Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 3985 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 3985 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 17/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 13348/2023 R.G. proposto da: COGNOME rappresentato e difeso da ll’avvocato NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
COMUNE DI COSENZA, rappresentato e difeso da ll’avvocato NOME COGNOME unitamente all’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrente –
nonché contro
COGNOME, COGNOMERAGIONE_SOCIALE, NOME COGNOME
– intimati –
avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO di CATANZARO n. 1387/2022 depositata il 05/12/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 05/02/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME nei giudizi riuniti nn.3266/16 (NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME), 3703/16 (RAGIONE_SOCIALE) e 3705/16 (RAGIONE_SOCIALE) chiedeva l’annullamento degli atti di compravendita di terreni trasferiti dal Comune di Cosenza ai convenuti acquirenti (rogito notaio COGNOME del 6.8.2010 rep 4069 racc. 2701; rogito notaio COGNOME del 6.12.2012 rep 97696; rogito notaio COGNOME del 23/11/2011 rep 96473) con richiesta di condanna dei convenuti all’immediata restituzione del terreno sul presupposto dell’assenza di titolarità in capo all’ente comunale; o in subordine di condanna dei convenuti, in solido tra loro, al risarcimento dei danni subiti.
La domandava si fondava sul presupposto che i terreni ceduti dal Comune di Cosenza a COGNOME Vincenzo ed alla RAGIONE_SOCIALE, al momento della cessione, non fossero di proprietà del Comune di Cosenza ma degli eredi COGNOME non essendo stato emesso decreto di esproprio e non essendo stato mai stipulato il rogito di cessione dei terreni con gli eredi COGNOME. La scrittura privata del 15.10.1981, richiamata nei predetti rogiti del 20102011-2012 non aveva trasferito la proprietà degli immobili.
Il Tribunale di Cosenza rigettava la domanda.
NOME COGNOME proponeva appello avverso la suddetta sentenza.
Si costituivano i convenuti (Comune di Cosenza, RAGIONE_SOCIALE, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, nella loro qualità di eredi di NOME NOME COGNOME) chiedendo il rigetto dell’appello.
La Corte d’Appello rigettava il gravame.
L ‘appellante aveva dedotto la violazione degli artt. 132 c.p.c. e 118 disp. att. c.p.c. e l’inesistenza ovvero la nullità assoluta del provvedimento impugnato, in quanto privo di adeguata motivazione, di indicazione specifica delle ragioni di fatto e delle norme di diritto poste a fondamento della decisione, non avendo valutato il primo giudice se il documento esibito da controparte potesse configurare una compravendita definitiva ovvero una procedura espropriativa per pubblica utilità, né se fosse necessaria l’emissione di un decreto di esproprio a completamento del procedimento ablatorio. I noltre, attraverso l’errata valutazione della scrittura privata relativa alla cessione volontaria sottoscritta dagli eredi COGNOME, lo stesso giudice non ne avrebbe correttamente valutato il contenuto, non trattandosi di una vendita definitiva, ma di una cessione volontaria provvisoria, equiparabile ad una promessa di vendita.
La Corte riteneva i suddetti motivi infondati. Infatti, emergeva per tabulas dagli atti del fascicolo come, con la scrittura privata del 15.10.1981, nell’ambito dell’espropriazione per causa di pubblica utilità, COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME (denominati ‘ditta esproprianda’) a vessero ceduto volontariamente al Comune di Cosenza (ente espropriante), i beni oggetto del giudizio, a fronte della corresponsione dell’indennità di espropriazione maggiorata del 50%.
Tale atto aveva determinato, a seguito del perfezionamento della procedura espropriativa, il trasferimento dei beni di proprietà dei Magliari al Comune di Cosenza, nonché la validità del successivo trasferimento degli immobili ai convenuti.
La scrittura privata del 15.10.1981 (registrata in Cosenza il 16.10.1981) non rappresentava solo una ‘cessione volontaria provvisoria equiparabile ad una promessa di vendita’ in quanto il suo inequivocabile tenore letterale non lasciava adito a dubbi di sorta, posto che in tale documento i Magliari avevano dichiarato testualmente di ‘cedere volontariamente’ (non di promettere di cedere) gli immobili in questione, concretizzando così un atto immediatamente traslativo della proprietà.
Del resto, sulla vicenda si era già espressa la Corte Suprema di Cassazione con la sentenza n. 24784/16, pubblicata in data 5.12.2016, con la quale, confermando il giudizio di inammissibilità emesso dalla Corte di Appello di Catanzaro con la sentenza n. 141/2011, era stata rigettata definitivamente l’azione che era stata promossa dal Magliari, avverso il Comune di Cosenza, al fine di ottenere, sempre con riferimento alla cessione di cui alla scrittura del 15/10/1981, il riconoscimento di una indennità ex art. 21, Legge 865/1971, presupponendo, tale richiesta, ‘il mancato acquisto della proprietà da parte del Comune, per effetto dell’atto del 1981, in contrasto col diverso accertamento, ormai irrevocabile’.
Per di più, i medesimi Magliari, con atto stragiudiziale di significazione e diffida, notificato al Comune di Cosenza in data 18.5.2006, avevano essi stessi dato atto che ‘con scrittura privata del 15.10.1981, registrata il 16.10.1981 al n. 2503 Uff. Registro
Cosenza … i Signori COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, CEDEVANO al Comune di Cosenza, nell’ambito di un procedimento espropriativo in corso (Legge 865/71) … un terreno in località INDIRIZZO.
Con tale diffida, peraltro, i predetti non avevano chiesto la retrocessione del terreno, ma esclusivamente il riconoscimento di un indennizzo legato all’espropriazione, ulteriore rispetto a quello già percepito, da calcolarsi tenendo conto dei valori indicati nella delibera consiliare n. 41 del 28.7.1997, con la quale si era autorizzata la vendita del terreno inventariato fra i beni patrimoniali disponibili.
In ultimo, con deliberazione del Consiglio Comunale n. 22 del 30.3.2009, era stato approvato, ex art. 58, D.L. n. 112/08, conv. Legge n. 133/2008, il Piano delle alienazioni e valorizzazioni immobiliari, con l’inserimento dei terreni nell’elenco dei beni immobili comunali, non strumentali all’esercizio delle funzioni istituzionali dell’Ente, suscettibili di valorizzazione ovvero di dismissione; la cui pubblicazione, per come previsto dall’anzidetta disposizione normativa, aveva effetto dichiarativo della proprietà (salve precedenti trascrizioni, non sussistenti nella fattispecie che occupa). Più segnatamente, in virtù dei commi 2, 3 e 5 di detto articolo: ‘ L’inserimento degli immobili nel piano ne determina la conseguente classificazione come patrimonio disponibile … Gli elenchi di cui al comma 1, da pubblicare mediante le forme previste per ciascuno di tali enti, hanno effetto dichiarativo della proprietà, in assenza di precedenti trascrizioni, e producono gli effetti previsti dall’articolo 2644 del codice civile, nonché effetti sostitutivi dell’iscrizione del bene in catasto … Contro l’iscrizione del bene negli
elenchi di cui al comma 1, è ammesso ricorso amministrativo entro sessanta giorni dalla pubblicazione, fermi gli altri rimedi di legge ‘. Né risultava dagli atti alcun ricorso amministrativo, avanzato dalla parte appellante, avverso tali provvedimenti; sicché, non poteva che ritenersi legittima la successiva procedura di alienazione, da parte del Comune di Cosenza, degli immobili in questione a Greco Saverio Vincenzo ed alla RAGIONE_SOCIALE
NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione avverso la suddetta sentenza.
Il Comune di Cosenza ha resistito con controricorso.
Le altre parti sono rimaste intimate.
Il consigliere delegato ha formulato proposta di definizione del giudizio ai sensi dell’art. 380 -bis cod. proc. civ., ritualmente comunicata alle parti.
A seguito di tale comunicazione, la parte ricorrente, a mezzo del difensore munito di nuova procura speciale, ha chiesto la decisione del ricorso.
11 . È stata fissata l’adunanza in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 -bis.1 cod. proc. civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il primo motivo di ricorso è così rubricato: omessa esame e omessa pronuncia su un motivo di appello che integra la violazione dell’art. 112 cod. proc.
Parte ricorrente lamenta che non vi sia stata alcuna motivazione sul suo motivo di appello con il quale lamentava che il Tribunale: a) Non aveva specificato in base a quale legge l’atto di cessione volontaria era stato stipulato fra i Sig.ri COGNOME e il Comune di Cosenza; b) non aveva specificato quindi in forza di
quale legge era stato avviato il procedimento di espropriazione all’interno del quale era stata stipulata la cessione volontaria; c) non si faceva riferimento al provvedimento di alcuna autorità amministrativa da cui era scaturito il procedimento di espropriazione; d) non si faceva alcun riferimento alla dichiarazione di pubblica utilità e ancora nessun riferimento sulla destinazione che avrebbero avuto i terreni espropriati.
I l Giudice d’Appello non avrebbe esaminato nessun aspetto del motivo di appello.
Il secondo motivo di ricorso è così rubricato: violazione e falsa applicazione degli artt.1363 e ss c.c. sull’interpretazione dei contratti.
Il Giudice di secondo grado ha ritenuto di condividere la decisione del Tribunale confermando che nel documento prodotto dal Comune si ravvisasse una cessione definitiva e, quindi, un atto definitivo con effetto traslativo della proprietà. Però sia il Tribunale che il Giudice di appello non avrebbero tenuto conto della delibera Originale della Giunta Municipale n.1890 dell’1/11/1981. In detta d elibera, nel liquidare l’acconto ai germani Magliari, si fa ceva espresso riferimento alla cessione volontaria definendola come promessa di vendita. Tale atto rappresenterebbe una interpretazione autentica del negozio.
Il terzo motivo di ricorso è così rubricato: mancato esame di un documento decisivo denunciabile ai sensi dell’art. 360, primo comma, n.5 che ha determinato l’omissione di motivazione su un punto decisivo della controversia.
Il ricorrente aveva depositato già nel giudizio di primo grado una dichiarazione sostitutiva notarile della certificazione storico-
ipotecarla e catastale ventennale, rilasciata dal Notaio COGNOME in data 15 Febbraio 2017, dalla quale si evinceva che i beni oggetto dei tre contratti di vendita da parte del Comune risultavano ancora di proprietà dei Sig.ri COGNOME non essendo annotate trascrizioni contro di qualsiasi genere. Il ricorrente richiama l’orientamento di questa Corte secondo cui l’omesso esame di un documento può rilevare solo nel caso in cui determini l’omissione di motivazione su un punto decisivo della controversia (Ord. n. 20156 del 2022). In particolare, ove il documento non esaminato offra la prova di circostanze di tale portata da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, l’efficacia delle altre risultanze istruttorie che hanno determinato il convincimento del giudice di merito, di modo che la ratio decidendi venga a trovarsi priva di fondamento.
La proposta di definizione del giudizio formulata ai sensi dell’art. 380 -bis c.p.c. è di inammissibilità e/o manifesta infondatezza del ricorso per le seguenti ragioni:
1° motivo: inammissibile. La Corte d’appello ha offerto una risposta ampia ed esaustiva al primo motivo di appello. E’ inammissibile il ricorso per cassazione che, sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge, di mancanza assoluta di motivazione e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio miri, in realtà, ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito (Sez. U., n. 34476 del 27 dicembre 2019).
2° motivo: inammissibile. Nel giudizio di legittimità, le censure relative all’interpretazione degli atti pattizi accreditata dal giudice di merito possono essere prospettate solo in relazione al profilo della mancata osservanza dei criteri legali di ermeneutica
contrattuale o della radicale inadeguatezza della motivazione, ai fini della ricerca della comune intenzione dei contraenti, mentre la mera contrapposizione fra l’interpretazione proposta dal ricorrente e quella accolta dai giudici di merito non riveste alcuna utilità ai fini dell’annullamento della sentenza impugnata (Sez. 1, n. 9461 del 9 aprile 2021; Sez. 1, n. 995 del 20 gennaio 2021; Sez. 6-3, n. 3590 dell’11 febbraio 2021) . La differente lettura proposta dal ricorrente non tiene conto del principio per il quale la doglianza non può tradursi in un’inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e del convincimento del giudice di merito, tesa all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, certamente estranea alla natura ed ai fini del giudizio di cassazione (Sez. U, n. 24148 del 25 ottobre 2013).
3° motivo: inammissibile. Ricorre nella specie l’ipotesi di «doppia conforme», ai sensi dell’art. 348 ter, commi 4 e 5, c.p.c., con conseguente inammissibilità della censura di omesso esame di fatti decisivi ex art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. La relativa declaratoria è imposta non solo quando la decisione di secondo grado è interamente corrispondente a quella di primo grado, ma anche quando le due statuizioni siano fondate sul medesimo iter logico-argomentativo in relazione ai fatti principali oggetto della causa, non ostandovi che il giudice di appello abbia aggiunto argomenti ulteriori per rafforzare o precisare la statuizione già assunta dal primo giudice (Sez. 2, n. 7724 del 9 marzo 2022; Sez. 6-3, n. 15777 del 17 maggio 2022; Sez. L, n. 24395 del 3 novembre 2020).
Il ricorrente con la richiesta di definizione si è limitato a ribadire le argomentazioni spese a sostegno della fondatezza dei suoi motivi di ricorso e non ha depositato memoria.
6. Il ricorso è infondato.
7.1 Preliminarmente deve richiamarsi la pronuncia delle Sezioni Unite secondo cui: nel procedimento ai sensi dell’art. 380 -bis c.p.c., come disciplinato dal d.lgs. n. 149 del 2022, il presidente della sezione o il consigliere delegato, che abbia formulato la proposta di definizione accelerata, può far parte, ed eventualmente essere nominato relatore, del collegio che definisce il giudizio ai sensi dell’art. 380 -bis.1, non versando in situazione di incompatibilità agli effetti degli artt. 51, comma 1, n. 4 e 52 c.p.c., atteso che tale proposta non rivela una funzione decisoria e non è suscettibile di assumere valore di pronuncia definitiva, né la decisione in camera di consiglio conseguente alla richiesta del ricorrente si configura quale fase distinta, che si sussegue nel medesimo giudizio di cassazione con carattere di autonomia e con contenuti e finalità di riesame e di controllo sulla proposta stessa (cfr. Sez. U, Sentenza n. 9611 del 2024 depositata il 10.4.2024).
7.2 Il Collegio condivide le conclusioni di cui alla proposta di definizione accelerata e il ricorrente non offre argomenti tali da consentire di modificarle.
Come evidenziato dalla difesa del Comune di Cosenza sulla vicenda relativa alla procedura espropriativa del terreno per cui è causa vi sono state ben due pronunce passate in giudicato.
Infatti, l’odierno ricorrente aveva promosso una causa civile definita con la sentenza della Corte di Appello di Catanzaro, n. 364/99 del 30.3.1999 con la quale il Comune di Cosenza veniva
condannato al pagamento in favore dei Signori Magliari, tra cui il ricorrente, della somma di £ 418.725.750, nonché dei relativi interessi legali dal 15.10.1981 fino all’effettivo soddisfo nonché determinata in £ 61.873.000 l’indennità per la occupazione legittima per il periodo 24 ottobre 1979 -15 ottobre 1981.
La predetta sentenza della Corte di Appello di Catanzaro non è stata oggetto di ricorso in Cassazione e, in conseguenza, il Comune ha adottato la determinazione dirigenziale n. 1270 R.G. del 29.8.2000, in forza della quale è stata liquidata ai sigg. COGNOME la somma complessiva (ante euro) di £ 1.120.000.000 che è stata regolarmente pagata con i mandati di pagamento, a saldo e stralcio di ogni loro pretesa creditoria.
Successivamente, nell’anno 2008, il solo COGNOME NOME e non anche gli altri comproprietari, premettendo che con scrittura privata avente ad oggetto la cessione volontaria di immobile, il Comune era divenuto proprietario del terreno per cui è causa, promuoveva azione davanti alla Corte di Appello di Catanzaro, (quale giudice ritenuto competente in unico grado) perché la stessa: ‘ previa presa d’atto dell’avvenuta prelazione con delibere consiliari richiamate in narrativa, determini l’indennità spettante al l’attore ai sensi dell’art. 21 L. 865/71 … da quantificare a mezzo CTU che tenga anche a base il valore venale ad oggi dei terreni in parola … ‘.
Il giudizio si concludeva con la sentenza n. 141/2011 della Corte d’Appello di Catanzaro, con cui la Corte non riconoscendo alcun diritto di prelazione, dichiarava inammissibile la domanda. Avverso la suddetta sentenza, il ricorrente promuoveva ricorso in Cassazione dichiarato inammissibile con sentenza n. 24784 del
11.10.2016 così massimata: Il diritto di prelazione previsto, in favore del comune, dall’art. 21 della l. n. 865 del 1971, con riferimento agli immobili siti nel suo territorio e per i quali sia cessata la destinazione alla realizzazione di un interesse pubblico, va escluso allorquando il comune coincida con il soggetto espropriante, in ragione dell’impossibilità logica, ancor prima che giuridica, che l’ente territoriale, già titolare del diritto dominicale acquisito al patrimonio indisponibile ex art. 35, comma 3, della legge citata, eserciti la prelazione nei confronti di se stesso. (Sez. 1 – , Sentenza n. 24784 del 05/12/2016, Rv. 642137 – 01)
In tale occasione, dunque, si è già affermata la titolarità del diritto di proprietà del bene oggetto di causa in capo al Comune di Cosenza. Anche in quel caso il ricorrente sosteneva che la convenzione non avesse comportato il trasferimento del bene, contenendo solo la promessa di stipula di una “vendita per cessione volontaria”. Questa Corte, invece, ha già chiarito che nella specie, l’amministrazione comunale è titolare del diritto dominicale acquisito al patrimonio indisponibile (ex comma 3 dell’art 35 della L n. 865 del 1971) e che il passaggio del bene al patrimonio disponibile avrebbe comportato al più un diritto di retrocessione dietro pagamento del relativo prezzo (cfr. Cass. n. 8999 del 2004), in quanto a seguito di ablazione, il soggetto espropriato non conserva, neppure, una proprietà latente sul bene.
In definitiva, come evidenziato nella proposta, nessuna violazione di legge vi è stata, tantomeno in materia di interpretazione dei contratti, mentre la censura di omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti è inammissibile vertendosi in ipotesi di c.d. doppia conforme. Ricorre
l’ipotesi di «doppia conforme», ai sensi dell’art. 348 ter, commi 4 e 5, c.p.c., con conseguente inammissibilità della censura di omesso esame di fatti decisivi ex art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., non solo quando la decisione di secondo grado è interamente corrispondente a quella di primo grado, ma anche quando le due statuizioni siano fondate sul medesimo iter logico-argomentativo in relazione ai fatti principali oggetto della causa, non ostandovi che il giudice di appello abbia aggiunto argomenti ulteriori per rafforzare o precisare la statuizione già assunta dal primo giudice. (Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 7724 del 09/03/2022, Rv. 664193 – 01).
Il ricorso è rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
Poiché il ricorso è deciso in conformità alla proposta formulata ai sensi dell’art. 380 -bis cod. proc. civ., vanno applicati -come previsto dal terzo comma, ultima parte, dello stesso art. 380-bis cod. proc. civ. -il terzo e il quarto comma dell’art. 9 6 cod. proc. civ., con conseguente condanna della parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, di una somma equitativamente determinata (nella misura di cui in dispositivo), nonché al pagamento di una ulteriore somma – nei limiti di legge in favore della cassa delle ammende.
Considerato il tenore della pronuncia, va dato atto -ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del D.P.R. n. 115 del 2002 -della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo contributo unificato, pari a quello previsto per la proposizione dell’impugnazione, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento in favore della parte controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 8.500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge; condanna altresì la parte ricorrente, ai sensi dell’art. 96 , terzo e quarto comma, cod. proc. civ., al pagamento, in favore della parte controricorrente, della ulteriore somma pari ad euro 8.500,00, nonché al pagamento della somma di euro 3.000,00 in favore della cassa delle ammende;
dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda