale.
Ebbene, l’inammissibilità ex art. 360 bis , n. 1, cod. proc. civ., alla stregua dei rilievi che seguono, del quarto mezzo d ell’ impugnazione principale rende in pari tempo inammissibili pur i primi tre mezzi della stessa impugnazione.
Tanto, ovviamente, nel quadro dell’elaborazione di questa Corte a tenor della quale, qualora la decisione di merito si fondi su di una pluralità di ragioni, tra loro distinte e autonome, singolarmente idonee a sorreggerla sul piano logico e giuridico, la ritenuta infondatezza delle censure mosse ad una delle ‘ rationes decidendi ‘ rende inammissibili, per sopravvenuto difetto di interesse, le censure relative alle altre ragioni esplicitamente fatte oggetto di doglianza, in quanto queste ultime non potrebbero comunque condurre, stante l’intervenuta definitività delle altre, alla cassazione della decisione stessa (cfr. Cass. 14.2.2012, n. 2108; Cass. (ord.) 11.5.2018, n. 11493) .
16. Questa Corte spiega che la cessione volontaria costituisce un contratto ad oggetto pubblico, i cui elementi costitutivi, indispensabili a differenziarla dal contratto di compravendita di diritto comune, sono: a) l ‘ inserimento del negozio nell ‘ ambito di un procedimento di espropriazione per pubblica utilità, nel cui contesto la cessione assolve alla peculiare funzione dell ‘ acquisizione del bene da parte dell ‘ espropriante, quale strumento alternativo all ‘ ablazione d ‘ autorità; b) la preesistenza non solo di una dichiarazione di pubblica utilità ancora efficace, ma anche di un subprocedimento di determinazione dell ‘ indennità e delle relative offerta ed accettazione, con la sequenza e le modalità previste dall ‘ art. 12 della legge n. 865 del 1971; c) il prezzo di trasferimento volontario correlato
ai parametri di legge stabiliti, inderogabilmente, per la determinazione dell ‘ indennità di espropriazione; cosicché, ove non siano riscontrabili tutti i requisiti sopra indicati – non potendosi escludere che la P.A. abbia perseguito una finalità di pubblico interesse tramite un ordinario contratto di compravendita – al negozio traslativo immobiliare non possono collegarsi gli effetti di cui all ‘ art. 14 della legge n. 865 del 1971, ossia l ‘ estinzione dei diritti reali o personali gravanti sul bene medesimo (cfr. Cass. (ord.) 22.1.2018, n. 1534; Cass. 22.5.2009, n. 11955; Cass. 21.11.2003, n. 17709) .
Ovviamente non vi è ragione alcuna perché questo Collegio si discosti dalla riferita consolidata elaborazione.
E, d’altra parte, è stato lo stesso ricorrente principale a dar atto che nella specie non vi è stato il subprocedimento di determinazione dell ‘ indennità e delle relative offerta ed accettazione, con la sequenza e le modalità previste dall ‘ art. 12 della legge n. 865 del 1971 (cfr. ricorso principale, pag. 42. ‘Nel caso di specie ricorrono dunque due dei tre requisiti richiesti dalla giurisprudenza fino ad oggi prevalente’: così ricorso principale, pag. 43) .
18. In questi termini la statuizione del Tribunale di Venezia – la disciplina in tema di retrocessione è inapplicabile, siccome nella specie le parti avevano fatto luogo alla compravendita dell’appezzamento di terreno non già alla sua volontaria cessione nell’ambito d el procedimento espropriativo (cfr. sentenza d’appello, pag. 5) -che la Corte d’Appello di Venezia ha integralmente ribadito (cfr. sentenza d’appello, pag. 8) , è ineccepibile e congrua, del tutto immune dall’ ‘ error in iudicando ‘ che con il quarto mezzo si è inteso denunciare.
Ben vero, questa Corte ha ulteriormente puntualizzato (cfr. Cass. 11.3.2006, n. 5390) -in una fattispecie in cui il ricorrente aveva censurato ‘ la sentenza impugnata per aver respinto la domanda di retrocessione per mancanza di un contratto di cessione volontaria e di un procedimento espropriativo ‘ – che la cessione volontaria costituisce un contratto ad oggetto pubblico che, inserito nell’ambito di un procedimento espropriativo, lo conclude eliminando la necessità di un provvedimento amministrativo di acquisizione coatta della proprietà privata, ma non esclude che un bene immobile possa essere trasferito all’ente pubblico a mezzo di un contratto di compravendita, del tutto assoggettato alla disciplina privatistica, sicché, onde distinguere se in pratica ci si sia avvalsi dell’uno o dell’altro strumento contrattuale, anche ai fini dell’applicabilità di istituti connessi alla procedura pubblicistica dell’espropriazione, quali la determinazione dell’indennizzo secondo i canoni legali e la retrocessione del bene ove l’opera pubblica non sia stata realizzata, va tenuto conto che la pendenza del procedimento espropriativo può dirsi esistente non per il semplice fatto della dichiarazione di pubblica utilità dell’opera realizzanda, occorrendo anche che sia stato avviato il subprocedimento di determinazione indennitaria, e sia stata formulata l’offerta amministrativa dell’indennità, solo in presenza della quale il proprietario può valutare la convenienza della cessione.
La declaratoria di inammissibilità dei motivi del ricorso principale assorbe la disamina dei motivi del ricorso incidentale, ricorso espressamente esperito dal Comune di Montecchio Maggiore ‘subordinatamente al fatto che il ricorso sia accolto’ (così controricorso, pag. 26; altresì pag. 31).
20. In dipendenza della declaratoria di inammissibilità del ricorso principale il ricorrente principale, come da dispositivo, va condannato a rimborsare a ciascun controricorrente le spese del presente giudizio di legittimità.
La ‘RAGIONE_SOCIALE in liquidazione non ha svolto difese. Nessuna statuizione in ordine alle spese va pertanto nei suoi confronti assunta.
21. Ai sensi dell’art. 13, 1° co. quater , d.p.r. 30.5.2002, n. 115, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato.
P.Q.M.
La Corte così provvede:
dichiara inammissibile il ricorso principale, assorbita la disamina del ricorso incidentale condizionato del Comune di Montecchio Maggiore;
condanna il ricorrente principale, NOME COGNOME, a rimborsare al controricorrente, Comune di Montecchio Maggiore, le spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano in complessivi euro 6.700,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfetario delle spese generali nella misura del 15%, i.v.a. e cassa come per legge;
condanna il ricorrente principale, NOME COGNOME, a rimborsare alla controricorrente, ‘RAGIONE_SOCIALE, le spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano in complessivi euro 6.700,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfetario delle spese generali nella misura del 15%, i.v.a. e cassa come per legge;
ai sensi dell’art. 13, 1° co. quater , d.p.r. n. 115/2002 si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del
ricorrente principale, NOME COGNOME di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi dell’art. 13, 1° co. bis , d.p.r. cit., se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della I sez. civ. della Corte