Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 396 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 396 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 08/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 28956/2022 R.G. proposto da
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , elettivamente domiciliata in Cagliari INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME che l a rappresenta e difende
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore ;
Oggetto:
Contratti
bancari
Mutuo –
Interessi – Tasso soglia –
Superamento – Verifica – Criteri
R.G.N. 28956/2022
Ud. 17/12/2024 CC
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , entrambe rappresentate con distinte procure da
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore ed elettivamente domiciliata in Cagliari INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME che l a rappresenta e difende
-controricorrenti –
avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO CAGLIARI n. 210/2022 depositata il 03/05/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 17/12/2024 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza n. 210/2022, pubblicata in data 3 maggio 2022, la Corte d’appello di Cagliari, nella regolare costituzione di RAGIONE_SOCIALE e con l’intervento di RAGIONE_SOCIALE quale cessionaria del credito, ha -per quanto qui rileva respinto l’ appello proposto dalla società RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza del Tribunale di Cagliari n. 2942/2017, la quale, a propria volta, aveva respinto la domanda dell’odierna ricorrente volta a conseguire l’accertamento dell’illegittimo superament o del tasso soglia di legge con riguardo ad un contratto di mutuo fondiario concluso in data 18 maggio 2006 con l’odierna controricorrente, nonché la condanna di quest’ultima sia alla ripetizione di quanto indebitamente versato sia al risarcimento dei danni derivati alla società attrice dalla illegittima segnalazione presso la Centrale Rischi.
La Corte territoriale, decidendo sul gravame, ha, in primo luogo, disatteso le censure concernenti il superamento del tasso soglia di legge, affermando che
-la verifica del rispetto del tasso soglia di legge deve essere operata separatamente con riferimento agli interessi corrispettivi ed agli interessi moratori, senza possibilità di procedere al cumulo degli stessi;
-il tasso degli interessi moratori -correttamente calcolato tenendo conto della maggiorazione di 2,1 punti -non risultava superare il tasso soglia di legge neppure computando al suo interno la commissione di estinzione anticipata, che tuttavia costituisce una penale per l’estinzione anticipata e non può quindi essere considerata un onere collegato alla erogazione del credito;
-in ogni caso, anche ipotizzando il superamento del tasso soglia da parte degli interessi moratori, la nullità della sua determinazione ex art. 1815 c.c. non si sarebbe comunque estesa alla pattuizione sugli interessi corrispettivi.
Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Cagliari ricorre RAGIONE_SOCIALE
Resistono con unico controricorso RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE entrambe rappresentate da RAGIONE_SOCIALE
La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio, a norma degli artt. 375, secondo comma, e 380bis .1, c.p.c.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è affidato a tre motivi.
1.1. Con il primo motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 5, c.p.c., omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che
è stato oggetto di discussione tra le parti ‘in relazione agli artt. 24 Cost., 2697 c.c., in merito al mancato accertamento e dichiarazione di carenza di legittimazione attiva in capo all’asserita cessionaria del credito RAGIONE_SOCIALE e per essa della RAGIONE_SOCIALE
La ricorrente censura la decisione della Corte d’appello in quanto la stessa avrebbe omesso di statuire sull’eccezione di carenza di legittimazione attiva dell’intervenuta RAGIONE_SOCIALE nonostante l’odierna ricorrente, in sede di compars a conclusionale, avesse sollevato la relativa eccezione.
Puntualizza la ricorrente che l’intervenuta avrebbe prodotto unicamente la copia della Gazzetta Ufficiale – la quale non indica in alcun modo criteri certi per poter determinare quali crediti siano stati oggetto di cessione -senza invece dare prova della cessione del credito in questione.
1.2. Con il secondo motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 5, c.p.c., omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti ‘in relazione agli artt. 24 Cost., 2697 c.c., 99, 163, 183, 189, 190, 115, 116 c.p.c., artt. 1283, 1284, 1346, 1418 e 1419 c.c. in relazione alla mancata dichiarazione di nullità del contratto in oggetto e delle clausole contrattuali che individuano gli interessi per applicazione del piano di ammortamento alla francese non esplicitato. In merito all’indeterminatezza del tasso per mancata esplicitazione del piano di ammortamento alla francese’ .
La società ricorrente impugna la decisione della Corte cagliaritana per non avere quest’ultima rilevato la nullità del contratto di mutuo, in quanto lo stesso contemplava un meccanismo di ammortamento c.d. ‘alla francese’, il quale, oltre a provocare la ca pitalizzazione degli interessi, renderebbe indeterminabile la clausola di quantificazione
degli interessi e determinerebbe, pertanto, la nullità del contratto per immeritevolezza degli interessi perseguiti.
1.3. Con il terzo motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione delle norme di diritto degli artt. 24 Cost.; 1815, secondo comma, e 2697 c.c.; 99, 163, 183, 189, 190, 115, 116 c.p.c.
L’ultima censura della ricorrente investe l’affermazione -contenuta nella decisione impugnata -per cui la commissione di estinzione anticipata non dovrebbe essere computata ai fini della valutazione del superamento del tasso soglie di legge.
Argomenta, in contrario, che, in base al principio di onnicomprensività, ai fini di tale valutazione devono invece essere inclusi tutti i costi, oneri e spese collegati all’erogazione del credito, censurando la Corte territoriale per non aver disposto consulenza tecnica volta a verificare tale deduzione.
I motivi di ricorso sono, nel loro complesso, inammissibili.
2.1. Il primo motivo presenta un primo profilo di inammissibilità, costituito dall’omesso rispetto della regola di specificità enunciata dall’art. 366 c.p.c.
La ricorrente, infatti, basa le proprie argomentazioni sul richiamo assolutamente generico agli atti del giudizio di appello omettendo sia la riproduzione dei passaggi essenziali dei medesimi sia, quantomeno, la localizzazione di detti atti tra quelli del fascicolo del grado di merito.
Ulteriormente, è da rilevare che l’ipotesi di cui all’art. 360, n. 5), c.p.c. concerne l’omesso esame di un fatto controverso e decisivo per il giudizio, da intendersi riferito esclusivamente a un preciso accadimento o una precisa circostanza in senso storico-naturalistico e come tale non ricomprendente questioni o argomentazioni, sicché sono inammissibili le censure che, irritualmente, estendano il paradigma
normativo a quest’ultimo profilo (Cass. Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 22397 del 06/09/2019; Cass. Sez. 1 – Ordinanza n. 26305 del 18/10/2018; Cass. Sez. 2 – Sentenza n. 14802 del 14/06/2017).
Il motivo di ricorso, invece, censura semplicemente l’ omesso esame della questione giuridica concernente la prova della cessione del credito alla RAGIONE_SOCIALE, peraltro omettendo radicalmente di indicare -ed in tal modo si ripro pone il profilo del mancato rispetto dell’art. 366 c.p.c. -: 1) il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso; 2) il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente; 3) il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti; 4) la sua “decisività”, secondo i principi fissati da Cass. Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014 (e dalle successive Cass. Sez. 6 – 3, Sentenza n. 25216 del 27/11/2014; Cass. Sez. 3 – Sentenza n. 9253 del 11/04/2017).
È solo per completezza, quindi, che deve rilevarsi che, essendo stata la cessione contestata -per ammissione della stessa ricorrente -solo nella comparsa conclusionale del giudizio di appello, quando la RAGIONE_SOCIALE era già anteriormente intervenuta, doveva ritenersi che la tematica della cessione non potesse più far parte né del thema probandum né del thema decidendum .
È indubbio, infatti, che, in presenza di una contestazione sullo stesso an della cessione, quest’ultima debba essere oggetto di adeguata prova (Cass. Sez. 3 – Ordinanza n. 17944 del 22/06/2023; Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 5478 del 2024) e che tale prova non può essere costituita esclusivamente dall’avviso ex art. 58 TUB, avendo lo stesso la sola funzione di esentare il cessionario dalla notifica della cessione al debitore ceduto, ma non anche dalla prova dell’avvenuta cessione.
È tuttavia parimenti vero che, come da questa Corte reiteratamente chiarito, l’onere della prova della cessione postula l’esistenza di una contestazione da parte del debitore ceduto, valendo altrimenti il principio per cui la prova della cessione, non dovendo essere necessariamente scritta, può emergere da qualunque mezzo di prova, anche indiziario e può, conseguentemente, essere il frutto dell’atteggiamento processuale del debitore ceduto il quale, registrata la presenza del soggetto che assume di essere cessionario del credito, ometta di sollevare tempestiva contestazione, determinando l’operatività del meccanismo di cui al l’art. 115 c.p.c.
Tale ultima ipotesi si è integrata nel caso in esame, avendo l’odierna ricorrente sollevato le proprie contestazioni solo nella conclusionale e cioè in una fase processuale ben posteriore all’intervento della cessionaria, e per di più impiegando un atto processuale che ha la sola funzione di illustrare le domande e le eccezioni già ritualmente proposte, sicché, ove con tale atto sia prospettata per la prima volta una questione nuova, il giudice del gravame non può, e non deve, pronunciarsi al riguardo, senza, con ciò, incorrere nella violazione dell’art. 112 c.p.c. (Cass. Sez. 1 – Ordinanza n. 20232 del 23/06/2022).
2.2. L’inammissibilità del secondo motivo, invece, deriva a tacer di ogni ulteriore considerazione -dall’operatività della preclusione di cui all’art. 348 -ter c.p.c., dal momento che il giudizio di appello è stato instaurato nel 2018 e che la decisione della Corte d’Appello non risulta in alcun modo essersi distaccata dal ragionamento del giudice di primo grado, né parte ricorrente ha indicato le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (Cass. Sez. L – Sentenza n. 20994 del 06/08/2019; Cass. Sez. 1 – Sentenza
26774 del 22/12/2016; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 5528 del 10/03/2014).
2.3. L’inammissibilità del terzo ed ultimo motivo discende da una duplice considerazione
In primo luogo, infatti, il motivo deve essere dichiarato inammissibile ex art. 360bis , n. 1), c.p.c. in quanto la sentenza impugnata ha deciso le questioni di diritto in modo conforme alla giurisprudenza di questa Corte (Cass. Sez. 3 – Sentenza n. 7352 del 07/03/2022; Cass. Sez. 1 – Ordinanza n. 23866 del 01/08/2022) e l’esame del motivo non offre elementi per confermare o mutare tale orientamento.
In secondo luogo, il motivo omette radicalmente di intercettare una delle rationes decidendi alla base della decisione impugnata, la quale, operando una verifica specifica del caso concreto, ha stabilito che il tasso soglia non risultava superato anche computando la commissione di estinzione anticipata, senza che il motivo muova, appunto, alcuna censura ammissibile all’indirizzo di tale accertamento in fatto.
Il ricorso deve quindi essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna della ricorrente alla rifusione in favore delle controricorrenti delle spese del giudizio di legittimità, liquidate direttamente in dispositivo.
Stante il tenore della pronuncia, va dato atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, della “sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto” , spettando all’amministrazione giudiziaria verificare la debenza in concreto del contributo, per la inesistenza di cause
originarie o sopravvenute di esenzione dal suo pagamento (Cass. Sez. U, Sentenza n. 4315 del 20/02/2020).
P. Q. M.
La Corte, dichiara inammissibile il ricorso;
condanna la ricorrente a rifondere alle controricorrenti le spese del giudizio di Cassazione, che liquida in € 5.200,00 , di cui € 200,00 per esborsi, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 comma 1quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Prima