Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 4945 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 4945 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 23/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso 11733-2019 proposto da:
COGNOME NOME, domiciliato in ROMA, INDIRIZZO, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio degli avvocati COGNOME NOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME che la rappresentano e difendono;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 272/2019 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 21/02/2019 R.G.N. 389/2018; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 17/01/2024 dal AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO.
Oggetto
R.G.N. 11733/2019
COGNOME.
Rep.
Ud. 17/01/2024
CC
FATTI DI CAUSA
Con sentenza n. 272/2019 la Corte d’appello di Milano ha confermato la sentenza di primo grado con la quale era stata respinta la domanda di NOME COGNOME intesa alla condanna di RAGIONE_SOCIALE al pagamento delle retribuzioni maturate da luglio 2014 a febbraio 2017 ed al risarcimento del danno alla professionalità asseritamente sofferto nel periodo da febbraio 2012 a febbraio 2017. A fondamento della domanda l’originario ricorrente aveva dedotto l’inottemperanza di RAGIONE_SOCIALE all’ordi ne di ripristino del rapporto di lavoro conseguente alla illegittimità, giudizialmente accertata, del trasferimento del ramo di azienda denominato RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE – al quale era stato addetto il COGNOME – da RAGIONE_SOCIALE a RAGIONE_SOCIALE .
La decisione della Corte d’appello è stata motivata, quanto alla domanda di condanna alle retribuzioni, in base alla considerazione che, come già rilevato in precedente pronunzia inter partes della medesima Corte, relativa a retribuzioni maturate nel periodo immediatamente precedente a quello oggetto del presente giudizio, il relativo accoglimento risultava precluso dalla intervenuta risoluzione in via transattiva del rapporto di lavoro con la cessionaria RAGIONE_SOCIALE; quanto alla domanda di risarcimento del danno alla professionalità, collegata al fatto che presso RAGIONE_SOCIALE il dipendente era stato sospeso in cigs a zero ore e poi posto in mobilità restando del tutto inattivo per un lungo periodo, il giudice di appello ha osservato che la pacifica correttezza della cigs aveva interrotto il nesso causale fra la mancata prestazione lavorativa ed il precedente trasferimento del ramo di azienda, dichiarato nullo in sede giudiziale. Il giudice di secondo grado ha
ulteriormente osservato che il lavoratore aveva prospettato la lesione alla professionalità con riferimento alle mansioni di addetto alla manutenzione svolte prima che la datrice di lavoro RAGIONE_SOCIALE lo trasferisse al ramo di azienda poi ceduto, denominato RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, lesione quindi non riconducibile alla illegittimità della cessione; infine, la Corte distrettuale ha rilevato che le allegazioni relative al danno alla professionalità, connesse al periodo in cui il lavoratore era stato addetto al ramo di azienda denominato RAGIONE_SOCIALE, erano generiche e pertanto del tutto insufficienti a fondare, anche solo in via presuntiva, l’accertamento del denunziato pregiudizio del quale era chiesto il ristoro.
Per la cassazione della decisione ha proposto ricorso NOME COGNOME sulla base di tre motivi; la parte intimata ha depositato controricorso. Parte ricorrente ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso parte ricorrente deduce ex art. 360, comma 1 n. 3 c.p.c. violazione e falsa applicazione dell’art. 2112 c.c. censurando il rigetto della domanda di risarcimento del danno connessa alla perdita delle retribuzioni per la mancata reintegrazione in servizio in relazione al periodo luglio 2014/febbraio 2017; sostiene infatti che la illegittimità della cessione del ramo di azienda al quale era addetto aveva comportato la giuridica continuazione del rapporto di lavoro con la cedente RAGIONE_SOCIALE e l’instaurazione, di fatto, di un altro e diverso rapporto di lavoro con RAGIONE_SOCIALE; tanto escludeva che le vicende attinenti a quest’ultimo rapporto di lavoro ed in particolare l’accordo transattivo con la cessionaria in o rdine
alla relativa risoluzione potessero sortire effetti sul rapporto di lavoro perdurante con RAGIONE_SOCIALE
Con il secondo motivo deduce ex art. 360, comma 1 n. 3 c.p.c. violazione e falsa applicazione degli artt. 2103, 2112 e 1223 c.c. censurando il rigetto della domanda di risarcimento del danno da dequalificazione e perdita di professionalità; contesta che la ritenuta legittimità della messa in cassa integrazione del lavoratore da parte di RAGIONE_SOCIALE fosse idonea ad interrompere il nesso causale in relazione allo specifico pregiudizio alla professionalità denunziato, pregiudizio che si poneva in relazione causale sia con la illegittima cessione del ramo di azienda al quale era addetto il COGNOME sia con l’illegittimo rifiuto di RAGIONE_SOCIALE di riammettere in servizio il lavoratore anche dopo l’accertamento giudiziale di tale diritto; assume ch e la lamentata dequalificazione era connessa al mancato svolgimento di mansioni corrispondenti al 5° livello del contratto collettivo ed al protratto periodo di cassa integrazione a zero ore, situazione che, anche sulla base di dati di comune esperienza, implicava lesione alla professionalità .
Con il terzo motivo di ricorso deduce ex art. 360, comma 1 n. 3 c.p.c. violazione e falsa applicazione degli artt. 2697, 2729 e 2103 c.c.; premesso di avere allegato che anche in relazione alle mansioni svolte presso il ramo RAGIONE_SOCIALE si era verificato depauperamento del patrimonio professionale atteso l’abnorme periodo di inattività che aveva subito presso RAGIONE_SOCIALE, contesta la affermazione della Corte di merito circa la insufficienza delle allegazioni a riguardo formulate nell’atto int roduttivo.
Il primo motivo di ricorso deve essere accolto in continuità con recenti approdi del giudice di legittimità;
invero, con orientamento consolidatosi a partire da Cass Sez. Un. n. 2990 del 2018 (v. tra le altre, Cass. n. 6653 del 2023 e precedenti di legittimità ivi citati, Cass. n. 3480 del 2023, n. 3479 del 2023, n. 31149 del 2022, 30972 del 2022, Cass. nn. 17784, 17785 e 17786 del 2019; conf. Cass. n. 21158 del 2019;: Cass. n. 29092 del 2020; Cass. n. 17487 del 2020; Cass. n. 17488 del 2020; Cass. n. 17489 del 2020; Cass. n. 17491 del 2020; Cass. n. 22517 del 2021; Cass. n. 22516 del 2021; Cass. n. 22436 del 2021; Cass. n. 22435 del 2021; Cass. n. 22433 del 2021; Cass. n. 25853 del 2022; Cass. n. 22436 del 2022), la RAGIONE_SOCIALE.RAGIONE_SOCIALE. ha chiarito che soltanto un legittimo trasferimento d’azienda comporta la continuità del rapporto di lavoro con il soggetto cessionario, rapporto che resta unico ed immutato, nei suoi elementi oggettivi, esclusivamente nella misura in cui ricorrano i presupposti di cui all’art. 2112 c. c. che, in deroga all’art. 1406 c.c., consente la sostituzione del contraente senza il consenso del ceduto. Ed è evidente che l’unicità del rapporto venga meno qualora, come appunto nel caso di specie, il trasferimento sia dichiarato invalido, stante l’instaurazione di un diverso e nuovo rapporto di lavoro con il soggetto (già, e non più, cessionario) alle cui dipendenze il lavoratore “continui” di fatto a lavorare. I precedenti evocati riconoscono il diritto del lavoratore illegittimamente ceduto di ricevere, da parte del cedente (nel caso di specie RAGIONE_SOCIALE) le normali retribuzioni, insuscettibili di decurtazioni per aliunde perceptum ; coerente con la configurazione nella fattispecie connotata da cessione non conforme al disposto dell’art. 2112 c.c. di una duplicità di rapporti di lavoro è l’ulteriore affermazione circa la inidoneità delle vicende relative al rapporto instauratosi di fatto con il soggetto cessionario ad incidere sul rapporto continuato de iure con il soggetto cedente (v., tra le altre, per un ‘ applicazione del principio, con
riferimento a transazione intervenuta con il cessionario: Cass. n. 35982 del 2021, Cass. n. 18948 del 2021).
4.1. All’accoglimento del motivo consegue la cassazione in parte qua della sentenza impugnata con rinvio alla Corte di appello designata per il riesame della vicenda alla luce del principio richiamato.
Il secondo ed il terzo motivo di ricorso, esaminati congiuntamente per connessione, devono essere respinti. La sentenza impugnata ha motivato il rigetto della domanda di risarcimento del danno alla professionalità, asseritamente sofferto per essere il lavoratore stato posto presso la cessionaria in cigs a zero ore da febbraio 2012 a febbraio 2017 e poi posto in mobilità, osservando che: a) la legittimità della cigs aveva interrotto il nesso di causalità con il trasferimento; b) il pregiudizio non appariva ascrivibile alla società cedente né aveva formato oggetto di idonee allegazioni in primo grado; ciò in quanto il tema della lesione alla professionalità riferita alle mansioni svolte prima dell’inserimento nel ramo RAGIONE_SOCIALE esulava dalla qu estione oggetto di causa posto che l’assegnazione al ramo ormai ceduto era avvenuta nel luglio 2013, epoca antecedente alla cessione per cui era riconducibile ad una autonoma scelta organizzativa dell’originaria datrice di lavoro; sulla base di queste considerazioni la sentenza impugnata ha osservato che era alle mansioni svolte presso il ramo ceduto che la domanda risarcitoria doveva ritenersi ‘necessariamente riferita’ ed evidenziato che a riguardo nessuna deduzione era stata svolta nel ricorso di primo grado in ordine allo specifico pregiudizio riconducibile al mancato svolgimento dei compiti di archivio che erano quelli espletati dal dipendente presso il ramo denominato RAGIONE_SOCIALEi RAGIONE_SOCIALE, sostanzialmente costituiti dallo spostamento di documentazione cartacea e dallo smistamento di
corrispondenza; né nel nostro ordinamento era ammesso il ristoro di un pregiudizio configurato come un danno ‘in re ipsa’.
5.1. Le ragioni alla base del rigetto della domanda di risarcimento del danno non risultano incrinate dalle critiche articolate con i motivi in esame posto che se è in tesi corretta l’affermazione dell’odierno ricorrente che la denunziata perdita di professionalità, quanto al periodo di cigs, andava posta in relazione causale con la inidoneità della cessione tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE a determinare il trasferimento de iure alla seconda del rapporto di lavoro instaurato con la cedente, e non con i presupposti di legittimità della cigs medesima, rimane il fatto che il giudice di appello ha mostrato di interpretare la originaria domanda nel senso che la richiesta risarcitoria non poteva che riferirsi alle mansioni espletata presso il ramo ceduto (e non a quelle espletate anteriormente) ed ha formulato a riguardo una valutazione di genericità e inidoneità di allegazione in ordine al pregiudizio alla professionalità derivato dalla illegittima cessione; tale apprezzamento non risulta incrinato dalle deduzioni articolate dall’odierno ricorre nte che, senza evidenziare alcuna incongruità o illogicità di motivazione nella ricostruzione del contenuto allegatorio della originaria domanda, si sostanziano in un mero dissenso valutativo dalle conclusioni attinte dal giudice di merito nell’interpretazione del ricorso introduttivo, dissenso intrinsecamente inidoneo ad inficiare l’accertamento alla base del decisum . Per consolidata giurisprudenza di questa Corte, l’ interpretazione del contenuto e dell’ampiezza dell’atto della parte costituisce attività riservata al giudice di merito, sindacabile solo per vizio di motivazione (Cass. n. 10182 del 2007), nello specifico neppure formalmente prospettato; non risulta utilmente invocabile la violazione e
falsa applicazione delle norme menzionate in rubrica in quanto l’erronea interpretazione della domande e delle eccezioni non è censurabile ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3), c.p.c., perché non pone in discussione il significato della norma ma la sua concreta applicazione operata dal giudice di merito, il cui apprezzamento, al pari di ogni altro giudizio di fatto, può essere esaminato in sede di legittimità soltanto sotto il profilo del vizio di motivazione, ovviamente entro i limiti in cui tale sindacato è ancora consentito dal vigente art. 360, comma 1, n. 5), c. p. c. (Cass. n. 31546 del 2019, Cass. n. 1479 del 1965); parimenti inammissibili le critiche formulate con il terzo motivo laddove denunziano il mancato ricorso al ragionamento presuntivo in quanto secondo la condivisibile giurisprudenza di questa Corte spetta al giudice di merito valutare l’opportunità di fare ricorso alle presunzioni, individuare i fatti da porre a fondamento del relativo processo logico e valutarne la rispondenza ai requisiti di legge, con apprezzamento di fatto che, ove adeguatamente motivato, sfugge al sindacato di legittimità, dovendosi tuttavia rilevare che la censura per vizio di motivazione in ordine all’utilizzo o meno del ragionamento presuntivo non può limitarsi a prospettare l’ipotesi di un convincimento diverso da quello espresso dal giudice di merito, ma deve fare emergere l’assoluta illogicità e contraddittorietà del ragionamento decisorio, restando peraltro escluso che la sola mancata valutazione di un elemento indiziario possa dare luogo al vizio di omesso esame di un punto decisivo (Cass. n. 22366 del 2021, Cass. n. 1234 del 2019, Cass. n. 21961 del 2010, Cass. n. 10847 del 2007), come nella specie, viceversa, non avvenuto.
6. In conclusione, il secondo ed il terzo motivo di ricorso devono essere respinti ed il primo motivo accolto con rinvio
alla Corte di appello di Milano in diversa composizione alla quale è demandato altresì il regolamento delle spese di lite del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso e rigetta gli altri. Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche ai fini del regolamento delle spese di lite del giudizio di legittimità alla Corte di appello di Milano in diversa composizione.
Roma, così deciso nella camera di consiglio del 17