Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 13251 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 13251 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 14/05/2024
Oggetto: cessione di ramo di azienda bancaria
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 2264/2020 R.G. proposto da COGNOME NOME NOME COGNOME NOME, rappresentati e difesi da ll’ AVV_NOTAIO, con domicilio eletto presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, sito in RAGIONE_SOCIALE, INDIRIZZO
– ricorrenti –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa da ll’ AVV_NOTAIO, con domicilio eletto presso il suo studio, sito in RAGIONE_SOCIALE, INDIRIZZO
– controricorrente –
avverso la sentenza della Corte di appello di Ancona n. 2796/2018, depositata il 3 dicembre 2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 18 aprile 2024 dal Consigliere NOME COGNOME;
RILEVATO CHE:
NOME COGNOME e NOME COGNOME propongono ricorso per cassazione
avverso la sentenza della Corte di appello di Ancona, depositata il 3 dicembre 2018, di reiezione dell’appello per la riforma della sentenza del locale Tribunale che aveva respinto le loro domande di condanna della RAGIONE_SOCIALE al risarcimento dei danni per inadempimento degli obblighi derivanti dalla conclusione di un contratto di intermediazione finanziaria in relazione a tre operazioni di investimento eseguite nel marzo 2000;
la Corte di appello, confermando la decisione del giudice di primo grado, ha disatteso il gravame ritenendo fondata l’eccezione di carenza di legittimazione sollevata dalla RAGIONE_SOCIALE (poi, RAGIONE_SOCIALE), subentrata nella titolarità della posizione processuale della RAGIONE_SOCIALE a seguito di cessione del ramo di azienda, in ragione del fatto che l’agenzia presso la quale gli attori avevano intratte nuto i rapporti contrattuali era stata ceduta, ai sensi dell’art. 58 t.u.b., alla RAGIONE_SOCIALE;
il ricorso è affidato a quattro motivi;
resiste con controricorso la RAGIONE_SOCIALE;
-le parti depositano memoria ai sensi dell’art. 380 -bis .1 cod. proc. civ.;
CONSIDERATO CHE:
con il primo motivo i ricorrenti denunciano la violazione o falsa applicazione degli artt. 115 cod. proc. civ. e 2697 cod. civ., per aver la sentenza impugnata ritenuto tardiva la contestazione dell ‘avvenuta iscrizione nel Registro delle imprese e pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della cessione in blocco dei rapporti giuridici prevista dall’art. 58 t.u.b. ai fini dell’efficacia della cessione medesima nei confronti dei debitori ceduti;
evidenziano, sul punto, che, secondo la formulazione dell’art. 115 cod. proc. civ. anteriore alla modifica apportata dalla l. 18 giugno 2009, n. 69, applicabile al caso in esame, la loro allegazione, contenuta nella memoria redatta ai sensi dell’art. 6 d.lgs. 17 gennaio 2003, n. 5, di non aver avuto contezza della cessione, non poteva essere qualificata quale
difesa incompatibile con la negazione del fatto allegato dalla controparte;
aggiungono, inoltre, che il principio di non contestazione è applicabile solo ai fatti storici e non ai fatti costitutivi ascrivibili nella categoria dei fatti-diritto;
il motivo è inammissibile;
la Corte di appello ha dato atto che gli appellanti hanno eccepito solo con l’atto di appello la mancata produzione della Gazzetta Ufficiale in cui era stata pubblicata la cessione dei debiti in contestazione (effettuata solo nel corso del giudizio di secondo grado), mentre in primo grado tale circostanza non era stata da questi specificamente contestata, tanto è vero che nella sentenza di primo grado si leggeva che non era in discussione l ‘avvenuta pubbli cazione della cessione nella Gazzetta Ufficiale;
in proposito, si osserva che qualora la titolarità del rapporto giuridico controverso non sia stata contestata nel primo grado di giudizio, la parte che la contesti in appello ha l’onere di provare il fondamento del proprio assunto, e ciò anche nelle cause cui sia applicabile la previgente formulazione dell’art. 115 cod. proc. civ., in virtù della quale era pur sempre onere del convenuto prendere posizione in modo specifico sui fatti posti dall’attore a fondamento della domanda (cfr. Cass. 27 dicembre 2023, n. 36088; Cass. 6 febbraio 2004, n. 2299);
si osserva, inoltre, che il passaggio della memoria depositata in primo grado ai sensi dell’art. 6 d.l gs. n. 5 del 2003, riprodotto dai ricorrenti nel motivo di impugnazione, esprime solo la loro mancata conoscenza dell’avvenuta cessione ma non anche l’avvenuta pubblicazione della stessa nella Gazzetta Ufficiale e, dunque, non investe il fatto allegato dalla banca e ritenuto provato a seguito della mancata specifica contestazione della controparte;
-quanto, poi, all’ambito di operatività del principio di non contestazione, si evidenzia che il fatto in esame -ossia l’avvenuta
pubblicazione della cessione nella Gazzetta Ufficiale -riguarda, diversamente da quanto sostenuto dai ricorrenti, un fatto storico e non già un fatto costitutivo ascrivibile alla categoria dei fatti-diritto per il quale tale principio non opererebbe;
con il secondo motivo i ricorrenti deducono la violazione e falsa applicazione dell’art. 58 t.u.b., per aver la Corte territoriale ritenuto provata la conoscenza della cessione attraverso la relativa annotazione presente in un estratto conto inviato e non già attraverso la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale;
il motivo è inammissibile;
la Corte di appello, dopo aver rilevato che il giudice di primo grado aveva ritenuto provata la pubblicazione della cessione nella Gazzetta Ufficiale a seguito della mancata contestazione del fatto e osservato che tale statuizione non era stata sufficientemente aggredita, ha osservato che, in ogni caso, gli appellanti erano a conoscenza della cessione medesima in virtù della comunicazione effettuata per il tramite dell’estratto conto aggiornato al 31 dicembre 2002;
tale argomentazione non esprime la ratio decidendi , individuata nella mancata impugnazione della statuizione avente a oggetto l’avvenuta pubblicazione della cessione nella Gazzetta Ufficiale, ma costituisce una considerazione della Corte in relazione al profilo, estraneo all ‘ambito di applicazione dell’art. 58 t.u.b., relativo all’assenza di un concreto pregiudizio per i correntisti atteso che gli stessi erano stati informati della cessione;
con il terzo motivo i ricorrenti si dolgono della violazione e falsa applicazione degli artt. 58 t.u.b. e 345 cod. proc. civ., per aver la sentenza impugnata esaminato il motivo di appello con cui si contestava che fosse intervenuta una cessione di un ramo di azienda o una cessione di rapporti in blocco, sostenendo, invece, che si fosse in presenza di una cessione di un singolo rapporto contrattuale, in ragione del contenuto del documento contenente la pubblicazione della
cessione nella Gazzetta Ufficiale, benché prodotto per la prima volta solo in appello;
con l’ultimo motivo lamentano la violazione dell’art. 345, terzo comma, cod. proc. civ., per aver la Corte territoriale dato ingresso a tale ultimo documento senza una previa valutazione della sua indispensabilità;
i motivi, esaminabili congiuntamente, sono inammissibili;
come riferito in precedenza, la ratio decidendi risiede nel fatto che si fosse perfezionata la fattispecie invocata dalla banca convenuta della cessione a banche di aziende, di rami d’azienda, di beni e rapporti giuridici individuabili in blo cco di cui all’art. 58 t.u.b.;
solamente ad adiuvandum , la Corte di appello ha chiarito che la ricorrenza degli elementi di una siffatta fattispecie emergevano chiaramente dal tenore letterale della relativa comunicazione pubblicata nella Gazzetta Ufficiale, riportata testualmente nel suo passaggio rilevante;
si tratta, dunque, di un brano argomentativo che si limita a rafforzare l’accertamento già compiuto in ordine al fatto che il rapporto dedotto in giudizio fosse stato interessato dalla cessione in blocco e, pertanto, non costituisce autonoma motivazione della decisione;
pertanto, per le indicate considerazioni, il ricorso va dichiarato inammissibile;
le spese processuali seguono il criterio della soccombenza e si liquidano come in dispositivo
P.Q.M.
La Corte dichiara il ricorso inammissibile; condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese di giudizio di legittimità, che si liquidano in complessivi euro 8.500,00, oltre rimborso forfettario nella misura del 15%, euro 200,00 per esborsi e accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , t.u. spese giust., dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei
ricorrenti , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Rom a, nell’adunanza camerale del 18 aprile 2024.