Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 21943 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 21943 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 30/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso 12761-2021 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
COGNOME NOMECOGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1818/2020 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 06/11/2020 R.G.N. 3135/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 25/06/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
Oggetto
R.G.N.12761/2021
COGNOME
Rep.
Ud 25/06/2025
CC
Rilevato che
Con la sentenza in epigrafe indicata la Corte di appello di Roma: a) ha confermato la decisione di primo grado con la quale RAGIONE_SOCIALE era stata condannata al pagamento in favore di NOME COGNOME del risarcimento del danno corrispondente alla retribuzione netta mensile, oltre alla tredicesima, per il periodo decorrente dal 1.7.2015 alla sentenza; b) ha confermato il rigetto della domanda intesa alla costituzione ex art. 2932 c.c. di un rapporto di lavoro subordinato con RAGIONE_SOCIALE; c) ha escluso i pr esupposti per il ‘passaggio’ della COGNOME alle dipendenze della convenuta RAGIONE_SOCIALE ai sensi dell’art. 2112 c.c., pretesa fondata sulla asserita discriminazione politica nella selezione dei giornalisti destinati ad essere trasferiti da RAGIONE_SOCIALE in concordato preventivo (editrice del quotidiano l’Unità) alla RAGIONE_SOCIALE( quale affittuaria dell’azienda), sulla base degli accordi sindacali ‘ in deroga’ stipulati ai sensi dell’art. 47 della l. n. 428/1990 che prevedevano il passaggio dalla cedente RAGIONE_SOCIALE in liquidazione ammessa al concordato ‘preventivo, di soli 25 giornalisti poi ampliati a 27.
Per la cassazione della decisione ha proposto ricorso RAGIONE_SOCIALE sulla base di due motivi; la parte intimata ha depositato tempestivo controricorso illustrato con memoria.
Considerato che
Con il primo motivo di ricorso parte ricorrente deduce violazione e/o falsa applicazione dell’art. 100 c.p.c., dell’art. 2697 c.c. e dell’art. 32 del contratto collettivo di lavoro giornalistico; la sentenza impugnata è censurata per l’omesso rilievo de lla carenza di interesse ad agire in capo all’originaria ricorrente in ragione della manifestata contrarietà della stessa all’indirizzo politico della testata giornalistica del ‘ L’Unità’, secondo quanto evincibile dalle allegazioni dalla medesima formulate nel ricorso introduttivo; rappresenta che la testata giornalistica ‘l’Unità’ costituiva un ‘quotidiano di schieramento’ la cui finalità era quella di manifestare la linea politica di sostegno alla formazione politica di riferimento e che la originaria ricorrente aveva dichiarato la non condivisone della linea politica dell’allora segretario del Partito Democratico; tale posizione, assunta nel corso del colloquio con l’allora Direttore, colloquio finalizzato alla selezione dei giornalisti destinati al trasferimento presso la testata giornalistica ‘L’Unità’, costituiva espressione della clausola di coscienza espressa dall’art. 32 del c.c.l.g. e giustificava il rilievo della carenza di interesse in capo alla lavoratrice alla prosecuzione del rapporto di lavoro con la convenuta.
Con il secondo motivo deduce violazione e /o falsa applicazione dell’art. 1362 c.c. e dell’art. 6 c.c.l.g., censurando la sentenza impugnata per violazione delle regole legali di interpretazione in punto di individuazione dei criteri di assunzione press o la testata ‘RAGIONE_SOCIALE stabiliti nell’accordo 6 giugno 2015 e per avere, in sintesi, ritenuto che il piano editoriale dovesse essere quello configurato dall’art. 6 c.c.l.g; ciò in contrasto con quanto
delineato dalla clausola di cui al verbale di accordo sottoscritto in data 10.6.2015 che concerne il solo piano editoriale presentato dal Direttore, omettendo qualsiasi riferimento sia all’art. 6 c.c.l.g. sia al Comitato di redazione.
3. Il primo motivo di ricorso è inammissibile
3.1. Si premetta che l’assenza di interesse ad agire, interesse richiesto per la proposizione della domanda dall’art. 100 c.p.c., è rilevabile anche d’ufficio in ogni stato e grado del procedimento, salva la formazione di un giudicato sul punto, poiché l’esistenza di una utilità concreta al giudizio costituisce un requisito per la trattazione del merito della domanda (Cass. 15084/2006).
3.2. Nel caso specifico assume rilievo assorbente, al fine della declaratoria di inammissibilità della censura relativa alla carenza di interesse ad agire, la considerazione che la relativa deduzione risulta preclusa dal giudicato implicito formatosi sul punto; secondo quanto evincibile dalla esposizione in ricorso dei motivi di gravame formulati alla sentenza di primo grado (v. ricorso per cassazione, pag. 6), parte ricorrente non risulta avere specificamente impugnato, sotto il profilo in esame, la decisione di primo grado, la quale aveva pronunziato nel merito della pretesa azionata dalla COGNOME nell’implicito presupposto della sussistenza di un interesse concreto ed attuale ad agire da parte della giornalista ricorrente.
Il secondo motivo di ricorso è anch’esso inammissibile.
4.1. La Corte distrettuale, premesso che nell’ambito della procedura di cessione dell’azienda editoriale, al fine della selezione dei giornalisti destinati ad essere trasferiti alla nuova società, assumeva rilievo la individuazione e comunicazione del piano editoriale, alla stregua del quale doveva essere parametrata la professionalità dei giornalisti da selezionare, ha convenuto con il primo giudice sul fatto che tale piano non risultava essere stato predisposto e che tanto aveva condizionato la correttezza della selezione operata in concreto in ordine ai giornalisti che sarebbero passati alla società RAGIONE_SOCIALE
4.2. Ricordato che l’accertamento del giudice di merito in ordine alla mancanza del piano editoriale non è più in questa sede suscettibile di essere incrinato, in quanto coperto da <> ai sensi dell’art. 348 ter , ultimo comma c.p.c. applicabile ratione temporis , non è dato rinvenire nel ragionamento decisorio della Corte distrettuale gli errori in diritto denunziati con il motivo in esame. A riguardo va innanzitutto evidenziata la inammissibilità della censura che investe l ‘ interpretazione degli accordi intervenuti ai sensi dell’art. 47 l. n. 428/1990 in quanto non conforme all’insegnamento di questa Corte secondo cui, ai fini della valida deduzione del vizio di violazione delle regole legali di interpretazione, non è sufficiente l’astratto riferimento alle stesse, ma è necessaria la specificazione dei canoni in concreto violati, con la precisazione del modo e delle considerazioni attraverso i quali il giudice se ne è
discostato; la denuncia del vizio di motivazione dev’essere invece effettuata mediante la precisa indicazione delle lacune argomentative, ovvero delle illogicità consistenti nell’attribuzione agli elementi di giudizio di un significato estraneo al senso comune, oppure con l’indicazione dei punti inficiati da mancanza di coerenza logica, e cioè connotati da un’assoluta incompatibilità razionale degli argomenti, sempre che questi vizi emergano appunto dal ragionamento logico svolto dal giudice di merito, quale risulta dalla sentenza. In ogni caso, per sottrarsi al sindacato di legittimità, non è necessario che quella data dal giudice sia l’unica interpretazione possibile, o la migliore in astratto, sicché, quando di una clausola siano possibili due o più interpretazioni, non è consentito alla parte, che aveva proposto l’interpretazione disattesa dal giudice, dolersi in sede di legittimità del fatto che ne sia stata privilegiata un’altra (Cass. n. 19044/2010, Cass. n. 15604/2007, in motivazione, n. 4178/2007) dovendosi escludere che la semplice contrapposizione dell’interpretazione proposta dal ricorrente a quella accolta nella sentenza impugnata rilevi ai fini dell’annullamento di quest’ultima (Cass. n. 14318/2013, Cass. n. 23635/2010).
4.3. Quanto al riferimento nella sentenza impugnata all’art. 6 c.c.l.g. lo stesso non nasce, come sembra viceversa prospettare l’odierna ricorrente, dall’ errata interpretazione degli accordi sindacali intervenuti circa lo strumento alla stregua del quale doveva essere parametrata la professionalità dei giornalisti da selezionare ai fini del passaggio alla società RAGIONE_SOCIALE ma, nel contesto della motivazione, si configura come
argomentazione aggiuntiva, destinata a rafforzare il rilievo della centralità del piano editoriale e la necessità di una sua chiara esplicitazione, anche formale, in quanto parametro oggettivo al quale doveva essere ancorata la verifica della professionalità e funzionalità dei giornalisti destinati a transitare presso la società cessionaria. In altri termini, secondo il ragionamento decisorio della Corte, ciò che assumeva rilievo era la concreta mancanza dello strumento al quale ancorare la verifica della p rofessionalità e ‘funzionalità’ dei giornalisti al fine del passaggio alla cessionaria, come prescritto dagli intervenuti accordi sindacali; tale ratio decidendi non risulta specificamente aggredita con il motivo in esame di talché le censure articolate, in quanto non pertinenti con le effettive ragioni che sorreggono la decisione, risultano inammissibili.
All’inammissibilità del ricorso consegue il regolamento secondo soccombenza delle spese di lite e la condanna della ricorrente al raddoppio del contributo unificato ai sensi dell’art. 13, comma quater d.p.r. n. 115/2002, nella sussistenza dei relativi presupposti processuali;
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese di lite che liquida in € 5.500,00 per compensi professionali, € 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% e accessori come per legge.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art.13, se dovuto.
Roma, così deciso nella camera di consiglio del 25 giugno 2025
Il Presidente Dott. NOME COGNOME