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Cessione crediti in blocco: prova e legittimazione

Una società finanziaria, acquirente di un pacchetto di crediti tramite una cessione crediti in blocco, ha agito contro i garanti di un debito. La Corte d’Appello di Torino, riformando la decisione di primo grado, ha stabilito che la pubblicazione dell’avviso in Gazzetta Ufficiale, unita ad altri elementi indiziari, costituisce prova sufficiente della titolarità del credito in capo al cessionario. La Corte ha inoltre respinto la contestazione sulla validità delle fidejussioni, ritenendola coperta da un precedente giudicato.

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Pubblicato il 29 giugno 2025 in Diritto Bancario, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Cessione crediti in blocco: Come Provare la Titolarità del Credito?

La Cessione crediti in blocco è un’operazione sempre più frequente nel mercato finanziario, ma solleva questioni complesse riguardo alla prova della titolarità del credito da parte della società acquirente. Una recente sentenza della Corte d’Appello di Torino offre chiarimenti cruciali su come il cessionario possa dimostrare la propria legittimazione ad agire per il recupero, ribaltando una decisione di primo grado e confermando il decreto ingiuntivo inizialmente emesso.

I Fatti di Causa

Una società, attiva nel settore finanziario, aveva ottenuto un decreto ingiuntivo nei confronti di due persone fisiche in qualità di fideiussori di un debito contratto da un’altra azienda. La società attrice era subentrata nella titolarità del credito a seguito di una serie di operazioni societarie e di una Cessione crediti in blocco.

I fideiussori si erano opposti al decreto, contestando principalmente la legittimazione attiva della società creditrice. Sostenevano che non fosse stata fornita una prova adeguata del fatto che il loro specifico debito fosse effettivamente incluso nel pacchetto di crediti ceduti.

La Decisione di Primo Grado: La Prova Insufficiente

Il Tribunale di Cuneo, in prima istanza, aveva accolto l’opposizione dei debitori. Secondo il giudice, la sola pubblicazione dell’avviso di cessione sulla Gazzetta Ufficiale non era sufficiente a dimostrare la titolarità del credito. Il Tribunale riteneva che la descrizione dei crediti ceduti fosse troppo generica e che la società non avesse prodotto i contratti di cessione o altri documenti idonei a collegare in modo inequivocabile quel singolo rapporto di debito all’operazione di cessione in blocco. Di conseguenza, il decreto ingiuntivo era stato revocato.

L’Appello e la Prova nella Cessione crediti in blocco

La società creditrice ha impugnato la decisione davanti alla Corte d’Appello di Torino. La Corte ha ribaltato completamente il verdetto, accogliendo l’appello. Secondo i giudici di secondo grado, la prova della titolarità del credito in una Cessione crediti in blocco non è soggetta a vincoli di forma e può essere fornita con qualsiasi mezzo, anche indiziario.

Nel caso specifico, la Corte ha ritenuto sufficienti gli elementi prodotti, ovvero:
1. La pubblicazione in Gazzetta Ufficiale: Documento che, ai sensi dell’art. 58 del Testo Unico Bancario, ha valore di notifica ai debitori ceduti.
2. La descrizione dei crediti ceduti: Sebbene generica, era coerente con le caratteristiche del credito in questione.
3. L’indicazione di un sito internet: Nell’avviso pubblicato era presente un link a un sito web dove era consultabile l’elenco analitico dei crediti ceduti.

Questi elementi, valutati complessivamente, sono stati considerati sufficienti a dimostrare che il credito vantato nei confronti dei fideiussori rientrava nell’operazione di cessione.

La Questione della Nullità delle Fidejussioni

I fideiussori avevano anche riproposto in appello la questione della nullità dei contratti di garanzia, sostenendo che fossero conformi a uno schema ABI dichiarato anticoncorrenziale dalla Banca d’Italia nel 2005. La Corte d’Appello ha respinto anche questa doglianza per due motivi principali:
1. Esistenza di un giudicato: La validità delle fidejussioni era già stata oggetto di una precedente sentenza passata in giudicato tra le stesse parti. Tale decisione era pertanto ‘intangibile’ e non poteva essere nuovamente messa in discussione.
2. Ambito temporale: I contratti di fidejussione erano stati stipulati tra il 2008 e il 2010, quindi al di fuori del periodo temporale esaminato dal provvedimento della Banca d’Italia del 2005.

Le Motivazioni della Corte d’Appello

La Corte ha motivato la sua decisione richiamando un orientamento consolidato della Corte di Cassazione, secondo cui la prova della cessione di un credito non richiede forme sacramentali. La produzione dell’estratto della Gazzetta Ufficiale, unitamente a ulteriori elementi che permettano di ricondurre il singolo credito alla categoria descritta nell’avviso, costituisce un quadro probatorio sufficiente a fondare la legittimazione attiva del cessionario. L’onere di contestare specificamente l’inclusione del proprio debito spetta, a quel punto, al debitore. Per quanto riguarda la nullità delle fidejussioni, la Corte ha sottolineato il principio dell’intangibilità del giudicato, che impedisce di ridiscutere questioni già decise in via definitiva, e ha evidenziato la non pertinenza del richiamo al provvedimento antitrust per contratti stipulati anni dopo.

Le Conclusioni

La sentenza rappresenta un importante punto di riferimento per gli operatori del settore del credito e per i debitori. Essa chiarisce che, in caso di Cessione crediti in blocco, la prova della legittimazione attiva del cessionario può essere fornita anche attraverso un insieme di indizi precisi e concordanti, senza la necessità di produrre il contratto di cessione per ogni singola posizione. Per i debitori, la decisione sottolinea l’importanza di formulare contestazioni specifiche e tempestive e ribadisce la forza vincolante di una sentenza passata in giudicato, che preclude la possibilità di sollevare nuovamente le stesse eccezioni in un giudizio successivo.

La sola pubblicazione dell’avviso di cessione in Gazzetta Ufficiale è sufficiente a provare la titolarità di un credito in una cessione in blocco?
Secondo la Corte, la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, sebbene fondamentale, può essere integrata da altri elementi (come l’indicazione di un sito internet con l’elenco dei crediti e la descrizione delle loro caratteristiche) per fornire una prova sufficiente e precisa della titolarità del credito.

È possibile contestare la validità di una fidejussione se una sentenza precedente, passata in giudicato, ha già trattato la questione?
No. La Corte ha stabilito che una statuizione contenuta in una sentenza passata in giudicato è intangibile e non può essere nuovamente messa in discussione nello stesso o in un altro giudizio tra le stesse parti.

Una fidejussione stipulata dopo il 2005 può essere dichiarata nulla sulla base del provvedimento della Banca d’Italia n. 55 del 2005?
La Corte ha chiarito che per avvalersi dell’accertamento della Banca d’Italia del 2005, la fidejussione deve essere stata stipulata nel periodo temporale oggetto di quell’accertamento. Per i contratti stipulati successivamente, come nel caso di specie (2008-2010), tale provvedimento non è direttamente utilizzabile come prova.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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