Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 6369 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 6369 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 10/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 24098/2021 R.G. proposto da : RAGIONE_SOCIALE in persona del Consigliere del C.d.A. sig. NOME COGNOME rappresentante dell’impresa, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME
-ricorrente-
contro
COGNOME, domiciliata ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di SALERNO n. 187/2021 depositata il 03/02/2021. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 08/01/2025
dalla Consigliera NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La questione trae origine dalla opposizione della RAGIONE_SOCIALE al decreto ingiuntivo n. 71/2005 reso dal Tribunale di Salerno su ricorso della RAGIONE_SOCIALE per il pagamento della somma di 25.355,00 quale differenza tra il prezzo convenuto, e già pagato, per trasporti effettuati ed il minimo tariffario previsto dalla legge.
Nel corso del giudizio di primo grado, l’originaria parte opposta, RAGIONE_SOCIALE cedeva alla signora NOME COGNOME il credito vantato nei confronti della RAGIONE_SOCIALE
Il Tribunale adito, con la sentenza n. 3943/2016, accoglieva l’opposizione e revocava il decreto ingiuntivo.
Avverso la sentenza di primo grado, NOME COGNOME nella qualità di cessionaria del credito oggetto di lite, proponeva appello. Nello specifico, la COGNOME contestava che il Giudice avesse erroneamente rigettato le proprie istanze istruttorie e concesso la rimessione in termini all’opponente. Inoltre, censurava sia la violazione dell’art. 153, comma 2, c.p.c. perché il giudice erroneamente avrebbe rimesso in termini l’opponente, sia la violazione dell’art. 184 c.p.c., sostenendo che la tardiva produzione documentale avrebbe dovuto essere considerata ritualmente acquisita, in quanto costituiva prova a sostegno della domanda attorea.
La società RAGIONE_SOCIALE, costituitasi in giudizio, eccepiva invece l’inammissibilità dell’appello, ritenendo che fosse stato proposto da un soggetto non parte del giudizio di primo grado e segnalava la mancata integrazione del contraddittorio nei confronti della società
cedente, RAGIONE_SOCIALE Nel merito chiedeva il rigetto dell’appello.
2.1. La Corte d’Appello di Salerno, con sentenza n. 67 del 22 gennaio 2021, ha preliminarmente rilevato che dall’esame del contratto di cessione, notificato il 28 gennaio 2011 e prodotto dall’appellante, risultava che NOME fosse la cessionaria del credito oggetto della controversia. Di conseguenza, essendo titolare del rapporto sostanziale in questione, la sua legittimazione processuale a proporre l’impugnazione era pienamente sussistente. Inoltre, trattandosi di una cessione pro-soluto (art. 4 dell’atto di cessione), non si configurava un’ipotesi di litisconsorzio con la cedente, rendendo superflua l’integrazione del contraddittorio nei suoi confronti.
La Corte ha poi accolto il motivo di impugnazione relativo alla violazione dell’art. 153, secondo comma, c.p.c., ritenendo che l’opponente fosse decaduto dalla possibilità di proporre opposizione al decreto ingiuntivo.
In particolare, ha evidenziato che il giudice di primo grado aveva concesso la rimessione in termini per la rinotifica dell’atto di opposizione, nonostante, al momento della richiesta, il termine di 40 giorni per proporre l’opposizione non fosse ancora interamente decorso. Tuttavia, secondo la Corte, quando l’opponente aveva depositato l’istanza di rimessione in termini (12 maggio 2005), non aveva ancora esaurito il termine per completare la notifica, avviata il 4 aprile 2005, e non conclusasi per cause a lui non imputabili. Pertanto, invece di chiedere la rimessione in termini, avrebbe dovuto riattivare immediatamente il procedimento notificatorio e completarlo entro il termine perentorio previsto per l’opposizione.
Il ricorso al giudice per ottenere una rimessione in termini non ancora scaduti ha invece interrotto ingiustificatamente il procedimento notificatorio, rendendo intempestiva la notifica, avvenuta solo il 19 maggio 2005. Poiché l’istituto della rimessione
in termini presuppone una decadenza già maturata e, in questo caso, la parte non vi era ancora incorsa, la richiesta non poteva essere accolta.
Di conseguenza, la Corte ha riformato la sentenza impugnata, dichiarando intempestiva l’opposizione al decreto ingiuntivo e condannando RAGIONE_SOCIALE al pagamento della somma di €25.355,00, oltre agli interessi legali dalla data della domanda, in favore della parte appellante.
Avverso la pronuncia della Corte d’appello, RAGIONE_SOCIALE propone ricorso per Cassazione sulla base di quattro motivi illustrati da memoria.
3.1. La sig.ra COGNOME NOME resiste con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
4.1. Con il primo motivo di ricorso, la parte ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 111 e 331 c.p.c., ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.
Lamenta che la Corte territoriale abbia erroneamente ritenuto che, dall’esame del contratto di cessione notificato il 28 gennaio 2011 e prodotto dall’appellante, emergesse chiaramente la qualità di cessionaria del credito in capo a NOME. Di conseguenza, la stessa sarebbe stata titolare del rapporto sostanziale oggetto della controversia, con piena legittimazione processuale a proporre l’impugnazione. Inoltre, essendo la cessione avvenuta pro-soluto (art. 4 dell’atto di cessione), non sussisteva alcuna ipotesi di litisconsorzio necessario con la cedente, rendendo superflua l’integrazione del contraddittorio nei suoi confronti.
La Corte d’appello ha quindi rigettato l’eccezione di carenza di contraddittorio, ritenendo che il contratto di cessione, notificato il 28 gennaio 2011 e prodotto in giudizio, attestasse la qualità di cessionaria del credito in capo a NOME Di conseguenza,
la sua titolarità del rapporto sostanziale confermava la piena legittimazione processuale alla proposizione dell’impugnazione.
Tuttavia, la ricorrente evidenzia che nel corso del giudizio di primo grado la società RAGIONE_SOCIALE aveva ceduto a Pastorino NOME il credito che assumeva di vantare nei confronti della RAGIONE_SOCIALE, credito posto a fondamento del decreto ingiuntivo opposto. In tale contesto, la parte opponente, ossia il debitore ceduto, aveva eccepito l’irregolarità del contraddittorio, sostenendo l’inammissibilità dell’impugnazione, poiché l’originario titolare del credito e parte opposta nel procedimento monitorio non era stato evocato in giudizio.
A sostegno della propria tesi, la RAGIONE_SOCIALE richiama la giurisprudenza della Suprema Corte, secondo cui un giudizio di impugnazione può ritenersi valido anche in assenza dell’integrazione del contraddittorio nei confronti dell’alienante del diritto controverso, purché quest’ultimo, pur non impugnando la sentenza, manifesti il proprio disinteresse al procedimento e la controparte, senza sollevare eccezioni, accetti il contraddittorio nei confronti del successore.
Tuttavia, nel caso di specie, la ricorrente sottolinea che il giudice d’appello avrebbe omesso di considerare l ‘esplicita eccezione sollevata dalla RAGIONE_SOCIALE relativa alla carenza di integrità del contraddittorio, la quale, di per sé, sarebbe stata sufficiente a escludere il consenso della controparte.
4.2. Con il secondo motivo di ricorso, parte ricorrente lamenta la errata applicazione, da parte del Giudice d’appello, del principio della scissione degli effetti della notifica tra notificante e notificato, affermando altresì che, in caso di omessa notifica per fatto non imputabile al notificante, l’accertamento della tempestività dell’opposizione vada verificata alla data del passaggio dell’atto per la notifica . Secondo la ricorrente, la tempestiva consegna dell’atto all’ufficiale giudiziario consente di evitare la decadenza derivante
dall’inosservanza del termine perentorio entro il quale la notifica deve essere eseguita. Inoltre, sottolinea la ricorrente la particolarità del caso in esame, determinata dal fatto che l’inosservanza del termine perentorio non può essere imputat a alla parte, in quanto il procedimento di notifica non è stato completato successivamente alla fase di consegna dell’atto all’ufficiale giudiziario.
4.3. Con il terzo motivo, la ricorrente si duole che la Corte d’appello, una volta accertato che la richiesta della prima notifica era stata fatta tempestivamente e che il mancato perfezionamento non era imputabile al notificante, avrebbe dovuto verificare se l’intero procedimento si fosse comunque concluso in tempi ragionevoli.
Secondo la ricorrente, la Corte avrebbe invece commesso un errore, sostenendo che la richiesta di rimessione in termini, avanzata per evitare la decadenza, avrebbe interrotto in maniera colpevole il procedimento di notifica, impedendo così di considerare la notifica tempestiva.
Tuttavia, evidenzia la Jcoplastic che l’istituto della rimessione in termini ha lo scopo di rimediare a una decadenza, ma solo quando questa non è imputabile alla parte, presupponendo quindi che il soggetto non fosse in condizione di rispettare i termini originari.
In altre parole, la ricorrente sottolinea che il ricorso alla rimessione in termini non può essere considerato un elemento che pregiudica la regolarità del procedimento notificatorio. Al contrario, se il notificante ha completato la procedura entro tempi ragionevoli, la decisione della Corte d’appello risulterebbe contraria alla finalità stessa della rimessione in termini.
4.4. Con il quarto motivo di ricorso, la società RAGIONE_SOCIALE lamenta l’omesso esame circa fatti decisivi del giudizio, nonché la violazione dell’art. 2697 cod. civ., per avere la Corte territoriale erroneamente omesso di rilevare la mancata dimostrazione, ad opera di
contro
parte, della sussistenza del requisito soggettivo dell’autorizzazione per l’esercizio dell’attività di autotrasporto in capo all’impresa coinvolta. Si censura, altresì, la mancata valutazione di erroneità dei calcoli allegati.
5.1. Il primo motivo è fondato.
Il giudizio di impugnazione svoltosi senza integrare il contraddittorio nei confronti dell’alienante del diritto controverso, ma con la partecipazione del successore a titolo particolare, è valido quando il primo, non impugnando la sentenza, abbia dimostrato il suo disinteresse al gravame e l’altra parte, senza formulare eccezioni al riguardo, abbia accettato il contraddittorio nei confronti del successore; tali elementi, infatti, integrano i presupposti per l’estromissione dal giudizio del citato alienante, estromissione che, sebbene non formalmente dichiarata, fa cessare la qualità di litisconsorte necessario alla parte originaria (Cass. N. 2048/2018).
Infatti, il successore a titolo particolare per atto tra vivi di una delle parti del processo può intervenire volontariamente nel processo o esservi chiamato, senza che ciò comporti automaticamente l’estromissione dell’alienante o del dante causa, potendo questa essere disposta dal giudice solo se le altre parti vi consentano. Ne consegue che, nel giudizio di impugnazione contro la sentenza, il successore intervenuto in causa e l’alienante non estromesso sono litisconsorti necessari e che, se la sentenza è appellata da uno soltanto o contro uno soltanto dei medesimi, deve essere ordinata, anche d’ufficio, l’integrazione del contraddittorio nei confronti dell’altro, a norma dell’art. 331 cod. proc. civ., dovendosi, in difetto, rilevare, anche d’ufficio, in sede di legittimità, il difetto di integrità del contraddittorio con rimessione della causa al giudice di merito per la eliminazione del vizio (Cass. civ., sez. I, ord. 15/06/2018, n. 15905). Ed invero, la cessione del credito configura un’ipotesi di successione a titolo particolare nel diritto controverso,
ex art. 111 cod. proc. civ., sicché il conferente conserva la legittimazione processuale, quale sostituto del cessionario, anche per il ricevimento della notificazione degli atti processuali, poiché il processo prosegue tra le parti originarie, senza che l’intervento del successore determini, in mancanza dell’esplicito concorde consenso di tutte le parti e del relativo provvedimento giudiziale, l’estromissione del dante causa (Cass. civ., sez. V, 21/08/2023, n. 24901).
Ebbene nel caso di specie, la Corte territoriale in violazione dei principi enunciati ha ritenuto integro il contraddittorio nonostante l’eccezione di carenza di contraddittorio sollevata dalla ricorrente.
5.2. L’accoglimento del primo motivo di ricorso comporta l’assorbimento dei restanti motivi . Per le questioni dagli stessi proposte, comunque, il giudice del rinvio sarà tenuto ad applicare i principi già enunciati dalla Corte di Cassazione nell’ordinanza n. 4931/2024.
La Corte accoglie il primo motivo ricorso, come in motivazione, assorbiti i restanti, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese di questo giudizio, alla Corte d’appello di Salerno in diversa composizione personale.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso nei termini di cui in motivazione, dichiara assorbiti i restanti motivi, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese di questo giudizio, alla Corte d’appello di Salerno in diversa composizione personale.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza