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Cessione del contratto: no tutela per licenziamento

La Corte di Cassazione ha stabilito che, in caso di cessione del contratto di lavoro dichiarata illegittima con sentenza passata in giudicato, il rapporto di lavoro svolto presso l’azienda cessionaria si qualifica come un rapporto di mero fatto ai sensi dell’art. 2126 c.c. Di conseguenza, il lavoratore ha diritto alla retribuzione per il periodo lavorato, ma non può beneficiare delle tutele contro il licenziamento illegittimo, né reali né indennitarie, poiché queste presuppongono l’esistenza di un valido contratto di lavoro. La sentenza della Corte d’Appello che aveva concesso un’indennità risarcitoria è stata cassata con rinvio.

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Cessione del Contratto di Lavoro: Conseguenze di una Cessione Illegittima

La cessione del contratto di lavoro è un istituto complesso, le cui conseguenze, se non gestito correttamente, possono essere significative. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha chiarito un punto fondamentale: cosa accade al rapporto di lavoro con l’azienda cessionaria quando la cessione viene dichiarata illegittima? La risposta della Suprema Corte è netta e ridefinisce i confini della tutela del lavoratore in queste circostanze.

I Fatti di Causa

Il caso riguarda un lavoratore il cui contratto era stato trasferito da un’importante società editoriale a una società consociata. Il lavoratore aveva impugnato la cessione del contratto, ritenendola priva dei presupposti legali previsti dall’art. 2112 c.c. Nel corso degli anni, si sono susseguiti diversi procedimenti giudiziari, tra cui un primo licenziamento (collettivo) annullato e un secondo licenziamento (individuale) intimato dalla società cessionaria. Quest’ultima, di fatto, comunicava al dipendente di ‘prendere atto’ della risoluzione del rapporto, in conseguenza di una sentenza che nel frattempo aveva dichiarato illegittima la cessione originaria.

La Corte d’Appello aveva qualificato tale comunicazione come un licenziamento illegittimo, condannando l’azienda cessionaria al pagamento di un’indennità risarcitoria. Tuttavia, la questione è approdata in Cassazione, dove un elemento nuovo e decisivo ha cambiato le carte in tavola: la sentenza che dichiarava l’illegittimità della cessione del contratto era diventata definitiva e inappellabile (passata in giudicato).

La Decisione della Corte di Cassazione sulla cessione del contratto

La Suprema Corte ha accolto il ricorso dell’azienda, cassando la sentenza d’appello. Il punto cruciale della decisione risiede nell’effetto del cosiddetto ‘giudicato esterno’. Poiché la cessione del contratto è stata dichiarata nulla in via definitiva, il rapporto di lavoro del dipendente con l’azienda originaria (cedente) deve considerarsi ripristinato ex tunc, cioè fin dal momento della cessione, come se non fosse mai stato interrotto.

Di conseguenza, il lavoro prestato dal dipendente per l’azienda cessionaria non può essere considerato fondato su un valido contratto di lavoro, ma si qualifica come un ‘rapporto di mero fatto’ ai sensi dell’articolo 2126 del codice civile.

Le Motivazioni

La Corte ha spiegato che l’articolo 2126 c.c. ha una portata ben precisa: equipara il lavoro prestato in esecuzione di un contratto nullo a un rapporto valido, ma solo per garantire al lavoratore il diritto alla retribuzione per il periodo in cui ha effettivamente lavorato. Questa norma ha una funzione protettiva, ma limitata.

Secondo la Cassazione, tale tutela non si estende alla fase di cessazione del rapporto. Le norme che proteggono dai licenziamenti illegittimi (come l’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori) presuppongono l’esistenza di un valido ed efficace contratto di lavoro subordinato. Poiché, nel caso di specie, il rapporto con la società cessionaria era solo ‘di fatto’ a causa della nullità della cessione, non possono trovare applicazione le tutele contro il licenziamento.

In altre parole, finito il periodo di prestazione lavorativa, non sussiste alcuna pretesa ‘conservativa’ del posto. L’azienda cessionaria, quindi, non era tenuta a garantire le tutele previste per un licenziamento illegittimo, né in forma di reintegrazione né di indennità risarcitoria.

Le Conclusioni

La pronuncia stabilisce un principio di diritto di notevole importanza pratica. Quando la cessione del contratto di lavoro viene dichiarata nulla con sentenza definitiva:

1. Il rapporto di lavoro con l’azienda cedente si considera giuridicamente mai interrotto.
2. Il rapporto di lavoro svolto presso l’azienda cessionaria è qualificato come un rapporto di mero fatto.
3. Il lavoratore ha diritto alla retribuzione per l’attività prestata presso il cessionario, ma non gode delle tutele contro il licenziamento da parte di quest’ultimo.

Questa decisione sottolinea come la nullità di un atto fondamentale come la cessione del contratto possa avere effetti a catena, riconducendo i diritti e gli obblighi delle parti alla loro situazione originaria e limitando le tutele applicabili ai rapporti sorti sulla base dell’atto nullo.

Se la cessione del contratto di lavoro viene dichiarata illegittima, quali diritti ha il lavoratore verso l’azienda cessionaria?
Secondo la sentenza, il rapporto con l’azienda cessionaria è considerato un ‘rapporto di mero fatto’. Ciò significa che il lavoratore ha diritto alla retribuzione per il lavoro effettivamente prestato, ma non beneficia delle tutele previste in caso di licenziamento illegittimo, né della reintegrazione né di un’indennità risarcitoria.

Perché il lavoratore non ha diritto alla tutela contro il licenziamento da parte del cessionario?
La Corte di Cassazione ha chiarito che le tutele contro i licenziamenti illegittimi si applicano solo in presenza di un valido contratto di lavoro. Poiché la sentenza definitiva ha dichiarato nulla la cessione, il rapporto con il cessionario era privo di una valida base contrattuale e, pertanto, non può godere di tali protezioni.

Cosa significa che il rapporto di lavoro con l’azienda originaria (cedente) viene ripristinato ‘ex tunc’?
Significa che gli effetti della sentenza retroagiscono al momento della cessione. Giuridicamente, è come se la cessione non fosse mai avvenuta e il rapporto di lavoro con il primo datore di lavoro non si fosse mai interrotto, con tutte le conseguenze legali che ne derivano.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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