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Cessione di cubatura: venditore non responsabile

Una società edile acquista un terreno con annessa cessione di cubatura, ma il Comune nega il permesso di costruire a causa di una modifica delle norme urbanistiche successiva al contratto. La Corte di Cassazione ha stabilito che il venditore non è responsabile per inadempimento, poiché la causa del diniego è un “factum principis” (un atto della pubblica autorità) e non una sua colpa. Il contratto rimane valido e la responsabilità per le modifiche normative ricade sull’acquirente.

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Pubblicato il 14 novembre 2025 in Diritto Civile, Diritto Immobiliare, Giurisprudenza Civile

Cessione di Cubatura: Quando il Venditore Non È Responsabile per il Permesso di Costruire Negato

L’operazione di cessione di cubatura è uno strumento fondamentale nel settore immobiliare, ma nasconde complessità che possono portare a contenziosi. Con l’ordinanza n. 12881/2024, la Corte di Cassazione ha chiarito un punto cruciale: la responsabilità del venditore in caso di mancato rilascio del permesso di costruire per cause sopravvenute. La decisione sottolinea che il venditore adempie al suo obbligo trasferendo la volumetria esistente, mentre il rischio di future modifiche normative urbanistiche ricade sull’acquirente.

I Fatti di Causa: Un Progetto Edilizio Bloccato

Una società costruttrice acquistava un terreno con l’intento di realizzare un progetto edilizio. Il contratto di compravendita includeva, oltre alla volumetria propria del lotto, anche un’ulteriore capacità edificatoria trasferita da un fondo vicino, di proprietà del venditore. Anni dopo la stipula, la società presentava al Comune la richiesta di permesso di costruire per l’intera volumetria.

Tuttavia, il Comune respingeva l’istanza. Il motivo non era la mancanza della volumetria ceduta, che esisteva ed era disponibile al momento del contratto, bensì una modifica dello strumento urbanistico locale (Piano di Governo del Territorio) intervenuta nel frattempo. Le nuove norme rendevano il progetto non conforme, superando l’indice di utilizzazione fondiaria consentito. Di conseguenza, la società acquirente citava in giudizio il venditore, chiedendo la risoluzione del contratto per inadempimento e il risarcimento dei danni.

L’Iter Giudiziario e la cessione di cubatura

Sia il Tribunale di primo grado che la Corte d’Appello respingevano le richieste della società acquirente. I giudici di merito stabilivano che il venditore non era inadempiente. Al momento della vendita, la cubatura era esistente, disponibile e trasferibile secondo le norme allora in vigore. Il successivo diniego del permesso di costruire era attribuibile esclusivamente a una scelta della pubblica amministrazione, concretizzatasi con l’adozione di un nuovo strumento urbanistico. Questo evento, qualificato come factum principis, rappresentava una causa di impossibilità sopravvenuta non imputabile al venditore.

La Decisione della Cassazione: Natura del Contratto e Ripartizione del Rischio

La società costruttrice ricorreva in Cassazione, sostenendo tre motivi principali: la violazione delle norme sulla compravendita, l’errata qualificazione del diniego comunale come scelta discrezionale e la nullità del contratto per mancanza di causa o oggetto. La Suprema Corte ha rigettato tutti i motivi, fornendo importanti chiarimenti.

La Natura Giuridica della Cessione di Cubatura

La Corte ha ribadito il suo orientamento più recente, secondo cui il contratto di cessione di cubatura ha un’efficacia immediatamente traslativa. Non crea un diritto reale, ma trasferisce un diritto edificatorio di natura patrimoniale, che si distacca dal fondo di origine e diventa autonomo. Il trasferimento si perfeziona con il consenso delle parti e non dipende dal successivo rilascio del permesso di costruire da parte del Comune.

L’Inadempimento e il “Factum Principis”

Il fulcro della decisione risiede nell’analisi dell’inadempimento. Il venditore aveva correttamente trasferito la volumetria pattuita. Il fatto che l’acquirente non abbia potuto utilizzarla non è dipeso da una mancanza o da un vizio del bene trasferito, ma da un evento esterno e successivo: la modifica delle norme urbanistiche. Questo configura un classico caso di factum principis, che esclude la colpevolezza del debitore (il venditore) e quindi la possibilità di chiedere la risoluzione per inadempimento ai sensi dell’art. 1453 c.c.

Esclusione della Nullità del Contratto

Infine, la Corte ha respinto la tesi della nullità del contratto. La causa del contratto, intesa come lo scambio di prestazioni (terreno e cubatura contro prezzo), esisteva validamente al momento della stipula (sinallagma genetico). La successiva impossibilità di utilizzare la cubatura incide sulla fase esecutiva del rapporto (sinallagma funzionale) e può, al più, configurare un’ipotesi di impossibilità sopravvenuta (art. 1463 c.c.), ma non rende il contratto nullo sin dall’origine.

Le Motivazioni

Le motivazioni della Corte si fondano sulla netta distinzione tra il rapporto privatistico tra le parti e il procedimento amministrativo che porta al rilascio del titolo edilizio. Con la cessione di cubatura, il venditore si obbliga a trasferire un diritto edificatorio esistente. L’ottenimento del permesso di costruire, invece, è un’attività che compete all’acquirente e che è soggetta alla normativa urbanistica vigente al momento della richiesta. Il venditore non può garantire l’esito favorevole di un procedimento futuro, specialmente di fronte a possibili modifiche legislative o regolamentari. Il rischio che una norma sopravvenuta renda più difficile o impossibile l’edificazione ricade, in assenza di patti contrari, sull’acquirente, che è divenuto titolare del diritto edificatorio.

Conclusioni

L’ordinanza in commento offre un’importante lezione pratica per gli operatori del settore immobiliare. Chi acquista un terreno con annessa cessione di cubatura deve essere consapevole che il rischio legato alle future modifiche degli strumenti urbanistici è, di regola, a suo carico. Per tutelarsi, l’acquirente potrebbe negoziare clausole contrattuali specifiche, come condizioni sospensive legate all’effettivo rilascio del permesso di costruire, che trasferiscano parte di questo rischio sul venditore. In mancanza di tali patti, il principio affermato dalla Cassazione è chiaro: il venditore adempie trasferendo ciò che ha promesso al momento del contratto, e non può essere ritenuto responsabile per gli ostacoli normativi che sorgono in seguito.

Nella cessione di cubatura, il venditore è responsabile se il Comune nega il permesso di costruire all’acquirente?
No, secondo questa ordinanza, il venditore non è responsabile se il diniego dipende da cause a lui non imputabili, come una modifica delle norme urbanistiche successiva alla vendita. L’obbligo del venditore è trasferire una volumetria esistente e disponibile al momento del contratto, non garantire l’approvazione futura del progetto edilizio.

Che cos’è il ‘factum principis’ e che ruolo ha in questo caso?
È un provvedimento della pubblica autorità (legislativo o amministrativo) che rende impossibile l’esecuzione di una prestazione contrattuale. In questo caso, la modifica dello strumento urbanistico da parte del Comune, che ha impedito l’uso della volumetria, è stata considerata un ‘factum principis’ che esclude la colpa e quindi la responsabilità del venditore.

Il contratto di cessione di cubatura è nullo se poi non si ottiene il permesso di costruire?
No, il contratto non è nullo. La Cassazione chiarisce che la validità del contratto si valuta al momento della sua stipulazione. La successiva impossibilità di utilizzare la volumetria riguarda la fase di esecuzione del contratto e può portare, se ne ricorrono i presupposti, alla risoluzione per impossibilità sopravvenuta, ma non invalida il contratto originario.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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