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Cessione d’azienda e fallimento: il licenziamento

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 9131/2024, ha chiarito che i lavoratori di un’azienda fallita, legittimamente licenziati a seguito della cessazione totale dell’attività, non possono rivendicare la continuazione del rapporto di lavoro con la società che successivamente ne gestisce i beni. Se il licenziamento precede la presunta cessione d’azienda e si fonda su un giustificato motivo oggettivo, come il diniego dell’esercizio provvisorio, viene a mancare il presupposto per l’applicazione dell’art. 2112 c.c., ovvero un rapporto di lavoro in essere da trasferire.

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Cessione d’Azienda e Fallimento: Quando il Licenziamento Precede il Trasferimento?

La cessione d’azienda è un tema cruciale nel diritto del lavoro, soprattutto quando interseca le complesse dinamiche del diritto fallimentare. La Corte di Cassazione, con la recente ordinanza n. 9131 del 5 aprile 2024, ha fornito un’importante chiave di lettura sulla sorte dei rapporti di lavoro in caso di fallimento e successivo affidamento dell’attività a un nuovo gestore. La pronuncia chiarisce che se i lavoratori vengono legittimamente licenziati prima di qualsiasi trasferimento a causa della cessazione totale dell’attività, non possono vantare alcun diritto alla continuazione del rapporto con la nuova società.

I Fatti di Causa

Un gruppo di lavoratori dipendenti di una società sportiva dilettantistica, dichiarata fallita, si è visto licenziare dal curatore fallimentare. La motivazione addotta era la decisione del tribunale di non autorizzare la continuazione dell’attività d’impresa. Successivamente, il Comune proprietario dell’impianto sportivo gestito dalla società fallita ha indetto una gara, assegnando la gestione a una nuova società.

I lavoratori hanno agito in giudizio sostenendo che si fosse verificata una cessione d’azienda tra la società fallita e quella subentrante. A loro avviso, ciò avrebbe dovuto garantire la continuità dei loro rapporti di lavoro ai sensi dell’art. 2112 del Codice Civile, rendendo nulli i licenziamenti. Tuttavia, sia il Tribunale che la Corte d’Appello hanno respinto le loro richieste, portando la questione dinanzi alla Corte di Cassazione.

La Decisione della Corte di Cassazione e la Cessione d’Azienda

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso dei lavoratori, confermando le decisioni dei giudici di merito. Il fulcro della decisione risiede nella cronologia e nella legittimità degli eventi: il licenziamento è avvenuto prima e per una causa autonoma rispetto al successivo cambio di gestione.

L’Ordine Logico: Prima il Licenziamento, Poi l’Eventuale Trasferimento

La Corte ha smontato la tesi dei ricorrenti, che volevano si analizzasse prima la configurabilità della cessione d’azienda e solo dopo la legittimità dei licenziamenti. Secondo i giudici, l’ordine logico è esattamente l’opposto. La tutela prevista dall’art. 2112 c.c. si applica esclusivamente ai rapporti di lavoro validi ed efficaci al momento del trasferimento. Poiché i lavoratori erano già stati licenziati, non esisteva più un rapporto di lavoro da “trasferire” alla nuova società.

La Cesura dell’Attività Aziendale come Elemento Decisivo

Il punto decisivo, secondo la Cassazione, è stata la “cesura” effettiva e giuridica dell’attività imprenditoriale. Questa interruzione non è derivata dal fallimento in sé, ma dalla specifica decisione del tribunale fallimentare di negare l’esercizio provvisorio. Tale diniego ha comportato:
1. La cessazione totale dell’attività aziendale.
2. L’esclusione di ogni alternativa, inclusa la cessione d’azienda come entità funzionante.

Di conseguenza, i licenziamenti intimati dal curatore non erano un pretesto per favorire il subentrante, ma la diretta e necessaria conseguenza di una disposizione giudiziale che aveva decretato la fine dell’attività. Tale circostanza costituisce un giustificato motivo oggettivo, rendendo i licenziamenti pienamente legittimi.

le motivazioni

La Corte ha ragionato sul fatto che i licenziamenti si fondavano su una base autonoma e legittima, ovvero la totale cessazione dell’attività d’impresa ordinata dal tribunale fallimentare, che era del tutto svincolata da qualsiasi successiva vicenda circolatoria dei beni aziendali. La mancata autorizzazione all’esercizio provvisorio è stata l’elemento determinante che ha precluso la continuità dei rapporti di lavoro. Pertanto, nel momento in cui la nuova società ha assunto la gestione dell’impianto, i contratti di lavoro con la precedente azienda erano già stati risolti in modo legittimo. La tutela dell’articolo 2112 c.c. presuppone infatti un rapporto di lavoro attivo al momento del trasferimento, requisito che in questo caso era venuto a mancare.

le conclusioni

Questa ordinanza consolida un principio fondamentale all’incrocio tra diritto del lavoro e diritto fallimentare. Un licenziamento per giustificato motivo oggettivo, basato sulla cessazione completa dell’attività a seguito di una decisione del tribunale fallimentare, estingue validamente il rapporto di lavoro. Di conseguenza, i lavoratori non possono invocare la tutela della continuità occupazionale in caso di successivo affidamento dei beni aziendali a un nuovo soggetto, poiché non si configura una cessione d’azienda ai sensi dell’art. 2112 c.c. per mancanza del presupposto essenziale: un’azienda in funzione e rapporti di lavoro in essere.

Un lavoratore licenziato da un’azienda fallita ha diritto a continuare il rapporto con la società che ne rileva l’attività?
No, non in questo caso. La Corte ha stabilito che se il licenziamento è legittimo e avviene prima di qualsiasi trasferimento, a causa della cessazione totale dell’attività dell’azienda fallita, il rapporto di lavoro si estingue. Di conseguenza, non c’è alcun rapporto da trasferire alla nuova società.

La mancata autorizzazione all’esercizio provvisorio nel fallimento che impatto ha sui rapporti di lavoro?
Secondo la sentenza, il diniego dell’esercizio provvisorio da parte del tribunale fallimentare comporta la totale cessazione dell’attività aziendale. Questa cessazione costituisce un giustificato motivo oggettivo per il licenziamento dei dipendenti, precludendo la continuità dei loro rapporti di lavoro.

Si può configurare una cessione d’azienda se il passaggio di gestione avviene tramite un bando pubblico indetto da un terzo?
La sentenza chiarisce che il punto cruciale non è la modalità del passaggio, ma la continuità dell’entità aziendale. Se l’attività della prima azienda è cessata completamente a seguito del fallimento, il successivo affidamento della gestione a un nuovo soggetto tramite gara non costituisce una cessione d’azienda ai sensi dell’art. 2112 c.c., perché manca l’elemento fondamentale del trasferimento di un’azienda in funzione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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