Ordinanza di Cassazione Civile Sez. U Num. 15888 Anno 2024
Civile Ord. Sez. U Num. 15888 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 06/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso 1268-2023 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore , elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Presidente pro tempore della Giunta Regionale, elettivamente domiciliata in ROMAINDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME;
– controricorrente –
nonché contro
CITTÀ METROPOLITANA DI MILANO, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE DI
Oggetto
TSAP COGNOMENZIOSO
R.G.N. 1268/2023
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO
CC 12/03/2024
RAGIONE_SOCIALE PER RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE E RAGIONE_SOCIALE – RAGIONE_SOCIALE, PROVINCIA DI BRESCIA, RAGIONE_SOCIALE, UTILITALIA, ELETTRICITÀ RAGIONE_SOCIALE – RAGIONE_SOCIALE, PROVINCIA DI SONDRIO;
– intimati – sul ricorso 1812-2023 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore , elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Presidente pro tempore della Giunta Regionale, elettivamente domiciliata in ROMAINDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME;
– controricorrente –
nonché contro
PROVINCIA DI SONDRIO, RAGIONE_SOCIALE, UTILITALIA, RAGIONE_SOCIALE, PROVINCIA DI BRESCIA, RAGIONE_SOCIALE DI RAGIONE_SOCIALE, CITTA’ METROPOLITANA DI MILANO, RAGIONE_SOCIALE;
– intimati – sul ricorso 1828-2023 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore , elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, in persona del Presidente pro tempore della Giunta Regionale, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO
MILIZIE 34, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME;
– controricorrente –
nonché contro
PROVINCIA DI BRESCIA, UTILITALIA, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, PROVINCIA DI SONDRIO, RAGIONE_SOCIALE DI RAGIONE_SOCIALE PER RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE E RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, CITTA’ METROPOLITANA DI MILANO, RAGIONE_SOCIALE;
– intimati – avverso la sentenza n. 203/2022 del TRIBUNALE SUPERIORE DELLE ACQUE PUBBLICHE, depositata il 07/11/2022.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 12/03/2024 dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni scritte del AVV_NOTAIO Procuratore Generale NOME COGNOME, il quale chiede alle Sezioni Unite civili della Corte di rigettare i ricorsi.
FATTI DI CAUSA
Il Tribunale Superiore RAGIONE_SOCIALE Acque, con sentenza n. 203/2023, ha respinto i ricorsi proposti dalla RAGIONE_SOCIALE (n. 125 del 2020), dalla RAGIONE_SOCIALE (n. 126/2020), dalla RAGIONE_SOCIALE (n. 151/2020).
Le società avevano chiesto l’annullamento della delibera di Giunta Regionale 6 luglio 2020, n. XU3347 -allegato A, nella parte in cui individuava, tra le altre, rispettivamente la RAGIONE_SOCIALE, la RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE quali soggetti esercenti di concessioni scadute in attesa del riaffidamento, tenuti a cedere gratuitamente energia (nel caso della RAGIONE_SOCIALE e della RAGIONE_SOCIALE a favore della Regione Lombardia o dei territori della Provincia di Sondrio; nel caso della RAGIONE_SOCIALE a favore della Regione Lombardia e/o a dei territori della Città Metropolitana di Milano e RAGIONE_SOCIALE province di Bergamo e Brescia), ovvero a corrispondere il controvalore in denaro di una quota di energia (da determinarsi
a consuntivo), a decorrere dalla annualità 2020, rispetto a specifiche derivazioni d’acqua ad uso idroelettrico (partitamente individuate con riguardo a ciascuna di dette società).
Con motivi aggiunti la richiesta di annullamento era stata estesa alla delibera di Giunta Regionale 30 dicembre 2020 n. XIl4lB2 (” Determinazioni concernenti la prosecuzione dell’esercizio RAGIONE_SOCIALE grandi derivazioni idroRAGIONE_SOCIALE con concessioni scadute “) e relativo allegato A, nella parte in cui subordina la prosecuzione temporanea della grande derivazione idroelettrica sopra indicata alla fornitura gratuita di energia per l’anno 2021, ed alla delibera di Giunta Regionale 7 giugno 2021 n. XV4850 (” Disposizioni in merito alla monetizzazione integrale dell’energia gratuita, determinata a consuntivo per l’anno 2020, fornita dalle grandi derivazioni idroRAGIONE_SOCIALE ai sensi della legge regionale 30 dicembre 2019, n. 23 e della d.g.r. n. XIl3347 del 6 luglio 2020 “), e relativo allegato A, che disponeva in merito alla monetizzazione integrale dell’energia gratuita, determinata a consuntivo per l’anno 2020.
3. Le società hanno impugnato le delibere regionali in epigrafe indicate, argomentando diffusamente le ragioni per le quali l’imposizione da parte della Regione Lombardia, tra gli RAGIONE_SOCIALE, ai titolari di concessioni ‘scadute’ di oneri (cessione gratuita / monetizzazione dell’energia elettrica oggetto di fornitura gratuita), doveva ritenersi illegittima per vizi propri e per illegittimità derivata in ragione dell’illegittimità costituzionale dell’art. 31 della legge regionale n. 23 del 2019 e dell’art. 20 della legge regionale n. 5 del 2020, segnatamente per violazione: degli articoli 3, 11, 41, 42, 43 della Costituzione; degli articoli 11 e 117, comma 1 e 3, della Costituzione; della Direttiva UE 2018/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio dell’11 dicembre 2018; dell’art. 17 della Carta di Nizza e degli artt. 101 e 102 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE); degli articoli 49, 107 e 108 del TFUE; dei principi europei a tutela dell’affidamento nonché in materia di concorrenza, di eguaglianza e di parità di trattamento.
In particolare i motivi di diritto proposti -in via principale nonché in via derivata avverso gli atti gravati con i motivi aggiunti -erano sostanzialmente volti ad ottenere la rimessione della questione di legittimità costituzionale avverso le disposizioni dell’art. 12 del d.lgs. 16 marzo 1999, n. 79 (Attuazione della direttiva 96/92/CE recante norme comuni per il mercato interno
dell’energia elettrica) e dell’art. 31 della legge della Regione Lombardia 30 dicembre 2019, n. 23 (Disposizioni per l’attuazione della programmazione economico -finanziaria regionale).
A) Così, l’obbligo di cessione gratuita, previsto dalle citate disposizioni statale e regionale, nella prospettazione RAGIONE_SOCIALE ricorrenti avrebbe violato gli articoli 3, 41 e 42 della Costituzione, nonché i principi di ragionevolezza e proporzionalità, per i seguenti motivi:
i ) le condizioni economiche di derivazione dell’acqua (unico bene oggetto di concessione, restituito poi integralmente al corso d’acqua) ovvero di produzione dell’energia (che è attività libera di mercato) non giustificherebbero l’introduzione di nuovi oneri ciò specie in considerazione del fatto che, dal lato dei costi, oltre quelli dei quali l’operatore si fa carico per l’uso dell’acqua (tra i quali i canoni demaniali, sovracanoni rivieraschi e a favore dei bacini imbriferi montani), la Regione ha già imposto, a carico dei titolari RAGIONE_SOCIALE concessioni ‘scadute’ in attesa di riassegnazione, un ulteriore canone aggiuntivo, per una misura (provvisoria) di C 20 per ogni kW di potenza nominale media di concessione per ogni annualità; la cessione gratuita di energia per una misura di 220 kWh per ogni kW di potenza nominale media di concessione graverebbe sulle RAGIONE_SOCIALE quale ‘costo secco’, introdotto improvvisamente ed ex novo;
ii ) l’imposizione di una sorta di ‘riserva di prodotto’ sulla produzione idroelettrica lederebbe in modo spropositato e arbitrario le prerogative del produttore legate alla sua attività (art. 41 della Costituzione) e al suo diritto di proprietà (art. 42 della Costituzione). E ciò a maggior ragione in quanto la cessione verrebbe imposta in assenza di una qualsiasi gradualità ed alla stregua di un ‘taglio lineare’; la misura della cessione gratuita di energia commisurata in una quota fissa e immutabile (220 kWh) in ragione della produttività teorica (in quanto legata alla potenza media nominale) sarebbe stata definita dalla legge in termini illogici e arbitrari -come riconosciuto anche dall’RAGIONE_SOCIALE -in considerazione del fatto che l’onere di cessione è unico per tutti gli impianti e tutte le derivazioni (che sono fra loro profondamente diverse, producono diversamente di anno in anno, a seconda RAGIONE_SOCIALE condizioni incontrollabili del clima e dei luoghi) senza distinguo alcuno; la misura disposta dall’art. 12 sarebbe distorsiva della concorrenza anche in considerazione dei principi fondamentali espressi dalla legge 23 agosto 2004, n.
239 (Riordino del settore energetico, nonché delega al Governo per il riassetto RAGIONE_SOCIALE disposizioni vigenti in materia di energia), ed anche perché costringerebbe il produttore altresì a farsi carico di costi ulteriori e impropri (il trasporto e la distribuzione di energia) per consegnare la quota di energia gratuita all’ipotetico beneficiario;
iii ) il legislatore verrebbe ad imporre de facto una misura di compartecipazione all’attività di produzione di energia elettrica, che sarebbe però attività del tutto libera, e slegata dalla natura demaniale del bene oggetto della concessione. In tale prospettiva, la sottrazione di quota parte di energia prodotta attraverso l’obbligo di cessione gratuita costituirebbe un onere che andrebbe a gravare, non tanto sul produttore di energia in quanto soggetto che utilizza l’acqua derivata oggetto di concessione, ma tout court in quanto operatore che svolge quella di produttore di energia elettrica;
iv ) la misura, non proporzionata per le ragioni anzidette, graverebbe solo sui produttori idroelettrici, che pure competono sul mercato dell’energia, con tutte le altre produzioni di energia elettrica che invece avrebbero accesso al medesimo mercato (libero) senza subire tale decurtazione all’origine di una quota dell’energia prodotta: sotto questo profilo, la norma statale e regionale determinerebbe la violazione anche dell’art. 117, comma 1, della Costituzione, in relazione alla direttiva (UE) 2018/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio dell’11 dicembre 2018 (relativa alla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili); la destinazione della cessione gratuita a servizi pubblici e a certe categorie di utenti non dovrebbe riguardare solo i produttori di energia da fonte idroelettrica ma, per essere una misura paritaria, non discriminatoria e non intrinsecamente priva di causa, tutti i produttori di energia; da qui anche la violazione per altro profilo dell’art. 3 (in termini di disparità di trattamento) e dell’art. 41 della Costituzione (in termini di distorsione della concorrenza).
Inoltre, ad avviso RAGIONE_SOCIALE ricorrenti, la norma statale (di cui all’art. 12, commi 1 -quinquies e 1 -septies , del d.lgs. n. 79 del 1999) si sarebbe posta in contrasto anche con l’art. 117, terzo comma, Cost., in ragione della natura di dettaglio della previsione ivi contenuta, la quale definisce a monte la quantità di energia da cedere gratuitamente (nella misura di 220 kWh per ogni chilowatt kW di potenza nominale media di concessione), senza neppure operare un distinguo fra le tipologie di derivazioni, inerente alla misura della quantità di
energia da cedere gratuitamente, con conseguente violazione RAGIONE_SOCIALE potestà legislative regionali relative alla materia di legislazione concorrente della «produzione, trasporto e distribuzione dell’energia». La circostanza che la legge nazionale introduca una ‘facoltà’ per la Regione di prevedere o meno l’obbligo non muterebbe la natura di dettaglio della norma in questione, in quanto non consentirebbe comunque alla Regione di ‘tarare’ la cessione a seconda della tipologia di impianti attraverso la rimodulazione in sede discrezionale e tramite atti amministrativi generali.
C) Sotto altro profilo, la norma regionale -nella parte in cui attribuisce alla Giunta Regionale la facoltà di optare con la propria deliberazione per la «monetizzazione» della cessione gratuita di energia -avrebbe violato anch’essa l’art. 117, comma 3, della Costituzione. L’introduzione tramite la legge regionale della possibilità di monetizzare una prestazione fisica (la cessione d’energia) sarebbe ultronea rispetto alla sua portata asseritamente attuativa della legge nazionale, determinando una ulteriore disparità di trattamento fra operatori idroelettrici a seconda RAGIONE_SOCIALE Regioni di riferimento.
D) Con ulteriore motivo la ricorrente censura la d.g.r. Xll3347 nella parte in cui, al punto 15, ha deliberato «di stabilire che l’attribuzione di energia gratuita alle tipologie di servizi ed ai destinatari individuati in premessa non rileva per l’applicazione della disciplina europea in materia di aiuti di stato in quanto connessa ad attività propria di soggetti pubblici avente natura istituzionale senza rilievo di attività economiche, se non marginale», demandando poi a successive delibere di Giunta la valutazione «caso per caso», in base all’ambito ed alla tipologia di beneficiari, della «presenza contestuale di tutti gli elementi ex art. 107.1 del TFUE» (punto 16 della d.g.r. impugnata). La d.g.r. non sarebbe stata convincente quanto alla affermata «non rilevanza della disciplina sugli aiuti di stato», apparendo invece chiaro che le misure dovessero essere invece notificate alla Commissione Europea. Dall’altro, la stessa d.g.r. avrebbe in modo contraddittorio evidenziato la necessità di operare successivamente, e solo all’atto dell’individuazione, in concreto, dei beneficiari della fornitura gratuita e del suo controvalore, una verifica sul ricorrere di tutti i requisiti previsti dall’art. 107 del TFUE per la qualificabilità del beneficio come ‘aiuto di stato’. Inoltre, non sarebbe corretto operare tale esclusione tout court , perché i destinatari svolgerebbero «attività propria di soggetti pubblici avente natura istituzionale
senza rilievo di attività economiche, se non marginale». L’organizzazione dell’attività ed erogazione dei servizi considerati dalla d.g.r. da parte degli enti pubblici non farebbe venir meno di per sé il carattere imprenditoriale RAGIONE_SOCIALE stesse, nella misura in cui tali attività e servizi siano resi a condizioni di mercato e in concorrenza con attività private.
Davanti al TSAP si sono costituite la Regione Lombardia e la Provincia di Brescia (quest’ultima in relazione ai ricorsi proposti dalle società RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE), insistendo per il rigetto del gravame.
Nel giudizio promosso da RAGIONE_SOCIALE, sono intervenute ad adiuvandum le associazioni ‘RAGIONE_SOCIALERAGIONE_SOCIALE) ed RAGIONE_SOCIALE.
Il TSAP ha respinto tutti i ricorsi.
Dopo aver ricostruito il complesso itinerario normativo che ha interessato il settore RAGIONE_SOCIALE concessioni idroRAGIONE_SOCIALE, finalizzato al passaggio da un assetto oligopolistico ad uno concorrenziale, ed aver delineato l’incursione del diritto europeo nel settore dell’energia elettrica -che ha determinato la creazione di un mercato interno dell’energia ispirato alla libera concorrenza con il recepimento della direttiva 96/92/CE ad opera del d.lgs. 16 marzo 1999, n. 79, contrassegnato dal passaggio alle regioni e alle province autonome RAGIONE_SOCIALE competenze amministrative in ordine al rilascio RAGIONE_SOCIALE concessioni idroRAGIONE_SOCIALE, dal principio della temporaneità RAGIONE_SOCIALE concessioni medesime, da una disciplina articolata della riassegnazione, priva tuttavia di regole per il rilascio RAGIONE_SOCIALE nuove concessioni, dalla previsione del diritto di preferenza a favore del concessionario uscente – ha ricordato gli interventi legislativi, anche recenti, relativi alle procedure di assegnazione RAGIONE_SOCIALE concessioni di grandi derivazioni idroRAGIONE_SOCIALE che devono quindi essere effettuate secondo parametri competitivi, equi e trasparenti.
Quanto al quadro regolatorio del canone demaniale ha richiamato l’art. 12, comma 1 -quinquies , del d.lgs. 16 marzo 1999, n. 79 (aggiunto dall’articolo 11 -quater , comma 1, lettera 4 del decreto -legge 14 dicembre 2018, n. 135, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 febbraio 2019, n. 12) ed evidenziato che le modalità di determinazione del canone sono un elemento necessario ai fini dell’espletamento RAGIONE_SOCIALE procedure per l’assegnazione RAGIONE_SOCIALE concessioni. Al riguardo ha precisato che, mentre la determinazione della
componente fissa del canone (parametrata alla potenza nominale media di concessione) deriva soprattutto da valutazioni di tipo ambientale o comunque inerenti all’utilizzo della risorsa idrica, la componente variabile del canone (calcolata come percentuale dei ricavi normalizzati) è invece strettamente correlata alla regolazione RAGIONE_SOCIALE modalità di erogazione dei servizi e RAGIONE_SOCIALE attività della filiera elettrica (ha riportato, quanto a tale componente variabile, i suggerimenti di RAGIONE_SOCIALE).
Ha quindi esaminato la legge della Regione Lombardia 30 dicembre 2019, n. 23 che ha dettato norme sull’obbligo di fornitura alla Regione di energia gratuita dalle grandi derivazioni idroRAGIONE_SOCIALE, in dichiarata attuazione dell’articolo 12, commi 1 -quinquies e 1 -septies , del d.lgs. n. 79 del 1999.
Ha, in particolare, esaminato l’art. 31 di tale legge regionale che disciplina l’obbligo a decorrere dall’anno 2020 di fornire annualmente e gratuitamente energia elettrica alla Regione Lombardia, nella misura di 220 kWh per ogni kW di potenza nominale media di concessione, da parte dei seguenti soggetti: a ) titolari di concessioni di grandi derivazioni a scopo idroelettrico; b ) operatori autorizzati alla prosecuzione temporanea dell’esercizio di concessioni scadute, ai sensi dell’articolo 53 -bis della legge regionale 12 dicembre 2003, n. 26, su richiesta della Regione; c ) operatori che, al di fuori dei casi di cui alle lettere a ) e b ), eserciscono e conducono grandi derivazioni idroRAGIONE_SOCIALE.
Ha rilevato che detto art. 31 prevede altresì che, in alternativa alla fornitura di energia a titolo gratuito, la Giunta regionale, con propria deliberazione, possa disporre la monetizzazione, anche integrale, dell’energia da fornire. In tale caso, i suddetti soggetti sono tenuti, entro il 30 giugno di ogni anno, a corrispondere alla Regione un importo basato sul controvalore in euro determinato a consuntivo, su base annuale solare, come media dei prezzi zonali orari ponderata sulla quantità di energia elettrica immessa in rete dalla grande derivazione su base oraria. Ha richiamato il parere favorevole di RAGIONE_SOCIALE -17 marzo 2020 73/2020/VEEL – reso ai sensi dell’articolo 12, comma 1 -quinquies , dell’innovato decreto legislativo n. 79 del 1999 -in ordine alla descritta disciplina dei canoni da applicare ai concessionari di grandi derivazioni idroRAGIONE_SOCIALE, salva l’esigenza di apportare al testo acquisito alcune precisazioni (soprattutto in merito alle modalità con cui evitare il doppio conteggio dell’energia elettrica ceduta a titolo gratuito).
Ha evidenziato che l’art. 20 della legge della Regione Lombardia 8 aprile 2020, n. 5 ha completato la disciplina del canone di concessione per grandi derivazioni idroRAGIONE_SOCIALE fissando criteri di determinazione della componente fissa e della componente variabile.
Tanto premesso, ha ritenuto, richiamando le sentenze della Corte cost. n. 158 del 2016 e n. 59 del 2017, la normativa in esame rispettosa del quadro costituzionale RAGIONE_SOCIALE competenze oltre che dell’autonomia finanziaria costituzionalmente garantita agli enti territoriali.
Ha rilevato che la norma statale ha fissato solo come criterio generale quello relativo all’importo massimo della cessione gratuita di energia e che tale previsione consente cioè alle Regioni, fermo restando la misura massima fissata dal legislatore statale, di modularne e graduarne l’attuazione nello specifico contesto territoriale.
Così, ad avviso del TSAP, anche la monetizzazione costituisce una modalità attuativa del principio fondamentale della materia dettata dal legislatore statale che deve identificarsi nella possibilità per l’ente concedente di riservarsi una quota di valore dell’attività produttiva realizzata attraverso la messa a disposizione della risorsa idrica pubblica, sovvenzionando in tal modo talune attività di interesse generale rientranti tra le proprie competenze istituzionali. Tale «monetizzazione» costituisce una alternativa per il produttore: questi può scegliere di cedere la quota di energia prodotta, oppure di corrisponderne l’equivalente monetario calcolato secondo i valori di mercato. Tale possibilità attuativa è coerente con l’assetto normativo concorrenziale del mercato elettrico tracciato dal legislatore statale.
Ha evidenziato che la previsione in esame non configura una prestazione di natura ‘tributaria’, riconducibile al paradigma di cui all’art. 54 della Costituzione. Difettano, infatti, gli elementi di identificazione dei tributi, come enucleati dalla giurisprudenza costituzionale (a matrice legislativa -diretta -della prestazione imposta; doverosità della prestazione; nesso con la spesa pubblica) rilevando che la prestazione in esame è sì imposta dalla legge, ma in relazione alla modifica di un rapporto sinallagmatico (che trova fonte nel contratto di concessione); non è destinata alla fiscalità generale; non sussiste la connessione a un fatto potenzialmente rivelatore di ricchezza, in ragione RAGIONE_SOCIALE sue modalità di calcolo. L’obbligo di cessione gratuita non equivale neppure ad
una tassa; la «potenza nominale media annua di concessione» (espressa in chilowatt) non costituisce una ‘base imponibile’. Sottolinea come, sia la norma statale (art. 12, comma 1 -quinquies , del d.lgs. n. 79 del 1999), sia la norma regionale (l’art. 20 della L.R. 8 aprile 2020, n. 5), considerino l’energia fornita alla regione a titolo gratuito come misura che refluisce sulla determinazione della componente variabile del canone di derivazione.
Stante la natura non tributaria della prestazione ‘imposta’ dal legislatore statale e regionale nel quadro della regolazione del corrispettivo d’uso della risorsa idrica, la stessa, sebbene soggetta alla riserva di legge relativa dell’art. 23 Cost. (nella specie, pienamente assolta), non soggiace ai principi di universalità dell’imposizione e di capacità contributiva di cui all’art. 53 Cost. dovendo piuttosto essere collocata nell’ambito di un rapporto sinallagmatico, quale corrispettivo dell’uso concesso ai fini produttivi della risorsa idrica.
Ha evidenziato che il canone di derivazione è un corrispettivo d’uso, avente natura ‘dominicale’, correlato all’utilità economica che il concessionario ne ricava -in quanto consiste in una ‘riserva’ di compartecipazione all’attività produttiva parametrata all’entità dello sfruttamento della risorsa idrica -. Il ‘canone aggiuntivo’ trova invece il suo presupposto nella protrazione, per quanto temporanea e circoscritta, della gestione dell’impianto da parte del concessionario uscente in attesa della riassegnazione (istituto già vagliato da queste Sezioni Unite della Corte di cassazione, sentenze n. 8036 del 2018 e n. 15990 del 2020, anche sotto il profilo della manifesta infondatezza dei dubbi di legittimità costituzionale, in rapporto all’art. 117, commi 2 e 3, Cost.).
Quanto invece al ‘sovra -canone’ sulle concessioni di derivazione di acque pubbliche a scopo idroelettrico per gli impianti di potenza non modesta (superiore a 220kW) aventi opere di presa ricadenti in territori di Comuni compresi in bacini imbriferi montani (ai sensi della legge n. 228 del 2012, art. 1, comma 137), ha rilevato che ad esso la giurisprudenza attribuisce la diversa natura di prestazione patrimoniale imposta per finalità non corrispettive, bensì solidaristiche e perequative generali.
Ha ritenuto chiara la distinzione rispetto alle misure di «compensazione» per i territori interessati dalla presenza di opere e della derivazione idroelettrica (previste dall’art. 12, comma 1 -ter , del d.lgs. n. 79 del 1999).
Ha poi verificato il rispetto dei principi di tutela dell’affidamento, proporzionalità, ragionevolezza e sostenibilità finanziaria per gli operatori.
Ha escluso che la norma in esame (e la delibera di G.R. che vi ha dato attuazione) abbia prodotto effetti retroattivi in senso proprio. La disposizione ha sì inciso sui contratti di concessione già stipulati, ma con decorrenza successiva alla sua entrata in vigore, ovvero con esclusivo riguardo alle prestazioni (al momento della definizione dell’esito referendario) non ancora eseguite. Si tratta pertanto di un caso di retroattività c.d. “impropria”: la norma ha prodotto effetti solo ex nunc , anche se con riferimento a fatti compiuti nel passato (i contratti «vigenti»). Inoltre, la norma statale non è intervenuta in modo «improvviso e imprevedibile». I rapporti di gestione di un RAGIONE_SOCIALE di interesse economico generale di lunga durata (come le concessioni di derivazione), del resto, sono sempre esposti alle novità normative sopravvenute nel corso del tempo.
Quanto poi all’eventuale alterazione dell’equilibrio economico -finanziario dei contratti di concessione (in relazione a costi e ricavi) ha evidenziato che le Società ricorrenti non hanno fornito la prova di sopportare, per effetto RAGIONE_SOCIALE diposizioni censurate, un ‘onere individuale eccessivo’.
Pur dando atto che l’RAGIONE_SOCIALE (nelle Linee guida ai fini dell’implementazione RAGIONE_SOCIALE disposizioni di cui all’articolo 12, comma 1 -quinquies ) ha evidenziato che la messa a disposizione a titolo gratuito dell’energia, ovvero la sua monetizzazione, «contiene profili di criticità in quanto la quantità è posta pari, per legge, a 220kWh annui per ogni kW di potenza nominale media di concessione, indipendentemente dall’effettiva produzione annuale dell’impianto», tuttavia ha ritenuto che, nello specifico, le Società ricorrenti -ai fini della rilevanza della questione -avrebbero dovuto rendere edotto il Collegio RAGIONE_SOCIALE concrete incidenze percentuali tra diversi impianti o, a parità di impianto, tra anni diversi, degli impianti da loro gestiti. In mancanza di tali specificazioni, la doglianza risultava astratta e priva di riscontri.
Ha escluso la ravvisabilità di una discriminazione rilevando che la cessione gratuita costituisce una componente (facoltativa) del corrispettivo della concessione di grande derivazione della risorsa idrica: il fatto che l’attività di produzione dell’energia elettrica sia ‘libera” non rende di per sé irragionevole una compartecipazione alla attività di produzione di energia elettrica, qualora la sua misura non trasmodi in un trattamento arbitrario ed eccessivo.
Da ultimo ha escluso la fondatezza della questione relativa alla asserita violazione della disciplina in materia di aiuti di Stato e del mancato rispetto dell’obbligo degli Stati membri di preventiva notificazione dei progetti d’aiuto e di differimento dell’esecuzione di detti progetti sino alla pronuncia di compatibilità della Commissione. Ha rilevato che la delibera di G.R. aveva stabilito che l’attribuzione di energia gratuita non rilevasse ai fini dell’applicazione della disciplina europea in materia di aiuti di Stato in quanto connessa ad attività propria di soggetti pubblici avente natura istituzionale e che per eventuali future delibere di Giunta la valutazione ‘caso per caso’, in base all’ambito ed alla tipologia di beneficiari.
Ha reputato non necessario il rinvio pregiudiziale ex art. 267 TFUE escludendo, nello specifico, un obbligo in tal senso del giudice di prima istanza.
Avverso tale sentenza hanno proposto separati ricorsi per cassazione le società RAGIONE_SOCIALE (n. 1261/2023), RAGIONE_SOCIALE (n. 1812/2023) e RAGIONE_SOCIALE (n. 1828/2023).
La Regione Lombardia ha resistito ai ricorsi con separati controricorsi.
Tutte le altre parti cui i ricorsi sono stati notificati non hanno svolto attività difensiva.
Il Procuratore Generale, con distinte requisitorie, ha concluso per il rigetto dei ricorsi, previa riunione degli stessi ex art. 335 cod. proc. civ.
Sia le società ricorrenti sia la Regione Lombardia hanno depositato memorie.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Preliminarmente, dato atto della riunione al presente procedimento (iscritto al n. NUMERO_DOCUMENTO) di quelli iscritti ai nn. 1812/2023 e 1828/023 (aventi ad oggetto la stessa sentenza del TSAP n. 203/2022 depositata il 07/11/2022), disposta ex art. 335 cod. proc. civ., occorre rilevare che il principio di unità dell’impugnazione, secondo il quale l’impugnazione proposta per prima determina la pendenza dell’unico processo nel quale sono destinate a confluire, sotto pena di decadenza, per essere decise simultaneamente, tutte le eventuali impugnazioni successive della stessa sentenza, comporta che nei procedimenti con pluralità di parti, una volta avvenuta ad istanza di una di esse la notificazione del ricorso per cassazione, le altre impugnazioni devono essere considerate incidentali (Cass., Sez. Un., n. 24876/2017).
Sulla base del richiamato principio vanno, quindi, qualificati incidentali i ricorsi proposti da RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE che hanno notificato e depositato gli atti in data successiva alla notifica ed al deposito del primo ricorso proposto dalla RAGIONE_SOCIALE
2. Ricorso principale della RAGIONE_SOCIALE
2.1. Con il primo motivo la ricorrente principale denuncia error in iudicando costituito dalla violazione e falsa applicazione dell’art. 117, comma 3, Cost. in relazione all’art. 12, comma 1 -quinquies, d.lgs. n. 79/1999.
Censura la sentenza impugnata per avere escluso la violazione dell’art. 117, comma 3, Cost. ad opera dell’art. 31 L.R. 23/2019 con il quale il legislatore regionale ha disposto un obbligo di monetizzazione integrale dell’energia gratuita non è contemplato dalla normativa nazionale.
2.2. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia error in iudicando costituito dalla violazione e falsa applicazione dell’art. 117, commi 1 e 3, Cost. in relazione agli artt. 3, 41, 42 Cost., art. 1 del Protocollo Addizionale 1 alla CEDU, art. 12 d.lgs. n. 79/1999.
Critica la sentenza impugnata per aver rigettato le censure formulate dalla ricorrente nei confronti della DGR impugnata e della L.R. n. 23/2019 di irragionevolezza, difetto di proporzionalità, lesione del legittimo affidamento, disparità di trattamento.
2.3. Con il terzo motivo la ricorrente denuncia error in procedendo costituito dalla violazione e falsa applicazione dell’art. 117, comma 1, Cost. in relazione agli artt. 107 e 108 TFUE, nonché dell’art. 11 -bis L.R. 17/2011, art. 52 legge n. 234/2012.
Censura la sentenza impugnata per aver rigettato le censure formulate dalla ricorrente con l’atto di motivi aggiunti di violazione da parte della Regione della normativa in tema di aiuti di Stato.
3. Ricorso incidentale della RAGIONE_SOCIALE
3.1. Con il primo motivo la ricorrente incidentale denuncia la violazione dell’art. 117, comma 3, da parte dell’art. 12, comma 1 -quinquies e 1septies d.lgs. n. 79/99.
Assume l’illegittimità dell’opzione della monetizzazione introdotta dall’art. 31, comma 7, L.R. Lombardia n. 23 del 2019 in quanto esorbitante dai confini del potere di legislazione concorrente poiché non prevista dall’art. 12, comma 1 –
quinquies , del d.lgs. n. 79 del 1999 e non modulabile in ragione della misura fissa della cessione gratuita di energia contenuta nella norma statale.
Critica la sentenza impugnata per l’errata individuazione del parametro costituzionale ex adverso dedotto, ossa l’art. 117, comma 3, Cost., attesa invece la rilevanza nella fattispecie in esame dell’art. 23 Cost.
3.2. Con il secondo motivo denuncia la violazione dell’art. 117, comma 3, della Costituzione sotto altro profilo -violazione dell’art. 12, comma 1 -quinquies e 1-septies d.lgs. 79/99 -violazione dell’art. 3 della Costituzione violazione dei principi dati dalla normativa nazionale -disparità di trattamento.
Anche con questo motivo la ricorrente insiste sulla illegittimità della monetizzazione, non prevista dalla norma statale.
3.3. Con il terzo motivo la ricorrente denuncia la violazione degli artt. 3, 41 e 42 della Costituzione violazione dell’art. 117, comma 1, della Costituzione -violazione della direttiva (ue) 2018/2001 del parlamento europeo e del consiglio dell’11 dicembre 2018 – disparità di trattamento – travisamento dei presupposti di diritto e falsa applicazione dell’art. 43 della Costituzione (attività in concessione) – falsa applicazione del d.lgs. n. 152/2006 e della legge n. 481/1995, nonché della legge n. 214/2011 in materia di tariffe per l’erogazione del ‘RAGIONE_SOCIALE‘.
Critica la sentenza impugnata per l’erronea qualificazione dell’attività della ricorrente come RAGIONE_SOCIALE pubblico mentre si tratterebbe di attività svolta nel libero mercato.
3.4. Con il quarto motivo la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 143 del r.d. n. 1775/1933 – violazione e/o falsa applicazione degli dell’art. 201 r.d. n. 1775/1933, nonché degli artt. 7, 29 e 34 del d.lgs. n. 104/2010; violazione dell’art. 111, comma 8, Cost.
Deduce che il TSAP si sia spinto oltre l’esame della questione di legittimità nei termini proposti, per ricondurre motu proprio la domanda della ricorrente a una ipotetica verifica di congruità e sostenibilità economica della cessione gratuita di energia, così ponendo nel nulla tutte le allegazioni di RAGIONE_SOCIALE, per avallare aspetti che non attengono più alla legittimità, bensì al merito amministrativo.
3.5. Con il quinto motivo la ricorrente denuncia la violazione dell’art. 3 della Costituzione per disparità di trattamento.
Rileva che essa ricorrente compete ‘nel mercato’ vendendo l’energia prodotta dall’impianto idroelettrico in competizione con i venditori che producono l’energia elettrica da altre fonti (eolico, solare, centrali termoRAGIONE_SOCIALE, a carbone, etc.) e che però non sono soggetti ad arbitrari e irragionevoli oneri.
3.6. Con il sesto motivo la ricorrente denuncia la violazione dell’art. 3 della Costituzione – principi di ragionevolezza e proporzionalità.
Censura la sentenza impugnata là dove ha ritenuto la natura ‘lineare’ dell’onere come previsto dalla disciplina normativa e la conseguente non necessità di alcuna dimostrazione RAGIONE_SOCIALE ‘ concrete incidenze percentuali tra diversi impianto… tra anni diversi ‘.
Assume, che, al contrario, non si tratta di un RAGIONE_SOCIALE pubblico remunerato a tariffa – come il TSAP ha argomentato – per il quale rilevano ai fini della valutazione della ragionevolezza della tariffa stabilita da un ipotetico ‘regolatore’ i ricavi e la ‘sostenibilità’ dei costi, ma di un’attività di libero mercato, i cui costi sono quelli sostenuti dall’operatore e i ricavi determinati dal mercato.
Richiama la verificazione inerente alla misura di altro onere che grava sugli esercenti le derivazioni d’acqua ad uso idroelettrico, ossia il ‘ canone aggiuntivo ‘ di cui all’art. 12, comma 1 -quinquies , del d.lgs. n. 79/1999, come già applicato dalla Regione Lombardia in forza di L.R. n. 26/2003, art. 53bis che ha rilevato la mancanza di logicità nella decisione cui è pervenuta la Regione, tramite propria società controllata (RAGIONE_SOCIALE, oggi RAGIONE_SOCIALE), nello stabilire un ‘ canone aggiuntivo di importo unico per tutti gli impianti ‘ (quantificato in 20 euro per ogni kW di potenza nominale dell’impianto). La irragionevolezza del canone secondo il verificatore discende proprio dal fatto che esso non è stato ‘ valutato impianto per impianto, analizzando le specifiche condizioni idrologiche, geomorfologiche e la tipologia e le condizioni di opere e macchinari, tenendo conto sia gli aspetti connessi alla redditività e ai costi della produzione di energia idroelettrica sia quelli connessi al mercato elettrico e alla variabilità dei prezzi dell’energia elettrica ‘.
3.7. Con il settimo motivo la ricorrente denuncia la violazione dell’art. 3 della Costituzione – violazione del principio di affidamento e di ragionevolezza –
violazione del principio di non discriminazione sotto ulteriore profilo – violazione degli artt. 41 e 42 della Costituzione.
Assume che la previsione della ‘cessione gratuita’ si differenzia altresì dagli RAGIONE_SOCIALE canoni: sia il canone di derivazione che il canone aggiuntivo, infatti, avendo natura di ‘corrispettivo’ sono determinati sulla base di specifici criteri e valutazioni verificabili. Rileva che nel caso della ‘ cessione gratuita ‘, al contrario, l’importo è stabilito direttamente dalla norma nazionale e ripreso dalla disciplina regionale, senza che sia indicato alcun criterio di valutazione o motivazione alla base dell’individuazione dello stesso, sia singolarmente considerato, sia valutato nel complesso dei canoni già posti a carico degli operatori. Aggiunge che l’imposizione di una cessione gratuita di energia per un quantitativo arbitrariamente determinato dal Legislatore, a prescindere da tutti gli RAGIONE_SOCIALE canoni già applicati all’operatore, risulta vieppiù irragionevole nella prospettata violazione del principio di affidamento. Inoltre, la cessione è di per sé discriminatoria, sia tra produttori da fonte idroelettrica rispetto a impianti diversi, sia in relazione agli RAGIONE_SOCIALE produttori da fonti rinnovabili che operano sul medesimo mercato.
3.8. Con l’ottavo motivo la ricorrente denuncia la violazione dell’art. 3 della Costituzione -disparità di trattamento sotto ulteriore profilo.
Critica la sentenza del TSAP per aver ritenuto che la cessione gratuita di energia ‘ consiste in una riserva di compartecipazione all’attività produttiva parametrata all’entità dello sfruttamento della risorsa idrica ‘. Ritiene che il TSAP avrebbe dovuto considerare idoneo per la misurazione dell’onere in oggetto di doglianza la ‘produzione effettiva’ e non la ‘potenza nominale media’.
3.9. Con il nono motivo la ricorrente denuncia la violazione degli articoli 3, 9, 33, 41 e 97 della Costituzione in presenza di ‘leggi provvedimento’.
Assume la natura di legge-provvedimento RAGIONE_SOCIALE disposizioni statali e regionali in questione e sostiene il carattere immotivato ed arbitrario della cessione gratuita di energia derivante da fonti idroRAGIONE_SOCIALE.
3.10. Con il decimo motivo la ricorrente denuncia la violazione dell’art. 117, comma 1, della Costituzione – violazione e falsa applicazione degli artt. 107 e 108 del TFUE; violazione dell’art. 49 del TFUE; violazione dei principi generali anche comunitari in materia di concorrenza; violazione del principio costituzionale di eguaglianza e parità di trattamento.
Deduce l’avvenuta violazione della normativa in tema di aiuti di Stato e critica la sentenza impugnata quanto alla valutazione in via postuma e caso per caso. Censura la attribuita portata ‘programmatica’ alla d.g.r. impugnata. Ribadisce che l’obbligo di cedere gratuitamente alle Regioni una quota di energia prodotta dai titolari di grandi derivazioni idroRAGIONE_SOCIALE è discriminatorio, in quanto aiuta i produttori di energia di altre fonti, alterando così la concorrenza.
4. Ricorso incidentale della RAGIONE_SOCIALE
4.1. Il ricorso è affidato a 10 motivi totalmente sovrapponibili a quelli del ricorso della RAGIONE_SOCIALE
5. Tutti i ricorsi, principale e incidentali, nei vari motivi in cui sono articolati, sono infondati per le ragioni di seguito illustrate.
Premessa in fatto.
Le società odierne ricorrenti operano nel settore della produzione dell’energia elettrica da fonti rinnovabili ed eserciscono le grandi derivazione d’acqua ad uso idroelettrico ricadenti nel territorio della Lombardia oggetto di specifici provvedimenti di concessione.
Con delibera di Giunta Regionale 6 luglio 2020, n. NUMERO_DOCUMENTO per le indicate società, tutte in regime di prosecuzione temporanea dell’esercizio di impianti di grande derivazione oggetto di concessioni scadute e in attesa del riaffidamento (ai sensi degli artt. 53, comma 5, L.R. n. 23/2003 e art. 31 L.R. n. 23/2019), è stato previsto l’obbligo di cessione gratuita di energia (nel caso della RAGIONE_SOCIALE e della RAGIONE_SOCIALE a favore della Regione Lombardia stessa o dei territori della Provincia di Sondrio; nel caso della RAGIONE_SOCIALE a favore della Regione Lombardia e/o a dei territori della Città Metropolitana di Milano e RAGIONE_SOCIALE province di Bergamo e Brescia) ovvero, in alternativa, della corresponsione in denaro del controvalore di detta energia, a decorrere dalla annualità 2020, rispetto a specifiche derivazioni d’acqua ad uso idroelettrico. Tale obbligo, come evidenziato dalle stesse ricorrenti, si aggiungeva a quello del pagamento del canone demaniale (originario) per l’uso dell’acqua pubblica e del sovracanone -o canone aggiuntivo -(previsto in sede di autorizzazione alla prosecuzione temporanea).
La disciplina RAGIONE_SOCIALE concessioni di grandi derivazioni idroRAGIONE_SOCIALE è stata da tempo ricondotta dalla giurisprudenza della Corte costituzionale alla materia della «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia», di
competenza legislativa concorrente (sentenze n. 155 del 2020, n. 158 del 2016 e n. 85 del 2014; si veda la più recente sentenza n. 173 del 2023).
L’ambito RAGIONE_SOCIALE rispettive competenze è stato delineato dal legislatore statale con il d.lgs. n. 79 del 1999, il cui art. 12, nel testo modificato dall’art. 11 -quater del d.l. n. 135 del 2018, come convertito, prevede, al comma 1 -ter , che «el rispetto dell’ordinamento dell’Unione europea e degli accordi internazionali, nonché dei princìpi fondamentali dell’ordinamento statale e RAGIONE_SOCIALE disposizioni di cui al presente articolo, le regioni disciplinano con legge le modalità e le procedure di assegnazione RAGIONE_SOCIALE concessioni di grandi derivazioni d’acqua a scopo idroelettrico».
La norma prosegue tracciando, ai commi successivi, il contenuto della legge regionale; in particolare, il comma 1 -quinquies prevede che «elle concessioni di grandi derivazioni a scopo idroelettrico, le regioni possono disporre con legge l’obbligo per i concessionari di fornire annualmente e gratuitamente alle stesse regioni 220 kWh per ogni kW di potenza nominale media di concessione, per almeno il 50 per cento destinata a servizi pubblici e categorie di utenti dei territori provinciali interessati dalle derivazioni» (art. 12, comma 1 -quinquies) .
Dunque, la possibilità di prevedere un obbligo di fornitura gratuita di energia era già prevista dalla legge statale.
Dando attuazione a tale previsione, la Regione Lombardia ha approvato la L.R. n. 23 del 2019 stabilendo che i concessionari di grandi derivazioni a scopo idroelettrico siano « tenuti, a decorrere dall’annualità 2020, a fornire gratuitamente alla Regione energia elettrica, nella misura di 220 chilowattora (kWh) per ogni chilowatt (kW) di potenza nominale media di concessione, ai fini della relativa destinazione ai servizi pubblici e alle categorie di utenti individuati ai sensi del comma 3, fermo restando che la fornitura di energia è destinata almeno al 50 per cento a servizi pubblici e categorie di utenti dei territori provinciali interessati dalle derivazioni, come previsto all’articolo 12, comma 1 quinquies, del d.lgs. 79/1999 » (art. 31, comma 2) e prevedendo che « in alternativa alla fornitura di energia di cui al comma 3, lettera a), la Giunta regionale, con propria deliberazione, può disporre la monetizzazione, anche integrale, dell’energia da fornire. In tal caso, la deliberazione di cui al precedente periodo definisce anche i contenuti di cui al comma 3, lettere da b) ad h) » (art. 31, comma 7) e che « in caso di monetizzazione ai sensi del comma
7, i soggetti di cui al comma 1 sono tenuti, entro il 30 giugno di ogni anno, a corrispondere alla Regione un importo basato sul controvalore in euro determinato a consuntivo, su base annuale solare, come media dei prezzi zonali orari ponderata sulla quantità di energia elettrica immessa in rete dalla grande derivazione su base oraria secondo la seguente espressione ».
La stessa legge regionale (art. 31, comma 3) ha poi demandato a un’apposita delibera della Giunta regionale di stabilire le concrete modalità di adempimento a tale obbligo da parte dei concessionari.
Già la L.R. n. 19 del 2010, inserendo (art. 14) nella precedente L.R. n. 26 del 2003 l’art. 53 -bis , aveva dettato disposizioni in materia di grandi derivazioni ad uso idroelettrico prevedendo, tra l’altro, la possibilità per la Giunta regionale, al fine di garantire la continuità della produzione elettrica e in considerazione dei tempi necessari per effettuare la ricognizione RAGIONE_SOCIALE opere e per espletare le procedure di gara, di consentire, per le sole concessioni in scadenza, la prosecuzione temporanea, da parte del concessionario uscente dell’esercizio degli impianti di grande derivazione ad uso idroelettrico per il tempo strettamente necessario al completamento RAGIONE_SOCIALE procedure di attribuzione di cui all’articolo 12 del d.lgs. n. 79/1999 (art. 53 -bis , comma 4), di subordinare tale prosecuzione temporanea al rispetto RAGIONE_SOCIALE condizioni tecniche ed economiche definite dalla Giunta regionale con propria deliberazione, con obbligo per il concessionario uscente di versare alla Regione, secondo le modalità e gli importi stabiliti con la predetta deliberazione di Giunta regionale, e tenuto conto di quanto previsto al comma 5 -bis , un canone aggiuntivo (rispetto ai canoni e sovracanoni e alla cessione gratuita di energia già stabiliti art. 53 -bis comma 5).
Ed allora non sussiste, come da questa Corte già evidenziato, alcuna violazione dell’art. 117 Cost.
Le indicate leggi regionali quanto alle rispettive previsioni: a ) dell’obbligo di fornitura gratuita dell’energia o in alternativa della sua monetizzazione (per tutti i concessionari di grandi derivazioni a scopo idroelettrico, a far data dall’annualità 2020, sia in regime ordinario di concessione, sia in regime di prosecuzione temporanea) ; b ) del pagamento di un canone aggiuntivo rispetto ai canoni e sovracanoni e alla cessione gratuita di energia già stabiliti, ovvero in alternativa alla sua monetizzazione (per la specifica ipotesi di prosecuzione dell’attività dopo la scadenza della concessione), vanno considerate pienamente
legittima sia con riferimento alla riserva relativa di legge di cui all’art. 23 Cost., trattandosi di previsioni contenute in disposizioni aventi rango di legge (regionale) emessa, oltre che nell’ambito della potestà legislativa concorrente della Regione, in base alla previsione statale di cui al d.lgs. n. 79 del 1999, art. 12, comma 8 -bis (comma inserito dall’articolo 15, comma 6 -bis , lettera e), del D.L. 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, in Legge 30 luglio 2010, n. 122 e successivamente abrogato dall’articolo 11 -quater , comma 1, lettera b ), del D.L. 14 dicembre 2018, n. 135, convertito, con modificazioni, dalla Legge 11 febbraio 2019, n. 12 ).
La determinazione RAGIONE_SOCIALE ‘modalità’ di tale cessione gratuita (al pari di quella degli ‘importi” del canone aggiuntivo) esula dalla riserva di legge di cui alla previsione costituzionale denunciata.
9. Vi è poi da fare un distinguo.
A) Il canone aggiuntivo, che come detto costituisce legittima manifestazione RAGIONE_SOCIALE potestà regionale basata su disposizione di legge statale (d.lgs. n. 79/1999, art. 12, comma 8 -bis cit.), è correlato, come corrispettivo, all’uso continuativo degli impianti, che in quanto opere bagnate, risultano, ex art. 25 r .d. n. 1777/1933, già acquisite al termine della concessione alla mano pubblica. Si tratta di una misura per contenere la rendita, non prevista e aggiuntiva, a favore dell’operatore economico già concessionario, il quale prosegua nell’esercizio della derivazione nel periodo che eccede la scadenza della concessione medesima. Esso, dunque, in pendenza RAGIONE_SOCIALE procedure pubbliche di riassegnazione RAGIONE_SOCIALE concessioni di grande derivazione ad uso idroelettrico, ha natura non di prestazione patrimoniale imposta ma di prestazione corrispettiva al protratto sfruttamento della derivazione idrica, risultando con ciò necessariamente ancorato agli elementi tecnici ed economici del rapporto di concessione già in essere, dunque a parametri non di arbitrarietà né di pura discrezionalità.
Con riguardo a tale previsione sono stati già esclusi profili di violazione dei principi di concorrenza ed eguaglianza.
La Corte costituzionale, con la sentenza n. 101 del 2016, ha, infatti, già avuto modo di chiarire che l’art. 53 -bis , comma 4, in esame, nel disciplinare un’ipotesi di prosecuzione dell’attività oggetto di concessione scaduta, al fine di garantire la continuità della produzione elettrica per i tempi necessari
all’espletamento RAGIONE_SOCIALE procedure di gara, non solo non viola l’art. 117, comma 2, lett. e ), cit. (poiché non reca alcun vulnus al principio di concorrenza, che resta salvaguardato dalla libera partecipazione a tali procedure), ma si è anche sostanzialmente attenuto, con riguardo alla materia della produzione dell’energia, al principio dettato dal d.lgs. n. 79 del 1999, art. 12, comma 8 -bis .
Né una violazione degli indicati principi costituzionali può essere rinvenuta con riguardo alla previsione, contenuta nell’art. 53 -bis , comma 5, della corresponsione di un canone aggiuntivo «rispetto ai canoni e sovracanoni e alla cessione gratuita di energia già stabiliti»: si tratta di un onere collegato alla prosecuzione, provvisoria e temporalmente circoscritta, da parte del concessionario uscente, della gestione dell’impianto, in via di fatto e per conto della regione. Ciò è sufficiente a far ritenere, da un lato, che la disposizione esula dalla materia della concorrenza (in ragione degli anzidetti presupposti) e, dall’altro, che essa costituisce espressione -in virtù della clausola di “cedevolezza” contenuta nel D.L. n. 78 del 2010, art. 5, comma 6 -quater , nella parte in cui richiama il precedente comma 6 -ter , lett. e) dell’esercizio non irragionevole della potestà legislativa concorrente regionale nella materia della produzione dell’energia, non precluso, in parte qua, dall’art. 12, comma 8 -bis , cit., il cui principio fondamentale va rinvenuto essenzialmente nella previsione diretta ad assicurare la continuità dell’erogazione del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e non nel divieto di prevedere il versamento di un canone aggiuntivo.
Quest’ultimo, stabilito per la prosecuzione dell’esercizio della derivazione, in attesa dello svolgimento e del completamento RAGIONE_SOCIALE procedure selettive di assegnazione, si pone quale misura per contenere la rendita, o comunque l’utile di impresa, non prevista e aggiuntiva, a favore dell’operatore economico già concessionario, il quale prosegua nell’esercizio della derivazione nel periodo che eccede la scadenza della concessione medesima. In sostanza, le indicate previsioni risultano chiaramente correlate alla possibilità di proseguire nell’esercizio della concessione anche dopo la scadenza della stessa ed all’uso di impianti che, in quanto opere ‘bagnate’, al termine della concessione risultano acquisiti alla mano pubblica in base a ciò che dispone l’art. 25 del r. d. n. 1775/1933. È anche in rapporto all’uso di tali impianti, di proprietà regionale, che la ( ex ) concessionaria debba versare alla Regione corrispettivi aggiuntivi per l’esercizio degli stessi, da aggiungersi al canone ordinariamente dovuto per l’uso
dell’acqua a scopo di produzione elettrica. Si tratta di misure indennitarie e di riequilibrio volte a compensare una posizione di vantaggio non ricollegabile ad una procedura di assegnazione ritualmente svolta, consistente nell’utilizzo di risorse naturali e impianti di derivazione, ormai ammortizzati, in cui viene a trovarsi la società in regime di “prosecuzione temporanea’. Tale vantaggio – che appare indubbio, poiché il gestore in regime di prosecuzione temporanea, in attesa RAGIONE_SOCIALE procedure selettive, continua a beneficiare della forza idraulica per produrre forza motrice – è da ritenersi “riequilibrato” proprio per effetto della previsione del canone aggiuntivo e degli RAGIONE_SOCIALE oneri sopra indicati, sicché, dalla situazione esposta sopra, non emerge in alcun modo neppure la violazione del principio fondamentale della legislazione statale della correlazione proporzionale tra canone ed effettiva entità dello sfruttamento della risorsa idrica (su cui v. Corte cost. 10 aprile 2014, n. 85, punto 4.3 dei motivi in diritto; nello stesso senso: Cass. Sez. Un., 11 luglio 2011, n. 15144; Cass. Sez. Un. 30 giugno 2009, n. 15234).
B) Vi è da chiedersi se lo stesso ragionamento possa essere svolto in relazione alla previsione dell’obbligo di cessione gratuita di energia (ovvero di monetizzazione) disposto dalla legge regionale sulla base dell’art. 1, comma 1 quinquies d.lgs. n. 79/1999 e conseguentemente dalla d.g.r. qui all’esame.
Si tratta innanzitutto di previsione generale per tutte le concessioni di grandi derivazioni a scopo idroelettrico.
La fornitura gratuita d’energia elettrica, secondo le stesse previsioni della legge regionale, può essere convertita con una sua monetizzazione (soluzione indubbiamente più aderente all’attuale assetto del sistema elettrico che, a differenza del pre -esistente monopolio, prevede la presenza di una pluralità di ulteriori soggetti coinvolti -quali le società di vendita all’ingrosso e le società di vendita al dettaglio -che commercializzano l’energia elettrica ai clienti finali e che potrebbero non avere nessun legame con il produttore chiamato a mettere a disposizione energia a titolo gratuito a clienti finali).
Si tratta di un onere gravante sull’operatore economico a fronte di uno sfruttamento di un bene demaniale ‘limitato’ quale è l’acqua e che è caratterizzato da finalità solidaristiche e perequative generali, avulse da scopi indennitari correlati all’uso effettivo della derivazione idrica. Ed è proprio questo che non solo esclude ogni arbitrarietà della previsione ma giustifica il
trattamento differenziato, se si pensa anche che la fornitura di energia non viene utilizzata dalla Amministrazione regionale per un proprio interesse di natura privata, ma, anzi, viene destinata a servizi pubblici e determinate categorie di utenti.
Le RAGIONE_SOCIALE del settore idroelettrico non sono semplici fornitori di servizi del tutto deresponsabilizzanti rispetto al governo del settore, bensì sono soggetti di un complesso quadro regolatorio apprestato per assolvere ai compiti di interesse economico generale, le cui relazioni contrattuali sono conformate da precise esigenze superiori di carattere organizzatorio . Se pure l’attività di produzione e trasporto di energia prodotta da fonti rinnovabili non si configuri come un RAGIONE_SOCIALE pubblico, per il difetto dei connotati tipici di questo, la stessa è pur sempre annoverabile come una attività di interesse pubblico (in tal senso, Consiglio di Stato, sez. V, 28 ottobre 2022, n. 9311).
Sotto questo profilo il TSAP non ha fatto alcuna erronea assimilazione fra l’attività di produzione di energia da fonte idroelettrica e il RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE: essi sono sì facenti parte di due categorie distinte, ma presentano come denominatore comune il coinvolgimento di interessi pubblici.
Si osserva, poi, che la base imponibile dell’obbligo di cessione, e della eventuale monetizzazione, è costituita dalla potenza nominale media, quale parametro convenzionale di tutte le prestazioni patrimoniali imposte ex lege a carico del concessionario RAGIONE_SOCIALE derivazioni idroRAGIONE_SOCIALE. La quantificazione della fornitura gratuita è prevista in misura fissa su tutto il territorio statale ed è pari a 220 chilowattora per ogni chilowatt di potenza nominale media. La cessione gratuita d’energia, prevista dalla disposizione regionale, s’inscrive, pertanto, nel novero RAGIONE_SOCIALE prestazioni imposte e, per quel che qui più rileva, è conforme alla riserva di legge prevista dall’art. 23 Cost.
Quanto al rilievo che il TSAP avrebbe dovuto considerare idoneo per la misurazione dell’onere oggetto di doglianza la ‘produzione effettiva’ e non la ‘potenza nominale media’ è sufficiente osservare che non compete al giudice della legittimità amministrativa entrare nel merito della scelta dell’amministrazione, attraverso l’indicazione del criterio di cui quest’ultima avrebbe dovuto tenere conto.
Peraltro, nello specifico, come evidenziato dal TSAP, è stata prevista la cessione di una quantità di energia calcolata in modo convenzionale e unitario in
tutto il territorio nazionale, determinata in modo univoco su una ben determinata ‘base imponibile’, come verificatosi in RAGIONE_SOCIALE casi e per altre ‘prestazioni imposte’.
Da ultimo è infondato il rilievo secondo cui l’obbligo di cedere gratuitamente alle Regioni una quota di energia prodotta dai titolari di grandi derivazioni idroRAGIONE_SOCIALE sia in sé discriminatorio, in quanto aiuta i produttori di energia di altre fonti, alterando così la concorrenza.
Esso non si confronta con il passaggio argomentativo della sentenza del TSAP in cui è stato evidenziato che la prevista assegnazione pressocché totale dell’energia gratuita ai territori provinciali per interventi di riequilibrio e per tipologie di servizi pubblici (socio -sanitari, scolastici, sportivi ed RAGIONE_SOCIALE) di interesse generale non economico, donde la concreta non incidenza del beneficio sulla disciplina della concorrenza come interpretata dalla giurisprudenza unionale.
12.1. Vanno, sul punto, comunque svolte le seguenti considerazioni.
12.2. La nozione di aiuti di Stato definita nel trattato istitutivo della Comunità europea, che agli articoli 87 e 88 (oggi 107 e 108 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea) disciplina il regime che i singoli Stati membri devono rispettare per quanto concerne i sistemi di incentivazione alle RAGIONE_SOCIALE, evitando di incorrere in metodiche capaci di alterare il regime di libera concorrenza. In particolare, l’art. 107 stabilisce che: ‘ Salvo deroghe contemplate dai trattati, sono incompatibili con il mercato interno, nella misura in cui incidano sugli scambi tra Stati membri, gli aiuti concessi dagli Stati, ovvero mediante risorse statali, sotto qualsiasi forma che, favorendo talune RAGIONE_SOCIALE o talune produzioni, falsino o minaccino di falsare la concorrenza ‘.
Nella espressione ‘ concessi dagli Stati, ovvero mediante risorse statali, sotto qualsiasi forma ‘ rientrano tutti quegli aiuti erogati dalle pubbliche autorità, sulla base dell’organizzazione ordinamentale interna a ogni Paese. Risulta pertanto evidente che gli aiuti concessi da enti regionali e locali degli Stati membri, indipendentemente dal loro statuto e dalla loro denominazione, sono soggetti al sindacato di conformità di cui all’art. 107 del Trattato.
Nello specifico si sostiene che, attraverso l’imposizione dell’obbligo di cessione gratuita dell’energia (ovvero di monetizzazione), si penalizzerebbe
l’impresa concessionaria quale impresa sul mercato dell’energia elettrica, alterando la concorrenza (a beneficio degli RAGIONE_SOCIALE operatori economici).
Qui, dunque, non è in discussione un sistema di incentivazione diretto ma un effetto, indiretto, di vantaggio per le altre RAGIONE_SOCIALE di produzione di energia diversa da quella idroelettrica. In sostanza, se non ci fosse la disposizione che prevede l’obbligo di cessione gratuita, l’impresa concessionaria potrebbe immettere sul mercato tutta l’energia che produce (mentre è tenuta a cederne gratuitamente una parte) risultando così maggiormente competitiva in ragione della maggiore (totale) disponibilità dell’energia prodotta. Analogamente in caso di monetizzazione, l’impresa concessionaria potrebbe sì mettere sul mercato l’energia non ceduta gratuitamente al soggetto pubblico ma si troverebbe ad affrontare la concorrenza dovendo sostenere costi aggiuntivi e, dunque, in una posizione indebolita.
Nello specifico, però, il TSAP ha escluso che fosse stata data la dimostrazione della effettiva incidenza, peraltro non compiutamente determinata, dell’onere di cessione gratuita dell’energia sulla concreta capacità RAGIONE_SOCIALE concessionarie sul mercato così da risolversi in un pregiudizio reale.
È allora condivisibile la pronuncia impugnata là dove ha evidenziato che il fatto che l’attività di produzione dell’energia elettrica sia ‘libera’ non rende di per sé irragionevole, per le ragioni di interesse pubblico sopra evidenziate, l’imposizione di una cessione gratuita di energia elettrica (che si risolve, in pratica, in una compartecipazione del soggetto pubblico all’utilizzo -melius in una riserva di utilizzo -dell’energia prodotta), qualora la sua misura non trasmodi, come nello specifico, in un trattamento arbitrario ed eccessivo.
Ciò, con ogni evidenza, esclude anche una spropositata ed arbitraria violazione RAGIONE_SOCIALE prerogative del produttore legate alla sua attività (art. 41 della Costituzione) e al suo diritto di proprietà (art. 42 della Costituzione).
Vale al riguardo sottolineare che il produttore di energia in tanto è tale in quanto utilizzatore di un bene in concessione. Ciò rende del tutto irrilevante la doglianza secondo cui attraverso l’imposizione della cessione gratuita viene colpita l’attività di produzione di energia a valle.
12.3. Senza dire che non è proprio configurabile, nella fattispecie, un aiuto di Stato.
Va innanzitutto ricordato che la qualifica di «aiuti di Stato» ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE presuppone la presenza di quattro condizioni, ovvero che sussista un intervento dello Stato o effettuato mediante risorse statali, che tale intervento possa incidere sugli scambi tra gli Stati membri, che esso conceda un vantaggio selettivo al suo beneficiario e che falsi o minacci di falsare la concorrenza.
Se è vero che, come sopra evidenziato, il vantaggio può essere anche indiretto (l’art. 107 del Trattato non distingue a seconda che i vantaggi relativi agli aiuti siano concessi in modo diretto o indiretto) tuttavia è necessaria, per l’applicazione dell’art. 107, la presenza dell’elemento costitutivo RAGIONE_SOCIALE risorse statali ( id est regionali). Infatti, come ha osservato la Corte di giustizia UE del 13 marzo 2001, RAGIONE_SOCIALE , causa C -379/98, punto 58 ‘…la distinzione stabilita da questa disposizione tra gli « aiuti concessi dagli Stati » e gli aiuti concessi « mediante risorse statali » non significa che tutti i vantaggi consentiti da uno Stato costituiscano aiuti, che siano o meno finanziati mediante risorse statali, ma è intesa solamente a ricomprendere nella nozione di aiuto non solo gli aiuti direttamente concessi dagli Stati, ma anche quelli concessi da enti pubblici o privati designati o istituiti dagli Stati’. Nella sentenza RAGIONE_SOCIALE ( i cui principi non stati poi ripresi dalla Corte di Giustizia UE , 13 settembre 2017, causa C -329/15, RAGIONE_SOCIALE contro RAGIONE_SOCIALE che ha affermato che ‘l’articolo 107, paragrafo 1, TFUE deve essere interpretato nel senso che una misura nazionale che impone ad alcune società sia private che pubbliche un obbligo di acquisto di energia elettrica derivante dalla cogenerazione, senza prevedere alcuna misura di compensazione degli oneri per l’acquisto, non costituisce un intervento dello Stato o effettuato mediante risorse statali’), la Corte ha giudicato che non si può considerare come intervento effettuato mediante risorse statali l’obbligo, imposto a RAGIONE_SOCIALE private di fornitura di energia elettrica, di acquistare a prezzi minimi prefissati l’energia elettrica prodotta da fonti di energia rinnovabili, nei limiti in cui esso non determina alcun trasferimento diretto o indiretto di risorse statali alle RAGIONE_SOCIALE produttrici di tale tipo di energia elettrica. Un tale intervento, pur arrecando un vantaggio alle RAGIONE_SOCIALE di fornitura di energia elettrica, non comporta l’utilizzo di risorse statali. Diverso sarebbe stato nel caso in cui fosse esistito un meccanismo pubblico di compensazione dei costi supplementari
imposti alle RAGIONE_SOCIALE private di fornitura di energia elettrica. Un tale meccanismo sarebbe visto come un intervento effettuato mediante risorse statali. Pertanto, sono esclusi dal campo di applicazione dell’art. 107, paragrafo 1, TFUE gli interventi pubblici che non implicano l’utilizzo di risorse pubbliche. Infatti, ‘…i vantaggi concessi con mezzi diversi dalle risorse statali esulano dall’ambito di applicazione RAGIONE_SOCIALE disposizioni…in materia di aiuti di Stato’.
Così non è sufficiente ad integrare un aiuto di Stato indiretto la circostanza che l’onere finanziario derivante dall’obbligo di cessione gratuita possa ripercuotersi in modo negativo sui risultati economici RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE soggette a tale obbligo (con conseguente indebolimento di tali RAGIONE_SOCIALE sul mercato e corrispondente beneficio per la concorrenza).
Il concetto di vantaggio ha natura essenzialmente economica: ‘per valutare se una misura statale costituisca un aiuto, si deve … determinare se l’impresa beneficiaria riceve un vantaggio economico che non avrebbe ottenuto in condizioni normali di mercato (Sentenza della Corte di giustizia dell’11 luglio 1996, RAGIONE_SOCIALE c/ La RAGIONE_SOCIALE , causa C -39/94, Racc. p. I -3547, punto 60). L’intervento dello Stato deve, in RAGIONE_SOCIALE termini, contribuire a ‘…sostenere i costi che normalmente avrebbero dovuto gravare sulle risorse finanziarie proprie dell’impresa…’ impedendo, pertanto, ‘…che le forze presenti sul mercato spiegassero i loro normali effetti’ (Sentenza della Corte di giustizia del 14 febbraio 1990, Francia c/ Commissione , causa 301/87, Racc. p. I -307, punto 41).
Dalla giurisprudenza della Corte di giustizia risulta, dunque, che un intervento statale che colloca le RAGIONE_SOCIALE alle quali si applica in una situazione più favorevole rispetto ad altre conferisce un vantaggio. In particolare, sono considerati aiuti gli interventi i quali, in varie forme, alleviano gli oneri che di regola gravano sul bilancio di un’impresa e che di conseguenza, anche senza essere sovvenzioni in senso stretto, hanno la stessa natura e producono identici effetti (Sentenza della Corte di giustizia del 19 marzo 2013, Bouygues RAGIONE_SOCIALE , causa C -399/10 P, punti 101 e 106).
Tanto non sussiste nella situazione che qui viene in rilievo in quanto il sistema RAGIONE_SOCIALE cessioni gratuite come sopra delineato: -riguarda tutte le grandi derivazioni d’acqua, senza distinzione; -non si risolve in un trasferimento, pure indiretto, di risorse in favore di altre RAGIONE_SOCIALE operanti sul mercato, tale da
alleviare gli oneri che normalmente gravano sui loro bilanci e da produrre, pur senza essere una sovvenzione in senso stretto, analoghi effetti.
Conclusivamente vanno rigettati sia il ricorso principale sia quelli incidentali.
La regolamentazione RAGIONE_SOCIALE spese, in favore della Regione Lombardia, segue la soccombenza potendosi fare applicazione dell’art. 97, comma 1, ultima parte, cod. proc. civ. in ragione dell’esistenza di un interesse comune.
Occorre dare atto, ai fini e per gli effetti indicati da Cass., Sez. Un., 20 febbraio 2020, n. 4315, della sussistenza RAGIONE_SOCIALE condizioni processuali richieste dall’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115/2002.
P.Q.M.
La Corte, pronunciando sul presente ricorso e su quelli riuniti iscritti ai nn. 1812/2023 e 1828/2018, rigetta il ricorso principale e i ricorsi incidentali; condanna le società ricorrenti, in solido, al pagamento, in favore della controricorrente Regione Lombardia, RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità, che liquida in 600,00 per esborsi ed euro 16.000,00 per compensi professionali, oltre accessori di legge e rimborso forfetario in misura del 15%.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte RAGIONE_SOCIALE ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello richiesto per il ricorso principale e per i ricorsi incidentali a norma dello stesso art. 13, comma 1 -bis , se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio del 12 marzo 2024.