Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 23844 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 23844 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 25/08/2025
ORDINANZA
Oggetto
Cessione di ramo di
azienda
–
direzione recupero
crediti
–
accertamento
– criteri
R.G.N. 3777/2022
COGNOME
Rep.
Ud. 25/06/2025
CC
sul ricorso 3777-2022 proposto da:
NOME COGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME tutti rappresentati e difesi dall’avvocato NOME COGNOME
– ricorrenti –
contro
RAGIONE_SOCIALE (già Credito Fondiario S.p.ARAGIONE_SOCIALE), RAGIONE_SOCIALE (già Credito Fondiario S.p.A.) in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore,
rappresentati e difesi dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME;
– controricorrenti –
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME, NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 198/2021 della CORTE D’APPELLO di GENOVA, depositata il 27/07/2021 R.G.N. 68/2021; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 25/06/2025 dal Consigliere Dott. COGNOME
Fatti di causa
Il Tribunale di Genova, innanzi al quale era stato impugnato dai lavoratori in epigrafe il trasferimento del ramo d’azienda relativo alla Struttura Recupero Crediti -Contenzioso (RCC) da Banca CARIGE s.p.a. a Credito Fondiario s.p.a. (successivamente oggetto di scissione in 5 società, tra le quali le odierne controricorrenti RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE.aRAGIONE_SOCIALE) con decorrenza 14.5.2018, deducendo la nullità della cessione per insussistenza dell’autonomia del ramo ceduto e per difetto di preesistenza dello stesso ramo rispetto alla cessione, con domande di accertamento dell’inefficacia nei confronti dei ricorrenti del trasferimento del ramo d’azienda, dell’inefficacia della cessione dei rispettivi contratti di lavoro, e di condanna di Banca CARIGE a ripristinare i rapporti di lavoro dalla data di cessione dei contratti, rigettava il ricorso.
La Corte d’Appello di Genova confermava la sentenza di primo grado.
In particolare, la sentenza di appello sottolineava le peculiarità dell’operazione societaria e negoziale sottesa alla cessione del ramo d’azienda , valorizzando lo schema del mandato di gestione dei crediti, autonomo rispetto al contratto di cessione di ramo d’azienda, nel contesto della complessiva operazione posta in essere, alla luce dell’attività svolta dal compendio aziendale ceduto.
Avverso la sentenza della Corte d’Appello hanno proposto ricorso per cassazione i lavoratori con quattro motivi, cui hanno resistito con controricorso le società cedente e cessionarie; tutte le parti hanno depositato memorie; al termine della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza.
Ragioni della decisione
Con il primo motivo, i ricorrenti deducono (art. 360, n. 4, c.p.c.) violazione dell’art. 132 c.p.c., per assoluta mancanza, nella sentenza d’appello, di un ragionamento in iure circa l’applicazione alla vicenda circolatoria de qua della disciplina di cui all’art. 2112 c.c .
Con il secondo motivo, deducono (art. 360, n. 3, c.p.c.) violazione dell’art. 2112 c.c., per violazione della fattispecie astratta che prevede che il ramo ceduto debba essere dotato di effettive potenzialità commerciali che prescindano dalla struttura cedente dal quale viene estrapolato.
Con il terzo motivo, deducono (art. 360, n. 3, c.p.c.) violazione dell’art. 2112 c.c., p er vizio di sussunzione, per avere la Corte d’Appello ritenuto sussistente il ramo e legittima la cessione dei rapporti di lavoro senza consenso scritto ex art. 1406 c.c. nonostante sia stato accertato e affermato un mantenimento di interazioni, definendolo inevitabile nella gestione del servizio appaltato.
Con il quarto motivo, deducono (art. 360, n. 4, c.p.c.), violazione dell’art. 132, comma 1, n. 4, c.p.c. per motivazione inesistente in ordine al ‘particolare know-how ‘ o ‘ comune bagaglio di conoscenze, esperienze e capacità tecniche ‘ che permetterebbe di considerare ciò che è stato ceduto da RAGIONE_SOCIALE a RAGIONE_SOCIALE un c.d. ‘ ramo leggero o dematerializzato ‘ .
Il primo e quarto motivo, con i quali si lamenta la violazione dell’art. 132 c.p.c., sono infondati.
La sentenza gravata riporta ampia motivazione (che infatti viene criticata negli altri motivi) e raggiunge il cd. minimo costituzionale (Cass. S.U. n. 8053/2014).
Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, ricorre il vizio di omessa o apparente motivazione della sentenza allorquando il giudice di merito ometta di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero li indichi senza disamina logica e giuridica, rendendo, in tal modo, impossibile il controllo sul suo ragionamento (cfr. Cass. n. 9105/2017, n. 20921/2019); ipotesi non ricorrente nel caso in esame.
Il secondo e terzo motivo, con i quali la sentenza gravata viene censurata per violazione delle regole stabilite da ll’art. 2112 c.c., traducendosi nella doglianza dell’errata sussunzione della fattispecie concreta in quella astratta, sono, invece, fondati per quanto di ragione, come già affermato da questa Corte in vertenze analoghe (Cass. n. 15469 e 15511/2025).
La Corte d’Appello ha dato atto , valutando il requisito dell’autonomia funzionale del ramo ceduto , che la società cessionaria, per poter svolgere la propria attività, ha necessariamente dovuto concludere contratti di servicing con la società cedente.
Ciò significa che, se l’attività prima svolta in proprio dalla cedente poteva dirsi caratterizzata dalla completezza del
servizio svolto, il complesso dell’attività ceduta risulta invece frutto di un’operazione di frazionamento che si rivela artificiosa, perché alla cedente sono comunque rimaste una serie di attività connesse con l ‘ attività di recupero.
Né l’applicazione dello schema contrattuale del mandato gestorio conferito dalla cedente consente l’aggiramento del regime imperativo dell’art. 2112 c.c., atteso che l’autonomia funzionale non si deve basare sull’organizzazione assunta dal cessionario successivamente alla cessione, eventualmente grazie alle integrazioni determinate da coevi o successivi contratti di appalto, ma deve riguardare l’organizzazione della frazione del preesistente complesso produttivo costituito dal ramo ceduto (Cass. n. 10542/2016).
A fronte dell’accertamento di fatto emerso nel merito, la conclusione avrebbe dovuto essere in termini di assenza di autonomia funzionale del ramo ceduto (e non l’opposto).
L’errore di sussunzione si è tradotto, quindi, nell’applicare l’art. 2112 c.c. invece inapplicabile, perché la fattispecie concreta, come accertata dalla Corte territoriale, non ne presentava uno dei requisiti fondamentali, ossia l’autonomia funzionale.
Al riguardo va ricordato il pacifico orientamento di questa Corte, secondo cui il ramo d’azienda rilevante ex art. 2112 c.c. deve pur sempre rispettare la nozione di impresa e pertanto deve pur sempre avere quell’autonomia funzionale idonea a consentire lo svolgimento ex se dell’attività imprenditoriale (nella nozione data dall’art. 2082 c.c.) sul mercato, quindi anche verso terzi, e non solo verso la cedente.
15. In particolare, questa Corte ha affermato che, ai fini del trasferimento di ramo d’azienda previsto dall’art. 2112 c.c., anche nel testo modificato dall’art. 32 d.lgs. n. 276/2003,
rappresenta elemento costitutivo della cessione l’autonomia funzionale del ramo ceduto, ovvero la sua capacità, già al momento dello scorporo, di provvedere ad uno scopo produttivo con i propri mezzi funzionali ed organizzativi e quindi di svolgere – autonomamente dal cedente e senza integrazioni di rilievo da parte del cessionario – il servizio o la funzione cui risultava finalizzato nell’ambito dell’impresa cedente al momento della cessione.
16. L’elemento costitutivo dell’autonomia funzionale va quindi letto in reciproca integrazione con il requisito della preesistenza, e ciò anche in armonia con la giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, secondo la quale l’impiego del termine ” conservi ” nell’art. 6, par. 1, commi 1 e 4, della direttiva 2001/23/CE, ” implica che l’autonomia dell’entità ceduta deve, in ogni caso, preesistere al trasferimento ” (sentenza 6 marzo 2014, C-458/12; sentenza 13 giugno 2019, C-664/2017 – Cass. n. 22249/2021).
17. In definitiva, il ramo ceduto deve essere in grado di svolgere attività di impresa indipendentemente dall’eventuale contratto di fornitura di servizi che venga contestualmente stipulato fra cedente e cessionaria (Cass. n. 19034/2017: in quel giudizio questa Corte ha cassato la sentenza del giudice di merito che aveva ritenuto integrato il trasferimento di ramo d’azienda nel caso di cessione di un call center , benché per la realizzazione dell’attività ceduta fosse necessaria una continua interazione con programmi informatici rimasti nella proprietà esclusiva della cedente; nello stesso senso Cass. n. 11247/2016).
18. La Corte territoriale non ha fatto buon governo di tale orientamento; pur avendo verificato che in concreto, dopo la cessione del ramo d’azienda, l’attività della cessionaria era
rimasta indissolubilmente legata, in termini di vera e propria dipendenza funzionale, ad alcune attività rimaste alla cedente, ha nondimeno ritenuto sussistente la fattispecie disciplinata dall’art. 2112 c.c.
La sentenza impugnata va pertanto cassata con rinvio in relazione ai motivi accolti, affinché siano tratte tutte le conseguenze dall’accertamento del rilievo che, nel caso concreto, ha avuto la necessaria interazione della cessionaria con la struttura rimasta presso la cedente.
Osserva inoltre il Collegio che, nel caso specifico, l’insussistenza del requisito dell’autonomia funzionale rende in concreto irrilevante accertare l’ulteriore requisito della preesistenza.
Alla Corte del rinvio è demandata anche la regolamentazione delle spese di lite, incluse quelle del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo e il terzo motivo di ricorso, rigetta il primo e il quarto; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte d’Appello di Genova in diversa composizione, anche per le spese.
Così deciso in Roma, nell’Adunanza camerale del 25 giugno 2025.