Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 15089 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 15089 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 05/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 08878/2020 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del l.r.p.t., rappresentata e difesa dagli avv.ti NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
Contro
COGNOME NOME COGNOME rappresentato e difeso da ll’ avv. NOME COGNOME giusta procura in calce al controricorso;
– controricorrente –
Oggetto:
mutuo bancario
AC – 29/05/2025
avverso la sentenza della Corte di appello di Perugia n. 485/2019, pubblicata il 7 agosto 2019. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 29 maggio 2025
dal Consigliere NOME COGNOME.
RILEVATO CHE
RAGIONE_SOCIALE (in prosieguo, breviter: ‘la banca’) ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi, avverso la sentenza in epigrafe con cui la Corte di appello di Perugia, in totale riforma della sentenza di primo grado, ha dichiarato la nullità del contratto di mutuo stipulato con NOME COGNOME sul punto della determinazione degli interessi di mora per ritardato pagamento e sul punto degli oneri per l ‘ anticipata estinzione del contratto, rilevando per entrambe le voci l’avvenuto superamento del tasso soglia dell’usura.
NOME COGNOME ha resistito con controricorso.
La Corte territoriale, per quanto in questa sede ancora rileva, ha osservato: a) che andava disattesa l’eccezione di carenza di legittimazione passiva sollevata dalla banca, atteso che dal tenore letterale della cessione in blocco pubblicata in Gazzetta Ufficiale si desumeva che la RAGIONE_SOCIALE era succeduta alla banca nei soli crediti oggetto dei contratti ceduti, mentre la posizione contrattuale sostanziale per cui è causa era rimasta in carico alla Cassa di Risparmio di Cesena (cui poi era succeduta l’odierna ricorrente) ; b) che dall’ espletata c.t.u. emergeva che, rispetto al tasso soglia di riferimento, nel caso di specie fissato al 3,945%, tanto gli interessi di mora per ritardato pagamento (individuati al 5%) che il tasso per la risoluzione del contratto (individuato al 4,5%) eccedevano il predetto limite ed erano, pertanto, nulli.
4. Il controricorrente ha depositato memoria.
CONSIDERATO CHE
1. Il ricorso lamenta:
1.1. I° Motivo: «Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 81 c.p.c., artt. 1 e 4 delle legge 30 aprile 1999, n. 130 ed art. 58 T.U.B., in relazione all ‘art. 36 0, comma 1, n. 3) c.p.c.», deducendo l’erroneità della sentenza impugnata laddove ha omesso di considerare che la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale della cessione, nella quale era compreso il mutuo per cui è causa, determinava la successione nel rapporto contrattuale della cessionaria Malatesta, avendo tale pubblicazione effetto esaustivo e autosufficiente della dimostrazione della cessione e del suo contenuto, sicché era onere del mutuatario dimostrare il contrario, ciò che nella specie non è accaduto.
Il motivo è inammissibile, sotto vari profili. Esso difetta, innanzitutto di completezza, ai sensi del combinato disposto degli artt. 366, primo comma, n. 6) e 369, secondo comma, n. 4) cod. proc. civ. Va, infatti, applicato alla fattispecie il condivisibile principio, affermato da questa Corte (Cass. n. 5478/24; id. n. 7388/25), secondo cui nella fattispecie regolata dall’art. 58 T.U.B. occorre distinguere tra prova della notificazione della cessione, che si reputa assolta per mezzo della pubblicazione da parte della società cessionaria della notizia dell’avvenuta cessione nella Gazzetta Ufficiale e prova della riconducibilità dello specifico credito controverso a quelli individuabili in blocco oggetto di cessione, per la dimostrazione della quale devono essere prese in considerazione le indicazioni sulle caratteristiche dei rapporti ceduti, onde verificare se
effettivamente sussista, o meno, la legittimazione sostanziale della società cessionaria.
Da tale principio si ricava , da un canto, l’ erroneità dell’assunto contenuto nel motivo in esame secondo cui l’ unico onere incombente sulla parte che eccepisca la propria carenza di legittimazione per avvenuta cessione del rapporto sarebbe assolto dalla dimostrazione dell’avvenuta pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del contratto di cessione. Laddove va, in senso contrario, rilevato che, accanto alla prova dell’esistenza del contratto di cessione in blocco, che può – come detto essere affidata all’avvenuta pubblicazione degli estremi dell a stessa in Gazzetta Ufficiale, anche per la natura fidefacente e di rilevanza pubblica che tale mezzo ontologicamente contiene, ove oggetto di contestazione e discussione tra le parti sia la diversa questione dell’inclusione, o meno, del singolo rapporto tra quelli oggetto del negozio di cessione, l’ onere della prova per la banca che eccepisca la propria carenza di legittimazione si estende alla dimostrazione che il contratto per cui è causa è stato inserito tra quelli oggetto del negozio di cessione.
D’altro canto, alla luce del richiamato principio, va ritenuta del tutto corretta la motivazione della sentenza impugnata che, proprio in applicazione del corretto ripa rto dell’onere, ha accertato che, nel caso di specie, oggetto della cessione in blocco erano stati i soli crediti della banca maturati per effetto dei contratti detenuti in portafoglio, laddove tutti gli altri effetti negoziabili dei contratti stessi erano rimati nella titolarità e nel patrimonio della cedente.
Con tale affermazione il motivo in esame non si confronta efficace mente, senza considerare che l’accertamento appena
richiamato è un accertamento in fatto, come tale non replicabile in questa fase di sola legittimità.
1.2. II° motivo: «Violazione e/o falsa applicazione violazione e falsa applicazione degli art. 2, comma 4, della legge n. 108/1996, art. 644 c.p. e art. 1815, secondo comma, c.c., in relazione all’art. 360 , comma 1, n. 3) c.p.c.», deducendo l’erroneità della sentenza impugnata laddove ha applicato, nella determinazione del TEGM, il tasso soglia previsto per gli interessi corrispettivi e non quello diverso previsto per l’ipotesi di mora, da ritenersi non superato, secondo quanto emerso dall’attività peritale svolta nel corso del giudizio di merito.
Il motivo è inammissibile, sotto diversi profili. Innanzitutto, il motivo non coglie la ratio decidendi della sentenza impugnata, basata sull’ affermazione della cumulabilità nel calcolo del tasso soglia anche degli interessi moratori, pur di natura convenzionale. La censura lamenta, invece, un ‘ asserita applicazione del tasso per gli interessi corrispettivi che, in effetti, non appartiene alla motivazione della sentenza di appello.
La sentenza impugnata , d’altro canto, appare conforme all’insegnamento di questa Corte che, a far data da Sez. U, Sentenza n. 19597 del 18/09/2020, ha affermato che la disciplina antiusura si applica anche agli interessi moratori, la cui mancata ricomprensione nell’ambito del Tasso effettivo globale medio (T.e.g.m.) non preclude l’applicazione dei decreti ministeriali di cui all’art. 2, comma 1, della l. n. 108 del 1996 (vedi in senso conforme, Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 16526 del 13/06/2024).
Un’applicazione che la Corte territoriale risulta avere fatto, alla luce di una delle ipotesi alternative tra quelle indicate in c.t.u., pervenendo all’ accertamento, di fatto e in questa sede non censurabile, del superamento del tasso di riferimento applicabile al periodo interessato dalla rilevazione. E in tale contesto, altrettanto correttamente , nell’ effettuare la comparazione, la Corte territoriale ha escluso il cumulo tra gli interessi moratori e gli oneri per anticipata estinzione, conformandosi sul punto all’ altrettanto consolidata giurisprudenza di questa Corte (Sez. 3, Sentenza n. 7352 del 07/03/2022; id. Sez. 1, Ordinanza n. 23866 del 01/08/2022), pervenendo, peraltro, in base alle conclusioni della c.t.u. -che la censura in esame legge in maniera diversa, senza peraltro contestarne nei dovuti modi la legittimità -alla declaratoria di violazione del tasso soglia e alla conseguente declaratoria di nullità di entrambe le pattuizioni.
Le spese di lite della presente fase di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate come indicato in dispositivo.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto (Cass. S.U., n. 4315 del 20 febbraio 2020).
P.Q.M.
la Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna RAGIONE_SOCIALE a rifondere a COGNOME NOME le spese della presente fase di legittimità, che liquida in complessivi euro 7.200,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese
forfettarie nella misura del 15 per cento e agli accessori di legge, somma da distrarsi in favore dell’avv. NOME COGNOME dichiaratosi antistatario; dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 29 maggio