Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 20412 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 20412 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 23/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 5360/2019 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende -ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende -controricorrente-
nonchè
NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME AVV_NOTAIO (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende -controricorrente-
nonché
COMMISSARIO STRAORDINARIO GOVERNO NOME PIANO RIENTRO NOMENOME, domiciliato in INDIRIZZO, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (P_IVAP_IVA che lo rappresenta e difende
-resistente con atto di costituzione- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO NOME n. 7642/2018 depositata il 30/11/2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 09/04/2024 dal Consigliere COGNOME NOME.
FATTI DI CAUSA
Il giudizio trae origine dal ricorso ex art.702 bis c.p.c. con cui l’ RAGIONE_SOCIALE, cessionaria dei crediti dell’AVV_NOTAIO, ha chiesto al Tribunale di RAGIONE_SOCIALE ingiungersi alla RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ed il Commissario del Governo di RAGIONE_SOCIALE al pagamento della somma di € 218.4000,04, d i cui € 21.618, 82 per interessi maturati alla data del 10.11.2011, oltre interessi ex art. 5 del D. Lgs N.231/2002.
L’attrice espose che i crediti per i quali agiva in giudizio erano crediti professionali dell’AVV_NOTAIO , costituiti dalle spese di lite liquidate in via giudiziale nei numerosi giudizi in cui questi aveva prestato la propria difesa.
Il Tribunale di RAGIONE_SOCIALE, nella costituzione dei convenuti, condannò la RAGIONE_SOCIALE al pagamento, in favore di RAGIONE_SOCIALE della somma di euro 186.807,16 oltre interessi ex art. 5 d.lgs. 231/02 dalla data della notifica del ricorso fino al soddisfo.
Propose appello l’autorimessa l’ RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE
All’udienza di precisazione delle conclusioni la RAGIONE_SOCIALE dedusse la nullità del contratto di cessione per mancanza dell’oggetto , in quanto delle spese di lite non beneficiava l’AVV_NOTAIO, che non si era dichiarato antistatario.
La Corte d’appello di RAGIONE_SOCIALE, con sentenza N.7642/2018, per quel che ancora rileva in questa sede, rigettò l’eccezione nullità del contratto di cessione dei crediti, interpretando il contratto nel senso che l’oggetto era costituito dai crediti ‘per come liquidati e/o riconosciuti dovuti dall’autorità giudiziaria’, nel senso che l’AVV_NOTAIO aveva ceduto non i crediti di RAGIONE_SOCIALE derivanti direttamente dalle pronunce giudiziali, ma i crediti costituiti dai compensi professionali per l’attività svolta nei vari giudizi e nella misura liquidata dai giudici.
Nel merito, e per quel che rileva in questa sede, la Corte d’appello riconobbe la debenza degli interessi ex art.5 del D. Lgs N.231/2002 dalla richiesta di pagamento, avvenuta in data 15.3.2007.
Propone ricorso per cassazione la RAGIONE_SOCIALE sulla base di due motivi.
Resistono con distinti controricorsi RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e l’RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE
RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ha depositato un ‘atto di costituzione’ non notificato alle controparti.
Il ricorso è stato avviato alla trattazione in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 -bis.1 cod. proc. civ.
In prossimità della camera di consiglio, i controricorrenti hanno depositato memorie illustrative.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso si deduce la violazione degli artt. 1260, 1362 e 2697 c.c., ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., per non avere la Corte d’appello dichiarato la nullità del contratto di cessione
del credito per assenza dell’oggetto , dal momento che le ordinanze di assegnazione non conterrebbero la liquidazione delle spese legali in favore dell’AVV_NOTAIO.
Il motivo è infondato.
Va, in primo luogo rigettata l’eccezione di giudicato interno sollevata da RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE basata sul rilievo che l’appello incidentale proposto dalla RAGIONE_SOCIALE era stato dichiarato inammissibile perché tardivamente proposto.
Osserva il collegio che l’appello incidentale della RAGIONE_SOCIALE non aveva ad oggetto la nullità del contratto di cessione, poiché era stata censurata l’inammissibilità del ricorso proposto dall’ RAGIONE_SOCIALE e l’erroneità della sentenza con cui il Tribunale aveva affermato che la RAGIONE_SOCIALE non aveva contestato il diritto al compenso dell’AVV_NOTAIO.
La Corte d’appello , nel rigettare l’eccezione di nullità del contratto di cessione per mancanza dell’oggetto , ha ritenuto che il contratto di cessione doveva essere interpretato nel senso che (v. pag. 8 della sentenza d’appello) l’oggetto del contratto era costituito dai crediti ‘per come liquidati e/o riconosciuti dovuti dall’autorità giudiziaria’ , sicché la cessione riguardava non i crediti di RAGIONE_SOCIALE derivanti direttamente dalle pronunce giudiziali sulle spese di lite – che spettavano alla RAGIONE_SOCIALE, perché l’AVV_NOTAIO non era antistatario – ma i crediti costituiti dai compensi professionali per l’attività svolta nei vari giudizi nella misura liquidata dai giudici.
Si tratta di un’ interpretazione in sé plausibile, che non viola alcuno dei criteri ermeneutici di cui agli artt. 1362 e segg. c.c., peraltro solo genericamente contestati dal ricorrente, il quale ha, in realtà, criticato il risultato dell’interpretazione adottata dalla Corte d’appello ( sull’inammissibilità di una mera critica al risultato dell’attività di
interpretazione del contratto, v. tra le altre, Cass., 10 febbraio 2015, n. 2465).
L’interpretazione di un atto negoziale è, infatti, tipico accertamento in fatto riservato al giudice di merito, incensurabile in sede di legittimità, se non nell’ipotesi di violazione dei canoni legali di ermeneutica contrattuale (Cass. 26 ottobre 2007, n. 22536).
La denuncia in cassazione di un errore di diritto nell’interpretazione di una clausola contrattuale non può limitarsi a richiamare le regole di cui agli artt. 1362 e ss. c.c., essendo necessario specificare i canoni che in concreto assuma violati e, in particolare, il punto ed il modo in cui il giudice del merito si sia dagli stessi discostato, giacché le doglianze non possono risolversi nella mera contrapposizione tra l’interpretazione del ricorrente e quella accolta nella sentenza impugnata, non dovendo quest’ultima essere l’unica astrattamente possibile, ma solo una delle plausibili interpretazioni; pertanto, quando di una clausola contrattuale sono possibili due o più interpretazioni, non è consentito, alla parte che aveva proposto l’interpretazione poi disattesa dal giudice di merito, dolersi in sede di legittimità del fatto che fosse stata privilegiata l’altra (Cass., 28 novembre 2017, n. 28319).
Con il secondo motivo di ricorso, si deduce la violazione dell’art. 360, comma 1, n. 3 cpc con riferimento all’art. 345 cpc e al d.lgs. 231/2002. Parte ricorrente rileva che nel ricorso introduttivo l’RAGIONE_SOCIALE aveva chiesto al Tribunale di RAGIONE_SOCIALE la condanna della RAGIONE_SOCIALE al pagamento ‘della complessiva somma di euro 218.400,00 di cui ero 21.618,82 per interessi maturati alla data del 10.11.2011 oltre interessi ex 231/2002 sulla somma di euro 196.781,42 da tale data all’effettivo soddisfo’ dovendo intendersi, secondo le prospettazioni della parte,
‘da tale data’ quella del 10.11.2011; pertanto la richiesta di condanna agli interessi dal 15.03.2007, data della richiesta di pagamento costituirebbe domanda nuova, inammissibile in appello. Sotto altro profilo, la ricorrente deduce che il contratto di cessione tra la RAGIONE_SOCIALE e l’AVV_NOTAIO era stato concluso il 5.7.2002, a seguito del conferimento della procura generale al AVV_NOTAIO, in data antecedente all’entrata in vigore della D. Lgs 231/2002, che, pertanto, non sarebbero applicabili alla fattispecie in esame.
Il motivo presenta profili di inammissibilità ed infondatezza.
La domanda degli interessi ex D. Lgs 231/2002, era stata richiesta sin dal ricorso introduttivo, con la specificazione che gli interessi erano dovuti ‘alla data del 10.11.2011’ e non con decorrenza d al 10.11.2011. Ne consegue che non si trattava di domanda nuova proposta per la prima volta in appello, ma di domanda già introdotta con l’atto introduttivo del giudizio.
Quanto all’inapplicabilità del D. Lgs 231/2002 alla presente fattispecie, si tratta di questione dedotta per la prima volta in sede di legittimità (cfr. in tema, ex multis , Cassazione civile sez. I, 18/10/2013, n.23675), basata su un documento, la procura generale rilasciata al AVV_NOTAIO, priva dell’indicazione del suo contenuto e della sua produzione nei gradi di merito.
Il ricorso va pertanto rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate in dispositivo.
Ai sensi dell’art.13, comma 1 quater, del DPR 115/2002, va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art.13, se dovuto.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore di ciascun controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in € 4500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in RAGIONE_SOCIALE, nella Camera di Consiglio della Seconda Sezione