Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 14840 Anno 2024
Oggetto
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO
COGNOME.
Rep.
Ud. 27/03/2024
CC
Civile Ord. Sez. L Num. 14840 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 28/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso 2990-2023 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMAINDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati NOME COGNOME, NOMECOGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, CASONATO MAURO;
– intimati – avverso la sentenza n. 269/2022 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 19/07/2022 R.G.N. 580/2019; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio
del 27/03/2024 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME.
RILEVATO CHE
la Corte d’appello di Venezia, con la sentenza in atti, rigettava gli appelli riuniti proposti da RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza del tribunale di Padova che ha dichiarato l’inefficacia della cessione del contratto di lavoro dell’appellato COGNOME NOME da RAGIONE_SOCIALE a RAGIONE_SOCIALE
RAGIONE_SOCIALE in assenza del consenso del lavoratore ai sensi dell’articolo 1406 c.c. e la continuità del rapporto di lavoro con RAGIONE_SOCIALE anche dopo il 31 dicembre 2015 e per l’effetto ha condannato RAGIONE_SOCIALE a reintegrare il ricorrente nel posto di lavoro precedentemente occupato o in altro equipollente;
avverso la sentenza ha proposto ricorso per Cassazione RAGIONE_SOCIALE con 4 motivi; gli intimati RAGIONE_SOCIALE e COGNOME NOME non hanno svolto attività difensiva.
CONSIDERATO CHE
1. con il primo motivo, la ricorrente RAGIONE_SOCIALE ex art. 360 n. 3 c.p.c. denuncia violazione e falsa applicazione della direttiva europea 2001/23/CE e della relativa giurisprudenza applicativa della Corte di Giustizia UE, degli artt. 2112, 2555 e 2558 c.c., nonch é dell’art. 16 della Carta di Nizza;
2. con il secondo, denuncia violazione o falsa applicazione degli artt. 2697 e dell’art. 1406 c.c., in relazione agli artt. 1 e 4 della direttiva UE 2001/23/CE, 16 Carta di Nizza e degli artt. 2112 e 2558 c.c.; secondo l’impugnante, sarebbe errata la concl usione cui è pervenuta la Corte territoriale circa l’onere della prova, a carico di chi intenda avvalersi degli effetti previsti dall’art. 2112 c.c., di tutti i requisiti che ne condizionano l’operatività, perché l’art. 2112 cit., interpretato alla luce degli art. 1 e 4 della Direttiva suddetta e 16 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, non farebbe eccezione all’art. 1406 c.c.;
3. con il terzo motivo, ex art. 360 n. 3 c.p.c., denuncia violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. in relazione agli artt. 1 e 4 della direttiva UE 2001/23/CE, e dell’art. 2112 c.c.;
4. con il quarto motivo ex art. 360 n.3. c.p.c. deduce violazione o falsa applicazione dell’art. 2112, comma 6 cc. in relazione all’art 29 comma 1 del d.lgs. 276/2003 in considerazione dell’art. 38, comma 3 del d.lgs. 81/2015 (già art. 27 del d.lgs 276/2003);
preliminarmente il Collegio rileva che sullo stesso contenzioso in oggetto, relativo alla cessione del ramo di azienda da RAGIONE_SOCIALE a RAGIONE_SOCIALE, di cui si discute nella presente causa, sono state emesse da questa Corte di cassazione altre pronunce (Cass.nn. 4074/2023, 3480/2023, 2396/2023) con decisione di inammissibilità dei ricorsi proposti da RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE per motivi in larga parte sovrapponibili a quelli del presente ricorso.
A tali pronunce il Collegio intende riportarsi anche ai sensi dell’art. 118 disp. att. non essendovi ragioni per discostarsene;
i primi due motivi del ricorso RAGIONE_SOCIALE sono inammissibili;
osserva il Collegio, in primo luogo, che la giurisprudenza di legittimità ha chiarito che incombe su chi intende avvalersi degli effetti previsti dall’art. 2112 c.c. che costituiscono eccezione al principio del necessario consenso del contraente ceduto stabilito dall’art. 1406 c.c., fornire la prova dell’esistenza di tutti i requisiti che ne condizionano l’operatività: grava, cioè, sulla società cedente l’onere di allegare e provare l’insieme dei fatti concretanti un trasferimento di ramo d’azienda (Cas s. n. 4500/2016, n. 206/2004, n. 11247/2016); tale orientamento è stato di recente ribadito, e deve considerarsi consolidato (cfr. in tal senso § 10 di Cass. n. 39394/2021; § 5 di Cass. n. 35666/2021, ed ivi il richiamo alle anteriori decisioni di legittimità in senso conforme);
la società ricorrente lamenta quindi, in particolare, che l’interpretazione della Corte di merito circa l’immanenza dei requisiti di autonomia e preesistenza nel fenomeno circolatorio aziendale non sarebbe conforme alla disciplina sovranazionale, che richiederebbe solo la continuità dell’attività e non anche la preesistenza del complesso ceduto quale presupposto per l’applicazione delle tutele connesse al
trasferimento di ramo d’azienda; lamenta, cioè, il fraintendimento dell’insegnamento della Corte di Giustizia Europea (in particolare sentenza Amatori 6.3.2014, in causa C -458/12);
9. rileva il Collegio che la Corte territoriale ha motivatamente seguito, in relazione al caso di specie, il costante indirizzo di questa Corte, pure da ultimo ribadito, secondo il quale, ai fini del trasferimento d’azienda previsto dall’art. 2112 c.c., an che nel testo modificato dall’art. 32 del d.lgs. n. 276 del 2003, costituisce elemento costitutivo della cessione l’autonomia funzionale del ramo ceduto, ovvero la sua capacità, già al momento dello scorporo, di provvedere ad uno scopo produttivo con i propri mezzi funzionali ed organizzativi e quindi di svolgere -autonomamente dal cedente e senza integrazioni di rilievo da parte del cessionario -il servizio o la funzione cui risultava finalizzato nell’ambito dell’impresa cedente al momento della cessione ; l’elemento costitutivo dell’autonomia funzionale va quindi letto in reciproca integrazione con il requisito della preesistenza, e ciò anche in armonia con la giurisprudenza della Corte di Giustizia secondo la quale l’impiego del termine ‘conservi’ nell’a rt. 6, par. 1, commi 1 e 4 della direttiva 2001/23/CE, ‘implica che l’autonomia dell’entità ceduta deve, in ogni caso, preesistere al trasferimento’ (Corte di Giustizia, 6 marzo 2014, C 458/12; Corte di Giustizia, 13 giugno 2019, C -664/2017) (così Cass. n. 22249/2021; e, solo tra le più recenti, ex plurimis, in termini esatti o analoghi n. 18948/202, n. 35666/2021, n. 39394/2021, n. 39414/2021, n. 41569/2021, n. 2272/2022);
10.- neppure è vero, peraltro, quanto asserisce la ricorrente IBM, e, cioè, che la Sezione Tributaria di questa Corte avrebbe espresso indirizzi in qualche modo dissonanti rispetto a quello di questa Sezione Lavoro, che sarebbe la sola ‘che, con obiettivi diversi da quelli della Direttiva 23/2001 e della CGE,
interpreta in senso restrittivo l’art. 2112 c.c.’ (cfr. pag. 47 del ricorso in esame); al contrario, a titolo esemplificativo, Cass. civ., sez. 5, 11.4.2022, n. 11678, ha seguito lo stesso orientamento, richiamando in tal senso sia precedenti di questa Sezione Lavoro che precedenti della stessa Sezione Tributaria (cfr. in proposito il § 2.1. della cit. ordinanza), salvo ovviamente declinare i medesimi principi sul terreno della specifica materia di pertinenza;
del resto, la Corte territoriale ha richiamato nel medesimo senso numerosi precedenti di questa Corte, compresi quelli che erano più recenti ovviamente all’atto della propria decisione;
in definitiva, le censure in esame risultano volte a porre in discussione il ridetto orientamento di legittimità, cui si è conformata la Corte territoriale;
la critica alla sentenza impugnata basata sulla cd. sentenza Amatori non coglie nel segno, anche alla luce della successiva sentenza della Corte di Giustizia UE 13.6.2019, n. 664, in causa C-664/17, avendo in detta decisione la Corte di Giustizia confe rmato, per quanto qui interessa, che: ’63. Essendo quindi inerente alla sua identità, l’autonomia funzionale di una siffatta entità deve, come previsto dall’articolo 1, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2001/23, essere mantenuta dopo il trasferimento. 64. Peraltro non è necessario che detta autonomia sia piena. Infatti, dalla formulazione dell’articolo 1, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2001/23 discende espressamente che quest’ultima si applica non solo ai trasferimenti di impresa, ma altresì ai trasferimenti di parte dell’impresa’; ed avendo le decisioni di questa Corte sopra menzionate dato continuità al proprio consolidato indirizzo, tenendo conto della successiva cit. sentenza della Corte di Giustizia UE ed anzi traendo (anche) da essa conferma di tale indirizzo;
15.parimenti inammissibile, è sotto molteplici profili, il terzo motivo del ricorso RAGIONE_SOCIALE;
16. occorre anzitutto ribadire il costante insegnamento di questa Corte secondo il quale la verifica dei presupposti fattuali che consentono l’applicazione o meno del regime previsto dall’art. 2112 c.c. implica una valutazione di merito che, ove espressa con motivazione sufficiente e non contraddittoria, sfugge al sindacato di legittimità (cfr. in tal senso § 4 di Cass. n. 35666/2021, già cit. ed ivi i richiami alle decisioni in senso conforme);
17. quanto alla pretesa violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. come tali, deve confermarsi il parimenti consolidato indirizzo di questa Corte, secondo il quale, in tema di valutazione delle prove, il principio del libero convincimento, posto a fondamento degli artt. 115 e 116 c.p.c., opera interamente sul piano dell’apprezzamento di merito, insindacabile in sede di legittimità, sicché la denuncia della violazione delle predette regole da parte del giudice del merito non configura un vizio di violazione o falsa applicazione di norme, bensì un errore di fatto, che deve essere censurato attraverso il corretto paradigma normativo del difetto di motivazione, e dunque, secondo i casi, nei limiti consentiti dall’art. 360, co. 1, n. 5) o n. 4) c.p.c. (così nel § 5 di Cass. n. 35666/2021 già cit.); il che, come già rilevato, nella specie non è avvenuto;
18.- il quarto motivo deve essere disatteso posto che il licenziamento intimato dal cessionario non è idoneo ad incidere sul rapporto con il cedente ancora in essere, sebbene quiescente, giusto il consolidato orientamento di questa Corte (v. Cass. 5998/2019 secondo cui in caso di accertata nullità della cessione del ramo di azienda, le vicende risolutive del rapporto di lavoro con il cessionario in quanto instaurato in via di mero fatto, non sono idonee ad incidere sul rapporto con il cedente ancora in essere, sebbene quiescente fino alla
declaratoria di nullità della cessione; nonché Cass. Ordinanza n. 35982 del 22/11/2021);
19. in definitiva i predetti motivi risultano tutti inammissibili, ai sensi dell’art. 360 bis n. 1) c.p.c., anche perché l’impugnata sentenza ha deciso le questioni di diritto sostanziale ad essa devolute in modo conforme alla giurisprudenza di questa Cort e e l’esame degli stessi motivi non offre elementi per mutare l’orientamento della stessa, a maggior motivo perché detta giurisprudenza è stata anche di recente confermata;
20. l’impugnante RAGIONE_SOCIALE ha chiesto a questa Corte di sospendere il giudizio per sottoporre alla Corte di Giustizia UE le seguenti questioni ritenute pregiudiziali ex art. 276 T.F.U.E.: ‘1. Se la cessione di una parte di un’impresa ai sensi della direttiva 2001/23 CE presupponga che la parte di impresa ceduta sia dotata di un’autonomia funzionale tale da poter operare sul mercato come impresa autonoma senza la necessità di significative (o anche minime) integrazioni da parte dell’organizzazione del cessionario’; ‘2. Se, ai sensi della direttiva 2001/23, la parte dell’impresa oggetto della cessione debba essere dotata, prima della cessione, di un’autonomia funzionale tale da poter svolgere autonomamente rispetto al resto dell’organizzazione del cedente, e quindi senza alcuna integrazione con altre parti dell’impresa cedente, il servizio o la funzione a cui è stata finalizzata prima della cessione’;
21. tuttavia, di recente, le Sezioni Unite di questa Corte hanno insegnato che, in presenza di una declaratoria di inammissibilità del ricorso per cassazione, non è accoglibile la richiesta di rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia in quanto viene in rilievo un difetto di rilevanza della questione, potendo infatti il giudice dell’Unione rifiutarsi di statuire su domande in via pregiudiziale se è manifesto che l’interpretazione richiesta non ha rapporto con l’effettività o l’oggetto del giudizio principale (così Cass. civ., sez. un., 16.4.2021, n. 10107);
22. nel caso che ci occupa, i motivi di ricorso, anteposti alla formulazione delle questioni che si assumono pregiudiziali, sono stati ritenuti inammissibili, di talché, in conformità al principio di diritto testé richiamato, anche nella specie è da escludere la rilevanza in causa delle suddette questioni e la relativa richiesta della ricorrente circa le stesse è da disattendere;
23. in conclusione, il ricorso della RAGIONE_SOCIALE deve essere dichiarato inammissibile. Nulla va disposto per le spese non avendo le parti intimate svolto attività difensiva. Sussistono le condizioni di cui all’art. 13, comma 1 quater, d.P.R.115 del 2002.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Nulla spese. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto. Così deciso nella Adunanza camerale del 27 marzo 2024.