Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 18516 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3   Num. 18516  Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 07/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 19831/2023 R.G. proposto da :
NOME COGNOME, elettivamente domiciliata  in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)  che  la  rappresenta  e  difende  unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente- contro
COGNOME NOME COGNOME e PROANO DEL CASTILLO NOME
-intimati-
avverso  SENTENZA  di  CORTE  D’APPELLO  MILANO  n.  1874/2023 depositata il 7 giugno 2023;
udita  la  relazione  svolta  nella  camera  di  consiglio  del  30  maggio 2025 dal Consigliere NOME COGNOME:
Rilevato che:
NOME  COGNOME  conveniva  davanti  al  Tribunale  di  Milano  NOME  COGNOME  e  NOME  COGNOME  COGNOME  in relazione alla cessione da parte del primo alla seconda di un credito nei confronti del Condominio di INDIRIZZO, chiedendo di dichiarare  la  cessione  nulla,  e  in  subordine  dichiararla  simulata, nonché, in ulteriore subordine, renderla inefficace ex articolo 2901 c.c.
I convenuti si costituivano, resistendo.
Il Tribunale, con sentenza n. 2804/2020, rigettava tutte le domande tranne la revocatoria, che accoglieva.
Il COGNOME proponeva appello principale; la COGNOME proponeva appello incidentale condizionato; la COGNOME restava contumace.
La Corte d’appello di Milano, con sentenza n. 1874/2023, accoglieva l’appello principale fondato  sull’articolo  2901,  terzo comma, c.c., disattendendo quello incidentale.
La COGNOME ha presentato ricorso, basato su cinque motivi, da cui non si difendono le altre parti.
Ritenuto che:
Con il primo motivo si denuncia, ex articolo 360, primo comma, n.4  c.p.c.,  violazione  degli  articoli  112,  342  e  345  c.p.c.  nonché 115 c.p.c. anche per travisamento di prova.
1.1  La  Corte  d’appello  ha  ritenuto  l’assenza  di  alternative  per adempiere  il  debito  scaduto  del  COGNOME  verso  la  COGNOME,  violando così l’articolo 112 c.p.c. e le ‘altre norme richiamate nel presente motivo’  poiché  tale  assenza  non  è  mai  stata  ‘oggetto  di  alcuna specifica  eccezione’  del  debitore  COGNOME;  sarebbe  violato  pure l’articolo 115 c.p.c. quanto al principio di non contestazione.
La corte territoriale ha ritenuto ‘ in re ipsa l’assenza di <> dando per buona la situazione di nullatenente’ del COGNOME, pur mancando ‘allegazione e prova di elementi positivi e rigorosi’, e così avallando  la  sua  ‘finalità  difensiva  …  di  occultamento  del  proprio patrimonio e reddito’.
Vi sarebbe ‘travisamento dell’informazione probatoria’ ove si indica per  dimostrare  la  nullatenenza  del  COGNOME  pure  ‘quanto  allegato dall’appellante  nei  propri  iscritti  difensivi’  pagine  7  e  8  della sentenza  impugnata  -,  in  contraddizione  con  la  vita  reale  del soggetto (così a pagina 15 del ricorso: ‘vive in un appartamento a Milano; si permette la badante; e si sostiene che dal punto di vista economico con modalità rimaste ignote’).
1.2  Il  motivo  parte  da  un’affermazione  insostenibile,  cioè  che l’assenza  di  alternativa  per  adempiere  il  debito  del  COGNOME  nei confronti della COGNOME non è mai stata ‘oggetto di alcuna specifica eccezione’  da  parte  del  debitore  COGNOME;  invece  l’eccezione  è ovviamente  inclusa  nella  tematica  di  tale  adempimento,  come riportato fin dal primo grado.
Si veda la sentenza impugnata a pagina 4: ‘… il Tribunale riteneva che la cessione del credito con funzione solutoria fosse una modalità anomala di estinzione dell’obbligazione ed escludeva che il suo impiego per adempiere ad un debito scaduto potesse renderla irrevocabile ai sensi del terzo comma dell’art. 2901 c.c. Più nel dettaglio, il Tribunale riteneva che l’irrevocabilità ai sensi dell’articolo 2901, terzo comma, c.c. fosse rappresentabile solo per l’adempimento quale atto dovuto e non per gli atti discrezionali come la cessione del credito. Sempre al fine di escludere l’irrevocabilità dell’atto, il Tribunale riteneva che il debitore non avesse fornito prova dell’assenza di alternative alla cessione del credito per estinguere il debito preesistente’.
Parimenti ciò emerge dal ricorso, a pagina 8, ove si richiama pure il passo  della  sentenza  di  primo  grado  riguardante  l’articolo  2901, terzo comma, c.c.
1.3 D’altronde, l’articolo 2901,  terzo  comma,  c.c.  non  esige neppure che quella adottata sia l’unica modalità di adempimento, circoscrivendo a presupposto soltanto l’esistenza del debito scaduto,  non  quindi  l’assenza  di  alternative.  Pertanto  il  motivo argomenta  su  una  interpretazione  della  norma  suddetta  che  è insostenibile.
Per  il  resto,  non  emerge  alcun  travisamento  probatorio,  bensì  la ricostruzione  della  vicenda  compiuta  dal  giudice  d’appello,  che legittimamente  si  è  avvalso  anche  di  quanto  riconosciuto  dalla stessa COGNOME nelle sue difese (e qui la ricorrente si spinge proprio sulla critica fattuale).
Il motivo, quindi, risulta meritevole di rigetto.
2.1 Con il secondo motivo, ex articolo 360, primo comma, n.3 c.p.c., si denunciano violazione e falsa applicazione dell’articolo 2901 c.c. per avere il giudice d’appello ritenuto che la cessione del credito può integrare l’adempimento di debito scaduto ai sensi dell’articolo 2901, terzo comma, c.c., e ritenuto altresì la irrevocabilità della cessione del credito pur avendola qualificata mezzo anomalo di estinzione delle obbligazioni in applicazione del principio ‘della necessità dell’adempimento ed assenze di altri mezzi e della non applicabilità’ della tutela della par condicio creditorum .
Si  argomenta  ampiamente  su  tali  asserti  (ricorso,  pagine  16-22) sostenendo  tra  l’altro  che  ‘la  cessione  del  credito  con  asserite finalità solutorie … si presta a comportamenti di frode nei confronti del creditore’, come sarebbe ‘nel caso di specie’.
2.2 Anche se la motivazione al riguardo offerta dal giudice d’appello è  contorta  e  non  sempre  condivisibile  –  in  particolare  laddove definisce  ‘anomalia’  il  mezzo  di  pagamento  rappresentato  dalla
cessione di credito -, il motivo rimane manifestamente infondato a fronte della chiarezza normativa: l’articolo 2901, terzo comma, c.c. impone infatti, quale unico presupposto della sua applicazione, ‘l’adempimento di un debito scaduto’, nulla esigendo sulla possibilità di adempiere -che quindi viene concessa senza delimitazioni -e non circoscrivendo invero le modalità di adempimento. Rilevano soltanto l’esistenza del debito scaduto e il suo adempimento mediante l’atto, qualunque sia, idoneo a saldarlo. L’articolo 2901, terzo comma, c.c., a ben guardare, stabilisce come limite dell’applicabilità soltanto il debito scaduto che è anche il presupposto -, e non introduce, neppure in modo implicito/sistemico -, come ulteriore esigenza l’impossibilità di pagare diversamente. L’istituto della cessione dei crediti, poi, è espressamente previsto e regolato nel codice agli articoli 1260 ss., per cui pagare a mezzo della cessione di un credito non è certo definibile ‘anomalia’, e non vi si può ravvisare quindi alcun segnale di frode.
Il fatto che la cessione di un credito da parte del debitore non rientri nelle fattispecie di estinzione delle obbligazioni diverse dall’adempimento raccolte nel Libro IV, Titolo I, Capo IV del codice civile non ha una incidenza tale, come modalità di adempimento di un’obbligazione, da poter essere qualificata anomalia. Si tratta, evidentemente, di una fattispecie diversa, ma non ‘estranea’ a quelle indicate nel Capo IV, la quale – e non è privo di significanza -viene prevista infatti subito dopo, nel Capo V, Della cessione dei crediti .
In  questo  capo,  inoltre  e  ancora  non  a  caso,  sussistono,  per l’ipotesi in cui la cessione sia a titolo oneroso, l’automatico obbligo di  garanzia  per  il  cedente  –  articolo  1266  c.c.  –  e  l’eventuale assunzione di garanzia da parte del cedente. Non è certo condivisibile, dunque, quella sorta di presunzione di illiceità dell’atto  di  cessione  che  la  ricorrente  pone,  in  sostanza,  per
estrometterlo dal campo di applicabilità del terzo comma dell’articolo 2901 c.c., norma del tutto generale e quindi assolutamente elastica e anche rispettosa delle scelte del debitore qualora abbia ancora a sua disposizione più modalità per adempiere,  venendo  perimetrato  soltanto,  come  sopra  si  è  visto, l’elemento della concreta debenza, ovvero la sussistenza del debito scaduto.
Si  deve  pertanto  affermare  che l’articolo  2901,  terzo  comma, impedisce  la  revoca  di  qualunque  atto  idoneo  ad  adempiere  un debito scaduto, inclusa la cessione di un credito, che a tale scopo non manifesta alcuna anomalia .
Anche il secondo motivo, dunque, va rigettato.
3.1 Con il terzo motivo, ex articolo 360, primo comma, n.3 c.p.c., si  denunciano  violazione  e  falsa  applicazione  degli  articoli  2901  e 2697 c.c. per avere il giudice d’appello erroneamente ritenuto:
che il debitore non è onerato di allegare e provare l’assenza di alternative per soddisfare il debito scaduto;
l’esistenza di una presunzione a favore del debitore nullatenente;
 l’irrilevanza  della  situazione  economica  del  debitore  agli  effetti dell’articolo 2901, terzo comma, c.c.;
‘che il rapporto di stretta strumentalità (profilo temporale) con …  l’adempimento  …  possa  essere  integrato  anche  a  fronte  di  un notevole  lasso  di  tempo  …  tra  la  scadenza  del  debito  …  e  il  suo <> adempimento’.
Il  Tribunale,  assunta  una  posizione  opposta  a  quella  adottata  dal secondo giudice, ha evidenziato che ai sensi dell’articolo 2697 c.c. il  COGNOME  ‘non  ha  dedotto  né  dimostrato  di  non  avere  avuto alternative per soddisfare l’asserito debito scaduto’; e l’interpretazione  del  Tribunale  dovrebbe  essere  quella  corretta, ampiamente argomenta la ricorrente.
3.2  Vale  quanto  già  sopra  rilevato  a  proposito  dei  precedenti motivi: l’articolo 2901, terzo comma, non esige altro che l’esistenza di un debito scaduto per rendere l’atto adempiente non investibile con azione pauliana.
Va quindi rigettato anche questo motivo.
4.1  Con  il  quarto  motivo  si  denunciano,  ex  articolo  360,  primo comma,  n.3  c.p.c.,  violazione  e  falsa  applicazione  degli  articoli 2901  e  2697  c.c.  per  avere  erroneamente  ritenuto  il  giudice d’appello:
 ‘irrilevante  la  verifica  dell’importo  del  credito  ceduto  rispetto all’asserito debito scaduto’;
irrilevante la verifica di certezza, liquidità ed esigibilità;
‘irrilevante il bilanciamento tra i titoli giudiziari del creditore in revocatoria  ordinaria  con  quelli  opposti  dal  debitore  consistenti  in mere affermazioni’; sarebbero pure violati gli articoli 132, secondo comma, n.4 c.p.c. e 111 Cost. in ordine al giusto processo.
4.2  Effettivamente  l’articolo  2901,  terzo  comma,  c.c.  concerne ‘l’adempimento di un debito scaduto’, il che –  logicamente prima ancora  che  giuridicamente  –  concerne  un  debito  esistente,  che  è giunto a scadenza, non un debito discusso/controverso. Diversamente  si  aprirebbe  la  via  a  uno  strumento  relativo  a un’incertezza, agevolmente  utilizzabile allora per ‘sfuggire’ al creditore che si avvale dell’azione pauliana.
Significativa  ubi  voluit  dixit –  è  la  differenza  con  il  dettato dell’articolo  2901,  primo  comma,  c.c.,  ove  la  giurisprudenza  ha dilatato il presupposto oggettivo dell’azione avvalendosi del riferimento a condizione o termine (il creditore può agire ‘anche se il credito è soggetto a condizione o a termine’).
La  corte  territoriale  ha  riconosciuto  che  il  credito  del  COGNOME  era ancora controverso (sentenza, pagina 8) quando fu ceduto, deducendone  che  ciò  ‘conferma  che  la  cessione  del  credito  era l’unica  modalità  per  adempiere  al  debito  scaduto’.  Non  ha  però
affermato che il credito della COGNOME fosse incerto. Né risulta che la COGNOME  avesse  eccepito  ciò  (si  vedano  i  fatti  di  causa  esposti  nel ricorso)  come  d’altronde  non  risulta  dalla  sentenza,  ove  le  difese della COGNOME hanno dato luogo evidenzia il giudice d’appello – ad un appello  incidentale,  di  tenore  diverso  (nel  secondo  appello  si prospetta l’inesistenza della cessione, non l’inesistenza del credito della COGNOME).
Pertanto il motivo veicola un novum , il che lo rende inammissibile. Il preteso difetto motivazionale, poi, non può sussistere se riguarda un  elemento  inesistente,  o  comunque  qui  non  tempestivamente discusso.
Con il quinto motivo si denuncia, ex articolo 360, primo comma, n.5 c.p.c., omesso esame di fatto discusso e decisivo.
5.1  Nella  sentenza  ‘non  vi  è  traccia  di  alcuna  motivazione’  sulla ‘ritenuta esistenza’ del debito. Si argomenta sulle memorie di cui all’articolo  183,  c.p.c.,  depositate  in  primo  grado,  per  sostenere questo asserto.
5.2  Vale  ancora  quanto  osservato  per  il  quarto  motivo:  si  tratta, con evidenza, del tentativo di introduzione di un novum .
All’inammissibilità  e  infondatezza  dei  motivi  consegue  il  rigetto del ricorso.
Non è a farsi luogo a pronunzia in ordine alle spese del giudizio di cassazione, non avendo gli intimati svolto attività difensiva.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art icolo 13 comma 1 quater d.p.r. 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a  quello  dovuto  per  il  ricorso,  a  norma  del  comma  1-bis,  dello stesso articolo 13.